Pausa caffè a rischio per i dipendenti pubblici: se non si timbra il badge, si può rischiare una denuncia per truffa. Ne riferisce con tutti i dettagli del caso il sito lentepubblica.it che dedica all’argomento un particolareggiato articolo. Per leggere l’intero articolo basta cliccare QUI.
La Corte di Cassazione in una recente sentenza ha fatto marcia indietro, rispetto ad una precedente sentenza del 2021 (sentenza n°29674/2021), nella quale si definiva la pausa caffè come una “pratica comune in ufficio”.
Ecco nel dettaglio.
Pausa caffè senza timbrare il badge: i dipendenti pubblici rischiano la denuncia per truffa
Nella sentenza 33015/2024, il direttore di un mercato comunale, il quale sosteneva di avere il diritto di consumare il pasto nel proprio domicilio, è stato accusato di truffa aggravata.
La truffa aggravata è delineata nell’art.640 del Codice Penale, che recita
“chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a 1032 euro”.
Nell’articolo non si fa riferimento solo al danno economico subito dal singolo. Ma s’include l’interesse pubblico a preservare il rispetto della correttezza e trasparenza tra le parti. Nonostante ciò, si può parlare di “truffa aggravata”, solo se ci sono un reale danno patrimoniale e un ingiusto vantaggio per chi lo commette.
Ritornando alla vicenda in questione e sulla decisione della Cassazione, secondo i giudici di legittimità, il direttore del mercato ortofrutticolo all’ingrosso ha ingannato la pubblica amministrazione, falsificando le ore effettive di lavoro.
Infatti, secondo la sentenza, egli avrebbe dovuto detrarre, dalle ore di prestazione lavorativa dichiarata, il tempo speso nei bar per il caffè e i momenti in cui si recava a casa per consumare il pranzo.
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