domenica 22 Dicembre 2024
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Nella Bottega delle Delizie di Bra: “L’agricoltore, la stagionalità, la varietà, la fermentazione, al centro del nostro caffè”

Il titolare: "Trasparenza e onestà sono l’unica strada per far capire il caffè. Il barista, il torrefattore, gli ambasciatori come me o Francesco Sanapo, devono fare comunicazione chiara. Proprio perché sono italiano bevo caffè di qualità, senza zucchero e posso contare su di un panorama enogastronomico pazzesco. “

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MILANO – A Bra, Paolo Panero con Bottega delle Delizie è diventato una leggenda locale: se si chiede agli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, il suo nome comparirà sempre associato allo specialty coffee e alla sua attenzione al tema dell’enogastronomia di qualità.
Imprenditore visionario, serviva specialty in un luogo di provincia quando in pochissimi ne parlavano, già nel 2015.
E allora, abbiamo deciso di raccontare con lui da dove tutto è partito e a che punto si è arrivati oggi.

Panero, come si è avvicinato agli specialty?

“Arrivo dal mondo della birra artigianale, della musica e dello skate. Ho incontrato lo specialty in occasione di un viaggio a Londra, in cui ho approfondito queste mie tre passioni. Girando la città, ho conosciuto lo specialty e così oggi mi occupo di mescita e vendita di questo prodotto in modo indipendente.
Bottega delle Delizie in realtà esiste dal 1982 per la vendita di dolci e poi è stato riadattato dal 2007, per poter vendere e bere tranquillamente dallo specialty alla birra. In più, c’è anche un’area dedicata alla vendita degli skate.
Prima dell’incontro con lo specialty, non sapevo neppure che esistesse, ma dopo la vacanza rivelatrice ho sviluppato una nuova sensibilità verso la bevanda e mi sono messo in linea con il discorso di Slow Food di Bra. Poi, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (presso cui insegno) ha inciso ulteriormente nella nostra crescita ed evoluzione.”

Come ha reagito la sua famiglia e la clientela di fronte a questo suo cambiamento

“La mia famiglia mi ha subito supportato nel cambiamento. La clientela invece ha fatto più fatica: gli anziani locali non hanno digerito benissimo la metamorfosi, ne sono rimasti spiazzati.
Ma La Bottega delle Delizie ha voluto cambiare proprio target e a oggi i clienti sono per lo più i giovani. Non sentivo mia l’attività di famiglia così com’era: mi reputo un ambasciatore degli specialty e del lavoro alle origini.
L’agricoltore, la stagionalità, la varietà, la fermentazione, sono al centro del nostro caffè.
Mi servo da diverse torrefazioni in tutta la Comunità europea: per citarne soltanto due su tutte, quella di Rubens Gardelli con cui ho iniziato a collaborare nel 2015 e con cui ho stretto amicizia in questi anni. E poi con i ragazzi di La Cabra in Danimarca.
Lavoro solo con micro roasters che usano omni roast. Non possiamo decidere noi per il degustatore finale come bere il caffè (solo espresso e solo filtro): è il consumatore che sceglierà come costruire la sua esperienza e il suo approccio.
Chi entra da noi può selezionare in primis la sua singola origine e poi al massimo lo indirizzo umilmente, soprattutto se sono alle prime armi.
Mi capita di comunicare sempre in modo poco saccente o snob, ma la proposta è molto pulita: non ho bustine di zucchero e l’ho segnalato, sfruttando il motto di Estratto Brescia: “Non (si) serve zucchero”.
I caffè sono tostati chiari, singole origini, trasparenti e per le ricette uso un latte vaccino fresco intero, pastorizzato ma non omogenizzato. Per produrlo, le vacche mangiano solo fieno autoctono.
Uso poi l’avena di Minor Figures, che compro da Nicole di Staga bevande. Lavoro solo con gli amici che conosco personalmente, con cui si può chiacchierare.
Lo specialty ha una forte componente emozionale e fa molto più parte della ristorazione che di una semplice caffetteria.”

