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venerdì 29 Novembre 2024
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Master Coffee Grinder Championship: la 3° tappa al Beach Coffee Fest di Scoglitti, 15/09

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premio master coffee grinder
Il premio per il primo classificato (immagine concessa)

SCOGLITTI (Ragusa) – L’estate sta finendo, cantava una vecchia canzone dei Righeira, ma a Scoglitti, in provincia di Ragusa, presso il centro turistico polivalente Medusa, ci si prepara ad ospitare una domenica dedicata al mondo del caffè, una bevanda simbolo nelle terre siciliane, nelle quali sono diversi i progetti già avviati anche di coltivazioni locali.

La terza tappa del Master Coffee Grinder Championship

Grazie alla partnership quale sponsor dell’evento di Brazilcafè, che ha sposato la filosofia del campionato di macinatura ideato da Fabio Verona, domenica 15 settembre si terrà per tutti coloro che vorranno intervenire, un Beach Coffee Fest, con musica, giochi, competizioni ed ovviamente tanto caffè in degustazione.

Con il supporto del team di Marco Randazzo, sulla spiaggia del Medusa saranno allestite le postazioni di gara per il MCGC2024 oltre ad una station con le attrezzature professionali che useranno anche i campion in gara, ovvero una macchina multiboiler Studio di Dalla Corte ed un grinder on demand gravimetrico della Eureka, Atom W75, per far degustare gratuitamente gli specialty della torrefazione di Vittoria, oltre ad altri banchetti dedicati ad attività collegate, per portare la cultura del caffè di qualità in mezzo alla gente in un clima di festa.

In questa giornata uno dei principali obiettivi sarà portare a conoscenza del grande pubblico dei consumatori una particolare attenzione all’empowerment femminile nella filiera del caffè, utilizzando un caffè proveniente da una cooperativa di sole donne sostenuta dall’International Women’s Coffee Alliance, di cui avremo l’onore di avere in rappresentanza la Presidente della sezione IWCA Italy, Eleonora Pirovano, che porterà in un talk le sue esperienze facendo scoprire a molti un modo nuovo di conoscere il caffè.

La formazione e l’informazione partono dal basso, dice anche la nuova coordinatrice education SCA Francesca Bieker, ed è proprio quello che si vuole fare con questa giornata, attraverso giochi a premi, quiz e estrazioni alternative, portare al consumatore finale la consapevolezza della qualità del caffè nella sua quotidianità.

Proprio la Bieker con il suo nuovo format GRIP coffee program sarà presente per portare a tutti la sua energia e la sua conoscenza, un’occasione imperdibile per tutti i coffee lover e non solo.

Ci sono ancora dei posti disponibili per partecipare alla terza tappa del MCGC2024, l’unica del Sud Italia, registrandosi gratuitamente sul sito cliccando qui.

Wells Enterprises, Ferrero, investe altri 174 mln di dollari per il sito produttivo di Dunkirk

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Ferrero salmonella Wells
Il logo della Ferrero

L’azienda dolciaria Wells Enterprises, acquisita da Ferrero nel 2022, investe altri 174 milioni di dollari nell’impianto di Dunkirk a New York con il fine di raddoppiare la produzione. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazioni di Efa News.

L’investimento di Wells Enterprises di Ferrero

NEW YORK – Wells Enterprises, il colosso Usa dei gelati entrato nel 2022 nella galassia di Ferrero ha aumentato di 174 milioni di dollari gli investimenti per l’espansione prevista del sito produttivo di Dunkirk, a New York, portando il complesso dei finanziamenti a 425 milioni di dollari.

L’espansione consentirà a Wells Enterprises di raddoppiare le dimensioni dello stabilimento, portandolo a oltre 32 mila mq: inoltre, contribuirà a far crescere la capacità produttiva annuale da 3-4 milioni di casse di gelato a oltre 20 milioni di casse all’anno. I lavori di ampliamento sono già partiti ma l’azienda continuerà a produrre i suoi gelati nello stabilimento durante i lavori. L’area ampliata dello stabilimento di Dunkirk dovrebbe essere operativa dall’agosto 2025.

L’investimento iniziale, annunciato l’anno scorso, avrebbe portato “oltre 200 nuovi occupati” al sito di Dunkirk, che produce i marchi Halo Top, Blue Ribbon e Blue Bunny. Secondo il governatore dello Stato di New York Kathy Hochul, il nuovo investimento sarà utilizzato per installare una linea di lavorazione degli ingredienti del cioccolato “prima nel suo genere”, creando 270 nuovi posti di lavoro.

