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Permafungi, l’impresa sociale belga che fa fiorire i fondi di caffè

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BRUXELLES (Belgio) – Funghi dai fondi di caffè? E’ questa l’idea di Permafungi, un progetto di agricoltura urbana nato nel 2014 e con sede a Bruxelles che ha sviluppato una tecnica innovativa per produrre funghi e concime da fondi di caffè, creando al tempo stesso lavori sostenibili per persone poco qualificate.

I fondi di caffè sono raccolti in bicicletta presso partner di Bruxelles della cooperativa Permafungi. Anche i funghi, garantiti freschi di giornata, sono consegnati in bicicletta a negozi e mercati biologici, a ristoratori e altri circuiti a km zero.

Nel 2016 Permafungi ha prodotto 3 tonnellate di funghi e riciclato 16 tonnellate di fondi di caffè. Il team della cooperativa ha percorso, sempre nel 2016, 4000 km in bicicletta. Fino ad ora la cooperativa ha creato 9 nuovi lavori.

Abbiamo incontrato a Bruxelles William Donck, responsabile della produzione, in occasione della seconda giornata delle imprese dell’economia sociale organizzata dallo European Economic and Social Committee (EESC).

Permafungi è stata presentata come startup innovativa e di successo a livello europeo.

Com’è nata l’idea?

A livello teorico ci siamo ispirati al concetto di Blue Economy di Gunter Pauli. In pratica uno dei co-fondatori di Permafungi stava viaggiando in Thailandia e ha fatto una formazione in permacultura. In questo modo abbiamo scoperto come possiamo usare i fondi di caffè per fare molte cose, non solo i funghi, ed è stato così che abbiamo iniziato a riciclare fondi di caffè.

Quali sono le vostre attività più importanti?

Possono essere sintetizzate in “eat, grow, learn”. il nostro core business, i funghi, cioè mangiali. Gli altri termini cioè “grow”, è mettere in grado le persone di coltivare i funghi a casa. infatti vendiamo dei kit per fare crescere i funghi a casa propria. L’ultima parola descrive la nostra voglia di informare la gente attraverso workshop, visite, formazione sulle nostre tematiche.

Qual è la mission di Permafungi?

La nostra mission più importante è di contribuire alla resilienza urbana, che si definisce come «la capacità di un sistema di assorbire un cambiamento sconvolgente e di riorganizzarsi integrando questo cambiamento, conservando essenzialmente la stessa funzione, la stessa struttura, la stessa identità e le stesse capacità di reazione».

Contribuiamo alla resilienza urbana perché quando produciamo cibo fresco e organico in città sviluppiamo un’economia locale, creiamo lavori sostenibili per persone con poche capacità, riduciamo lo spreco, e minimizziamo i combustibili fossili.

Vi definite imprenditori sociali: che cosa significa per voi impresa sociale?

Cerchiamo di lavorare con le 4 P dello sviluppo sostenibile: impatto sociale (“People”), impatto ambientale (“Planet”), sostenibilità economica (“Prosperity”) e gestione partecipativa (“Participatory governance”). La maggior parte dei business si concentra sullo stesso business, cercando poi di aggiungere degli aspetti sociali e ambientali. Noi invece lavoriamo nella direzione opposta: cerchiamo di massimizzare gli aspetti sociali e ambientali e poi cerchiamo di dimostrare che è un business sostenibile. Potremmo anche aggiungere una quinta “P”, che è partnership, perché lavoriamo in relazione con i nostri clienti, fornitori e competitor, e abbiamo un’attitudine open source.

Anche se la nostra è una tecnica piuttosto innovativa non cerchiamo di tenerla per noi, la diffondiamo perché quanto più la diffondiamo tanto più le persone inizieranno a crescere funghi e pensiamo che questa sia una gran cosa. Lavoriamo nel piano interrato di un ex edificio industriale. I piani interrati a Bruxelles non sono ricercati quindi sono a buon mercato. Questo è positivo sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista ambientale perché i piani interrati hanno delle buone temperature e umidità, quindi non dobbiamo né riscaldare in inverno né mettere l’aria condizionata in estate, e il lavorare lì fa bene anche all’ambiente.

Qual è la parte centrale del vostro business?

L’economia circolare: iniziamo con fondi di caffè e produciamo funghi. Il caffè che rimane è trasformato da funghi in concime, quindi iniziamo con uno spreco urbano e alla fine abbiamo due prodotti di valore: i funghi e il concime. Abbiamo cercato di aggiungere del valore all’anello. Per esempio l’anno scorso abbiamo cercato di usare il concime per far crescere della cicoria. Nessuno ci aveva mai provato prima, noi abbiamo provato e ha funzionato. Così abbiamo tre prodotti. Ora abbiamo una stagista in architettura che sta cercando di realizzare dei materiali biodegradabili a partire dai funghi. Usa il concime, aggiunge un tipo diverso di funghi e realizza degli oggetti. L’idea è di sostituire la plastica e i materiali che non sono degradabili.

Qual è la sua visione sul futuro di Permafungi?

Cerchiamo di diversificare quanto più possiamo. Producendo diverse specie di funghi, diverse verdure. Cerchiamo anche di realizzare qualcosa che non è edibile come i materiali biodegradabili. Vogliamo produrre a livello locale, consumiamo anche a livello locale. E’ molto importante che restiamo a Bruxelles. L’idea è di diffondere il concetto in altre città. Ma a Bruxelles vogliamo produrre per il mercato di Bruxelles. Pensiamo che ogni città nel mondo debba avere la sua fabbrica e produrre funghi. Perché in ogni città c’è il caffè. Infatti non vogliamo tenere i nostri segreti per noi. Soprattutto dalla Francia vengono già persone interessate. E insegniamo loro quanto più possiamo così che creino la loro fabbrica nella loro città.

Create lavori sostenibili per persone con poche capacità…

Abbiamo come target persone con poca abilità e abbiamo un sussidio per questo perchè hanno davvero un profilo specifico. Quindi li impieghiamo, diamo loro una formazione, non soltanto riguardo i funghi perché vogliamo che imparino anche qualche cosa d’altro. Così che quando lasciano Permafungi troveranno lavoro più facilmente.

Cristina Barbetta

FONTEVita.it
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