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venerdì 22 Novembre 2024
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Personale nei locali: all’appello mancano 150 mila addetti

Conclude il direttore generale di Fipe: «Per invertire questo trend e rendere nuovamente la ristorazione attrattiva soprattutto per le figure più professionalizzate, è importante che la politica dia un segnale di fiducia, ribadendo che il processo di riapertura sarà irreversibile»

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MILANO – Proprio ora che i pubblici esercizi finalmente vedono la luce dopo un periodo di restrizioni e incassi quasi a zero, si affaccia un altro problema per gli imprenditori: a mancare stavolta sembrano non esser i clienti, quanto il personale. Un numero racconta un contesto allarmante: 150mila addetti da trovare. Leggiamo i dettagli dall’articolo di Rita Querzè su corriere.it.

Personale cercasi

Sono 160 mila le imprese della ristorazione che, non avendo spazi all’aperto, non hanno ancora riaperto (chi aveva un dehors lo ha fatto dal 26 aprile). Ma anche a loro sarà permesso rialzare la saracinesca. Secondo Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio, però, mancano all’appello 150 mila lavoratori da reperire subito.

I pubblici esercizi senza spazi all’aperto sono il 46% circa

«Sono mesi drammatici per il comparto della ristorazione, ma finalmente si comincia a guardare con fiducia ai prossimi mesi. Nel Paese — premette il direttore generale Roberto Calugi — c’è una grande voglia di ripartire, gli italiani hanno voglia di riprendere in mano le loro vite e riappropriarsi dei luoghi della socialità. Ecco perché confidiamo in un rimbalzo molto positivo dopo questo lungo periodo di privazioni e solitudine».

Può sembrare un paradosso, ma ora un’incognita è legata alla capacità di ricostituire in fretta i ranghi del personale di sala e delle cucine

«Mancano i 120 mila professionisti a tempo indeterminato che nel corso dello scorso anno, a causa dei troppi impedimenti imposti alle nostre attività, hanno preferito cambiare lavoro e interrompere i loro contratti. Si tratta di cuochi e bar tender di lunga esperienza, attorno ai quali, spesso, sono state costruite intere imprese. A questi si aggiungono altri 30 mila lavoratori che lo scorso anno lavoravano a tempo determinato e che oggi, anche alla luce dell’incertezza sul futuro, potrebbero preferire strumenti di sostegno al reddito, invece di un vero impiego», dice Callugi. Conclude il direttore generale di Fipe: «Per invertire questo trend e rendere nuovamente la ristorazione attrattiva soprattutto per le figure più professionalizzate, è importante che la politica dia un segnale di fiducia, ribadendo che il processo di riapertura sarà irreversibile».

 

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