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IILA e Alliance Bioversity & CIAT rinnovano il sostegno ai produttori di caffè e cacao

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La firma del Memorandum (immagine presa dal sito Aise.it)

È stato rinnovato il Memorandum tra l’IILA – Organizzazione Internazionale Italo-latinoamericana e Alliance Bioversity & CIAT. La partnership tra le due associazioni si è consolidata nel corso degli anni con il Progetto REVICACAO, che ha consentito ai Paesi centroamericani beneficiari di partecipare ad iniziative organizzate da Biodiversity.

Il Memorandum coincide con il recente avvio in Colombia del progetto “Innovazione rurale e sostenibile per lo sviluppo regionale in condizioni di variabilità climatica nella Regione Centrale RAP-E”. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale Aise.

IILA e Alliance Bioversity & CIAT rinnovano il Memorandum d’Intesa

MILANO – Nella sede dell’IILA – Organizzazione Internazionale Italo-latinoamericana, la Segretaria Generale dell’Organizzazione, Antonella Cavallari, e il Direttore Generale di Bioversity & CIAT, Juan Lucas Restrepo, hanno rinnovato il Memorandum d’Intesa che era stato firmato nel 2021, alla presenza come testimone d’onore di Ligia Margarita Quessep Bitar, Ambasciatrice della Colombia in Italia.

Alla cerimonia hanno partecipato anche Carlo Fadda, Lever Director e Gianpiero Menza, Senior Manager, per Alliance Bioversity & CIAT, e per l’IILA Gianandrea Rossi, Direttore Esecutivo, Giselle Canahuati, Segretaria Socio-Economico, e Mauro Camicia, Responsabile del Servizio Cooperazione italiana.

La relazione tra IILA e Bioversity, nata agli inizi del 2020 con attività congiunte nel contesto dei progetti di cooperazione eseguiti da IILA a sostegno dei produttori di caffè e cacao, si è consolidata nel corso di questi anni particolarmente con il Progetto REVICACAO, che ha consentito ai paesi centroamericani beneficiari di partecipare ad iniziative di rilievo internazionale organizzate da Biodiversity.

La firma dell’accordo di amplia gli obiettivi della collaborazione tra le due organizzazioni internazionali e coincide con il recente avvio in Colombia del progetto “Innovazione rurale e sostenibile per lo sviluppo regionale in condizioni di variabilità climatica nella Regione Centrale RAP-E”, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ed eseguito da IILA, nel cui contesto la collaborazione con Bioversity & CIAT consentirà di approfondire le sinergie esistenti.

È infatti proprio in questo Paese membro dell’IILA che dal 1967 opera il CIAT-Centro International de Agricultura Tropical, negli ultimi anni in alleanza con Biodiversity International, con l’obiettivo di rendere l’agricoltura più resiliente e competitiva in Colombia e più in generale nell’intera regione latinoamericana.

Come sottolineato dalla Segretaria Generale Cavallari “la specifica esperienza dell’Alleanza Bioversity & CIAT sui temi dell’agricoltura sostenibile e la sua profonda conoscenza dei territori offre ai nostri progetti di cooperazione in tale settore un apporto di grandissimo valore, ragion per cui desideriamo poter estendere questa collaborazione anche ad altre iniziative per lo sviluppo sostenibile, dalla tutela ambientale alla sicurezza alimentare, soprattutto in vista della prossima COP di Cali in cui l’Alleanza avrà un ruolo fondamentale”.

Riccardo Ronchi, la produzione industriale? “Un Magnum ormai costa come un gelato artigianale”

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Mara dei Boschi Riccardo Ronchi
Riccardo Ronchi e Martina Pomé, responsabile del laboratorio di pasticceria, maitre chocolatier (foto concessa)

MILANO – Nel 2023 l’Italia ha realizzato quasi 170mila tonnellate di gelato industriale, per un valore di quasi 1,9 miliardi di euro, secondo i dati del settore gelati di Unione Italiana Food: un mercato che impressiona a leggere queste cifre, che però sembra lasciare fuori un’altra realtà in cui l’Italia ha degli ottimi rappresentanti, ovvero il settore del gelato artigianale che, da quanto emerge da una ricerca Yougov, più di due terzi degli italiani (68%) preferisce a quello industriale quando si tratta di scegliere una tipologia.

A parlarne in senso ampio, il fondatore di Mara dei Boschi, una delle gelaterie più note di Torino, Riccardo Ronchi, che interpreta i numeri in base alla sua esperienza sul campo.

