La lavorazione del caffè, dal campo alla tazzina, genera quantità notevoli di scarti, tra cui la polpa del frutto, il pericarpo, la pergamena, la pellicola argentea e i residui d’estrazione. L’eliminazione di questi materiali è un problema, o un’opportunità non colta, sia sul piano ambientale che economico.
Tra i vari scarti della lavorazione del caffè merita una particolare attenzione la pellicola argentea (coffeesilverskin) perché, una volta essiccata, si mantiene a lungo; essa in alcuni paesi viene già utilizzata come fertilizzante del terreno o come combustibile.
Questi impieghi rispondono ad una logica di risparmio dei costi dell’energia e dello smaltimento dei rifiuti e di gestione intelligente delle risorse, nell’ottica di ridurre l’impatto ambientale.
La pellicola argentea è il sottile tegumento che ricopre e protegge lo strato esterno del seme, volgarmente detto chicco, di caffè verde. Essa si stacca parzialmente in campo, durante l’essiccamento e la rimozione dei semi di caffè dai frutti, ed in parte durante la torrefazione.
Molti autori hanno suggerito di riutilizzare la pellicola argentea come fonte di composti naturali (es. polifenoli, fibre alimentari, xantine) utili per la formulazione di integratori o fitoterapici.
Tuttavia nessun ricercatore ha investigato la presenza di possibili contaminanti o sostanze potenzialmente tossiche per la salute umana.
Il gruppo di ricerca del Centro di Innovazione dei Rifiuti Alimentari coordinato dalla Prof.ssa Tullia Gallina Toschi ha condotto uno studio sulla composizione e le caratteristiche di qualità della pellicola argentea, i cui risultati sono stati pubblicati di recente sul Journal of Agricultural and Food Chemistry [1].
Lo studio ha messo in luce la presenza di sostanze come l’ocratossina A, nefrotossica e attualmente classificata dallo IARC possibile cancerogeno (gruppo 2B) [2] e di ossidi dei fitosteroli, sostanze coinvolte in diversi processi biologici (aterosclerosi, infiammazione, stress ossidativo, etc.) [3].
Lo ricerca ha indagato la composizione chimica della pellicola argentea, che è costituita per circa il 70-79% da fibra alimentare (15% fibra solubile), da cellulosa ed emicellulosa (circa 15%), da una quota di grassi pari a circa il 5% e da importanti molecole bio-funzionali come la caffeina (0,9%) e i composti polifenolici (0,6%). La pellicola argentea, quindi, può essere certamente promettente anche per un uso alimentare.
Tuttavia i livelli di ocratossina A, circa tre volte il limite consentito in Europa per il caffè tostato [4] e quelli degli ossidi dei fitosteroli (che ammontano a circa il 48% degli steroli totali) rappresentano il rovescio della medaglia.
La ragione di questo inquinamento della pellicola argentea e della sua cattiva qualità ossidativa sono legate al suo ruolo funzionale; essa ricopre il chicco di caffè, è massimamente esposta all’azione ossidante dell’ossigeno e, in considerazione dei risultati ottenuti, è quindi sempre consigliabile, se si vogliono evitare trattamenti preliminari o non si possono garantire le accortezze necessarie ad un uso “food grade” un impiego come fonte di cellulosa per la produzione di carta.
L’utilizzo, invece, come fonte di composti bioattivi (estratti), ossia come ingrediente per lo sviluppo di alimenti funzionali o cosmetici, dovrebbe essere valutato ponendo attenzione a tutto il ciclo produttivo e mettendo in opera dei trattamenti di lavaggio per la rimozione delle tossine; l’uso diretto come prodotto alimentare per l’estrazione diretta (tisane dimagranti), incautamente consigliato da alcuni autori, potrebbe non essere affatto esente da pericoli e deve essere, ad oggi, del tutto sconsigliato.
Vladimiro Cardenia
(Centro per l’innovazione dei rifiuti alimentari, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)
Tullia Gallina Toschi
(Centro per l’innovazione dei rifiuti alimentari, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)
Fonti:
[1] T. Gallina Toschi, V. Cardenia, G. Bonaga, M. Mandrioli, M.T. Rodriguez-Estrada, Coffee Silverskin: Characterization, Possible Uses, and Safety Aspects, Journal of Agricultural and Food Chemistry. 62 (2014) 10836–10844.
[2] IARC, Ochratoxin A Monograph on the evaluation of carcinogenic risk to humans. Volume 56 Some Naturally Occurring Substances : Food Items and Constituents , Heterocyclic Aromatic Amines and Mycotoxins, in: Lyon (Lyon: IARC): International Agency of Research on Cancer, 1993: p. 489.
[3] Y. O’Callaghan, F.O. McCarthy, N.M. O’Brien, Recent advances in Phytosterol Oxidation Products., Biochemical and Biophysical Research Communications. (2014) 1–6.
[4] Commission Regulation (EC), Setting maximum levels for certain contaminants in foodstuffs, Official Journal of European Communities. L 364/5 (2006) 5–24.