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giovedì 21 Novembre 2024
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Pasquale Polito, Forno Brisa di Bologna: “Prezzo espresso non è una lotta ma alleanza”

Il socio fondatore: "Ho detto, e lo confermo, che io pagherei anche 2 euro e 50 il caffè e lo farei pur ritenendomi una persona con un guadagno nella media: in Forno Brisa, il 95% di noi non ha case di proprietà, vive in affitto, guadagnando 1400/1500 al mese e facendo politica attraverso il cibo. “

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MILANO – Non è da molto che abbiamo parlato dell’impresa corale di Forno Brisa che ha la sede storica a Bologna, con i suoi traguardi recentemente raggiunti (4 milioni superati con una campagna di crowdfunding su Mamacrowd, oltre mille soci e parecchi colleghi e amici che supportano la rete virtuosa). In questi giorni è apparso sul Corriere della Sera un’intervista a Pasquale Polito, uno dei due soci fondatori con Davide Sarti, che auspicava che il costo dell’espresso al bancone arrivasse a 2 euro e 50. Ne abbiamo parlato con il diretto interessato, per spiegare meglio il concetto.

Polito, partiamo proprio dal titolo che ha fatto scalpore: la cifra dei 2 euro 50 per un caffè, da dove nasce?

“Ho parlato di questa cifra che, trovandosi inserita in un titolo di giornale ha fatto un certo effetto, d’altra parte esiste una abitudine diffusa a pagare il caffè a 1 euro senza chiedersi cosa si beve: è per questo che aumentare il prezzo viene percepito come un ladrocinio nei confronti dei consumatori.

Proviamo a contestualizzare la cifra dei 2,50€ in un discorso più ampio: chiediamoci da dove viene il caffè, da dove viene raccolto, chi lo raccoglie, il viaggio che fa per arrivare in Italia, il ruolo del torrefattore e poi quello del barista. Quanto costa sostenere un bar e il food cost del caffè. Basterebbe prendere in mano un conto economico di un bar, per scoprire che non si diventa ricchi con questa attività.

Quando parliamo di caffè, ci riferiamo ad un prodotto che è considerato purtroppo come una commodity e il nostro obiettivo è proprio quello di ridargli il giusto valore: sia nella scelta che nell’estrazione. Come Forno Brisa ci occupiamo di pane e di caffè, che sono consumati quotidianamente da tutti, partendo con una semplice considerazione: se vogliamo qualità e vogliamo che anche il produttore di caffè che abita a migliaia di chilometri di distanza venga ripagato per il lavoro che fa, non possiamo pretendere di mantenere lo stesso prezzo applicato parecchi anni fa.

È cambiato il paradigma economico sociale mondiale che rendeva corretto il costo di 1€. Che si compri una maglia o un piatto di pasta, o un caffè, il consumatore oggi deve essere consapevole del suo ruolo nel garantire la sostenibilità sociale all’interno della filiera. Se il consumatore vuole un mondo più giusto, con meno divisioni sociali e territori depauperati di fertilità, deve anche cambiare abitudini e non può più permettersi di pensare egoisticamente al proprio risparmio. E nemmeno pensare che i 2,50 vadano tutti in tasca al barista.

Polito: “Il prezzo non è una lotta ma un’alleanza”

“Noi stabiliamo il prezzo del grano con i produttori, valutando il raccolto in base all’annata di riferimento, in modo da dare una retribuzione che li soddisfi. Nello stesso modo stiamo iniziando a fare con il caffè e ci piacerebbe che diventi pratica diffusa. Forno Brisa come tanti suoi colleghi, vuole pagare in maniera equa il coltivatore, che ricordiamoci guadagna soltanto se produce. Chi è all’inizio della filiera si trova paradossalmente in fondo alla catena: se un anno capita di produrre poco, il contadino non è tutelato.

Per restituire il giusto valore al mondo del caffè, prendiamo ispirazione dal mondo del vino, che ha vissuto una riqualificazione importante dopo lo scandalo del metanolo e soltanto 50 anni fa veniva maltrattato e poco valorizzato, così come si fa con il pane. Oggi, grazie al lavoro di agricoltori e produttori e appassionati alcuni vini con specifici metodi produttivi o con origini particolari hanno un valore sul mercato uguale a quello percepito.

