Mentre le prove di Triathlon vengono annullate per il secondo giorno consecutivo, iniziano le battute e gli scherzi sull’inquinamento della Senna, tanto sui social media quanto da parte degli stessi commentatori delle gare: questo è il caso di Luca Sacchi, commentatore Rai, che ha paragonato il caffè bevuto in sala stampa alle Olimpiadi alle acque del fiume che attraversa Parigi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del quotidiano Il Messaggero.
Italia contro Francia a colpi di frecciate
PARIGI – “Un caffè che fa pendant col colore della senna” la sparata di Luca Sacchi sulla bevanda solubile offerta in sala stampa sta spopolando sui social media. Durante la diretta della gara degli 800 metri stile libero maschile, la voce del commentatore Rai ha decisamente sdrammatizzato la situazione, facendo al contempo riferimento alle recenti polemiche sul livello di inquinamento del fiume della capitale francese, che ha fatto saltare i test di Triathlon previsti tra ieri ed oggi.
Durante la pandemia, un video satirico prodotto in Francia, rappresentava gli italiani con il volto di un pizzaiolo untore del morbo che vendeva pizza condita al Covid.
Oggi, a quattro anni di distanza, la situazione si è invertita, e l’inquinato fiume parigino si è trasformato nell’arma perfetta per dare ai francesi pan per focaccia. “Probabilmente è fatto con la stessa acqua (della Senna) poi allungato con un solubile di bassa qualità”, ha affermato Sacchi lapidario.
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MILANO – CGA by NIQ, principale società di consulenza per la misurazione, l’analisi e la ricerca nel settore On Premise, rivela nell’ultima ricerca come le bevande pronte da bere, conosciute come ready to drink (abbreviato in RTD), stiano guadagnando popolarità in Italia anche nei consumi fuori casa.
I RTD, confezionati in bottiglia o lattina e premiscelati, sono immediatamente pronti al consumo e versatili per diversi momenti della giornata.
Sul mercato si trovano prodotti a base di tè o caffè per la colazione o una pausa pomeridiana, così come varianti alcol free ideali per l’aperitivo.
Le versioni alcoliche, con distillati, liquori o acquaviti mixati a bibite o estratti di frutta, permettono ai consumatori di gustare drink assemblati da professionisti con ingredienti bilanciati e sapori autentici.
Il Consumer Pulse Report di CGA by NIQ dedicato ai ready to drink mostra che il 24% degli italiani ha consumato queste bevande negli ultimi sei mesi e il 53% è disposto a provarle, segnalando una crescente domanda.
Tra le diverse fasce d’età, i giovani adulti, in particolare la Gen Z, sono i più interessati: il 45% dei consumatori di RTD desidera provare nuovi sapori e il 7% degli italiani prevede di aumentarne il consumo. Tra i tipi di bevande pronte da bere più popolari in Italia, i cocktail premiscelati dominano con il 46%, seguiti dai seltz alcolici al 38%, distillati e mixer al 30% e infine gli alcopops al 14%.
Fattori che incentivano il consumo delle bevande “pronte da bere”
Secondo CGA by NIQ, l’interesse dei consumatori italiani per i RTD potrebbe crescere ulteriormente se venissero rispettati alcuni criteri. Il 45% degli intervistati ritiene che un buon rapporto qualità-prezzo sia essenziale per incoraggiare il consumo di RTD in bar, pub e ristoranti. Il 23% indica che una maggiore visibilità nei locali aumenterebbe le possibilità di consumo, mentre il 19% preferirebbe un’offerta di alternative analcoliche o a basso contenuto alcolico.
Infine, il 14% pensa che una maggiore pubblicità potrebbe incrementare la popolarità di questi prodotti.
