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venerdì 29 Novembre 2024
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Mokador ha inaugurato il nuovo impianto di tostatura 4.0 di IMF Roasters

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L'inaugurazione del nuovo impianto di tostatura (immagine concessa)

FAENZA – Mokador annuncia sul suo profilo Linkedin l’inaugurazione del nuovo impianto di tostatura IMF Roasters, un’innovazione nell’ambito dell’industria 4.0. Questo traguardo rappresenta un importante passo nel percorso di crescita dell’azienda all’insegna dell’impegno nell’eccellenza qualitativa.

Il nuovo impianto di tostatura IMF Roasters di Mokador

La scelta del produttore della nuova tostatrice, dopo mesi di approfondite valutazioni, è ricaduta sull’azienda IMF, produttrice di impianti di torrefazione con produzione 100% italiana, che vanta un’importante brevetto, denominato VORTEX, innovativo rispetto agli altri impianti valutati e che apporta un sostanziale miglioramento al processo di tostatura e al caffè tostato.

Sin dal principio dell’anno sono stati pianificati di concerto con tutte le aziende coinvolte in questo importante cambiamento, ogni step necessario: la dismissione del precedente impianto, l’adeguamento delle strutture hardware e software di Mokador per gestire al meglio il nuovo impianto e la messa a regime della tostatrice IMF, con particolare cura ai parametri di tostatura per ciascuna origine di caffè, con risultato sensoriale, su ogni singola origine tostata, al di sopra delle aspettative.

Grazie a questo impianto all’avanguardia, l’azienda Mokador può continuare a mantenere inalterata l’alta qualità del caffè, offrendo un prodotto finale che soddisfa le aspettative dei clienti più esigenti.

Il taglio del nastro è avvenuto in un momento di grande condivisione, insieme alla direzione generale, alla rete vendita e a tutti i membri del team coinvolti nel progetto. È stata una celebrazione dell’impegno collettivo e della passione che Mokador dona quotidianamente al lavoro.

Matteo Tubertini, ceo di Guglielmo Caffè, ospite della rubrica Imprenditori in volo su LaC Tv

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Matteo Tubertini, ceo di Guglielmo Caffè e il giornalista Massimo Tigani Sava (immagine presa dal sito LaC News24)

Il 29 luglio, alle 17.15 su LaC Tv, canale 11 del digitale terrestre, è stata trasmetta l’undicesima puntata della trasmissione condotta dal giornalista e saggista Massimo Tigani Sava. L’ospite è stato Matteo Tubertini, ceo di Guglielmo Caffè, uno dei marchi più conosciuti dell’agroalimentare calabrese. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su LaC News 24.

Matteo Tubertini di Guglielmo Caffè a Imprenditori in volo

MILANO – Lunedì 29 luglio, su LaC Tv, alle ore 17.15, canale 11 del digitale terrestre (ma anche sull’820 di Sky, sul 411 di Tivùsat, in streaming e on demand su LaC Play) è stata trasmetta undicesima puntata di “Imprenditori in Volo”, condotta dal giornalista e saggista Massimo Tigani Sava dalla postazione televisiva dell’Aeroporto Internazionale di Lamezia Terme (Catanzaro). “Imprenditori in volo” è stata programmata da LaC Network nell’ambito del sistema Grand Terroir che mette in rete, attraverso vari strumenti della comunicazione integrata, persone, aziende, territori, identità culturali.

Grand Terroir è un progetto strategico di sviluppo per la Calabria e per il Sud Italia: un’apposita sezione con articoli e video è presente sulla testata online LaC News24.

Ospite dell’undicesima puntata Matteo Tubertini, ceo di Guglielmo Caffè, uno dei marchi più conosciuti dell’agroalimentare calabrese. Matteo Tubertini ha fatto il punto sul mondo del caffè, con ampi richiami alle importazioni da Paesi lontani (America Latina, Asia), al mutamento degli stili di vita e dei gusti dei consumatori, all’evoluzione delle tecnologie, agli effetti della globalizzazione.

