MILANO – La torrefazione e azienda di caffè che da Monte Cerignone ha fatto strada su tutto il territorio italiano e poi all’estero è nata dalla volontà di Alberto Pascucci, scomparso nel 2021 ma che ha lasciato in eredità un’attività in salute e sempre attenta a garantire un’offerta buona, di qualità e consapevole verso tutta la filiera, dal coltivatore in origine sino al consumatore che gusta la tazzina.
Un principio che ha guidato tutto questo tempo la torrefazione anche nella proposta dei suoi prodotti, senza mai cedere alla pressione delle tendenze sul mercato, come può esser ad esempio la scelta di operare nel mondo delle capsule.
Bene, adesso qualcosa è cambiato in casa Pascucci, che ha aperto le porte anche a questo tipo di estrazione, ma alle sue condizioni: ecco cosa ci ha raccontato Mario Pascucci, sulla rivoluzione bianca partita di recente.
Pascucci da sempre ha osservato il mondo del monoporzionato restando fermo sulla proposta delle cialde per via dell’impatto ambientale: come mai ora ha scelto di buttarsi sulle capsule?
“Più che per l’impatto ambientale, punto critico che è entrato nei nostri pensieri soltanto negli ultimi venti anni, la nostra scelta iniziale ha preso forma da una seria avversione alla plastica. Non ho un chiaro riferimento su dove e quando sia nata questa mia diffidenza: penso sia una percezione istintiva.
Il pensiero di immettere nell’organismo un alimento entrato a contatto con la combinazione di plastica ed alta temperatura per me si collega ad un modo di nutrirsi pericoloso, sbagliato e innaturale. Tuttavia oggi, che sono un po’ più informato, so che ci sono plastiche che non rilasciano facilmente molecole nella bevanda, neppure a medie temperature. Eppure l’istinto mi dice ancora di starne alla larga. Mi son detto: in qualsiasi caso, mi interesserò alle capsule solo se non trovo un’alternativa.
Quindi, per tornare alla domanda, sono ormai trent’anni che sappiamo della comodità del caffè porzionato e che sarebbe divenuto il modello di consumo più diffuso. Su questa base l’idea della cialda in carta filtro ci è piaciuta un po’ di più degli altri sistemi. Tuttavia restava un sistema che non era nostro. Pascucci necessitava di qualcosa di migliore, qualcosa di soddisfacente sotto tutti gli aspetti compreso quello ambientale. “
Che caratteristiche tecniche (a partire dai materiali di cui sono composte) hanno le capsule home-compost che avete brevettato? Dove possono essere buttate, quanto tempo ci impiegano a degradarsi?
“Le capsule sono composte da un intreccio di fibre di diverse piante, un po’ meno del 50% è fibra di canna da zucchero (un residuo della spremitura). Questa viene poi unita ad altre fibre per raggiungere la flessibilità necessaria all’utilizzo dei nostri brevetti. Cosa bella e importante per noi è che le capsule si potranno produrre anche con paglia di grano ed altri vegetali utilizzati e diffusi in Italia. Ma questa è la fase 5: ci vorrà ancora del tempo perché si concluda e si possa ottenere un materiale italiano d’origine biologica.
Per quanto riguarda la degradabilità: le sperimentazioni eseguite finora hanno evidenziato risultati eccellenti. In un terreno vivo, ad esempio in un orto bioattivo, dove le fermentazioni sono rapide grazie all’attività svolta dai microorganismi, il degrado totale avviene in meno di un mese. Mentre in un terreno comune il risultato cambia a seconda del periodo, dell’umidità del suolo e della temperatura. Mediamente la disintegrazione completa avviene in circa quattro mesi.
Quindi le capsule esauste possono essere gettate tranquillamente nell’organico o nella compostiera. Il mio sogno è che in futuro, nei nuovi disciplinari di smaltimento, non siano considerate uno scarto ma un vero e proprio fertilizzante, un prodotto smaltibile direttamente in giardino o nei terreni agricoli.