Valeria Bosisio, client success & insights manager di CGA by NIQ, ha dichiarato: “Il panorama tradizionale del consumo di vino, birra e alcolici in Italia sta cambiando e sui tavoli dei locali stanno gradualmente guadagnando spazio anche bevande come i ready to drink. L’evoluzione del gusto dei consumatori, della modalità di somministrazione e della gradazione alcolica caratterizzano da sempre il settore del beverage ed è importante conoscere i cambiamenti in atto per soddisfare la richiesta”.
Bosisio conclude: “Per gli operatori del settore sarà infatti fondamentale includere e supportare la crescita di questa categoria, data la forte domanda e propensione al consumo da parte degli italiani, soprattutto dei giovani adulti”.
La scheda sintetica di CGA by NIQ
CGA by NIQ (NielsenIQ) è la principale società di consulenza per la misurazione, l’analisi e la ricerca nel settore On Premise che favorisce la crescita dei brand di cibo e bevande di maggior successo al mondo. Con oltre 30 anni di esperienza e i migliori risultati di ricerca, dati e analisi, CGA by NIQ è in una posizione unica per aiutare le aziende del settore On Premise a sviluppare strategie vincenti per la crescita.
CGA by NIQ collabora con fornitori di alimenti e bevande, proprietari di brand di consumo, grossisti, enti governativi e distributori per pub, bar e ristoranti proteggendo e plasmando il futuro dell’esperienza On Premise.
La sua missione è analizzare dati sui comportamenti del settore e offrire insight di esperti per offrire ai brand un vantaggio competitivo e garantire che il mercato che amiamo sia il più vivace possibile.
Il prezzo dei gelati ha subito un rincaro in tutto il Bel Paese. Alcune città tuttavia hanno registrato aumenti più elevati delle altre. Milano, nota per essere una delle città più care d’Italia, ha visto un aumento medio del 15% nel prezzo dei gelati. A Roma, i prezzi sono saliti di circa il 12%, mentre a Napoli l’aumento si attesta intorno al 10%. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Jacqueline Facconti per il portale Tag 24 by Unicusano.
Il prezzo dei gelati in Italia
MILANO – L’incremento dei prezzi dei gelati non è uniforme in tutta Italia. Alcune città hanno registrato aumenti più consistenti rispetto ad altre, influenzati da vari fattori economici e locali. Secondo un’analisi recente, città come Milano, Roma e Napoli hanno visto crescere il costo di un gelato al cono o in coppetta in modo significativo rispetto agli anni precedenti.
Milano, nota per essere una delle città più care d’Italia, ha visto un aumento medio del 15% nel prezzo dei gelati. A Roma, i prezzi sono saliti di circa il 12%, mentre a Napoli l’aumento si attesta intorno al 10%. Questi aumenti sono particolarmente evidenti nelle gelaterie artigianali, dove la qualità degli ingredienti e il processo di produzione artigianale influiscono sui costi finali.
Gelati, crescono i prezzi: la mappa dei prezzi città per città
Ecco un’analisi dettagliata dei prezzi dei gelati nelle principali città italiane:
Milano: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €3,50
Roma: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €3,20
Napoli: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €2,80
Firenze: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €3,00
Torino: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €2,90
Venezia: prezzo medio di un cono gelato (2 gusti) – €3,50
Questi prezzi possono variare a seconda della zona specifica della città e della gelateria. Le gelaterie situate nei centri storici o in zone turistiche tendono ad avere prezzi più elevati rispetto a quelle in periferia.
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La società belga CTH Invest SA, controllata dalla multinazionale Ferrero, ha acquistato Nonni’s Bakery da Vestar Capital Partners. Il marchio in questione è specializzato nella produzione di biscotti artigianali e prodotti da forno. Secondo il comunicato ufficiale, la transizione dovrebbe concludersi nei prossimi mesi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su EFA News.