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Gaetano Callà, Fipe a Rimini: “Nonostante gli stipendi più alti si è persa la voglia di lavorare”

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Gaetano Callà, presidente di Fipe-Confcommercio della provincia di Rimini, esprime soddisfazione per gli aumenti in busta paga, tuttavia si rammarica del fatto che si è persa la voglia di lavorare. “Il Covid ha davvero inciso sulla mentalità di tutti”,  osserva Callà a Corriere Romagna, “Si è persa, soprattutto nei giovani, la cultura del lavorare e del fare la stagione per ottenere quel che si desidera. Oggi si pensa di più a vivere. È un peccato, perché il lavoro nella ristorazione è bellissimo”. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Vanessa Zagaglia.

La cultura del lavoro nella ristorazione

RIMINI – “Bene gli aumenti in busta paga, ma non bastano. Deve tornare la voglia di lavorare”. Gaetano Callà, presidente provinciale di Fipe-Confcommercio, si dice soddisfatto del rinnovo dei contratti collettivi nazionali per i settori dei pubblici esercizi e del terziario.

Ma neanche troppo. Ciò che andrebbe preso in considerazione, precisa, non è solamente l’aumento in busta paga, che “non guasta mai, perché i soldi servono sempre”.

A mancare, specie dall’avvento del Covid in avanti, è la dedizione che servirebbe per approcciarsi alle professioni della ristorazione e del turismo. “Mentre tutti si rilassano nel fine settimana, chi fa questo mestiere è obbligato a lavorare – spiega -. È questo che rende sempre meno attrattivo il nostro settore”.

Facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi al tavolo di Confcommercio della provincia di Rimini, gli esperti di Fipe e Confcommercio hanno tenuto due convegni per approfondire i recenti rinnovi dei ccnl pubblici esercizi ristorazione collettiva, commerciale, e turismo, validi fino al 31 dicembre 2027. Buste paghe più sostanziose che, riferiscono gli addetti ai lavori, avrebbero soddisfatto gli intervenuti. “Gli aumenti complessivi, per i lavoratori inquadrati nel quarto livello (il più utilizzato), sono di 200 euro entro fine 2027 – spiegano da Confcommercio -. Saranno graduali. Un primo aumento di 50 euro a giugno 2024, poi 25 a giugno 2025, 40 a giugno 2026, 30 a giugno 2027, i restanti a fine dicembre. Allo scadere del contratto si arriverà ad un aumento di 200 euro in busta paga”. Per Gaetano Callà di Fipe, un successo da festeggiare solo in parte.

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Digitalizzazione nell’ospitalità: il 51% apprezza la possibilità di prenotare online

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La digitalizzazione nell'horeca (immagine: Pixabay)

Il 58% degli italiani apprezza il Wi-Fi gratuito, mentre il 51% preferisce la scelta di prenotare online: questi sono i risultati dello studio “Hospitality in Italia” realizzato da Kantar e TeamSystem. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione adnkronos.

La digitalizzazione nell’horeca e gli investimenti futuri nel settore

MILANO – Nel contesto dell’industria ospitaliera moderna, l’innovazione tecnologica è diventata un elemento cruciale per rispondere efficacemente alle esigenze dei consumatori. L’ultimo studio “Hospitality in Italia” realizzato da Kantar e TeamSystem rivela che il 58% degli italiani valuta positivamente il Wi-Fi gratuito, il 51% apprezza la possibilità di prenotare online, mentre il 45% preferisce il pagamento dell’acconto via web.

Questi dati non solo sottolineano un cambio di paradigma nelle preferenze dei viaggiatori ma indicano anche una direzione chiara per gli investimenti futuri nel settore.

TeamSystem, azienda leader nello sviluppo di soluzioni digitali, emerge come un attore fondamentale in questo scenario. Con una gamma di servizi che copre tutto, dalla prenotazione online al check-in e check-out digitalizzati, la compagnia aiuta le strutture ricettive a migliorare l’efficienza e ad aumentare la soddisfazione del cliente.

Il valore aggiunto di queste tecnologie si estende oltre la comodità per il consumatore; rappresenta anche un significativo vantaggio competitivo per le aziende che le adottano.