Sulla base di alcuni risultati dei nostri test l’agricoltura dovrebbe correre e accaparrarsi i caffè esausti, la maggior produttività grazie ai fondi di caffè è visibile ad occhio nudo. I test e le analisi sono stati guidati dal nostro laboratorio qualità e svolte presso laboratori accreditati come Neotron e Chelab-Merieux Nutri Sciences. Stiamo collaborando con Tüv Austria che sta certificando l’OK COMPOST HOME e con associazioni ecosistemiche, come Ecofuturo per le sperimentazioni nei terreni bioattivi e Fondazione Cetacea per conoscere l’impatto sull’ecosistema marino. Anche per quest’ultimo aspetto il risultato ci entusiasma molto.“
Con chi avete collaborato per creare questo prodotto green? Chi le produce e dove?
“Il lavoro è iniziato dieci anni fa. In un viaggio in India abbiamo capire che sulle foglie di palma c’era potenzialità per la ricerca.
In Kerala, dove Pascucci ha una presenza diretta, queste si utilizzano da sempre come stoviglie mentre oggi vengono termoformate e per realizzare piatti, vassoi e bicchieri, oggetti che nell’ultimo periodo possiamo trovare anche in Italia. Abbiamo quindi iniziato a sperimentare la termoformatura delle capsule in palma con stampi e macchinari prodotti da noi affidandoli poi ad artigiani indiani. I risultati in bellezza, conservazione ed estrazione sono stati entusiasmanti, ma le imperfezioni naturali e la differenza di spessore tra una foglia e l’altra non ci hanno consentito di meccanizzare la produzione.
Quindi, abbandonata questa prima ipotesi siamo andati nel nord dell’India, dove un produttore locale macina e lavora le fibre come la canna da zucchero. In quel luogo sono state prodotte le prime capsule Pascucci in fibra vegetale. All’inizio è stato un ulteriore fallimento: l’eccessiva flessibilità dei vari mix di fibre non consentiva che la capsula si potesse forare con i gruppi di estrazione tradizionali. L’impegno di tutta la squadra Pascucci su questo progetto è stato totale.
Alla fine, proprio quando stavamo per abbandonarlo, abbiamo incontrato l’uomo di Vinci, Bruno Bardazzi. Anche lui aveva studiato le fibre e inventato l’estrazione ad “espansione”, un sistema che invece di forare la capsula ne estende la trama per mezzo dell’alta pressione; questa crea migliaia di microfori che emulsionano il caffè liquido facendo sì che si monti una crema densa e persistente. Insomma Bruno è entrato in squadra, è sceso in campo ed ha permesso che si concludesse l’opera.”
Queste capsule sono anche sostenibili dal punto di vista delle emissioni di CO2: com’è possibile?
“Su questo tema ci sono migliaia di variabili che possono dare certezze per poi essere smentite. La CO2 è un mondo vastissimo e c’è ancora tanto da approfondire e ancor più analisi da completare. Ma se 1 più 1 è vero che fa 2, allora qualche sicurezza dovrebbe esistere. Ovvero, se la plastica si fonde e si termoforma tra 200 e 300 gradi e l’alluminio tra 600 e 800, la capsula in fibra ha il vantaggio che la si lavora a basse temperature. Inoltre, il fatto di recuperare scarti da altre produzioni agricole come la canna da zucchero non ci obbliga ad utilizzare materie prime che debbano essere ricercate, estratte, coltivate o prodotte in modo dedicato, sottraendo terreni destinati all’agricoltura.“
Quindi si può dire che le capsule Pascucci sono un esempio di economia circolare?
“Assolutamente si, ad oggi non conosco un sistema migliore.”
Dal punto di vista della qualità del risultato finale in tazza, le capsule Pascucci Professional Plus garantiscono un espresso buono oltre che giusto?
“Pascucci sviluppa il 95% delle proprie vendite nel canale horeca ed a questo settore è dedicato questo formato di capsula. Non potevamo non mettere la qualità di estrazione al primo posto. Ne siamo molto soddisfatti e la risposta del mercato ce ne sta dando conferma. “
Quanti grammi di caffè contengono?
“7,5 grammi.”
Come avete pensato l’offerta di miscele e specialty delle capsule bianche Pascucci?