Ferrero acquisisce Nonni’s Bakery
ALBA (Cuneo) – CTH Invest SA, società belga controllata dalla famiglia Ferrero, ha acquisito Nonni’s Bakery da Vestar Capital Partners, società di private equity leader nel mercato medio statunitense. Fondata nel 1988, Nonni’s Bakery produce biscotti artigianali di alta qualità e prodotti da forno: è specializzata in biscotti al cioccolato e biscotti “tipo cantuccini”, anche se il portafoglio comprende marchi come Nonni’s THINaddictives, Nonni’s Bites, La Dolce Vita e Nonni’s Snackers, lanciato di recente.
La transazione dovrebbe concludersi nei prossimi mesi, “subordinatamente alle consuete condizioni di chiusura”, sottolinea il comunicato ufficiale.
L’acquisizione prevista rafforzerebbe la presenza di Ferrero in Nord America e continuerebbe la sua crescita nel settore degli alimenti dolci confezionati a livello globale.
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MILANO – Gli ingegneri del MIT hanno scoperto che quando l’alluminio delle lattine di bibite viene esposto nella sua forma pura e mescolato con acqua di mare, la soluzione fa delle bolle e produce naturalmente idrogeno, un gas che può essere successivamente utilizzato per alimentare un motore o una cella a combustibile senza generare emissioni di carbonio. Inoltre, questa semplice reazione può essere accelerata aggiungendo uno stimolante comune: la caffeina. Leggiamo di seguito parte dell’articolo tradotto dallo spagnolo e pubblicato dal portale Lamezia in Strada.
In uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports Physical Science, i ricercatori dimostrano che possono produrre idrogeno lasciando cadere palline di alluminio pretrattato delle dimensioni di ciottoli in un bicchiere con acqua di mare filtrata.
L’alluminio viene pretrattato con una lega di metalli rari che depura efficacemente l’alluminio fino a convertirlo in una forma pura che può reagire con l’acqua di mare per generare idrogeno. Gli ioni di sale dell’acqua di mare possono, a loro volta, attrarre e recuperare la lega, che può essere riutilizzata per generare più idrogeno, in un ciclo sostenibile.
Il team ha scoperto che questa reazione tra l’alluminio e l’acqua di mare produce gas idrogeno, anche se lentamente. Per puro caso, hanno aggiunto alla miscela alcuni fondi di caffè e hanno scoperto, con loro sorpresa, che la reazione si accelerava.
La caffeina accelera la produzione
Alla fine, il team ha scoperto che una bassa concentrazione di imidazolo, un ingrediente attivo della caffeina, è sufficiente per accelerare significativamente la reazione, producendo la stessa quantità di idrogeno in soli cinque minuti, rispetto a due ore senza lo stimolante aggiunto.
I ricercatori stanno sviluppando un piccolo reattore che potrebbe funzionare su una nave o un veicolo sottomarino. La nave ospiterebbe una fornitura di pellet di alluminio (riciclati da vecchie lattine di bibite e altri prodotti in alluminio), insieme a una piccola quantità di gallio-indio e caffeina. Questi ingredienti potrebbero essere periodicamente convogliati nel reattore, insieme a parte dell’acqua di mare circostante, per produrre idrogeno su richiesta. L’idrogeno potrebbe quindi alimentare un motore di bordo per spingere un motore o generare elettricità per la propulsione della nave.
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Starbucks ha lanciato le tazze raffiguranti la Reggia di Caserta disponibili all’acquisto presso lo store della Stazione Garibaldi a Napoli. Il sindaco Carlo Marino ha lodato l’iniziativa per la valorizzazione del patrimonio artistico su Facebook. Ciò ha suscitato reazioni controverse: dai cittadini che hanno criticato la scelta di promuovere Caserta negli store di un’altra città, agli interventi dell’opposizione. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Anna Rispoli per Caserta Web.
Caserta sulle tazze di Starbucks: le polemiche sui social
CASERTA – Insomma, ancora non si è capito se le tazze della multinazionale Starbucks raffiguranti la Reggia di Caserta e i luoghi iconici del capoluogo di Terra di Lavoro, in vendita presso uno store della Stazione Garibaldi a Napoli, siano in definitiva un bene o un danno per la città. Spieghiamo meglio con un po’ di ordine.