Ronchi: “In realtà il gelato industriale è abbastanza fermo”

“Questo perché se si riflette bene, i grossi competitor sono sempre gli stessi da anni e quindi non esiste una vera svolta nell’andamento del mercato. Sicuramente sono aumentati molto i prezzi per la produzione, al punto che – nonostante il consumatore finale non si sia accorto del rincaro al supermercato – un Magnum ormai costa quanto un gelato artigianale.

Il discorso che mette in parallelo il gelato industriale e quello artigianale si basa su questa disinformazione generale: si dovrebbe considerare che dietro il prodotto meno commerciale esiste anche il costo della gestualità degli operatori che creano un determinato gusto.

Poi ovvio, non sempre la manualità significa che il risultato è più buono a prescindere, perché dipende sempre dagli ingredienti utilizzati – nelle location in cui si registrano grandi flussi, è possibile vendere più o meno qualsiasi cosa – ma certo spesso le due cose coincidono.

Viceversa il gelato industriale rappresenta una garanzia di incassi che indubbiamente a molti conviene sfruttarlo.”

E in questo paradigma Mara dei Boschi come si colloca?

“Mara dei Boschi ha successo perché riesce a intercettare il gusto delle nuove generazioni: i giovani – confessa Riccardo Ronchi – mi impressionano per le loro competenze sensoriali. Sono più informati, attenti, percettivi ai gusti rispetto a come lo siamo stati noi. Stiamo andando fortissimo, escluse le ripercussioni legate al clima un po’ ballerino di quest’anno.

Il concetto che ci guida però resta valido: se si lavora bene, il prodotto entra in un circolo di comunicazione, di passaparola, sostenuto anche dalla modalità d’asporto che ci porta un’ottima pubblicità.

Una città come Torino poi, dove il gelato è spesso ad un livello altissimo e siamo in tanti come artigiani, seppure ciascuno con la propria firma, è uno stimolo per noi ad evolverci continuamente.”

Cercare novità, tra ingredienti e modalità di preparazione, qualcuno ha persino usato ChatGPT: dove puntano i nuovi trend quest’anno secondo lei?

Riccardo Ronchi: “Personalmente mi piace lavorare sui ricordi, sulle emozioni legate a cose già vissute. Certamente la ricettazione è tecnica, ma una volta acquisita, per trovare il gusto è necessario uscire dalla formula già conosciuta. Quindi non seguo particolarmente i trend per pensare a dove muovermi per i prossimi step.

Il Marotto di Mara dei Boschi (foto concessa)

Ad esempio, il prodotto che vendiamo maggiormente, il Marotto, non a caso è anche quello più imperfetto a livello di ricettazione, al punto che dobbiamo rifarlo più volte al giorno per ritrovare l’equilibrio: cercavamo il gusto gianduiotto a base acqua, difficilissimo da replicare sempre uguale a sé stesso, nonché frutto di 9 mesi di studio.

Lavorare per sottrazione è ancora più complesso rispetto alla sola aggiunta di zuccheri e di altri componenti. Se si vuole trasmettere un’emozione, bisogna ragionare però in modo diverso.

Stimolare un ricordo, non è qualcosa di semplice. Noi ce ne rendiamo conto dalle espressioni di chi ci assaggia. Ci spingiamo sempre oltre i nostri limiti.

Ad esempio ormai abbiamo deciso di estrarre la nostra monorigine brasiliana sempre in double shot, anche nel caso in cui venga ordinato dal cliente in singolo: quello che avanza lo riutilizziamo nella nostra granita.

Stiamo poi sostituendo tutte le nostre referenze con una bevanda vegetale a base d’avena con cui otteniamo un risultato non distinguibile da quello con il latte vaccino.

Ed è con meno grassi, fattore che esalta ulteriormente la materia prima. Ormai un cliente su due chiede l’alternativa vegetale, soprattutto tra i giovani.”

Se per il gelato evoca nel 54% degli italiani sensazioni legate all’estate e al caldo e per il 25% degli intervistati fa pensare al mare: come se la passa il gelato nella bassa stagione o in città non sul mare come Milano o Torino?

La granita al caffè specialty (foto concessa)

“È risaputo che il gelato rientra tra le tipologie di consumo legate all’impulso, a prescindere dal contesto in cui lo si acquista: basta vedere qualcuno che lo mangia per farti venire voglia di prenderne uno. Oserei dire poi che il gelato è sempre meno stagionale: non a caso i maggiori consumi pro capite si registrano paradossalmente in zone più fredde come il Canada.