La ricerca ha evidenziato come il 31% degli utenti apprezzi il check-in e check-out online, una funzionalità che non solo velocizza i processi ma riduce anche le interazioni fisiche, un aspetto particolarmente rilevante in un’era post-pandemica. Inoltre, la digitalizzazione facilita una raccolta dati più precisa e accessibile, permettendo alle strutture di adattare i loro servizi in tempo reale alle preferenze dei clienti.

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Morettino Caffè Palermo: ai Quattro Canti della città rinasce il caffè letterario

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Morettino Caffè Palermo (immagine concessa)

PALERMO – La porta di uno dei locali storici più iconici e affascinanti di Palermo sta per dischiudersi. A distanza di più di 120 anni da quell’ultimo caffè servito, rinasce il Caffè Palermo, storico caffè letterario della Belle Epòque palermitana che si trovava all’interno del cinquecentesco Palazzo Guggino-Chiaramonte Bordonaro, e si affacciava ai Quattro Canti, sul cantone di Sant’Agata nel cuore del centro storico della città.

Venerdì 2 agosto, a pochi giorni dalla straordinaria celebrazione del 400° Festino di Santa Rosalia, aprirà le porte il Morettino Caffè Palermo, che oggi rinasce grazie alla volontà di voler riscoprire e valorizzare un luogo che appartiene alla memoria della nostra città.

Il Morettino Caffè Palermo racconta la bellezza d’altri tempi della Belle Epòque palermitana, in cui la città era salotto dell’aristocrazia europea, ospitava intellettuali e artisti ed era crocevia delle nuove dinastie imprenditoriali guidate dai Florio. Oggi, a distanza di oltre un secolo, in questi ambienti eleganti ed iconici si potrà rivivere quella dimensione temporale che ha ispirato la “Palermo Felicissima”, restituendo così alla città il suo caffè storico, come il Caffè Florian a Venezia, il Camparino a Milano e il Caffè Gilli a Firenze.

Compagni di viaggio di questa ambiziosa sfida imprenditoriale, Morettino, storica famiglia di torrefattori siciliani, e la famiglia Borgia, che negli ultimi anni si è contraddistinta nel campo della ristorazione, per un virtuoso percorso di collaborazione che guarda al futuro.

Andrea Morettino e Saverio Borgia (immagine concessa)

“Questo ambizioso progetto, che sorge nel cuore della nostra città e si ispira alle sue radici storiche, testimonia il nostro profondo amore per Palermo – racconta Arturo Morettino – e la volontà di tramandare la nostra tradizione di famiglia e la cultura del caffè. Il caffè è infatti un simbolo di accoglienza e di integrazione tra popoli e culture”.

“Il caffè è icona di socialità e condivisione e diventa oggi un segno di rinascita per la nostra città: le aperture delle librerie, dei teatri e dei cafè hanno da sempre rappresentato un forte segnale di risveglio sociale e culturale, un percorso di rigenerazione che Palermo merita”, aggiunge Andrea Morettino.

“L’apertura di Caffè Palermo è un tassello importante che rappresenta un ulteriore passo in avanti per il nostro gruppo ‘Borgia Group’. Fare sistema fra aziende sane – dichiara Saverio Borgia – è il segreto per portare avanti la nostra idea di innovazione e di fare impresa in Sicilia, nel resto d’Italia e anche fuori dai confini nazionali”.

Il caffè letterario e il Museo del  caffè

Morettino Caffè Palermo vede come protagonista il caffè, il suo rituale, la diffusione della sua cultura.

Il progetto del caffè letterario prevede una libreria che si affaccia sulla sala della parete retrostante il cantone di Sant’Agata, con volumi messi a disposizione degli ospiti e un programma di eventi e presentazioni di libri, per tornare a dare un’anima a questo luogo.

Gli ospiti possono godere anche di un’esposizione permanente di antichi strumenti per la lavorazione del caffè del Museo Morettino e di una mostra di alcuni dei pezzi più iconici del Mumac (Museo della Macchina per Caffè) del gruppo Cimbali – Faema.

Caffè Palermo: la carta dei caffè e la cucina

Il caffè, la materia prima e le sue contaminazioni. Questo luogo racconta un percorso esperienziale di degustazione attraverso la creazione di una carta dei caffè, per stimolare la curiosità del consumatore nella scelta del caffè e del metodo di estrazione.

