lunedì 23 Dicembre 2024
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Pasticceria Sartori: “In molti vengono apposta per bere da noi l’espresso sin qui ad Erba”

Anna Sartori: “Vendiamo l’espresso a un euro e 20. Siamo orgogliosi di averlo fatto. La grossa difficoltà l’abbiamo riscontrata quando abbiamo rotto la barriera dell’euro passando a un euro e 10, in pre lockdown. Abbiamo addirittura perso dei clienti inizialmente. C’è sempre una fetta di consumatori che insegue il prezzo più basso a prescindere dalla qualità servita."

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MILANO – Tra i locali che hanno conquistato i tre chicchi e le tre tazzine della Guida Bar d’Italia, frutto della selezione accurata di illycaffè e il Gambero Rosso, anche la pasticceria Sartori: un luogo che, come ci ha raccontato la titolare Anna, vale la pena di visitare anche scegliendo di percorrere una strada provinciale.

L’offerta di qualità qua si sposa anche con una filosofia particolare, che va compresa: e per fare questo, le parole di chi la mette in pratica tutti i giorni nel suo laboratorio, sono sicuramente le più adatte. Per il resto, si sa: provare per credere.

Sartori, dunque dal 1958 a Erba come gelateria sino al 2022, anche caffetteria e cos’altro? Raccontateci un po’ la genesi sino a oggi

“Sartori nasce come bar latteria nel 1956 e poi si trasforma in gelateria e pasticceria nel giro di due anni. L’artefice di questa evoluzione è stato mio padre Francesco, che amava il mondo della latteria: pensare che inizialmente avevamo il banco formaggi insieme al bar. Il passaggio diretto è avvenuto dalla lavorazione e dalla raccolta del latte da cui poi potevamo produrre il nostro gelato in laboratorio. Quindi ampliarsi dal bar alla pasticceria è stato naturale per un’anima imprenditoriale e instancabile come quella di mio padre.

Questo locale è stato il suo grande amore. La ricerca è avvenuta su tutti i fronti: in caffetteria siamo stati i primi ad adottare la miscela illy in questa zona non appena è stata distribuita. Abbiamo scelto l’Intenso, incredibilmente: soprattutto negli ultimi anni abbiamo sentito l’esigenza di proporre un profumo più pronunciato e per certi aspetti rotondo. Questa miscela per quanto sia forte è meno spigolosa di quella del sud: regala delle note più amare ma equilibrate e resta pulito al palato.

Trovavo il classico con delle note quasi aspre che diventavano un po’ troppo ridondanti, in quanto troppo simili ai gusti delle mie ricette. L’Intenso invece diventa più gestibile anche a fine pasto: è molto più diretto e lascia il segno. La miscela più chiara è troppo complessa per quello a cui siamo abituati a bere qui in espresso.

Saranno almeno 4 anni che lo proponiamo ed è molto apprezzato dai nostri clienti, che si affidano molto a noi. Per arrivare da Sartori si deve passare da una strada provinciale: molti vengono apposta per bere da noi il caffè. Questo dà molta soddisfazione.”

Se dovesse descrivere in tre parole Sartori, che termini useresti?

“Sicuramente complessa, curiosa e sorprendente. Abbiamo un approccio legato al metodo che io ho messo a punto e che a volte disorienta chi lo sperimenta la prima volta: ho cercato nel mio percorso di studi e professionale delle risposte nel mondo del food che fossero un po’ anticonvenzionali.

Anna Sartori in divisa da lavoro, @Riccardo Liporace

Arrivo da una laurea in scienze agrarie, e da diplomi in naturopatia e medicina cinese: il mondo dell’alimentazione olistica alternativa e quello più scientifico erano molto lontani tra loro e io ho voluto trovare un punto di incontro tra i due. Ho inventato quindi questo metodo FEIS (sigla che sta per fisico, emotività, intelletto e spirito): l’aspetto nutrizionale, della fisicità, richiede un’attenzione soprattutto per chi lavora ancor più che per il cliente, così come una cura nella ricettazione particolare.

Poi c’è l’aspetto emozionale che evoca il cibo: la relazione che abbiamo con l’unica cosa oltre l’aria che introduciamo dentro di noi. Non può essere dimenticata questa componente: i nostri dolci si legano alla memoria, alla ricorrenza.

A questo segue l’elemento legato alla tecnologia: io lavoro sulle ricette per perfezionarle con le tecniche, pur mantenendo sempre il rispetto della tradizione. Infine, c’è il mio rapporto con il cibo: combino i primi tre fattori per dar vita a delle soluzioni più personali.

La vetrina dell'offerta Sartori (foto concessa)
La vetrina dell’offerta Sartori (foto concessa)

Ho declinato tutta la nostra offerta seguendo questo metodo: ho prodotti che afferiscono a ciascuna classe appena descritta. Dal gelato alle brioche, ai mignon, rientrano tutti in queste caselle: il cannoncino è tradizionale, i bignè sono emozionali con farina di riso, i bottoni con delle mousse particolari senza gelatina alimentare a cui abbino un gusto, lavorano più sulla funzionalità energetica della medicina cinese.

Ho realizzato un lievitato caffè-limone che lavora proprio sull’aspetto digestivo: è uno di quelli che suggerisco dopo pranzo. Nella quotidianità diventa piacevole. Per questo ho creato un lievito madre da rinfresco, caffè e pompelmo, che unisce l’aspro e l’amaro. In ogni classe di dolci che ho pensato, non manca il caffè: prepariamo anche un infuso bianco e espresso scuro nel gelato.

