domenica 22 Dicembre 2024
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Peretti: “Vi spiego perché 1,10 è il prezzo giusto e in pasticceria si beve solo caffè di alta qualità”

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MILANO – Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto e pubblicato una lettera inviata dal signor Gianni Peretti. Il proprietario della Maison Dolci di Torino, specializzata nel Food Service. Due i temi affrontati: la richiesta ai baristi di prendere la tazzina o la tazza per il manico e un’indicazione di prezzo ideale dell’espresso al bar a 1,10 euro.

Peretti. L’intervento più letto della settimana

Un commento che è stato in parte sottovalutato dalla redazione che non lo ha messo in evidenza tra le prime notizie. Ma ci hanno pensato i lettori a decretare il successo degli argomenti indicando a colpi di migliaia di letture e di click l’intervento di Gianni Peretti come una delle notizie più letta della settimana, la terza per numero di utenti unici. Inevitabile, a questo punto tornare sul luogo del delitto. Sentire urgentemente il signor Peretti e porgli alcune domande.

Ecco che cosa ci ha detto Peretti.
Cominciamo da lei, chi è Gianni Peretti?

“Ho 59 anni e dal 1992 lavoro come importatore di alcune società svizzere specializzate nel food service. Per me il caffè è quindi solo un piacere personale. Non tratto direttamente il prodotto. Quindi è qualcosa che resta parallelo alla mia attività, che consumo quando vado a visitare i nostri clienti pasticceri.

Per questi ultimi invece, il caffè, l’espresso è importante anche per mantenere alto il proprio reddito. Per una pasticceria vent’anni fa era possibile vivere senza caffè, oggi invece è necessario prevedere il servizio caffetteria. Il caffè quindi è molto più legato al mondo della pasticceria. All’interno del quale mi muovo anch’io per professione.”

Uno sguardo da esterno e appassionato

L’aspetto dei baristi tatuati invitati a utilizzare il manico delle tazzine e il prezzo della tazzina a un euro e dieci: gli addetti del settore hanno reagito con estremo interesse. Un ragionamento che inoltre, ultimamente, nelle pasticcerie non vale più tanto, dato che il caffè servito è di qualità. In generale i migliori bar sono le pasticcerie.

Sono d’accordo. Ho notato infatti tra la mia clientela una maggiore attenzione verso questo servizio. Una volta che hanno deciso di investire in questo senso, hanno trattato il prodotto come gli altri più caratteristici della pasticceria.

Attraverso quindi la ricerca di una materia prima che permettesse di distinguersi come brand esclusivo. Poi hanno anche formato il personale sia per la pulizia che per il servizio, per garantire un’offerta di alta qualità.

Lo dico sulla base della mia esperienza e delle zone che conosco. Noi serviamo molto bene il Nord e parte del Centro Italia, meno il Sud e le isole. E posso confermare che il caffè è un prodotto trattato con attenzione. Proprio nel rispetto e nell’interesse del consumatore. “

Nei bar invece?

“Nei bar, e lo dico da consumatore, c’è veramente di tutto. Secondo me, il livello negli ultimi anni è comunque migliorato. Faccio un esempio significativo. Una volta, bere un caffè in autostrada era un’esperienza spesso negativa. Cosa che invece è cambiata attualmente.

Ovvio, c’è anche l’influenza giocata dal singolo operatore, ma di recente, Autogrill ad esempio ha alzato proprio il livello. E il caffè Kimbo, se ben estratto, è di livello.”

Il nome della sua marca?

“Il nostro prodotto di riferimento è il cioccolato puro d’eccellenza. Non vendiamo al dettaglio, ma per la trasformazione. Prodotto in Svizzera, da un’azienda che esiste da 110 anni, la Felchlin. Per loro, sono orgogliosamente l’importatore esclusivo e sono stato anche il primo che ha portato questo marchio in Italia.

Siamo noti per avere un prodotto di altissimo livello. Un trend che però resta un po’ sconosciuto, in quanto non siamo presenti tra gli scaffali. Si tratta comunque di cioccolato puro che viene trasformato dagli artigiani nostri clienti per dare vita a pralineria, tavolette, cake, etc. Una analogia interessante con il mondo
del caffè è l’impiego dei mono origine.

La Felchlin è partita all’inizio degli anni novanta andando a selezionare i migliori cacao dal Sud America; producendo una linea di Grand Cru mono origine che ancora oggi ci contraddistingue.”

Parliamo anche di cioccolato: come è quello che si trova in Italia?

“Il cioccolato e il caffè mostrano grandi analogie, anche perché sul mercato esiste per entrambi una vasta offerta. Da una scala di valore da uno a dieci, è giusto che chi ha bisogno di trasformare il cioccolato, possa scegliere all’interno di un range altrettanto ampio.