E’ notizia del 25 luglio, dalla pagina official Facebook del Comune di Caserta, la pubblicazione di un post del Sindaco Carlo Marino che cita testualmente: “Una bella iniziativa per la valorizzazione del nostro patrimonio artistico: sono disponibili le nuove tazze raffiguranti la Reggia di Caserta presso Starbucks della Stazione di Napoli in Piazza Garibaldi. Un’opportunità unica per cittadini e visitatori di apprezzare e portare con sé un simbolo della nostra storia e cultura. Invitiamo tutti a scoprire queste tazze esclusive, che celebrano la bellezza e la tradizione della nostra città. Un ringraziamento speciale a Starbucks per il suo contributo alla promozione del nostro patrimonio”.
Mai esternazione pubblica istituzionale dell’amministrazione ha suscitato reazioni più
controverse, dalle levate di scudi di cittadini che ne hanno fatto una questione di
“patriottismo”, vedendo la scelta di promuovere Caserta negli store di un’altra città, quasi
un affronto, agli interventi dell’opposizione vedi Napolitano e Del Rosso, addirittura il
comunicato stampa direttamente da Roma del parlamentare casertano Gianpiero Zinzi.
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Federico Bernardeschi, calciatore del Toronto, ha pubblicato un video ironico su TikTok in cui ha voluto spiegare la differenza del rito del caffè tra gli italiani e gli americani omaggiando una delle bevande simbolo del Bel Paese. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Ada Cotugno per il portale Fanpage.
La differenza del caffè tra Italia e Stati Uniti
MILANO – Per gli italiani poche cose sono più sacre del caffè, anche quando si trovano dall’altra parte del mondo.
La diatriba con gli americani e il loro modo di intendere questa bevanda è stata da sempre oggetto di grandi polemiche e Federico Bernardeschi ha provato a mettere insieme una guida definitiva da seguire per non sbagliare nessun passaggio in questo rito. Le regole del caffè perfetto si potrebbe dire, un messaggio lanciato con enorme serenità e solennità.
Il calciatore del Toronto è stato il protagonista di un video pubblicato sul profilo TikTok della sua squadra che ha voluto spiegare definitivamente la differenza del caffè per gli italiani e gli americani. Il risultato è stato un siparietto esilarante che ricalca tutti gli stereotipi e che ha fatto il giro del web.
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Diverse detenute di vari istituti iscritte a corsi professionali tra giugno e novembre 2024 stanno imparando come fare il gelato artigianale. L’iniziativa è nata grazie all’accordo tra Soroptimist, organizzazione mondiale di donne impegnate nella promozione di progetti per il miglioramento della condizione femminile, e Fabbri 1905 SpA. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Antonella Barone per gNews.
L’iniziativa sociale a tema gelato di Fabbri 1905 e Soroptimist
MILANO – Frutta, vaniglia, variegato, nocciola e sorbetti vari. Sono alcuni dei gusti che imparano a realizzare le detenute allieve dei 6 corsi professionali di gelateria artigianale, realizzati tra giugno e novembre 2024 in altrettanti istituti o sezioni femminili. Il tutto grazie all’accordo tra Soroptimist, organizzazione mondiale di donne impegnate nella promozione di progetti per il miglioramento della condizione femminile, e Fabbri 1905 SpA.
L’azienda bolognese, leader nel mercato alimentare–dolciario e della gelateria, dopo l’esperienza del biennio 2017–2019, interrotta a causa dell’emergenza covid, ha aderito ancora una volta al progetto Si Sostiene.
Come nel precedente ciclo di formazione, Fabbri SpA ha messo a disposizione materie prime, materiali, lezioni teoriche e dimostrazioni pratiche one to one, sotto la guida della docente Rosa Pinasco, Ambassador Fabbri 1905 e formatrice della Scuola Professionale internazionale Fabbri Masterclass.