Dico sempre: non dovete mai abusare perché così rimarrete i miei clienti. Bisogna imparare a dosare anche il caffè, che crea un po’ dipendenza come il cioccolato.”

Il caffè da voi cosa rappresenta, cosa servite e a che prezzo?

Vendiamo l’espresso a un euro e 20. Siamo orgogliosi di averlo fatto. La grossa difficoltà l’abbiamo riscontrata quando abbiamo rotto la barriera dell’euro passando a un euro e 10, in pre lockdown. Abbiamo addirittura perso dei clienti inizialmente. C’è sempre una fetta di consumatori che insegue il prezzo più basso a prescindere dalla qualità servita.

Da un euro e dieci a un euro e venti è stato invece un salto meno traumatico, perché ormai il discorso era stato compreso da chi voleva capire. Erba è l’esempio del paese di provincia, tredicimila abitanti, in cui comunicare la qualità può essere molto complesso.

L’interno dellla Pasticceria Sartori (foto concessa)

Per questo la pasticceria Sartori è particolare: è un concept che risulta un po’ articolato da assimilare. E poi certo abbiamo ancora degli aspetti da completare: c’è un mondo che vorremo sviluppare anche attorno al caffè che però non si improvvisa.

Cammin facendo magari arriveremo a integrare anche con degli specialty, un giorno. Non molliamo mai. Teniamo duro. Esser rientrati nella Guida è stato un riconoscimento di tutto questo. Devo dire che ci sentiamo compresi dal Gambero Rosso.”

Macchinari nella Pasticceria Sartori?

“Abbiamo una La Cimbali M100 Activa a tre gruppi, macina dosatore caffè Cimbali Conik wireless per l’orzo, ginseng e decaffeinato abbiamo le capsule professionali iperespresso professional Y2 e abbiamo la crema caffè illy e il cold brew illy e per il caffè filtro usiamo il chemex – esteticamente attraente -.“

Pasticceria Sartori, esterni (foto concessa)
Pasticceria Sartori, esterni (foto concessa)

Il personale e l’inflazione: due punti dolenti, come li state gestendo?

“E’ molto complicato. Stiamo cercando di diventare più autonomi dal punto di vista energetico per cercare di ammortizzare questi aumenti dei costi che non possiamo in toto riversare sul consumatore. Con delle marginalità che si sono ridotte gradualmente dal 2000 in poi, diventa però sempre più difficile evitarlo.

Anche diventare autonomi ha un costo che andrà sostenuto. Magari nel 2023 sarà inevitabile aumentare la tazzina. Dopo il Natale si ragionerà ancora su questo aspetto, sperando che la situazione si sia stabilizzata.

Per quanto riguarda il personale, confermo che negli ultimi anni in particolare ciò che viene a mancare sono delle figure di età media (non giovani né troppo avanti) in grado di gestire le attività del punto vendita. Si trovano solo studenti con grande volontà che imparano il mestiere, hanno cordialità ma lo vedono come un mestiere di passaggio.

Manca la prospettiva. E quindi rimangono o le vecchie leve (da noi lavora ancora chi ha iniziato a 16 anni e ora è prossimo alla pensione) oppure i giovanissimi che se ne andranno. Manca quindi il professionista su cui contare, stabile, forte e capace di rapportarsi al cliente. Non è una questione di soldi.

Questo è un mestiere che è ancora visto come limitante: confrontarsi con il pubblico è molto faticoso ed è condizionante per la vita sociale a causa di turni, e delle mancate vacanze. A volte non si comprende che si potrebbe fare carriera spendendosi un po’ di più. Se si intende quello del barista come un lavoro da operaio, non diventerà mai attrattivo.

Noi ci affidiamo sempre a delle agenzie per la ricerca di personale e quindi procediamo così. Talvolta ci capita di assumere conoscenti di chi lavora già in azienda, ma avviene sempre meno ormai, proprio per evitare che si creino conflitti interni. Per il laboratorio invece ci appoggiamo anche alle scuole.

Per il servizio in sala questo scambio non accade, perché per la parte del bar non troviamo qualcuno che sia formato a dovere dagli istituti. Un peccato, perché l’ospitalità dietro al bancone richiede competenze specifiche.”

Sul piano della sostenibilità cosa avete già adottato e cosa avete intenzione di fare?

“Vogliamo affrontare questo tema come gruppo, creando un insieme di laboratori, pasticcerie e panificatori. Perché la svolta sostenibile non può essere solo ridotta all’installazione di pannelli fotovoltaici, ma deve diventare una strategia integrata che impatti in maniera seria e concreta. Un’altra cosa importante è monitorare poi gli effetti di questo intervento: saremo appoggiati su questo aspetto da degli istituti di ricerca, che ci guideranno in questo percorso. Ne riparleremo presto.”

Progetti futuri per Sartori?

Tutto il team Sartori (foto concessa)

“Sicuramente vorremmo riuscire a completare l’offerta e a rimettere in pista tutto il mondo Sartori. In particolare ci concentreremo sulla parte dell’aperitivo salato, sulla pausa pranzo, e sul mondo dell’e-commerce da sviluppare che non siamo riusciti sino ad oggi a seguire per bene. E infine, organizzare di nuovo degli incontri con il pubblico. Vogliamo riportare armonia. E anche mandare avanti un progetto tutti insieme, ufficializzando il nostro concetto e approccio al cibo, condividendolo con gli altri colleghi. Si parla di un percorso a lungo termine.”

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