L’Italia in questo senso è un po’ un’anomalia: l’ho notato già nei primi anni 2000 a Parigi, quando avevo aperto una gelateria senza considerare le tante differenze nelle modalità di consumo.

Ad esempio in Francia portare una vaschetta a cena soprattutto in estate non è un’usanza consolidata e piuttosto si sceglie di acquistare una vaschetta dal supermercato.

Ma a noi di Mara dei Boschi non interessa inserirci nella GDO. Così come non credo che sia in linea con la nostra filosofia servirci dell’intelligenza artificiale, anche se senza dubbio in futuro potrà essere utile se interpretato come consulente. Il nostro lavoro resta e resterà sempre quello di andare oltre la ricetta e cercare il gusto, stimolare le emozioni.”

Da CodeCafé a Trani: “Lo specialty come core business, in Italia, una perdita, nel bar dev’essere un complemento”

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All'esterno del CodeCafé (foto concessa)
All'esterno del CodeCafé (foto concessa)

MILANO – Anche il sud Italia sa apprezzare lo specialty: gli esempi non sono poi così pochi fortunatamente, ma sono comunque ancora una nicchia che fa divulgazione attorno al caffè di qualità in regioni in cui la miscela carica di Robusta tostata scura va ancora per la maggiore. A spingere un modo differente di intendere la tazzina c’è CodeCafé a Trani (Puglia).

In Piazza della Repubblica, Vincenzo Fortugno ogni giorno si muove dietro al bancone con un’offerta differente, tranne il lunedì, quando il locale chiude, ma la formazione per il personale continua a porte chiuse.

CodeCafé nasce in realtà nel 2006: già allora parlavate di specialty o è stato un processo graduale?

“È stato un percorso fatto di tanti passaggi, ma in realtà faccio questo mestiere da quando avevo 14 anni. Dopo tanta esperienza sviluppata in giro per hotel e bar in tutta Italia, sono tornato a Trani per aprire la mia attività.

Il panorama fuori (foto concessa)

Ho scelto Trani perché è una città a vocazione turistica e questa sua caratteristica è stata uno stimolo per valorizzare il nostro lavoro in un contesto in cui ancora la figura del barista è sottovalutata purtroppo.

Per superare questo stereotipo ho voluto da subito arrivare preparato dietro al bancone e così poter servire al meglio i miei clienti. Allora ho preso la patente di assaggiatore italiano caffè presso IIAC e lì ho scoperto in i tanti aspetti della filiera.

Fare il barista però era presto diventato un mestiere statico, con 400 attività aperte attualmente a Trani è facile appiattirsi e quindi mi sono specializzato per portare un prodotto di eccellenza che potesse differenziare CodeCafé e tenermi continuamente stimolato.

Nel 2014 ho conosciuto la community: erano anni in cui si avvertiva nell’aria il cambiamento verso lo specialty. In Fiera ho incontrato Dario Ciarlantini insieme a SCA Italy ed è stata quell’occasione a mostrarmi la vastità dietro al chicco. Ho cominciato ad approfondire questa materia prima e i metodi di estrazione alternative frequentando corsi di specializzazione.

La passione mi ha portato all’acquisto di tutte le attrezzature (Aeropress, V60 etc) e a scoprire realtà come quella di Pierre Caffè con la propria linea di specialty da proporre come miscela per il filtro.

Infine ho acquistato tre macinini Eureka per lo specialty in espresso, un Eureka Drogheria e un Fiorenzato F83 E pro. Per l’espresso ho scelto la linea PB de La Marzocco, con cui mi trovo benissimo da quando l’ho comprata nel 2017 e quest’anno potrei cambiarla con una La Marzocco Strada.

CodeCafè, lo specialty a Trani in 40 metri quadri

Oggi fate 100% specialty, o avete mantenuto qualche compromesso per i palati meno esigenti?

“Finalmente dopo tanto tempo siamo riusciti a proporre una miscela di Brasile-India (Kapi Royal Robusta al 10%) El Salvador che uso tutti i giorni. Sono partito inizialmente con un blend da 60%-40%, prodotto da una seppur buona torrefazione Pugliese ma con produzione industriale.

