MILANO – Perfero Caffè, attività portata avanti da Daniele e Simone ad Altidona in provincia di Fermo, nelle Marche, attorno a due materie prime che hanno molto in comune quanto differenze: le fave di cacao pregiate e gli specialty coffee. Con loro è stato possibile condurre un’analisi parallela che ha messo a confronto questi due mercati che si rivolgono ad una nicchia precisa di consumatori.
Selezione delle fave migliori di cacao e selezione degli specialty: come funziona l’approvvigionamento di queste due materie prime così ricercate?
“La distribuzione delle fave di cacao in batch piccoli non è molto diffusa, anche se negli ultimi 5 anni molti operatori indipendenti stanno differenziando e offrendo ottime selezioni dalle piattaforme logistiche di Amsterdam, Anversa e Genova.
In ogni caso raramente gli importatori di caffé specialty hanno anche ottimo cacao, sono due canali diversi e mal sovrapponibili.
Noi da sempre sfruttiamo un canale “informale”, ci appoggiamo ad un amico, che ad oggi è l’unico operatore di selezione diretta indipendente in Italia, Andrea Mecozzi, che con la sua struttura di consulenza Cacao Solution supporta varie aziende d’eccellenza del cioccolato e ci permette di accedere a canali esclusivi di approvvigionamento.
Selezioniamo direttamente gli specialty coffee nei paesi in cui abbiamo progetti solidali in collaborazione con la cooperativa Shadhilly di Fano (Guatemala, India, Nepal ed Uganda) per altre origini ci affidiamo all’esperienza di Emilio Galeandro.”
Ci spiegate la gradazione internazionale del cacao?
“Il cacao è diverso dal caffè, in primis perché con le fave di cacao si possono ottenere una varietà enorme di semilavorati, mentre con un chicco di caffè otterrai sempre una bevanda, quindi ogni processo analizza il cacao in maniera diversa.
Da qualche anno un ente che sta cercando di uniformare a livello mondiale il processo di analisi è Cacao Of Excellence, un’organizzazione internazionale, con sede a Roma e sostenuta dalla FAO e da altri organismi di ricerca, che ha lavorato alla prima Guida sulla Qualità e la Degustazione del cacao – e non cioccolato -, quindi con la volontà di stabilire uno standard internazionalmente riconosciuto.
Però ad oggi quelle che sono le categorie dei vari paesi non sono omogenee. Ad esempio l’Ecuador usa la categoria per S, AS, ASS…. mentre la Costa d’Avorio usa le Categorie per G1 o G2 e fuori calibro.
Ma sono categorie che col profilo aromatico e con la qualità palatale del prodotto ci entrano poco, ti segnalano solo il grado di fermentazione del cacao e il suo calibro, che però non condizionano direttamente il sapore o la resa.”
Qual è la percentuale di cacao veramente di qualità? E dello specialty?
“Definire la qualità del cacao è molto difficile, perché come detto prima con una fava di cacao ci puoi produrre cioccolato, estrarre burro, realizzare un gelato, un ingrediente per insalata e tante altre cose. Spesso un cacao che per produrre un cioccolato al latte è scadente, per produrre fondente è eccellente.
L’esempio più classico è con i “famosi” criollos o cacao blanqui. Sono dei cacao con un profilo aromatico ampio e molto complesso, ma dall’acidità inesistente e dalle note troppo delicate, quindi se li consumi trasformati in una tavoletta di massa di cacao pura (100%), avrai un bouquet di aromi e profumi eccezionali e stupefacenti, ma se ci produci un cioccolato al latte, avrai una tavoletta al sapore piatto e saponato.
Cosa diversa con un amelonado puro dell’Africa Occidentale, trasformato in tavoletta di massa al 100% può addirittura risultare immangiabile per i tannini e l’acidità residua, ma se ci produci cioccolato al latte esalterà tutte le note dei magri del latte, dando un’esperienza mai avuta prima.
Nella nostra esperienza di tostatori di fave di cacao per consumo tale e quale possiamo dire che quando un cacao ha una fermentazione superiore all’85%, darà sempre un’esperienza sensoriale, qualunque sia la sua identità.
Per quanto riguarda il caffè che definiamo specialty non penso vada oltre l’1%,2% del consumo nazionale.”
Perché avete scelto il trinitario del Venezuela per Perfero Caffè?
“Molto per tradizione con la cultura italiana, che riconosce nei sentori di caffè, nocciola e legno dei cacao aromatici venezuelani dei profili riconoscibili e apprezzati, però da qualche tempo abbiamo anche lavorato molto con le selezioni degli ibridi amazzonici colombiani, dei cacao che hanno meno note di legno e caffè, molto più latte, pesca e soprattutto che si caratterizzano per un profumo di miele e anacardo davvero impressionante.
Per il caffè abbiamo puntato molto sul Guatemala, lì abbiamo anche un piccolo appezzamento nel quale coltiviamo un ottimo varietale come il Geisha ed ora abbiamo selezionato, grazie ad una finca che lavora ad alti livelli, il varietale Valentina.
Sono due tostature assolutamente differenti, bisogna avere una tostatrice molto modulabile per poter lavorare ad alti livelli entrambi i prodotti. Diverse le temperature, i tempi e quindi curve di tostatura non sovrapponibili.”
Il mercato di Perfero Caffè è all’80% estero: l’Italia non è ancora pronto al cacao pregiato e agli specialty?
“L’Italia è assolutamente indietro anni luce nella capacità di riconoscere il cacao. Siamo ancora all’idea dei sapori amari e bruciati dei cacao del dopoguerra. Ed è un peccato estremo visto che nel 1600 la Squisita Gentilezza, il cioccolato pregiato da cacao fini, è stata inventata in Toscana.
Oggi il consumatore italiano non conosce gli agrumati del cacao, non conosce le note fruttate, non conosce i profumi di neroli che sprigionano delle selezioni. Siamo molto molto indietro.
Nel caffè ci sono associazioni, produttori di macchine da caffè e singoli esperti che si spendono per avvicinare il pubblico ai prodotti di altissima qualità. Ma anche qui siamo molto indietro e c’è ancora tanta strada da fare.”
Il prezzo è un problema?
“Il prezzo è sempre un concetto relativo, avete mai controllato quanto costa un qualsiasi snack prodotto con coperture di cioccolato di dubbia qualità al chilogrammo?
Spesso 10 volte di più di un cacao aromatico da alta fermentazione. Quindi più che di prezzo, si tratta di una questione di cultura e forte impatto del marketing. Stesso concetto nel mondo del caffè. basterebbe fare attenzione a quanto si paga in realtà un kg di caffè (magari di bassissima qualità) racchiuso in una capsula.”
Cosa intravedete per il mercato italiano e quello estero sul consumo di cacao e caffè di qualità?
“Corea del Sud, Giappone, Nord Europa e Canada hanno sdoganato l’idea che un prodotto di qualità debba costare come un prodotto standard da supermercato e sono i mercati a più alto tasso di assorbimento e crescita per il prodotto di alta gamma, mentre in Italia siamo ancora al palo. Ma come si è cambiato nel vino, nella birra e nella pasta sono sicuro che arriveremo a cambiare anche nel caffè e nel cacao.”