Il rituale dell’espresso è celebrato attraverso la proposta di alcune pregiate miscele create dai maestri torrefattori Morettino e dedicate alla città: il blend “Caffè Palermo”, caffè che rispecchia la tradizione palermitana, e il blend “Rosalia”, miscela di puri Arabica d’altura nata per celebrare la Santa Patrona di Palermo. Prevista anche a una selezione di Specialty Coffee da gustare in Espresso e Filtro.

Spazio anche ad un’offerta culinaria autentica dal sapore mediterraneo, che reinterpreta la tradizione con semplicità e genuinità. Un progetto che vuole raccontare l’evoluzione di una città aperta e multiculturale come Palermo, meta di crescenti flussi turistici, con una forte attenzione verso i nostri sapori autentici e le ricchezze enogastronomiche, che accompagnano gli ospiti tutto il giorno, dalla colazione fino alle proposte serali.

La storia del Caffè Palermo

Tra il 1878 e il 1902 i bassi di Palazzo Guggino – Chiaramonte Bordonaro ospitarono il celebre “Caffè Palermo”, una delle caffetterie in stile Liberty più belle della città, che animava i Quattro Cantoni. Erano gli anni della Palermo felicissima che nel 1891 la città ospitò l’Esposizione Nazionale italiana, che rese la città un’icona di una bellezza artistica ed architettonica nel mondo. A Palermo la cultura dei Caffè era presente già nel Seicento, per poi affermarsi nella seconda metà dell’Ottocento come luoghi di ritrovo, fucine di idee e di affari, covi di rivoluzionari, officine di riviste letterarie e politiche.

Quattro Canti nel 1890 (immagine concessa)

I caffè erano simbolo di una forte socialità che si sviluppò nel cuore della città: dai Quattro Canti, lungo il Cassaro, fino al Foro Italico, si assistette ad un proliferarsi di caffetterie, pasticcerie, sorbetterie che divennero il cuore pulsante della vita cittadina. L’ascesa di alcune dinastie di imprenditori inglesi, come gli Ingham e i Whitaker, e di famiglie locali come i Riso, i Chiaramonte Bordonaro, i Tagliavia e soprattutto i Florio, e la presenza di investitori stranieri come i tedeschi Gondelberg, magnati della chimica, e i mobilieri francesi Ducrot, diedero una dimensione internazionale a Palermo.

Il Caffè Palermo ospitava la nuova borghesia imprenditoriale e le famiglie nobiliari dell’epoca, che trascorrevano il tempo libero sorseggiando caffè e gustando sorbetti e cioccolata. Sembra fosse abitudine dei preti delle vicine chiese di San Giuseppe dei Teatini e di San Matteo andare lì dopo la messa a fare colazione con pane e gremolata di cannella o scorzonera.

La caffetteria chiuse i battenti della storica sede dei Quattro Canti nel 1902, quando cambiò gestione e si trasferì al civico 186 di via Maqueda, dove rimase aperta fino agli inizi degli anni Trenta. Nel 1924, a Palazzo Guggino – Chiaramonte Bordonaro arrivò La Rinascente, chiudendo così per un lungo periodo la felice parentesi del Caffè Palermo, che oggi si riapre.

La rigenerazione

Il complesso lavoro di rigenerazione degli spazi è durato oltre 5 anni, tra le delicate fasi di progettazione e la minuziosa opera di restauro conservativo portato avanti da professionisti, artigiani e maestranze tutte siciliane, con la costante supervisione della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo.

Si è condivisa la volontà di investire in un progetto di riqualificazione che rispettasse la storia e l’anima del palazzo, oggi in stato di abbandono, ricostruendo dai bassi quell’atmosfera storica della Palermo felicissima e provando a raccontarne la bellezza perduta.

Il Caffè Palermo nasconde anche un luogo segreto, fino ad oggi rimasto nascosto e inaccessibile: è stata svelata la parete originale retrostante la fontana del cantone di Sant’Agata, che viene restituita alla città ed alla sua memoria storica.