Con Luigi di Pierre Caffè invece è cambiato tutto il mio modo di concepire la tazza di espresso, la trasparenza, la professionalità, l’artigianalità diventano essenziali nella mia offerta. Tutto è cambiato, si comincia un nuovo percorso di gustare il caffè espresso riconoscendolo come prodotto agricolo e non come merce, dando valore a tutta la sua filiera ricordandosi sempre che al centro del bar c’è sempre il cliente .” Il quale deve essere guidato ad assaporare nuovi gusti, non il solito caffè.”

Fare specialty a Trani, è possibile, oppure rappresenta un costo troppo elevato?

Se dovessi ragionare da imprenditore, gli specialty dovrei lasciarli perdere: li beviamo con costanza soltanto io e pochi clienti che vengono da me tutti giorni. Devo dire però che grazie a internet e ad un mio post di un caffè filtrato ho conosciuto Valentina Palange e con il suo sostegno sono cambiate un po’ le cose.

Da quel momento CodeCafè è inserito nella guida Italy specialty coffee,italian specialty coffee guide e nella rete di European Specialty Trip. Molti turisti bevono e comprano specialty da noi e così si riesce a vendere in quantità maggiori.

L’espresso al banco pian piano ha conquistato alcuni dei miei clienti locali, ma è un percorso graduale per fare cultura e avvicinare il consumatore alle altre sfaccettature del caffè. Organizzo anche delle degustazioni dove propongo degli specialty più particolari.”

Va bene il cold brew d’estate, ma ci raccontate la vostra granita al caffè con espresso?

“La granita al caffè è semplice, basta farla bene ed equilibrata. Un espresso con la nostra miscela senza allungarlo, sciroppo, acqua e zucchero. Mentre il cold brew lo prepariamo con le singole origini: facciamo ovviamente anche le ricette più tradizionali, come il caffè freddo con l’espresso. Serviamo anche il coffee tonic, perché ci piace fare miscelazione e i turisti ne sono molto contenti.

Una ragazza americana di qui ad esempio impazzisce per l’Espresso Martini.

Ma la questione del prezzo come l’avete affrontata?

L’espresso da CodeCafé (foto concessa)

“Inizialmente è stato un problema: ora siamo arrivati ad 1,20 ma per fortuna anche gli altri si sono decisi ad aumentare l’espresso. Passo dopo passo la gente ha capito che se beve qualcosa di qualità è giusto pagarla.

Racconto le nostre tazze come frutto di una materia prima che innanzitutto è un prodotto agricolo e non commerciale, esclusivamente legato alle oscillazioni della Borsa. E i miei clienti gradualmente hanno capito la differenza con quello che consumano negli altri bar della zona, quando noi rimaniamo chiusi il lunedì e vanno altrove.

Luigi ha creato per noi una miscela che lascia un ricordo emozionale che permane in bocca e i clienti lo riconoscono.”

Qualche numero di CodeCafé

La media mensile di specialty è di due chili in totale. Il filtro – ne preparo anche 3-4 al giorno soprattutto a colazione – e ci sono dei clienti affezionati che vengono da noi anche da zone limitrofe soprattutto nel periodo della bella stagione.

Poi a seconda dei dolci che prepariamo artigianalmente, consigliamo il giusto caffè: ad esempio i biscotti vegani con farina ai cereali all’olio d’oliva e gocce di cioccolato sta bene con un Brasile lavato, molto delicato e con un forte sentore di cioccolato.

Diciamo che dalle sei e un quarto di mattina sino alle 9 di sera, il caffè è il core business nella fase che va dalle colazioni al pomeriggio.”

E il personale è stato difficile da reperire?

Siamo in tre e tutti formati. Non è stato facile trovarli: non tutti vogliono fare questo lavoro, perché fatto di sacrifici e poco retribuito. Bisogna avere forza di volontà. Alcuni clienti fanno commenti che possono atterrire un giovane che comincia a lavorare dietro al banco. Il ragazzo che fa scuola alberghiera qui, non sa niente del mondo della caffetteria specialty, per cui mancano le basi e se si vuole attuare un cambiamento, si deve partire proprio dalla formazione nelle scuole.

Siamo andati con Luigi a Matera nell’alberghiero e abbiamo fatto un corso con altri colleghi – un barman e uno chef – ai ragazzi che dovevano scegliere tra sala e cucina, gratuitamente. Abbiamo fatto divulgazione ed è stato bello confrontarci.

C’è un po’ mancanza di voglia di crescere ed evolversi, adeguandosi al resto del mondo,la comfort zone regna. Ci sono formatori in Puglia eccellenti che con duro lavoro cercano di far crescere la cultura del caffè, Luigi Paternoster, Luigi Cippone, Davide Roveto, Specialty pal ne sono l’esempio e li ringrazio.