“La cosa eccezionale di questo sistema è la qualità di estrazione dell’Arabica in purezza. La tazza ideale si raggiunge in modo più semplice che con i sistemi di estrazione professionali. L’emulsione che si crea dall’espansione delle fibre fa sì che questa estrazione risulti ideale proprio su questi chicchi delicati.
Per questo motivo ci siamo immediatamente lanciati sugli specialty coffee. Nella carta dei caffè si può trovare il Nicaragua Las Brumas, un microlotto Cup Of Excellence molto fresco e fiorito, un caffè dall’acidità elegante. Un Burundi da 90 punti, progetto che ci coinvolge molto della zona di Kayanza, un caffè dalle note fermentate sul quale ha lavorato parecchio Eddy Righi, il nostro appassionato Master trainer.
Un altro Cup Of Excellence del Ruanda. Un Guatemala San Francisco De Asis, progetto biologico ed equo solidale sul quale collaboriamo con la cooperativa Shadilly. Il blend Mama Africa, altro progetto particolare che contiene specialty di Etiopia e Burundi miscelati. La miscelazione e tostatura marcata di questo caffè è poco consona per i puristi dello specialty, ma è una forzatura che ho voluto e piace molto al pubblico che beve espresso.
Poi la miscela Riserva Bio, un contemporaneo fiore all’occhiello che sta riscontrando un grande successo, la storica Mild e la Morora Bio, blend che io definisco “di sana e robusta costituzione” perché contiene un’Arabica naturale e una Robusta selvatica del Kerala molto particolare, legnoso e forte ma anche speziato e monsonico. Un buon blend decaffeinato conclude l’attuale offerta.”
Ma non solo le capsule brevettate Pascucci, ma anche le macchine dedicate per l’erogazione: cosa hanno di speciale i vostri modelli?
“Al di là dell’estetica che può piacere o meno, un po’ come tutte le macchine per capsule. il maggior vantaggio del momento è il basso consumo energetico rispetto ai modelli tradizionali. Infatti, soprattutto quelle dedicate alla ristorazione, assorbono meno di un quarto dell’energia necessaria a quelle comunemente in uso. La differenza sostanziale oltre al basso consumo la si trova nel gruppo di estrazione, proprio lì c’è il nostro sistema che espande la fibra delle capsule vegetali. Le macchine sono realizzate da differenti produttori, tre nazionali e due esteri.”
Possiamo dire che Pascucci porterà il mondo del monoporzionato verso un futuro sostenibile? Comunicherete al pubblico di questa rivoluzione?
“Non solo Pascucci. Ormai tutte le imprese che mostrano sensibilità verso questi temi si stanno o si dovranno prodigare alla ricerca di sistemi di basso impatto. È una direzione obbligatoria, non è possibile continuare in altro modo e lo sostengo non solo per la questione ambientale, ma anche per quella salutista. La comunicazione di questo nostro prodotto è già iniziata e per ora è dedicata esclusivamente al canale horeca.”
Dove si possono acquistare e a che prezzo? (a proposito, il costo potrebbe essere ancora una barriera secondo lei per il consumatore oggi?)
Quando il prezzo di una capsula di qualità si aggira attorno a quaranta centesimi è chiaramente rivolta ad una ridotta cerchia di consumatori e coffee lovers. Se parliamo poi di caffè specialty che superano un euro e mezzo, lo spettro si riduce ulteriormente, diventando ancor meno di una nicchia.
Ci aspettiamo comunque una buona attenzione da parte del pubblico del nord Europa e dell’alta ristorazione specializzata. Al momento la Pascula Bianca in fibra vegetale è dedicata solo al professional. La si può acquistare tramite la rete commerciale Pascucci per quanto riguarda il canale horeca, e da distributori esclusivisti nei vari territori che stiamo selezionando proprio in questo periodo, che si occupano esclusivamente di gestione OCS/Vending, quindi aziende e uffici. Raggiungeremo il pubblico delle famiglie con il lancio di un secondo modello di capsula che uscirà nel 2023, più piccola, che conterrà una minor grammatura. Questa sarà distribuita tramite i bar che servono Pascucci e negozi specializzati oltre che sul sito.
La nostra visione per questo progetto è: “Pascucci lo trovi al bar o sul sito pascucci.it”.