Grazie all’abilità di restauratori siciliani, è stato possibile riportare alla luce significative tracce pittoriche ed affreschi originali del 1600 che erano andati perduti durante i lavori di ammodernamento e trasformazione che il palazzo ha subito nei secoli. Sono stati anche valorizzati alcuni elementi architettonici, come la colonna e le travi in ferro battuto di inizio Novecento che dominano la sala principale.

L’intervento sulla volta dei locali della caffetteria ha voluto evidenziare, attraverso un restauro conservativo, la stratificazione della struttura stessa e la testimonianza degli interventi subiti nei secoli.

Il soffitto originario, databile al XVI secolo, è stato più volte oggetto di interventi successivi ma, grazie al minuzioso restauro eseguito, risultano oggi evidenti e leggibili alcuni originali decori a tempera, tra cui svetta un’aquila, simbolo della città di Palermo, che può essere datata al XVII secolo.

Cremona: lanciato il corso di caffetteria per detenuti, il progetto “Tazzine & Libri”

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

L’intero progetto è stato realizzato grazie al lavoro di coordinamento del garante per i detenuti, Ornella Bellezza, e alla fattiva collaborazione tra la Provincia di Cremona con il presidente Mirko Signoroni, e la Casa Circondariale, con il suo direttore Rossella Padula. Il corso di caffetteria è stato condotto da Giuseppe Maria Scolari. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Sara Pizzorni per Cremona Oggi.

Il corso di caffetteria per detenuti a Cremona

CREMONA – Incentivare il dialogo attraverso la cultura. Questo uno degli obiettivi del progetto caffè letterario “Tazzine & Libri”, realizzato a favore della popolazione detenuta nell’istituto penitenziario cittadino e il cui momento conclusivo è stato presentato in carcere.

L’intero progetto è stato realizzato senza alcun onere grazie al lavoro di coordinamento del garante per i detenuti, Ornella Bellezza, e alla fattiva collaborazione tra la Provincia di Cremona con il presidente Mirko Signoroni, e la Casa Circondariale, con il suo direttore Rossella Padula.

L’iniziativa si è sviluppata prima con l’allestimento degli ambienti, grazie alla realizzazione da parte dei detenuti di murales curati dallo street artist Marco Cerioli, poi con un corso di caffetteria tenuto da Giuseppe Maria Scolari.

Fondamentale per la buona riuscita dell’iniziativa, oltre all’opera gratuita di professionisti e volontari, anche la disponibilità e generosità di Confesercenti Cremona, con la presidente Gaia Fortunati, e Cooperativa Rising che hanno fornito le attrezzature e gli arredamenti.

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Riciclo capsule di caffè: Friuli-Venezia Giulia leader in Italia con il progetto Recap

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Capsule di caffè (immagine: Pixabay)

A settembre verrà avviata la seconda fase del progetto Recap che prevede il recupero delle capsule di caffè in plastica in tutto il territorio del Friuli-Venezia Giulia. La regione sarà la prima in Italia ad avere un circuito completamente dedicato alle capsule. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Imagazine.

Il riciclo delle capsule di caffè in Friuli-Venezia Giulia con il progetto Recap

UDINE – Grazie al progetto Recap, la raccolta e il recupero delle capsule esauste in plastica sarà presto una realtà per tutto il territorio regionale. Ciò consentirà al Friuli Venezia Giulia di diventare la prima regione italiana ad avere un circuito dedicato a questa tipologia di rifiuto, promuovendola quale esempio di economia circolare nel settore delle capsule esauste a livello europeo.

Ad anticipare lo scenario è stato l’assessore regionale alla Difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro, intervenuto in apertura all’incontro tra i protagonisti del progetto Recap e i funzionari regionali.

“A breve – ha anticipato l’assessore – verrà avviata la seconda fase del programma. Ulteriori sviluppi del progetto potranno riguardare, a livello regionale, l’ampliamento del numero di centri di raccolta nonché, a livello sovraregionale, l’auspicabile estensione della raccolta nelle regioni contermini e, se possibile, all’intero Nord Italia. Il Friuli Venezia Giulia si candida a essere apripista in questo modello di economia circolare”.