Per me è essenziale per il bar che vuole sopravvivere, vendere un caffè ottimo insieme ad un’esperienza completa: da questo punto di vista il personale è indispensabile per dare un’identità precisa al proprio locale.

Chi sta dietro a un banco è un barman che deve saper conoscere tutto bene: dalla grappa al caffè. Il bar funziona se è performante in tutti gli aspetti al massimo livello. Altrimenti fare specialty esclusivamente, in Italia, rappresenta soltanto una perdita. È un complemento del bar, non il core business, che invece è dato dagli aperitivi e dall’espresso a colazione.

Lo specialty un domani potrà diventare il punto di forza di un locale come il nostro: per noi adesso sta acquisendo il giusto peso, perché attira clienti nuovi e diversi. Per questo devo essere all’altezza dell’aspettativa. Ora vengono a cercarci, ma ci sono voluti 8 anni di lavoro.

E senza mai mettersi sul piedistallo, posizione in cui deve essere messo il cliente che apprezzerà la nostra professionalità. Nel settore siamo poi tutti importanti e collegati uno all’altro: se siamo uniti, il mosaico uscirà armonioso e bello.

Per quanto mi riguarda l’idea è quella di ampliare lo specialty in CodeCafè, facendo qualcosa in termini di formazione e divulgazione con Luigi. Logisticamente mi piacerebbe poi ampliare l’esterno, magari provare un carretto on the road ottenendo i permessi necessari per fare degli eventi .

Vorrei organizzare anche una maratona di camerieri con specialty, croissant e acqua sul vassoio tra il lungo mare e la cattedrale: chi vince si aggiudica un corso sugli specialty.”

Semestrali: fatturato Nestlé in calo del 2,7% a 45 miliardi, Gruppo Seb (La San Marco) vola a 3,74 miliardi (+3,6%)

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Nestlé Nespresso
Il logo Nestlé

MILANO – Pur tornando a crescere in termini di volume, Nestlé pubblica una semestrale inferiore alle attese, che delude i mercati. Il colosso svizzero dell’alimentazione ha reso noti ieri, giovedì 25 luglio, i risultati per i primi sei mesi di esercizio: il fatturato ha segnato una contrazione del 2,7%, a 45,045 miliardi di franchi svizzeri, sulla quale i cambi hanno impattato negativamente per il -4,4% e i disinvestimenti per il -0,4%.

La crescita organica, nella prima metà del 2024, è stata del 2,1%, al di sotto della stima media di crescita del 2,5% fornita dal consenso aziendale.

La crescita interna reale (RIG) di Nestlé, un parametro di misura del volume delle vendite, è aumentata dello 0,1% nella prima metà del 2024 (+2,2% nel secondo trimestre), mentre gli analisti si aspettavano una contrazione dello 0,5%.

L’Ebit è stato pari a 7,8 miliardi di franchi, in calo dello 0,8%, con un relativo margine del 17,4%, in rialzo rispetto al 17,1% dell’anno scorso.

L’utile netto è rimasto sostanzialmente stabile a 5,6 miliardi. Va detto tuttavia che il margine di profitto netto è aumentato di 30 punti base al 12,5% su base riportata e di 40 punti base a valuta costante.

Di conseguenza, l’utile per azione è aumentato dell’1,8% arrivando a 2,16 franchi svizzeri su base riportata.

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EUDR: Nestlé, Mars Wringley e Ferrero appoggiano la legge

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La bandiera dell'Unione Europea

Alcune aziende di spicco del settore del food, come Nestlé, Mars Wringley e Ferrero, hanno dichiarato di appoggiare l’introduzione della legge sulla deforestazione dell’Unione Europea (EUDR), come dimostra un documento. La legge in questione a partire dal 30 dicembre, richiederà alle aziende che vendono cacao, caffè, olio di palma e altri prodotti nel blocco dei 27 Paesi, di dimostrare che le loro catene di approvvigionamento non contribuiscono alla deforestazione.

Nonostante il sostegno delle grandi realtà hanno tuttavia esortato l’Unione Europea a fare di più per aiutare le aziende a rispettare la data di inizio di dicembre. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Market Screener.

Nestlé, Mars Wringley e Ferrero a favore dell’EUDR

MILANO – I giganti dei beni di consumo, tra cui Nestlé, Mars Wrigley e Ferrero, hanno appoggiato l’imminente divieto dell’Unione Europea sui beni importati legati alla deforestazione, nonostante le richieste di alcune aziende di ritardarlo, come risulta da un documento visionato da Reuters.

