MILANO – Edi Sommariva, segretario generale della Fipe-Confcommmercio (Federazione italiana pubblici esercizi), il sindacato maggioritario dei locali pubblici italiani, l’altro è la Fiepet legata alla Confesercenti, è intervenuto ieri sul prezzo dell’espresso italiano non soltanto varia da città a città (da un minimo di 0,61 a Reggio Calabria ad un massimo di 0,96 a Bolzano, con una media nazionale di 0,76), ma anche da miscela a miscela, arrivando a sfiorare i 2 euro per quelle più pregiate.
“Tuttavia – ha aggiunto Sommariva – negli ultimi anni si sta registrando un calo, lento ma costante (-3%) dei consumi. Ciononostante non esiste altro prodotto all’interno del pubblico esercizio che valga il 31% del giro di affari, seguito dal fast food con il 28% e dalle bibite al 27%”.
“Nei bar tradizionali che restano la maggioranza – ha proseguito il manager della Fipe – il caffè rappresenta il 51,7% del fatturato, seguito a distanza dal 20,65% delle bibite e dal 10,24% degli alcolici”. “Tra l’altro – ha aggiunto Sommariva – Ogni giorno vengono preparati in media 30 milioni di espressi, compresi quelli per i cappuccini, per un consumo di oltre 192 tonnellate di caffè torrefatto e una spesa, sempre al consumo di 21 milioni di euro”.
“Quanto al ricarico in Italia è – sempre secondo Sommariva – quello applicato dai poco meno di 800 torrefattori (le licenze sono circa 1,600 ma non tutte sono utilizzate e ogni anno qualcuno chiude) sui prezzi praticati dai crudisti (che si approvvigionano principalmente da produttori brasiliani, vietnamiti, colombiani e centro americani), di 13 volte, mentre quello dell’esercente è di 4,5 volte”.
Si tratta di un andamento che rispecchia la situazione di un po’ di tutte le filiere agroalimentari. Per 6,5-7,5 grammi di caffè necessari per preparare un espresso italiano si parte così da 0,0120 euro, per passare poi a 0,18 per averlo infine sul bancone a 0,61-0,96 con una media nazionale di 0.76.
Intanto prendono sempre più piede in Italia i locali multimiscela e, soprattutto, multi monorigine. Si tratta di una tendenza in corso da almeno due anni ma che ora ha imboccato una strada precisa di sviluppo deciso. Si tratta di una precisa risposta alla domanda di qualità che arriva dei consumatori. “Oggi il cliente – ha detto Sommariva -, è più attento e sicuramente più evoluto rispetto a qualche anno fa e soltanto i baristi che hanno il coraggio di adeguarsi avranno un futuro tranquillo”.
Dunque non è soltanto questione di prezzo o gusti, è anche un fatto di professionalità, ossia di miscela, di macchina, di mano e manutenzione delle apparecchiature. Infine anche di locale e di prezzo. E allora ecco il successo dei locali che propongono diverse monorigini e multimiscele, dove non basta più chiedere un caffè, ma occorre specificare la miscela desiderata che verrà macinata al momento da un apposito macinadosatore. Anche se di recente stanno prendendo piede i macinini senza dosatore dove il barista attinge come un acrobata.
Ora nei bar, ma anche negli uffici e dove si stanno massicciamente diffondendo le cialde, si sente sempre più parlare di Giamaica Blue Mountain vero, Guatemala oppure Colombia Medellin supremo. Domande precise, da consumatori evoluti che sanno che cosa chiedere e soprattutto non accettano di pagare caro un espresso mediocre o peggio. Quindi non un capriccio ma un evoluzione dei consumi che registra un numero sempre maggiore di seguaci, alla ricerca della tazzina giusta.
Sarà dunque sempre di più il cliente a dettare legge, alcuni bar stanno facendo da apripista per offrire un’ampia gamma di aromi diversi.
Oggi sono già diverse le catene o i locali singoli, per lo più concentrati nelle regioni del nord tra
Trieste – Venezia e Parma, ma la moda si sta diffondendo rapidamente, visto che la qualità a tavola, al tavolino o al bancone sta diventando sempre più richiesta.
«Il consumatore è più curioso – argomenta Sommariva -: cerca emozioni a cui noi fornitori ci adeguiamo. Il bar? E’ sempre il bar, ma sta vivendo un momento di grande cambiamento, inventando formule nuove di intrattenimento».
Infine, confessa il segretario generale, «il richiamo dell’esercizio pubblico e del caffè italiano rimane inalterato: è un elemento valido per ogni locale, sia pur in maniera modesta per quelli che aprono soltanto la sera».
Secondo il numero uno della Fipe “i consumatori richiedono ai bar sempre più servizi aggiuntivi, che spaziano dalle degustazioni di grandi vini (31%), alla possibilità di acquistare giornali (42%) e di prenotare eventi culturali (12%)”.
L’intrattenimento sembra la tendenza su cui puntare, visto che il 35% dei consumatori dichiara di voler vivere il bar come un momento di svago, un cosiddetto altro luogo, lontano da casa. Un luogo fatto sempre più di servizi in cui, come conferma ancora Sommariva, «la materialità del caffè all’italiana rimane una costante imprescindibile».