La prima fase del progetto pilota, promosso e coordinato dal Servizio Rifiuti della Direzione Centrale alla difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile, è iniziata alla fine del 2021 e ha visto il coinvolgimento dei produttori di caffè in capsule illy Spa e Nestlè Spa, nonché dei gestori del servizio di gestione dei rifiuti urbani AcegasApsAmga Spa, Net Spa, A&T2000 Spa, che hanno effettuato la raccolta delle capsule nei comuni di Trieste, Udine, Campoformido e Pasian di Prato.

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Giovanni Agostoni ICAM: “2023 chiuso con un fatturato di 216,5 milioni, il 56% oggi è all’estero”

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Giovanni Agostoni (foto concessa) ICAM
Giovanni Agostoni (foto concessa)

MILANO – L’appena nominato Presidente ICAM Cioccolato, Giovanni Agostoni, racconta la storia di un’azienda familiare che ha assunto posizioni rilevanti con il suo constante impegno negli anni, per la produzione e commercializzazione di cioccolato e semilavorati del cacao.

ICAM, 75 anni di storia: cosa è rimasto lo stesso e cosa invece è cambiato?

“In questi oltre 75 anni ciò che è rimasto invariato, è la passione per quello che facciamo. L’attenzione che dedichiamo a preservare le proprietà organolettiche del cacao e, alle persone che se ne prendono cura lungo tutta la filiera, dai coltivatori nei paesi di origine fino alle persone che qui in azienda ogni giorno si occupano della sua trasformazione in tavolette, praline e semilavorati per l’industria e i professionisti.

Un altro elemento che è stato da sempre un pilastro per noi, è l’impegno alla cura dell’ambiente e alle modalità attraverso le quali ci approcciamo alla salvaguardia del pianeta. Attraverso la formazione dei coltivatori sulle tecniche agronomiche più avanzate, in grado di preservare al contempo le piante di cacao e la biodiversità del suolo.

Infine, ma non meno importante, l’innovazione tecnologica che da sempre rappresenta l’elemento distintivo del nostro approccio alla produzione, a partire dall’introduzione della prima pressa verticale per l’estrazione del burro dalle fave di cacao, diventata poi uno standard per tutte le aziende operanti nel settore allo stabilimento di Orsenigo, cuore pulsante di una produzione tecnologicamente avanzata e al contempo sostenibile.”

Dalla vostra nascita a oggi, quali sono stati i maggiori cambiamenti tecnologici che hanno influenzato il modo di produrre il cioccolato?

Lo stabilimento ICAM (foto concessa)

“Da sempre in ICAM mettiamo la tecnologia e la ricerca al servizio della qualità del nostro cioccolato. Da quando abbiamo inaugurato la sede di Orsenigo nel 2010 ogni nuovo impianto introdotto ha rappresentato un segnale tangibile del costante processo di innovazione che ci caratterizza.

L’impianto di trigenerazione alimentato a metano, per esempio, ci permette di cogenerare energia e di produrre oltre all’energia elettrica, di sfruttare l’energia termica recuperata dalla trasformazione termodinamica in vapore e acqua calda per produrre acqua refrigerata per il condizionamento o per i processi industriali che nello specifico, per la produzione di cioccolato richiedono un importante utilizzo di acqua.

Un impianto dall’elevato valore tecnologico che ci permette di essere all’avanguardia anche nella produzione. Grazie infatti a linee produttive separate che rendono impossibile ogni tipo di contaminazione, riusciamo a mettere a disposizione di tutti i nostri clienti (B2B e B2C), prodotti certificati per rispondere a ogni specifica esigenza alimentare o intolleranza: dalla certificazione lactose free a quella gluten free e tante altre, che incarnano un modello di inclusività e sostenibilità sociale, consapevolezza e innovazione con l’obiettivo di raggiungere e semplificare le scelte alimentari dei soggetti intolleranti.

Una tracciabilità che ci impegniamo ad implementare lungo tutta le filiere del cacao e delle altre materie prime di cui ci riforniamo, ma che continua anche nel nostro stabilimento attraverso continue analisi e controlli effettuati in ogni fase della lavorazione (nel 2023 ne abbiamo contati oltre 14.000).”

