MILANO – Il caffè del Brasile commercializzato in Italia e in Europa contiene residui di pesticidi nocivi per la salute dei cittadini? No, secondo gli addetti ai lavori che si occupano dell’importazione nei porti italiani e seguono le analisi effettuate dagli uffici competenti incaricati dal Ministero della Salute.
Nonostante questo sia noto l’eurodeputato del M5S Piernicola Pedicini, a dicembre scorso, aveva presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere di “intervenire per far monitorare la qualità del caffè brasiliano e, nello specifico, verificare se esso contenga residui di pesticidi banditi dalla Ue o che superino i limiti massimi stabiliti dalle normative vigenti”.
La Commissione europea, nei giorni scorsi, ha risposto a Pedicini e ha fatto sapere che “il caffè in grani non è compreso nel programma di controllo pluriennale (Pncp) previsto dall’Ue per i prodotti alimentari importati e che non dispone di informazioni su eventuali problemi da essi riscontrati in relazione alle citate sostanze.
Spetta agli Stati membri – ha aggiunto – decidere circa la scelta dei prodotti alimentari e dei pesticidi da sottoporre ad analisi nell’ambito dei rispettivi programmi di controllo nazionali (Pn) e, di conseguenza, decidere se controllare il caffè in grani per accertare la presenza dei pesticidi glifosato o di terbufos.
Nel 2014 – ha spiegato la Commissione Ue – non sono state effettuate analisi di tal genere sul caffè in grani”.
Nessun rischio specifico dal caffè brasiliano
Conclude in modo definitivo la risposta della Commissione Europea: “Dati recenti risultanti dalle notifiche ricevute mediante il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi non confermano l’esistenza di rischi specifici connessi al caffè in grani proveniente dal Brasile”.