Lo specialty non è il solo prodotto particolare nlla Bottega delle Delizie

Racconta Panero: “Mi occupo infatti anche di cioccolato bean to bar e ho realizzato con l’azienda con cui collaboro, un cioccolato al caffè: 80% di cacao africano dalla foresta dell’Uganda e 3% di specialty coffee stagionale, in monorigine.
La mia proposta è less is more: ogni mese propongo due nuove single origin.
Per questo cioccolato, così come per il resto del menù, scelgo soltanto piccoli lotti. Il 3% dello specialty è un Etiopia spontaneo, cresciuto a 2.000 metri di altitudine e raccolto a gennaio 2022. Lo utilizzo per le preparazioni per la colazione, per il pranzo e la merenda, arrivando sino all’aperitivo (sono aperto fino alle 19.30-20). Nella proposta di cibo con gli specialty, il cioccolato diventa ingrediente per altre ricette.
Mi occupo anche di birra artigianale e con Sagrin, azienda in provincia di Asti a Calamandrana, da 5 anni serviamo una Imperial Staut, che ha al suo interno un 6% di uno specialty coffe sempre stagionale. “

Panero: “Lo specialty da noi è trasversale ed è sempre in evoluzione insieme al mio format. “

L’espresso curato nel minimo dettaglio (foto dal sito)

“Lo specialty è molto aromatico se estratto in espresso. Preparo solo double shot e già questo incuriosisce: inizialmente fa paura perché si pensa subito ad una dose eccessiva di caffeina. Quindi innanzitutto spiego cosa sia la caffeina, quale sia la differenza tra Arabica e Robusta, l’altitudine, le lavorazioni. Poi c’è chi non ci sta, ma va bene così.

Sono 2 euro e 50 per il doppio espresso per qualsiasi origine, perché i caffè, nel mio menù con grande sforzo, onestà, trasparenza, vengono pareggiati sul prezzo. Dato che non voglio né perderci né lucrarci, ho deciso di fare una media tra le diverse proposte, in modo che tutti possano scegliere e permettersi sia quello più economico sia quello più costoso.
Così avviciniamo i neofiti per fargli scoprire questo mondo e molti se ne sono innamorati, senza però che questo ci abbia reso arroganti: non possiamo piacere a tutti e lo sappiamo.
Inoltre, siccome il cliente che non conosce gli specialty, di vino magari ha maggiori conoscenze, spesso è facile riferirsi qui nelle Langhe a questo mondo per raccontare il caffè differente.
Ma alla fine è questo il lavoro di barista: accompagnare il consumatore nell’approccio ad una proposta molto forte. Un po’ come avviene al ristorante. Lavoro tanto con i turisti, dalla Francia, dalla Danimarca, dalla Germania. “

Panero: “Prossimo focus è un Costa Rica “

“Dal West valley terreno vulcanico a nord dell’equatore, LS28, raccolto a gennaio 2023, innesto di cultivar in Kenya nei laboratori Scott, al 28esimo tentativo, coltivato molto nel Sud America e fermentato in acqua.
E poi un peruviano, raccolto agosto 2022, fermentato in ciliegia asciutto senza utilizzo di acqua, varietà sconosciuta, mutazione di cultivar Bourbon che ancora oggi non si è scoperto se è naturale o da un innesto uscita per caso. Siamo sull’oceano, terreno vulcanico, origine fantastica per la sua biodiversità. “

Espresso o filtro? Quale va di più da voi?

“Dipende molto dal momento della giornata e della settimana: il filtro va di più di pomeriggio e nel fine settimana.
Quello è il momento in cui si concedono una pausa più prolungata e quindi di inverno, autunno e primavera va il filtro, e in estate il cold brew. Stesso discorso per il weekend, dove il protagonista è l’hand brew.
Il filtro costa 4.50, come il cold brew, mentre il flat white sta 3.50 alla pari con la sua versione alternativa all’avena. Il latte vaccino che compro mi costa allo stesso modo, perché è di altissima qualità. “

Panero, cosa ci dice del vostro brunch?