La legge sulla deforestazione, a partire dal 30 dicembre, richiederà alle aziende che vendono cacao, caffè, olio di palma e altri prodotti nel blocco dei 27 Paesi di dimostrare che le loro catene di approvvigionamento non contribuiscono alla distruzione delle foreste.

Il Governo degli Stati Uniti e i gruppi industriali, tra cui la Confederazione delle Industrie Cartarie Europee, vogliono che la politica venga ritardata, adducendo lamentele, tra cui il fatto che i sistemi di gestione della conformità dell’Unione Europea non sono completi.

Ma alcuni grandi produttori di cioccolato hanno esortato Bruxelles a procedere. In un documento congiunto condiviso con il team del Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, visto da Reuters, il gigante alimentare Nestle, il produttore di M&Ms Mars Wrigley e l’azienda di cioccolato Ferrero hanno appoggiato la legge, ma hanno esortato l’UE a fare di più per aiutare le aziende a rispettare la data di inizio di dicembre.

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Starbucks: ecco come sta cambiando il modello delle caffetterie a livello globale

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Il logo di Starbucks

Il modello dei primi Starbucks in cui era possibile socializzare o gustarsi una tazza di caffè leggendo un libro sta lentamente scomparendo. Con l’avanzare del tempo pare che la catena stia faticando a mantenere il concept: basti pensare che il 70% dei clienti acquistano caffè e dolci direttamente dalle app online. Il modello di acquisto e consumo è sempre più frenetico. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Valeria Paglionico per il portale d’informazione Fanpage.

Il cambiamento di Starbucks

MILANO – Chi non ricorda i primi store di Starbucks sparsi in giro per il mondo? Sotto la guida del CEO Howard Schultz, divennero in poco tempo dei veri e propri punti di riferimento per coloro che intendevano incontrarsi e socializzare in luoghi “neutri” che non avesse nulla a che vedere né con l’ufficio, né con la propria casa.

Pensati per essere delle location in cui sentirsi a proprio agio, furono arredati con soffici poltrone di velluto e luci soffuse e diedero a tutti la possibilità sia di prendere un caffè in compagnia, sia di rimanere in solitaria con il proprio pc senza essere disturbati. Ad oggi, però, le cose sembrano essere cambiate: ecco cosa sta accadendo.

Comode poltrone, musica jazz in sottofondo, l’odore del caffè appena preparato e il nome scritto sul bicchiere: Starbucks è diventato letteralmente iconico grazie a questi dettagli e in ogni parte del mondo sono stati moltissimi i brand che hanno provato a imitarlo. Per quale motivo, però, ad oggi i suoi store si stanno svuotando?

Col tempo pare che la catena stia faticando a mantenere intatta la sua identità, soprattutto perché il 70% dei clienti sono quelli che acquistano caffè e dolci direttamente dalle app online (mania che ha preso sempre più piede dalla pandemia in poi). Certo, in molti si sono anche lamentati del fatto che le comode poltrone sono state sostituite con degli sgabelli di legno, ma la verità è che l’azienda sta adattando il suo business ai tempi che cambiano.

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Estate 2024, Fipe: la spesa turistica a giugno-agosto sarà di 62 mld di euro, di cui 11,7 mld in bar e locali

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SI consolida il ruolo delle vacanze estive: la loro incidenza sul totale annuo sale al 45% (immagine concessa)

ROMA – Il bilancio dell’estate 2024 in Italia sarà positivo, con circa 215 milioni di presenze turistiche nel nostro Paese, segnando un incremento dell’1,6% rispetto al 2023. È quanto emerge dall’analisi di Fipe – Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi, per la stagione estiva del 2024, presentata in occasione della tavola rotonda Un’estate italiana: sfide e orizzonti del sistema turistico che si è svolta ieri a Roma.

Le previsioni di Fipe per l’estate 2024

Il principale motore di questa crescita continua ad essere il turismo estero, che si prevede aumenterà del 4% rispetto all’anno precedente, mentre il turismo interno registrerà una lieve flessione dello 0,8%.

Per il trimestre estivo (giugno-agosto 2024), la spesa turistica complessiva viene stimata in 62 miliardi di euro. Di questi, circa 11,7 miliardi di euro saranno spesi dai turisti per mangiare fuori casa.