Il progetto rientra tra le attività di collaborazione previste dal protocollo d’intesa sottoscritto nel 2017, e in seguito rinnovato, dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria con Soroptimist Si Sostiene, finalizzato a offrire opportunità di formazione professionale e lavorativa a donne in condizioni di fragilità come le detenute.
Nei primi sei anni di attuazione, il progetto, coordinato per Soroptimist da Paola Pizzaferri, ha organizzato 136 corsi di formazione in 34 istituti e coinvolto 830 detenute; 90 sono invece le donne in esecuzione pena che, al termine della formazione, hanno ottenuto borse-lavoro retribuite dentro o fuori dal carcere. Numeri a cui vanno aggiunte le tante attività avviate nell’anno in corso.
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A Torino è possibile ammirare la mostra fotografica ospitata, fino a domenica 6 ottobre, negli spazi della Project Room di CAMERA – Centro italiano per la fotografia, in via delle Rosine, della terza tappa della rassegna Bar Stories on Camera, realizzata in collaborazione con Galleria Campari e Magnum Photos. Cinquanta gli scatti esposti a raccontare, per immagini, il mondo dei bar (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo per il quotidiano online L’identità.
La mostra Bar Stories on Camera di Torino
TORINO – Non ci si fa caso. Ma sono ormai luoghi iconici, direi quasi “sacrali” della nostra più banale quotidianità. Si entra, si beve il caffè o un aperitivo, si sbocconcella un morbido croissant e si fanno due chiacchiere. Le famose “chiacchiere da bar”! Semplici spetteguless o chiacchiere ben più importanti. La durata di un caffè. E già basta per celebrare il rito quotidiano del bar. Del nostro bar “amico” sotto casa o di quell’altro con dehors un po’ più in là o quello più impegnativo (e più caro!) del Centro. La scelta è libera e varia.
Nei bar si entra e non si pensa (quando mai? ma provate a farlo, sarà coinvolgente!) a tutte le storie, alle vicende umane, agli amori, alle amicizie, agli affetti e alle solitudini che si sono rincorse in anni e anni di storia all’interno di quei muri, seduti ai tavolini o anche in piedi al bancone, davanti a quella specie di catena di montaggio che in certe ore paiono diventare le “macchine da caffè” professionali, un tutt’uno con il povero barista che spesso viaggia in automatico, alla maniera del grande Charlot di “Tempi Moderni”.
Il bar (il primo pare sia stato aperto addirittura nel 1475, a Istanbul per bere il caffè “alla turca”) è oggi – e di anni ne sono passati – “cultura di convivialità”. A ricordarcelo é la mostra fotografica ospitata, fino a domenica 6 ottobre, negli spazi della “Project Room” di “CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia”, in via delle Rosine, a Torino, terza tappa della rassegna “Bar Stories on Camera”, realizzata in collaborazione con “Galleria Campari” e “Magnum Photos”.
Cinquanta gli scatti esposti a raccontare, per immagini, il “mondo dei bar”, dagli Anni Trenta agli inizi del Terzo Millennio. Concepita appositamente per “CAMERA” (con 22 scatti provenienti dall’Archivio Storico della “Campari” e 28 a firma di illustri nomi della “Magnum”, da Robert Capa a Elliott Erwitt, da Martin Parr a Ferdinando Scianna) l’edizione torinese segue le esposizioni che già si sono tenute alla “Galleria Campari” di Sesto San Giovanni (ottobre 2023) e alla “Davide Campari Lounge” di “Art Basel” a Basilea, nel giugno scorso.
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MILANO – Valentina Palange, ai più nota come Specialty Pal su Instagram, ha segnato un traguardo nel suo percorso nell’ultima e decima edizione della gara Aeropress, che si è tenuta presso gli spazi del Social Hub di Firenze, e organizzata da Oatly. Primo posto, trofeo portato a casa, non senza difficoltà sulla via che però non sono riuscite a tenerla lontana dalla vittoria sugli altri 23 sfidanti.
