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Perù: previsto calo produttivo da 5,15 a 4,8 milioni di sacchi da 60 kg

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MILANO – Dopo l’annata record appena conclusa, la produzione del Perù subirà durante l’anno di mercato 2012/13 (aprile-marzo) un parziale arretramento (-7%) scendendo da 5,15 a 4,8 milioni di sacchi da 60 kg, pressoché esclusivamente di arabica. Così il rapporto annuale del servizio estero del minagricoltura Usa (Usda) dedicato al paese andino, che attribuisce il calo a fattori naturali legati al normale ciclo vegetativo delle piante. Il report aggiunge che la produzione peruviana è cresciuta negli ultimi anni grazie alla ripresa dei prezzi a livello internazionale, che ha incoraggiato gli investimenti portando a un incremento degli ettaraggi dedicati e delle rese.

Perù: parlano i dati

La coltura del caffè – si legge ancora nel rapporto – si è spostata gradualmente dalla regione centrale di Chanchamayo (34% della produzione totale) a quelle settentrionali di Amazonas e San Martin (43%). L’area meridionale conta per il rimanente 23% della produzione. Come già detto la produzione è costituita quasi totalmente da arabica, con una prevalenza delle varietà typica (70%) e caturra (20%). Circa i tre quarti del caffè coltivato in Perù sono prodotti a un’altitudine compresa tra i 1.000 e i 1.800 metri s.l.m., con una densità colturale media di 2.000 arbusti/ha. La raccolta è manuale e l’essiccamento avviene al sole. La resa media per ettaro ha raggiunto i 932 kg/ha nel 2011/12, ma le aziende più efficienti arrivano anche 2.300 kg/ha.

I bassi rendimenti sono dovuti alle pratiche agricole inadeguate e all’insufficiente fertilizzazione. I costi elevati scoraggiano il rinnovo delle colture facendo sì che gli arbusti vengano mediamente sostituiti ogni 25-30 anni. Il costo medio di produzione di un chilogrammo di caffè si aggira attorno agli 1,41 dollari costituiti per l’80% circa dal costo della manodopera. Prevale la piccola proprietà, con un’estensione media degli appezzamenti coltivati attorno ai 3 ettari. I piccoli produttori sono normalmente aggregati in associazioni o cooperative.

I sodalizi maggiori arrivano a contare migliaia di associati

Alcune associazioni dispongono di finanziarie che erogano crediti agevolati ai produttori e di servizi tecnici che forniscono formazione e assistenza tecnica ai contadini. Le cooperative commercializzano le produzioni dei loro soci sui mercati internazionali direttamente o per il tramite di trader di fiducia ai quali sono legate da relazioni commerciali a lungo termine. Difficoltà di accesso al credito e parcellazione eccessiva rimangono tra i principali fattori penalizzanti.

Le banche sono poco propense ad accordare prestiti ipotecari ai produttori, anche perché il possesso delle terre viene spesso esercitato in assenza di un valido titolo di proprietà. È per questo frequente il ricorso a prestiti informali, spesso concessi dai commercianti a tassi svantaggiosi e con i raccolti a copertura del debito. Il caffè rimane la principale voce dell’export peruviano. Le vendite all’estero hanno raggiunto nell’annata caffearia 2010/11 le 296.299 tonnellate, in crescita del 29% sull’annata precedente. Per effetto del forte aumento dei prezzi, il valore delle esportazioni è cresciuto di ben il 79% raggiungendo gli 1,6 miliardi di dollari.

Dal 2008/09, il valore dell’export peruviano è aumentato del 275%, a fronte di un incremento a volume del 154%. I maggiori proventi hanno incoraggiato i produttori a investire in pratiche agricole più efficaci migliorando le rese sia in termini quantitativi che qualitativi. I principali clienti del Perù sono stati, nel 2010/11, la Germania con 84.665 tonn esportate, gli Usa (65.712 tonn), il Belgio (48.511 tonn), la Colombia (25.103 tonn) e la Corea del sud (9.075 tonn). Nel 2010/11, il prezzo medio di esportazione è stato di 5.366 dollari/tonnellata, in crescita del 40% sull’anno precedente.

Con 85mila ettari certificati, il Perù è il massimo esportatore mondiale di caffè bio

Le produzioni di alta qualità hanno ottenuto forte impulso in tempi recenti, grazie anche ad alcuni importanti riconoscimenti internazionali, tra cui il premio del pubblico ottenuto dal caffè “Tunki”, nell’ambito del concorso “Coffee of the Year”, durante l’edizione 2010 della convention annuale della Scaa (Specialty Coffee Association of America). Il settore del caffè dà lavoro in Perù a oltre 850mila persone concentrate in aree remote e poverissime.

L’agenzia governativa per la lotta contro il narcotraffico (Devida) promuove la coltura del caffè quale alternativa a quella, illegale, della coca. Importante anche il ruolo dell’agenzia governativa americana Usaid, che opera nelle aree di Cusca e Puno con un programma volto ad assistere i produttori nell’ottenimento delle certificazioni bio. I consumi pro capite rimangono bassi (appena 600 grammi all’anno), ma sono in crescita tra la popolazione giovane delle aree urbane, grazie al successo delle caffetterie all’americana e all’espansione dei pubblici esercizi. Il mercato è costituito per il 75% da caffè solubile.

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