ROMA – A due passi da Piazza San Pietro il progetto di Luigi Parise attende gli avventori:
Pergamino Caffè è il luogo dove il chicco è protagonista in tutte le sue mille sfaccettature.
Al di là dell’espresso si punta all’estrazione in tanti modi diversi….Filtro, cold brew, aeropress ecc.. dedicando attenzione al cliente nella spiegazione della tipologia di caffè.
Qui la tazzina è trattata con rispetto, valorizzata nelle sue sfumature organolettiche, senza focalizzarsi sul prezzo, ma sulla qualità. Un messaggio che nel settore si tenta di trasmettere: ecco l’intervista a uno degli esponenti di questo movimento.
Cominciamo da qui: sulla vostra pagina social si legge “Pergamino non è un bar, è una caffetteria”
“Un bar è visto come un posto senza un’identità precisa. Noi invece siamo a tutti gli effetti una caffetteria, perché vendiamo caffè in varie tipologie, esclusivamente arabiche e specialty, offrendole in tantissimi modi oltre al classico espresso. Pergamino quindi è una vera caffetteria, in tutti i sensi, e anche coffee shop dove si possono trovare soluzioni di caffè in grani.
Scegliamo le torrefazioni da cui rifornirci in Europa e in tutto il mondo: sono microroastery, cioè artigianali e non legate all’industria, che tostano il proprio caffè selezionando dei crudi di altissima qualità. Abbiamo collaborazioni con circa 20 torrefazioni. Proponiamo anche formati da 250 grammi, che abbiamo notato sta riscontrando un forte interesse. L’avventore tradizionale che non conosce le diverse qualità di caffè, da Pergamino può essere guidato grazie all’esperienza del personale qualificato: consigliamo cosa acquistare
in base ai gusti, anche in termini di attrezzature e macinini per casa – preferibilmente quindi suggeriamo grani da macinare freschi la mattina a colazione .
Generalmente dopo l’assaggio, non si torna indietro. Il palato immediatamente riconosce la bontà del prodotto e non vuole più bere altro. Le persone sono abituate a bere cattivo caffè senza neppure saperlo.”
Avete aperto nel 2016 quando lo specialty era se possibile ancora più sconosciuto: come mai avete deciso di investire in questo settore così di nicchia?
“Ho iniziato in questo settore giovanissimo, quindicenne, lavorando nei bar del quartiere Prati, dove abito. La passione per il caffè è rimasta una costante nel corso degli anni. Un giorno ho scoperto in una tazza un gusto meraviglioso e mi sono chiesto cosa fosse. Il prodotto era di Massimo Bonini di Lady Cafè ed è stata per me un’illuminazione: ho detto, proviamoci. E così ho aperto Pergamino.”
È una scelta che ha premiato? Lo rifareste?
“Rifarei tutto quello che ho fatto. Certo è stato un lavoro molto complesso, perché ovviamente nel corso del tempo abbiamo dovuto imparare bene come lavorare il caffè e ogni sua diversa tipologia va estratto secondo delle precise ricette. Quindi sia come trattare la materia prima sia come porsi con il cliente nuovo che è sempre molto scettico . Per avvicinare il cliente non si può partire subito con un gusto pieno (come può essere un caffè africano) bisogna accompagnarlo nel cammino della degustazione partendo da
caffè più amabili.
Personalmente amo i caffè etiopi, penso siano la massima espressione della bevanda e tuttavia riconosco che è molto lontano dal gusto italiano della miscela. Si arriva ad apprezzarli dopo diversi assaggi. Proponiamo sempre di partire con dei caffè sudamericani, colombiani, più rotondi, più dolci, una soluzione meno citrica. Per questo motivo abbiamo il Cigno Bianco di Rubens Gardelli come blend ed è l’unico che abbiamo deciso di avere, perché è composto da tue tipologie di arabiche specialty. Culturalmente sono legato ai monorigine, i blend delle volte confondono.”
Che caffè state servendo da Pergamino? E soprattutto, a che prezzo?