Noi siamo ad altissimi livelli, ma non sempre veniamo scelti. In Italia il mercato, l’offerta sono molto ampi e diversificati.”

Sui prezzi. Quanto dovrebbe esser il costo corretto di un buon cioccolato per la trasformazione?

Quanto invece un cioccolato buono, senza discussione, al supermercato?

“Posso rispondere solo a una delle due domande non essendo addentro alle dinamiche della GDO. Ritengo infatti che un cioccolato per la trasformazione di cui mi occupo, per rispettare degli standard qualitativi d’eccellenza, dovrebbe costare non meno di dieci euro al chilo per l’artigiano.

Il cioccolato utilizzato nelle pasticcerie tuttavia, spesso si trova al di sotto del parametro che ho appena indicato. Forse non è corretto parlare di scarsa qualità ma, secondo me, conoscendo la filiera produttiva, sommando tutti i costi dalla
produzione in poi, il prezzo dovrebbe esser quello. Gli addetti ai lavori potranno esser d’accordo o meno su questa mia affermazione. “

Quindi lei a favore di prezzi più elevati?

“Assolutamente sì, soprattutto per sostenere una materia prima di qualità e gli aspetti etici e di sostenibilità che ci sono dietro. Poi esistono anche dei fattori come le location di prestigio, che influenzano ulteriormente il prezzo finale del prodotto trasformato.”

Come è nato il commento suoi baristi tatuati, per altro pochissimi, e sull’osservazione dell’uso del manico della tazza o della tazzina?

“I tatuaggi sono solo una questione di gusto personale: ho tantissimi amici tatuati e non ho alcun problema al riguardo. Tuttavia ricordo che un professionista della pasticceria con cui lavoro, ha fatto la scelta di tatuarsi in zone del corpo non visibili durante il suo lavoro di consulente.

Scinderei quindi le due cose. Dipende poi dal target e dal tipo di locale: i bartender che lavorano nelle ore più notturne, in locali per giovani, magari sono più adatti se hanno tatuaggi in mostra.”

La nuova generazione di baristi, rappresentano la quarta onda della caffetteria nel mondo.

“Infatti, le nuove brewery di caffè che sono un fortissimo trend, si rivolgono a una fascia di giovani che quasi si aspettano questo dettaglio estetico. Mentre per quanto riguarda l’appunto sul manico della tazzina chiarisco che, se io vedessi lo stesso gesto su un semplice bicchiere d’acqua, mi darebbe fastidio allo stesso
modo.

È un dettaglio che viene trascurato, spesso nato dall’improvvisazione professionale al mestiere di barista. Un docente di qualunque scuola alberghiera italiana, avrebbe insegnato all’operatore a mantenere le dita lontane dal bordo della tazzina. “

Sono tanti gli operatori, anche tra i più qualificati, che reggono la tazzina per il fondo

“È una cosa diversa. Sul fondo va bene, ci sono addirittura tazzine per caffè senza manico per questioni di design, l’importante è star lontani dal bordo in cui poi il cliente poggia le labbra.”

Lei indica la quotazione dell’espresso italiano tradizionale a un euro e dieci, come mai?

“Da Nord a Sud le cose cambiano, persino nel mondo della pasticceria, con una variabile più o meno simile al prezzo della tazzina. Per la pasticceria mignon da asporto si parte dai 10/12 euro a chilogrammo, sino a raggiungere i 30/40 euro in certi bar o pasticcerie del Nord.

Per quanto riguarda invece il caffè, io ho parlato della cifra un euro e dieci perché, essendo così a lungo fissato a un euro, ora deve cambiare. Obiettivamente, il solo euro, non permette di ottenere una marginalità sufficiente. I dieci centesimi in più, nell’arco di un anno, potrebbero invece aiutare a coprire le spese in più.”

Nelle pasticcerie, il caffè è un complementare che va accompagnato a altri prodotti?

“Sì, è una promozione, un invito. Sicuramente un modo per avere maggiori contatti con gli utenti, allargandone quindi le potenzialità.”

La parola formazione.

“Nel mio settore sto cercando di imparare tanto ancora sul mio mestiere, nonostante ormai abbia un’esperienza di vent’anni. Tutti dovremmo dedicarci di più ad aggiornare e ad approfondire le nostre competenze. È importante che l’operatore dietro il bancone sia ben formato.

Preparare il caffè non è solo un gesto meccanico. Da consumatore attento ho notato che gradualmente, anche grazie a interventi come quelli diffusi su Report, il consumatore finale è sempre più messo a conoscenza del lavoro complesso e articolato dietro la tazzina.

È bene che si conosca sempre più, per dar luce all’impegno degli addetti al
lavoro. E i baristi hanno acquisito alcune procedure un tempo sconosciute come il flussaggio o il purge.”

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