domenica 22 Dicembre 2024
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Parla Pascucci: «Nel cuore delle coltivazioni africane con il progetto biologico»

Mario Pascucci, amministratore delegato: «Lo stimolo nasce in Burundi, un piccolo produttore di caffè che però rappresenta l’80 per cento del Pil del Paese. È uno dei paesi più poveri del mondo e il caffè è una delle poche fonti di sostentamento. In questo Paese, che oggi produce solo caffè lavati, nell’area di Kayanza abbiamo creato insieme a Shamba un centro sperimentale denominato Kawasili»

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MILANO – Un’iniziativa sostenibile e biologico che porta la firma di Caffè Pascucci e ha origine nel cuore dell’Africa. Un progetto che ha dato vita a una miscela di caffè arabica dal Burundi e dall’Etiopia, frutto del lavoro dell’azienda di Monte Cerignone, che ha generato il blend Mama Africa e non solo. Leggiamo la notizia dall’intervista di quotidiano.net.

A raccontare la nuova miscela Mama Africa è Mario Pascucci, amministratore delegato dell’azienda di famiglia con radici ben salde nel Montefeltro che conta 110 dipendenti e con la sola torrefazione ha fatto registrare un fatturato di oltre 22 milioni di euro. A questo si aggiungono i 650 coffee shop sparsi per l’Italia e il mondo.

Dove nasce la miscela Mama Africa?

«Lo stimolo nasce in Burundi, un piccolo produttore di caffè che però rappresenta l’80 per cento del Pil del Paese. È uno dei paesi più poveri del mondo e il caffè è una delle poche fonti di sostentamento. In questo Paese, che oggi produce solo caffè lavati, nell’area di Kayanza abbiamo creato insieme a Shamba un centro sperimentale denominato Kawasili».

Cosa succede in questo centro?

«In questo centro di analisi e controllo, di raccolta, ma soprattutto di relazione quotidiana con gli agricoltori, si apporta conoscenza e formazione agricola con lo scopo di ottenere delle importanti quattro rivoluzioni».

Quali sono?

«La prima rivoluzione è quella di lavorare un caffè del Burundi con il metodo naturale, un prodotto che oggi sul mercato non esiste. La seconda rivoluzione è quella di sensibilizzare ed aiutare direttamente gli agricoltori ad unirsi in cooperative organizzate. Questo sistema di condivisione tipico delle comunità dell’America Latina non è diffuso o per nulla conosciuto in Africa, dove il piccolo agricoltore svende ancora il proprio raccolto, spesso ottenuto in modo primitivo, al primo commerciante che passa. E non è finita qui».

Quali sono le altre due?

«La terza sarà quella di aiutarli nella certificazione biologica. Quasi tutti i piccoli produttori in Burundi non fertilizzano e non utilizzano antiparassitari. Per questo sono già quasi tutti dei produttori di biologico ma non sanno di esserlo e non sanno che il loro prodotto può avere più valore. Kawasili si occuperà di certificarli. La quarta rivoluzione sarà nel pagamento: troppo spesso, una volta che gli uomini burundesi incassano il denaro dalla vendita dei loro prodotti agricoli si recano in città e sperperano la maggior parte dei proventi. Per tentare di intervenire su questo problema si agisce in modo nuovo ma già sperimentato e funzionante.

Prima dell’accordo si interpella la famiglia intera, alla presenza del padre ma anche dei figli e soprattutto della madre. La famiglia viene informata che portando il loro caffè a Kawasili, otterranno una migliore remunerazione ed altri importanti vantaggi. L’uomo deve promettere di fronte a testimoni di essere disposto ad accettare che sia la moglie ad incassare la somma dovuta o che comunque sia messa a conoscenza sulla cifra che spetta alla famiglia nel momento in cui Kawasili li pagherà, deve essere d’accordo che la moglie partecipi con lui al momento del pagamento. Questo metodo è stato formalizzato insieme ad Avsi, un’organizzazione no profit che realizza progetti umanitari e di sviluppo».

Una svolta per i produttori, ma anche per la Pascucci. Da dove nasce questo progetto?

«Anche le esigenze di mercato del caffè si evolvono. Oggi il consumatore più cosciente manifesta attenzione a cosa consuma, alla sua qualità e origine, al trattamento utilizzato per trasformarlo, alla salubrità del prodotto e cosa causa all’ambiente questo consumo».

Quindi c’è anche un’esigenza sociale dietro a questa svolta?

«Le comunità più ricche e coscienti come quella europea, possono e devono agire direttamente sui territori meno sviluppati apportando sostegno soprattutto agricolo e reimpostando il vecchio criterio del devolvere per trasformarlo nel principio di apportare. E sostenere e partecipare in modo diretto con una presenza reale, una presenza innanzitutto fisica, offrendo conoscenza, esperienza, metodo e supporto tecnico. Questa azione partecipativa può contribuire ad un importante cambiamento.

Può far crescere un’evoluzione che conduce al miglioramento delle prospettive di vita in loco. Questo miglioramento può produrre una riduzione delle percentuali di migrazione contrastando lo spopolamento delle campagne e tutelare l’appartenenza al luogo d’origine. Crediamo che questa appartenenza è o possa essere una ricchezza culturale ed in futuro anche economica».

E la Pascucci sarà al fianco di questo cambiamento

«Questa presenza diretta consente di monitorare sempre più da vicino i cambiamenti e le evoluzioni del prodotto e rafforza l’interazione ed il rapporto diretto con gli agricoltori. Questa interazione aumenta le loro capacità produttive e di crescita sociale e nel contempo consente a Pascucci di ottenere un prodotto qualitativo sempre più pregiato, un caffè secondo le nostre esigenze, certificato, naturale, dal valore più elevato».

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