MILANO – Ecco la settima e ultima intervista ai vincitori usciti dal campionati italiani che si sono svolti al Sigep di Rimini: chiude Matteo Beluffi (FOTO Romedia sopra e sotto) tricolore Latte Art.
Un’occasione unica per conoscere l’esperto di latte art più bravo d’Italia per il 2017 attraverso le sue stesse parole.
Cristina Caroli, Communication Manager SCAItalia, commentando queste interviste ha sottolineato che “tutte le gare che vi stiamo raccontando dalla viva voce dei protagonisti sono state messe a punto da tutti i concorrenti, con grande studio e dedizione: forniscono nuovi spunti e sfide per gli appassionati e fanno crescere la curiosità e la voglia di avvicinarsi alla Specialty Coffee Association e ai suoi ideali di eccellenza.
“Un’esperienza fantastica”, conclude Cristina Caroli.
LA CARTA D’IDENTITA’ DEL CAMPIONE
NOME MATTEO
COGNOME BELUFFI
Nato a Milano
il 14/03/89
Il suo motto?
Il mio motto è.. “VOLERE E’ POTERE”
Il suo hobby che non sia caffè.
Il mio hobby preferito è la cucina, soprattutto la pasticceria.
Come si è avvicinato a questa disciplina? Quando è scattato il colpo di fulmine con la latte art ad alto livello?
Mi sono avvicinato al mondo della caffetteria e alla latte art durante la fiera di Host nel 2011 guardando in opera i campioni italiani; Chiara Bergonzi, Francesco Sanapo e Mariano Semino, grazie a quest’ultimo mi sono appassionato alle competizioni e ho cosi cominciato a seguirle con maggiore interesse.
Come si è migliorato, come ha appreso nozioni e tecniche, ha dei maestri o figure che la ispirano o che le hanno fatto da guida fino ad arrivare al mondo delle gare?
Sono cresciuto molto, professionalmente parlando, grazie ai vari incontri con i campioni del mondo. Sono sempre stato bravo a “rubare” con gli occhi per poi tornare a casa e nei locali di amici cercando di mettere in pratica tutto ciò che avevo osservato e appuntato.
Il primo incontro lo ricorderò sempre, grazie al “campus” Dalla Corte dove conobbi Hisako Yoshikawa a Milano, per me, la prima e vera campionessa del mondo, con la sua famosa rosa! Così come tanti altri, in particolare Chiara Bergonzi e Chris Loukakis, i quali mi hanno sempre molto ispirato. Ultimo ma non ultimo, il mio grande idolo dell’ultimo periodo, Um Paul, il quale mi ha letteralmente illuminato e stregato sia come personaggio che come persona, creativo e grande conoscitore della tecnica e della materia (latte e caffè).
Il grazie più importante, però, va a quell’uomo che ha da subito notato una dote in me e che ha da subito creduto nelle mie capacità, che mi ha seguito in tutti questi anni di sacrifici, facendomi crescere, capendo da subito la mia strana personalità ed estrosità: grazie a te, Mariano Semino.
Come ha impostato la sua preparazione e come ha trovato i tempi per farlo?
In qualsiasi disciplina, preparare una gara non è mai semplice, ci vuole costanza, tempo, passione e determinazione ma nella latte art ci vuole anche tanta immaginazione e creatività. Quest’anno ho iniziato a pensare a figure nuove mai proposte in largo anticipo ma solo nell’ultimi due mesi ho potuto provare a definirle in tazza. Lavoro come libero professionista e sono spesso in giro per l’Italia di conseguenza ho poco tempo per gli allenamenti. Ho dovuto ritagliarmi del tempo dal lavoro gli ultimi due mesi, allenandomi intensamente per riuscire a preparare al meglio la gara.
Per arrivare a gareggiare a Rimini ha avuto bisogno di un team? Chi sono stati i suoi trainer?
Un team.. ma che cos’è un team? Per molti è un gruppo di professionisti che aiutano l’”atleta” sotto molti punti di vista, psicologico, tecnico e pratico.
Per me è stato da sempre una famiglia, che ha sempre creduto nelle mie capacità.
Nel mio caso, la “famiglia” è stata molto importante soprattutto per la mia autostima, perché spesso la gara è contro te stesso.
La mia “famiglia” è composta da Mariano Semino, Andrea Lattuada, Davide Cavaglieri, Elisabetta Paviglianiti, la mia famiglia ma anche Chris Loukakis, Emilio Repetti.
Racconti la sua gara: com’è nata, la fonte di ispirazione, il filo conduttore.
Solitamente i disegni delle gare li sogno la notte, quest’anno l’ho immaginato guardando un video del campione del mondo 2015 Caleb Cha. Una volta immaginata ho controllato sui social per assicurarmi che nessuno l’avesse già presentata, dopodichè ho provato ad abbozzarla in tazza. Sto parlando della mia AQUILA. Le prime aquile somigliavano molto a dei piccioni; è stata dura, ci sono voluti cinque mesi per definirla, pulirla e renderla impeccabile tale da poter vincere; ha subito mille variazioni nell’arco di questi cinque mesi.
L’altra figura si chiama “Coffee Flower” o fiore del caffè, nata e decisa a soli 10 giorni dalla gara, nata da un gesto tecnico per allenamento e perfezionato con e grazie a Mariano Semino.
Come si è trovato con gli altri concorrenti?
Rispetto ad altre competizioni, nella latte art c’è sempre stato molto rispetto e clima amichevole da sempre, specialmente quest’anno, ed è uno dei motivi che ogni anno mi spinge a partecipare a questa disciplina.
Com’era l’atmosfera nel backstage?
Il backstage ha sempre il suo fascino, c’è sempre un clima teso ma fatto di amici, spesso colleghi con i quali scherzare, giocare e confrontarsi.
RIMINI 2017: Il momento brutto che ha superato.
Quando mi si è bloccato il grinder durate la gara e ho dovuto chiamare il time tecnico.
RIMINI 2017: Il momento bello che non dimenticherà mai.
Quando hanno pronunciato dall’altoparlante il mio nome!
Pensava di vincere?
Sinceramente no, speravo di vincere come tutti.. ma consapevole di aver fatto meglio dell’anno scorso.
A chi vuole dire grazie?
Vorrei ringraziare i miei mentori Mariano Semino e Andrea Lattuada e la loro scuola, la mia famiglia, Elisabetta Paviglianiti, Davide Cavaglieri, Emilio Repetti, Chris Loukakis, Cofficina, 7gr, Bugan Coffee Lab, Torrefazione Griso, Bwt italia, Street Coffee School per il sostegno morale e non solo di ognuno di loro e di tutti coloro che hanno davvero creduto in me.
Cosa è cambiato nella sua vita da quando è Campione, giudica questo titolo una opportunità professionale?
Sinceramente non è cambiato nulla se non quello di credere più in me stesso e nelle mie capacità.
Per quanto riguarda la vittoria, aiuta sicuramente lavorativamente parlando, anche se penso che dietro a un campione ci sia sempre una persona.. e non sempre vincere in gara significa vincere professionalmente parlando appena dopo una competizione.
Ora, il prossimo impegno è a livello mondiale: la sua gara nazionale è una buona base da perfezionare o dovrà cambiarla radicalmente?