MILANO – La settimana inizia con un’intervista particolare, rivolta non a una ma a ben due donne del caffè: Silvia e Paola Goppion, di Goppion Caffè. La prima, responsabile delle risorse umane e la seconda, responsabile comunicazione marketing. Con loro, un dialogo al femminile.
Paola Goppion: che cos’è per lei il caffè? Un ricordo, un’abitudine, un tramite?
“Il caffè per noi è tantissimo della nostra vita, un universo intero. È certamente un ricordo, perché nella torrefazione ci siamo venute fin da piccole. E perché è l’aroma della quotidianità e del gesto semplice che accompagna ogni mattina. E’ un profumo che ricorda luoghi antichi e lontani.
È un’abitudine. Così come lo sono quelle di una famiglia che vive, che lavora, che respira caffè. È un tramite, un collegamento. Perché da sempre il caffè è luogo d’incontro tra le persone, di scambio di idee, di conoscenza e di socialità.”
Potreste descrivere il vostro mestiere?
Continua Paola Goppion. “Goppion Caffè è prima di tutto la storia di una famiglia, la nostra. Un’avventura iniziata da poco più di settant’anni, appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Quando Angelo e Giovanni Goppion rientrarono a Treviso dall’Etiopia e nel 1948 acquistarono la piccola Torrefazione Trevigiana Caffè. Marchio al quale viene aggiunto il nome ‘Fratelli Goppion’.
Qui ha inizio il nostro racconto, che continua tuttora. L’unione famigliare è fondamentale. Ed è per questo che ognuno di noi ha scelto il lavoro in azienda che più gli appartiene. Io, Paola, mi occupo della comunicazione e dell’immagine del brand, (dopo una ormai lontanissima esperienza lavorativa come restauratrice).
Mi piace ideare il packaging e immaginare come ad ogni prodotto Goppion corrisponda una veste. E come ad ogni aroma e miscela possa essere associata un’immagine unica, che ricordi il buon profumo del caffè e che dia al nostro cliente la possibilità di differenziarsi.
Silvia, invece, ha seguito le orme del padre. Studiando economia e occupandosi delle relazioni legate all’acquisto della materia prima e degli assaggi (ha un ottimo palato);
oltre che delle risorse umane. Inoltre, è stata proprio lei a dare un forte impulso al
mercato estero.
Noi crediamo nella connessione, nel rispetto delle capacità e delle attitudini.”
Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale?
Ancora Paola Goppion: ” Per caso, avevo 23 anni. Avevo lavorato in un laboratorio di restauro e poi da sola come artigiana. In un momento di pausa dalle mie esperienze di restauro ho iniziato a dare una mano qui. Proprio così, in modo semplice.
Silvia era già laureata in Economia quando è arrivata, e poi sono passati già un po’ più di vent’anni anche per lei.”
È stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?
Paola Goppion: “Rispondo per me, ma credo di interpretare anche ciò che pensa Silvia. E come potrebbe non essere una scelta di vita? L’Azienda di famiglia chiede una forte responsabilità, un senso di appartenenza. Anche con un profondo rispetto verso chi ha fatto prima di te e ti ha lasciato così tanto.
Il lavoro di casa ti entra nelle vene e sempre, ce l’hai nella testa.
I trentacinque anni trascorsi nella torrefazione sono volati via in un battito d’ali. Mi sembra ieri quando ho iniziato la mia carriera qui. Come dicevo prima, il mio percorso lavorativo è stato totalmente diverso, venivo dal mondo dell’arte.
E così è stato per Silvia: la laurea ma anche lo studio del pianoforte. Quando sono entrata, però, ciò che ho visto mi è piaciuto subito. Si respirava, e si respira tuttora, un’aria di unione, di coesione, di famiglia. Un valore aggiunto e importantissimo se si vuole fare impresa.”
C’è stato un episodio in cui ha pensato di non farcela e perché?
“Non ce ne sono in particolare. Ci sono stati momenti difficili, certo, ma non ricordo
episodi in cui ho pensato di non farcela. Non è stato facile superare la morte di mio padre e di mio zio Angelo, il papà di Sergio (che è il nostro Presidente). Avvenute ad un mese di distanza l’una dall’altra.
Era il 1988, un anno pieno di dolore. E due dei tre ‘pilastri’ che se ne andavano così,
in un attimo.”
Che cosa direbbe a quella se stessa del passato, in difficoltà?