Il mese di agosto si prospetta come un’importante boccata d’ossigeno per la stagione estiva, con oltre 84 milioni di presenze attese e una spesa turistica complessiva di 24 miliardi di euro. Per colazioni, pranzi, cene, aperitivi, dolci e gelati, i turisti spenderanno in questo mese circa 4,8 miliardi di euro.

“I dati sull’estate 2024 confermano la forza del sistema turistico italiano” dichiara Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi di Fipe. “Nonostante un ciclo economico in fase di rallentamento e un quadro geo-politico che continua ad essere complicato, la straordinaria capacità attrattiva del nostro Paese e la qualità dei nostri servizi permettono all’economia del turismo di fare un ulteriore passo in avanti e dunque di contribuire positivamente anche quest’anno alla crescita del PIL. Qualche segnale di incertezza viene dal turismo interno che nei primi mesi dell’anno presenta un trend con il segno meno che, tuttavia, dovrebbe attenuarsi nei mesi estivi” conclude Sbraga.

Guardando più in profondità i cambiamenti strutturali tra il pre e il post pandemia nelle modalità di fare vacanza degli italiani l’analisi rileva un aumento delle vacanze lunghe (4 o più notti), che nel 2023 erano il 59,4% del totale contro il 55,6% del 2019. I viaggi brevi (1-3 notti) scendono al 40,6%, dal 44,4% del pre pandemia.

Crescono le vacanze estive: nel quadro complessivo di calo delle vacanze, l’incidenza dei viaggi estivi sul totale annuo sale al 45% (dal 41,8% del 2019) e quella dei pernottamenti al 61% (dal 57,6%). L’estate consolida, dunque, il proprio ruolo nella scelta degli italiani del periodo per fare vacanza.

Aumenta l’appeal dell’Italia: Il 79,3% dei viaggi per vacanza degli italiani ha come destinazione una località italiana, un dato in crescita rispetto al 76,3% del 2019. Aumenta l’attrattività del Nord (+2%) e del Mezzogiorno (+2,2%).

Aumentano le prenotazioni fai da te: l’alloggio è prenotato direttamente dal turista nel 73,8% dei viaggi per vacanza in cui la struttura dove soggiornare è prenotata (era il 45,4% nel 2019).

Cresce l’uso dell’online: nel 70,6% dei viaggi per vacanza degli italiani, la prenotazione dell’alloggio è avvenuta tramite il web, rispetto al 59,6% del 2019. Internet permette ai turisti di raccogliere autonomamente tutte le informazioni necessarie, confrontare prezzi e individuare le migliori opportunità sul mercato.

Gelato artigianale: ecco come riconoscere quello perfetto

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Una varietà di gelati (immagine: Pixabay)

Il gelato artigianale segue regole ben precise per essere definito tale. Si tratta di una combinazione di colore, temperatura, corpo e persistenza e, dopo averlo gustato, non deve venire sete. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica.

Le regole del gelato artigianale

MILANO – Il gelato perfetto? Esiste, eccome. È uno dei simboli dell’artigianato italiano nel mondo, agli italiani piace così tanto che non c’è una sola stagione per mangiarlo. Anzi, sempre di più si gusta tutto l’anno. Ma l’estate è sicuramente il periodo che più sta “addosso” – per dirla alla Jovanotti – al gelato.

Non tutti i prodotti, però, sono fatti come si deve. E allora come fare? Per riconoscere il gelato ideale basta tenere presenti queste sette regole base che vi permetteranno di capire se il cono o la coppetta che state degustando sono fatti a regola d’arte oppure se c’è qualcosa da migliorare.

No alle montagne

Se vediamo montagne di gelato uscire molto al di fuori delle vaschette esposte, qualcosa non va: sebbene il gelato si trovi al di sopra della linea del freddo delle vetrine refrigerate non si squaglia. Potrebbe essere segnale di una dose di grassi vegetali idrogenati, che resistono a temperature maggiori.

Il colore naturale

Dev’essere naturale: le colorazioni “assistite” riguardano soprattutto i gusti alla frutta, che durante la lavorazione si ossida in modo naturale e con le basse temperature vede affievolire il colore. Diffidate da gialli sgargianti o rosa shocking, perché rinforzati da coloranti. Un esempio: il gusto banana, se naturale, è bianco.

La temperatura

Non deve essere troppo freddo: se in bocca dà una sensazione di gelo fastidioso (specie per le creme) potrebbe essere segnale di una scarsa incorporazione di aria, quindi di una ricetta non ben bilanciata. E non deve essere nemmeno troppo caldo (tipo mousse), altrimenti potrebbero avere troppa aria incorporata.

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