Quali sono i contatti con l’origine e il rapporto lungo la filiera che Icam ha coltivato negli anni?

“Fin dagli anni ’70 la seconda generazione della famiglia Agostoni, Angelo in primis, ha intrapreso una serie di viaggi verso le più remote terre d’origine del cacao tra Africa e America Latina, per spiegare le migliori tecniche di coltivazione alle popolazioni locali.

Un approccio che abbiamo mantenuto vivo e che portiamo avanti ancora oggi, costruendo relazioni dirette con le cooperative di coltivatori per attivare una relazione di scambio di competenze reciproco e di supporto per garantire la migliore formazione possibile e alimentare un incremento costante della produttività dei loro raccolti e un conseguente miglioramento delle condizioni di vita degli agricoltori e delle loro famiglie.

In Uganda in particolare, nella regione di Bundibugyo, nel 2010 abbiamo fondato ICAM Uganda ltd. Un centro di raccolta e lavorazione del cacao dove i coltivatori della zona possono conferire il cacao raccolto gestendo le fasi di fermentazione ed essiccazione, fondamentali per la qualità del prodotto, all’interno di una struttura sicura e creata appositamente per valorizzare questo pregiato cacao d’altura biologico. garantendogli proprietà organolettiche uniche.

Oggi in Uganda ICAM ha ampliato ulteriormente la propria presenza attraverso altri due centri di lavorazione nelle regioni di Hoima e Mukono offrendo ai coltivatori la sicurezza di un reddito certo, oltre a interventi di assistenza educativa, sanitaria e sociale nei villaggi.”

Esportate i prodotti Icam in 73 Paesi nel mondo: qual è il vostro mercato di riferimento e quale vorreste conquistare strategicamente?

“Nel corso degli anni abbiamo intrapreso un percorso di crescita fatto di grandi investimenti industriali, finalizzati a mantenere alto il livello di innovazione dei nostri prodotti, e di progetti importanti nei paesi di origine del cacao dove garantiamo un’elevata qualità della materia prima attraverso un approccio sostenibile per l’ambiente e le persone.

Oggi, grazie a una profonda conoscenza della materia prima e un fortissimo spirito innovativo, siamo perfettamente in grado di interpretare le necessità di business dei nostri clienti, creando di volta in volta un’offerta ad hoc sulla base delle differenti esigenze.

Questo approccio ci ha portato a vedere crescere anno dopo anno la nostra presenza anche all’estero, che oggi rappresenta il 56% del nostro fatturato.

I paesi in cui siamo più presenti sono sicuramente quelli del Nord Europa e cresciamo in maniera consistente anche in America. Parallelamente stiamo assistendo a un crescente interesse nei confronti del nostro cioccolato in Medio-Oriente, dove abbiamo raccolto un riscontro fortissimo sul cioccolato di fascia premium.”

Che percentuale rappresenta l’Italia nel fatturato ICAM?

L’Italia rappresenta il 44% del fatturato complessivo dell’azienda. Nel nostro paese, oltre a una presenza consistente nel settore industriale e nell’ambito della private label, siamo presenti con i nostri marchi proprietari: Agostoni e ICAM Professional per ciò che riguarda il mondo professionale di pasticceri, cioccolatieri e gelatieri a cu offriamo un’ampia gamma di semilavorati del cacao studiati per esaltare ogni creazione; in ambito retail siamo invece presenti con Vanini, brand premium di tavolette e praline che quest’anno compia 10 anni.

I prodotti del brand Vanini sono la massima espressione dell’impegno di ICAM a mettere a disposizione del cliente prodotti realizzati con cacao di eccellente qualità lavorato per dare vita a ricette uniche capaci di stupire e conquistare una platea sempre più ampia di consumatori.”

Qual è il vostro risultato finanziario raggiunto nel 2023 e quali sono le previsioni per il 2024?