Ha conquistato una giuria di esperti assaggiatori: Alessandro Gianmatteo, Natalia Mazzilli e Simone Zaccheddu. Sul podio con lei una buona compagnia: secondo posto a Stefano Cevenini (tra i creatori di Pump my Moka) e al terzo Oliviero Alotto (ceo di Ialty Coffee).
Palange, campionessa 2024 Aeropress: non è la prima volta che partecipa, ma stavolta ha vinto. Che è successo?
“Solitamente partecipo a questa gara insieme al mio compagno, Luca (che per altro è arrivato secondo nella nona edizione, n.d.r.). Quest’anno invece soltanto io ho potuto essere presente, perché è stato cancellato il suo volo.
Nei giorni precedenti ho ricevuto il caffè e ho potuto attraverso diverse prove, trovare una ricetta che mi è piaciuta molto. Nessuno mi ha aiutato particolarmente in fase di studio, perché ciascuno di noi si era focalizzato sulla propria ricetta e mi sono potuta affidare solo alla mia esperienza e gusto.
E poi, arrivato il giorno della prova, nonostante avessi tutto contro compresi i trasporti e lo sciopero dei treni, ho sentito di dover andarci a tutti i costi per presentare la mia idea ai giudici: la mia tazza era davvero dolce, persistente, con un tocco di acidità ma molto bilanciata e ci credevo molto. E così, ho vinto.”
Lei arriva da un’esperienza quest’ultimo periodo, come barista (ha gareggiato nei campionati SCA): ci spiega questa sua nuova esperienza da influencer a operatrice dietro al bancone
“Tutto è successo perché, dal punto di vista della mia carriera ho capito che questo era un passaggio che dovevo compiere. Uno dei motivi che lo rendevano necessario, è il fatto che in Italia non si è abituati a considerare la figura del content creator, del caffè poi, rispetto a come accade in altri Paesi.
È una categoria che si sta ancora sviluppando: competere, fare le cose nel concreto, mostrare le competenze sul campo, può far comprendere che quello che promuovo non è soltanto storytelling ma qualcosa che è frutto di una conoscenza effettiva di ciò di cui sto parlando.
Le ricette che propongo, le macchine che sperimento, derivano da uno studio alle spalle. Partecipare alle gare dà più credibilità e sentivo di averne bisogno. L’esperienza in sé poi mi è servita tantissimo: mi ha formato ulteriormente e non solo a livello professionale ma anche personale, perché ho dovuto superare molti miei limiti e scoprire una nuova Valentina.”
Veniamo alla gara: ce la racconta, dal caffè alla preparazione, alla performance vera e propria.
“C’è stato innanzitutto un gioco di temperature. Sono partita dal blooming con acqua a temperatura ambiente (che comunque era intorno ai 30 gradi, essendo d’estate). Con la stessa acqua (La Lauretana che apriva di più i flavour in tazza) sono passata all’infusione a 97 gradi, per creare uno shock termico che facesse esplodere il caffè.
Una materia prima che a parer mio aveva bisogno di essere svegliata. Un’altra soddisfazione che ho collezionato durante la gara: quando hanno chiesto l’origine del caffè, l’ho indovinata subito.
Era un colombiano (red bourbon lavato, tostato da Gearbox Coffee Roasters e fornito da Mae Coffee Liason n.d.r.) che mi ha riportato indietro nel tempo ai miei primi assaggi specialty.
Particolarità della mia ricetta: non ho effettuato il bypass, perché ritenevo avesse bisogno di essere gustato più concentrato. La macinatura poi non era esattamente quella che ci si aspetterebbe per l’Aeropress con metodo inverso, che ho portato in gara: non era grossissima, ma più simile a quella del Chemex, perché attraverso le diverse prove e combinazioni ho capito che quella era la migliore in assaggio.
Non ho fatto tantissimi test in realtà: il pacchetto da 250 grammi non l’ho terminato neppure e questo perché sono entrata presto in sintonia con questo caffè.”