Questo è stato possibile grazie ad una forte collaborazione tra vignaioli: sono un esempio di comunità che ha trainato un intero settore. Per questo stiamo cercando di creare alleanze con gli agricoltori – al di fuori dai prezzi di borsa, sul grano come sul caffè. Per tutte queste ragioni ho detto, e lo confermo, che io pagherei anche 2 euro e 50 il caffè e lo farei pur
ritenendomi una persona con un guadagno nella media: in Forno Brisa, il 95% di noi non ha case di proprietà, vive in affitto, guadagnando 1.400/1.500 al mese e facendo politica attraverso il cibo. “

Polito: “Quando si paga un euro per l’espresso, non c’è responsabilità rispetto a ciò che succede dietro quella cifra”

“Bisogna pensare in modo ecosistemico e non ego-sistemico. Da un lato le aziende dovrebbero uscire dalla dinamica del profitto a discapito di altri, e consumatori dovrebbero porsi di fronte alla questione esistenziale della responsabilità e della partecipazione. Il caffè a un euro non è un diritto ma un’abitudine: da un lato gli agricoltori devono essere pagati con il giusto prezzo e dall’altro i consumatori devono imparare a dare a valore a quello che acquistano chiedendosi come il proprio investimento possa influenzare il mercato.

Faccio questo discorso completamente conscio del fatto che ci troviamo in un periodo di perdita del potere d’acquisto con un’inflazione superiore al 10%. Resto convinto che, se manteniamo a un euro e 50 l’espresso è soltanto perché viviamo questa bevanda – insieme
al pane – come un’abitudine quotidiana irrinunciabile data troppo per scontata.

Il nostro coraggio come quello di altri innovatori in Italia è nel portare avanti delle scelte rischiose dal punto vista aziendale, per raggiungere un prezzo che conceda il 15% di margine: sarebbe già una gran conquista. Oggi il consumatore è intelligente, studia, si sente parte attiva di un sistema etico ed economico e i tempi sono maturi per questo tipo di discorso. Anche se non ce lo ricordiamo spesso, con le nostre scelte di acquisto decidiamo se avvelenare o meno il terreno, se usare o meno pesticidi in campo.

Per questo motivo abbiamo scelto di usare solo farine biologiche e caffè verdi biologici certificati e siamo sostenuti da chi ci crede con noi. Da chi sa che il proprio gesto di acquisto influenza anche la sostenibilità del mondo. Vorrei portare nella discussione pubblica questi temi: sono affari di tutti, non soltanto di chi produce. Perché, ogni volta che si sceglie un’azienda, si fa una scelta politica.”

Nei vostri locali bolognesi avete messo l’espresso già a 1.50: le cose cambieranno, dato che ci risulta che anche molti altri bar hanno raggiunto quella cifra, anche non specialty come lo storico Zanarini?

“Dietro il nostro pane c’è ricerca scientifica, agronomica, nutrizionale e quindi il prezzo del pane deve corrispondere a questo valore, in alleanza con i produttori del grano e con i consumatori. Anzi, i consumAttori, come da anni sostiene Carlo Petrini. Sull’espresso non rimarremo fermi a 1 e 50 per sempre: per ora questo è l’accordo sociale che abbiamo fatto con il pubblico.

Molto dipenderà poi da diversi progetti e fattori, come gli stipendi di chi lavora oggi e dal costo della vita, ma il prezzo del caffè dovrebbe esser analizzato considerando i costi della filiera e le tante spese che un gestore deve affrontare. Il mio sogno è che il prezzo venga vissuto come un’alleanza e non come una lotta tra consumatore e impresa. Abbiamo questa missione e sono felice che si porti in evidenza la tematica. Vogliamo restituire valore al caffè e al pane e quindi dobbiamo discuterne.”

E nei punti gestiti dai vostri colleghi, il prezzo è lo stesso?

“Siamo coerenti, perché siamo tutti nella splendida alleanza i tra torrefattori artigianali e baristi. Siamo andati avanti nella scelta dei prezzi insieme. Non disprezzo chi vende il caffè a un euro: a me piacerebbe soltanto che il caffè fosse sostenibile. Per far sì che un’azienda abbia lunga vita serve innanzitutto che sia solida e che abbia capacità di pagare meglio il personale e i fornitori. “

Come state investendo i soldi raccolti nell’imponente campagna di crowdfunding?

“Abbiamo chiuso da poco la campagna e abbiamo previsto di costruire un mulino in Abruzzo, nei prossimi anni. E siamo già partiti con la progettazione dell’ampiamento del nostro laboratorio e di nuovi store, non solo di Forno Brisa ma anche dei nostri colleghi. E magari riusciremo ad ampliare la roastery…ma tra qualche mese racconteremo maggiori dettagli.”

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