“Quello che mi dico sempre, che c’è sempre una via d’uscita o una nuova porta da
aprire. Magari non si vede, ma è lì che aspetta proprio noi. E poi di quanto sia importante parlarsi, mantenere vivo il confronto, la condivisione.”
E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?
“Ci sono molte più donne, ora, protagoniste di questo mondo. Lo vediamo alle fiere
e quando viaggiamo verso i luoghi dove il caffè cresce. Dopo una generazione di uomini Goppion, i fondatori, sono stata la prima donna ad entrare in azienda e ho vissuto in prima persona il passaggio generazionale.
Sono felice di aver aperto la strada alle altre. Dieci anni dopo è entrata Silvia. Giovane, più formata di me, (e lo dico sempre che è più intelligente!) e, oggi, guardiamo avanti insieme.”
Descriverebbe la sua giornata tipo?
“Ogni giornata è diversa: c’è una piccola routine quotidiana. Ma dobbiamo anche saper
gestire l’imprevisto. Forse è anche per questo che voglio bene a ciò che faccio perché nessun momento è uguale all’altro.”
Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?
“Credo di sì, anche se è passato tanto tempo. Confrontarsi con una donna non era esattamente un’abitudine della direzione. Visto che i Fratelli Goppion erano tutti uomini. La gavetta non è mancata: ho iniziato come promoter nei supermercati all’epoca in cui si iniziavano le prime vendite promozionali ai consumatori e poi, piano piano,
sono riuscita a crescere e anche ad assecondare le mie inclinazioni personali.
Anche Silvia è entrata iniziando ad occuparsi di una piccola torrefazione vicino a Venezia che negli avevamo appena assorbito alla fine degli anni ‘90.”
Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?
“Il mondo del caffè è radicalmente cambiato soprattutto negli ultimi dieci anni. C’è stata – ed è tuttora in corso – una vera e propria rivoluzione e in Italia sta iniziando ora. Ma non dico niente di nuovo a chi legge queste parole, a chi come noi vive tutti i giorni un mercato in cambiamento.
Solo si pensi a quanto ha sconvolto i consumi l’arrivo del caffè in capsula; che ci piaccia o no, è stata la grande invenzione dopo quella della macchina per l’espresso e
la moka.
Ha cambiato i flussi, le abitudini, le attenzioni, i gusti.
In parallelo, nell’ambito del Bar, si va confermando, piano piano, un modello di barista più bravo. Interessato a migliorare la propria offerta e a parlare con sapienza ad un consumatore più curioso.”
Come intende la giornata internazionale del caffè? (come ha festeggiato)
“In sincerità non abbiamo mai partecipato alla giornata internazionale del caffè, ma
credo che lo faremo per rafforzare l’anima del caffè e il suo nuovo modo di essere giovane e moderno. Partecipiamo attivamente a ‘fare in modo che il caffè sia sempre una festa’; condividendo con altri Torrefattori la ricerca di caffè specialmente buoni in giro per il mondo; mi riferisco a Csc (Caffè Speciali Certificati).
Che sceglie caffè per l’appunto speciali, direttamente in piantagione, maturando rapporti di fiducia con i produttori dei vari paesi. Poi la collaborazione con Fairtrade che per noi dura da oltre vent’anni e che ci ha insegnato le vie del mercato ‘diverso’. La collaborazione con un museo di Venezia per l’utilizzo immagini del pittore settecentesco veneziano Francesco Guardi. Per un nostro packaging – per raccontare al Consumatore che Venezia è stata la porta per il caffè tra Oriente e Occidente e che in quel secolo si affermavano le prime Caffetterie.
Un modo per collaborare con un museo di una delle città più belle al mondo e un modo per raccontare la storia di un prodotto che appartiene alla nostra storia italiana. Fino ad arrivare al Consorzio che sta sostenendo la candidatura del Caffè Espresso Italiano Tradizionale a patrimonio immateriale Unesco.
La prossima grande festa che ci piacerebbe festeggiare è l’unione di tutti i torrefattori
italiani, tantissimi ed ognuno con la sua espressione di gusto. Nel sostegno di questa
grande invenzione culturale nata in Italia, che è proprio il caffè espresso.”
Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?
“Non parlerei di tocco femminile, facendo distinzione tra i sessi, quanto piuttosto di sensibilità diverse che tutte insieme ci permettono ogni giorno di fare un buon lavoro
e un buon caffè. E se ci riesce, davvero speciale.”
di Simonetta Spissu