Qual era il livello degli altri competitor? Ha notato un maggiore coinvolgimento verso questa competizione nel corso delle tante edizioni?
“I biglietti sono andati a ruba in tempi record: sono riuscita a partecipare soltanto perché Luca è stato attentissimo ad essere tra i primi a prenotare due biglietti.
Personalmente credo anche che il fatto che quest’anno il campionato si sia svolto in città ed era logisticamente più facile da raggiungere, abbia incentivato a partecipare in tantissimi. Ma in generale l’Aeropress è sempre stato molto sentito e partecipato: ti dà la possibilità di condividere, di divertirsi con gli altri, di scambiarsi conoscenze. La maggiorparte dei concorrenti sono baristi e professionisti con cui è bello sempre confrontarsi.”
Molti dicono che l’Aeropress sia uno strumento abbastanza semplice da gestire rispetto ad altre estrazioni: ma è davvero così?
“Può dimostrarsi più semplice rispetto ad altri metodi come l’espresso, ma il tutto sta nel metterci la testa per valutare bene le variabili e assaggiare ogni volta per scoprire le differenze e trovare la giusta combinazione.
Rispetto alla gara baristi ci sono meno difficoltà: per esempio nella gara Aeropress non hai uno speech da esporre durante la preparazione. L’Aeropress inoltre è più alla portata di tutti, inclusi i semplici coffeelovers: è un metodo ludico e pop e il gap di abilità con i baristi professionisti si assottiglia, perché forse in Italia viene più utilizzato a casa che in caffetteria, a differenza del V60.”
Di solito chi prova l’Aeropress poi entra in una spirale da collezionista: lei si è fatta arrivare uno specifico modello nonostante tutte le difficoltà logistiche…
“E’ così in effetti – ride – se ti piace l’Aeropress diventi un collezionista. L’edizione limitata rosa l’ho persino usato in gara, ma c’è chi la lascia in esposizione su uno scaffale. Penso invece che lo porterò anche ai mondiali”.
Palange, a proposito: pronostici e prospettive per Lisbona a settembre?
“Io e Luca siamo già con la testa lì per vedere che cosa succede sul campo. Mi aspetto di incontrare tantissimi appassionati e professionisti da tutte le parti del mondo e di fare nuove amicizie. Ci saranno campioni che arrivano da lontano, anche se io fortunatamente non subirò il fuso orario perché si terrà a Lisbona, in un Paese caldo.
Affronterò la sfida come ho sempre fatto: assaggi, esperimenti. Come va, va. Sperando che ci sia un feeling immediato anche in questo caso con il caffè. Mi piace mettermi alla prova, e mi trovo a mio agio nella creazione di una ricetta a poche ore prima della gara, con un caffè uguale per tutti e meno variabili da dover considerare in anticipo.
Poi ovviamente i livelli saranno più alti, perché nella maggior parte dei Paesi fuori dall’Italia le estrazioni alternative sono particolarmente diffuse e conosciute dagli operatori. La selezione quindi a monte è più importante. A leggere le ricette dei campioni del mondo, ti stupisci dai dettagli che si inventano. Da appassionata ogni anno, studio e replico a casa. È un metodo di estrazione che sento molto mio.”
E ora Specialty Pal, o meglio, Valentina Palange, che altro vorrà sperimentare da competitor?
“Voglio continuare su questa linea. Ho scoperto che mi piace forgiarmi attraverso le gare. Quello che racconto è ciò che spesso non si coglie dagli altri competitor che non sono così social. Far vedere il sacrificio dietro, il lavoro, lo stress, rende le competizioni un’esperienza più universale.
Molte volte si vede soltanto il risultato finito della performance e invece esistono tanti passaggi che io vorrei mettere in mostra. Anche esporsi ovviamente può portare al rischio di beccarsi delle critiche, ma non è un problema che mi pongo. Anzi, esorto le nuove generazioni a buttarsi.”
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