“Abbiamo referenze da dodici torrefazioni. In questo momento stiamo vendendo il caffè che abbiamo acquistato noi, una linea a marchio Pergamino, comprato tramite il crudista Alma Trading: si tratta di tre tipologie di verde, due lavati e un naturale tutti e tre colombiani, tostati da Davide Cobelli a marchio nostro. Nella macchina per espresso trovi La Promessa – il naturale Villa del Paz, con una fermentazione di 90 ore che conferisce un gusto di fava di cacao.
Per partire e proporre questa nostra monorigine, abbiamo deciso di fissare il prezzo in forma promozionale e quindi al momento è di 1,50 euro, ma di base partiamo dai 2 fino ad arrivare ai 5 euro. A 80 centesimi o a un euro non deve esistere più l’espresso e c’è un motivo. Il caffè è come il vino: c’è quello che costa sei euro al chilo e poi c’è il Geisha Village etiope, che è un micro lotto, che costa 400 euro al chilo e quindi in tazza costa 20 euro. Quando assaggi, comprendi il motivo di quel costo e soprattutto sai dove vanno a finire quei soldi. Noi arriviamo sino ai 10 euro in listino.
C’è chi ha digerito subito questa scelta e chi ci ha messo un po’. Ma chi viene da noi vede già entrando che Pergamino è un posto in cui il caffè è di qualità.”
Avete sempre la Marzocco Strada o avete cambiato? E i macinini?
“In realtà siamo partiti con delle Faema del 1972 a braccetto. Erano macchine meravigliose che però non hanno la stessa resa di una macchina moderna come La Marzocco. Poi siamo passati ad una Slayer e ora lavoriamo con una Faema E71. Cambiamo molto, non siamo statici per filosofia. Servono macchine super performanti che ci permettono di gestire manualmente 4/5 caffè e valorizzare l’eccellenza con i parametri.
Un super caffè africano o sudamericano va trattato con pressione e temperatura diverse, per cui dobbiamo poter intervenire. Abbiamo lavorato con diversi macinini: Ceado, Malkhoenig (abbiamo l’Ek43). Ne abbiamo sei in totale. Ogni macinino è dedicato ad una determinata tipologia di caffè.”
Il personale del Pergamino: lo formate ancora voi in collaborazione con la Sca? È un problema trovarne in questo periodo o la situazione è uguale a prima?
“La situazione è peggiorata molto. Ho altri tre locali, due pub e una birreria: è un problema trovare professionisti veri, quelli formati ancora di meno. Riusciamo a controllare il cambio di personale in quanto possiamo contare su uno staff storico. I ragazzi lavorano sodo anche se con un po’ di sacrificio. Continuiamo sempre a cercare nuove risorse. Quando si richiede di lavorare in un certo modo, chi viene dal bar tradizionale ha molte difficoltà a fare lo step successivo. Io stesso mi occupo di far formazione a chiusura locale. Gli altri giovani già con un certo know-how spesso vanno all’estero a metter a frutto le proprie competenze.”
Quali novità ci sono da Pergamino?
“Due nuovi corner. Uno all’interno del Morrison’s, l’irish pub storico di Roma, e l’altro all’interno di un altro locale in cui si servirà specialty con la birra, un abbinamento interessante per noi. Si sta creando una bella connessione tra mondo caffetteria e mondo del bere in generale. È una sfida: essendo un locale notturno, si potrà prendere un filtro mentre gli altri ordinano una birra. Puntiamo molto ad aprire a tutti il mondo dello specialty. Bisogna forzare un po’ la mano, andare avanti senza paura. Presto arriveremo a una base di tre euro per scardinare una volta per tutte un meccanismo insostenibile.”
E quali invece i progetti futuri?
“Oltre il nuovo Morrison, poter riuscire a fare una serie di punti sparsi per Roma e in tutta Italia. Nei prossimi 36 mesi, cercare di arrivare con altri coffee shop che raggiungeranno più persone.”