“Da me il brunch è una proposta salata, realizzata con una panetteria che si trova nella mia stessa via: Bra è davvero unica, ricca di realtà artigianali attente all’uso delle materie prime. Via Pollenzo sta diventando un fulcro, siamo una comunità.
In Bottega si fa tanta cultura su ogni campo: dai vinili allo specialty. E lo skate boarding rientra in questo contesto da una parte perché è un’altra mia passione, dall’altra perché ci sono Skateboard Cafè di Londra che lavorano già su questo abbinamento e ci sono skater che sono torrefattori di specialty. Dire specialty coffee è scegliere uno stile di vita.”

Panero quali macchine ha scelto per il suo locale?

Ho iniziato nel 2015 con una La Marzocco, GS3 a un gruppo che però ho fuso: arrivando da Londra sono rimasto influenzato da questo brand, essendo molto presente all’estero. Credevo che esistesse quasi solo quell’azienda e con gli anni sono diventati dei carissimi amici.
Partendo come una scommessa, ho iniziato con questo modello, che rappresentava un po’ un compromesso. Stessa cosa per i macinacaffè.
Poi è arrivato il giorno in cui ho dovuto fare l’upgrade, con una due gruppi. Collaborando con La Cabra mi sono fatto consigliare su un modello usato, che risultasse più economico. Loro mi hanno indirizzato prima ancora sul sistema di filtraggio acqua più corretto, in quanto cambia radicalmente il risultato finale in tazza. Sono passato all’Evepure di Pentair, stesso sistema di Mauro di Estratto e di Orsonero.
Il miglior sistema di osmosi inversa attualmente in mercato che posso gestire il totale dei solidi dissolti a seconda del caffè che sto lavorando. Poi è arrivato il momento della macchina: ho trovato usata in uno showroom Clever, una Kees Vander Westen Spirit Duet.
Particolarità: interamente fatta a mano, in un laboratorio molto piccolo, dal creatore che è particolare. Ci sono anni di attesa per poter avere un modello nuovo, sono macchine da collezione.
La mia, da listino, costa circa 25mila euro, ma l’ho pagata meno, grazie al collegamento con delle persone oneste di Orum, e trovandola usata del 2014. È raffinatissima nella sua ingegneria idraulica e la tengo nel mio locale in vetrina. Per i macinacaffè possiedo due Victoria Arduino Mythos one, e un Malkhoenig EK per i filtri.”

Qual è il futuro della Bottega delle delizie?

“Di sicuro vedo la torrefazione per questioni di esigenza. Il mio format purtroppo mi vincola a lavorare con pochi micro roasters che fanno soltanto omni. Questo è molto limitante e invece ho bisogno di avere stagionali freschi, tostati con il focus che voglio proporre. Lo spazio c’è, si trova. La media prodotta sarà rivolta principalmente al consumo della bottega stessa e per le collaborazioni che porto avanti.
Attualmente mi trovo in fase di studio: mi sto interessando molto anche al resting, con caffè riposati 6 mesi dalla tostatura, con delle varietà di Arabica come Geisha, Sidra, con fermentazioni importanti; sono ricchi molto di zucchero e con una buona tostatura possono evolvere chiusi nel loro pacchetto e fatti riposare a lungo, con un lavoro forte sull’acqua con un totale di solidi basso.
È un progetto che svilupperemo più avanti, perché per il momento siamo solo in due, più un’altra persona che però ha altri discorsi aperti e non per forza sarà sempre presente: assentarmi per tostare sarà qualcosa da valutare e dovrò acquistare la macchina.
A quel punto però potrò creare un’experience completa per il consumatore finale, che potrà anche vedere cosa sia la tostatura del caffè. Accorciamo la filiera, rendendola evidente e accessibile a tutti. Trasparenza e onestà sono l’unica strada per far capire il caffè.
Il barista, il torrefattore, gli ambasciatori come me o Francesco Sanapo, devono fare comunicazione chiara. Proprio perché sono italiano bevo caffè di qualità, senza zucchero e posso contare su di un panorama enogastronomico pazzesco. “
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