“Il 2023 è stato un anno positivo per noi che si è chiuso con un fatturato di 216,5 milioni di euro e un incremento del 7% rispetto all’anno precedente. Un risultato che rappresenta un ulteriore scalino all’interno del nostro percorso di crescita fatto di investimenti industriali finalizzati a mantenere alto il livello di innovazione dei nostri prodotti e di progetti importanti nei paesi di origine del cacao dove la nostra priorità è da sempre quella di garantire un’elevata qualità della materia prima attraverso un approccio sostenibile per l’ambiente e le persone.

Per il 2024 ci aspettiamo un dato di continuità in linea con i risultati del 2023, ma non possiamo non tenere conto dell’aumento del costo della materia prima unito alla sua scarsa disponibilità – motivo di preoccupazione e incertezza per tutto il settore.”

Il cacao è la materia prima senza cui non esisterebbe Icam: come state reagendo agli incredibili rincari che stanno influenzando il mercato e come invece affronterete il regolamento sulla deforestazione?

“L’aumento del costo del cacao, iniziato negli ultimi mesi del 2023 e cresciuto in maniera vertiginosa all’inizio del 2024, ha portato un grande stravolgimento nel settore e altrettanta confusione all’interno dell’intero comparto.

ICAM, come azienda che segue l’intera filiera del cacao – from bean to bar – sin da subito si è impegnata su due fronti: da una parte rafforzando le relazioni di lungo periodo con le cooperative di coltivatori nei paesi di origine, con l’obiettivo di fronteggiare il grande problema (connesso all’aumento dei prezzi) della disponibilità di questa risorsa; dall’altra parte, ad instaurare un dialogo continuo con i clienti, per essere sempre trasparenti nei loro confronti, comunicando e spiegando loro periodicamente l’evolversi della situazione.

La crisi che sta investendo il settore della produzione del cacao e strettamente connessa ai cambiamenti climatici in corso, le epidemie che hanno coinvolto due dei paesi principali produttori di cacao – Ghana e Costa d’Avorio – sono la dimostrazione pratica di un approccio che non è più sostenibile per il nostro pianeta e il regolamento sulla deforestazione rappresenta l’inizio di un cambio di passo importante.

In ICAM da sempre ci impegniamo, grazie anche al supporto di un team di agronomi presenti sul territorio, di formare i coltivatori nei paesi di origine sulle più avanzate tecniche di coltivazione, proprio per contrastare il fenomeno della deforestazione che mette a rischio anche la coltivazione del cacao, le cui piantine richiedono la presenza di alberi ombra.

In ICAM mappiamo tutte le nostre filiere e valutiamo tramite sistemi di geolocalizzazione e mappe satellitari il fenomeno nei territori in cui acquistiamo il cacao, con l’obiettivo di privilegiare le filiere in cui non è presente (filiere che proteggono territorio e biodiversità).

Inoltre, siamo produttori di cioccolato di qualità e l’80% del nostro cioccolato è biologico, una caratteristica che, già dai disciplinari per la certificazione BIO, richiede una grande attenzione all’ambiente e alla protezione della biodiversità.”

Qual è il vostro impegno sul piano della sostenibilità sociale e ambientale?

“Da sempre in ICAM ci impegniamo a produrre un cioccolato di alta qualità ma che sia al contempo rispettoso dei soggetti coinvolti nella sua coltivazione e lavorazione e verso il pianeta.

Un impegno che si traduce in una presenza nei paesi di origine che crei valore per le persone e per l’ambiente, senza mai approfittarne, in uno stabilimento qui in Italia che rispetti i più alti standard di sostenibilità ambientale e in una gestione interna che mira da sempre a valorizzare il lavoro delle singole persone in azienda, in un costante rapporto di dialogo che si estende anche al territorio in cui operiamo da quasi 80 anni.”

Cosa significa essere il maggiore produttore di cioccolato biologico al mondo?

“Abbiamo creduto nella validità di questo approccio sin dal 1997, anno in cui siamo diventati la prima industria italiana a produrre cioccolato biologico.

Si tratta di un modo di concepire il prodotto nel pieno rispetto degli elementi che lo compongono: all’assenza di trattamenti chimici e microbiologici si aggiunge il rispetto dei tempi e dei metodi naturali per ogni fase di trasformazione, dalla coltivazione alle fasi di preparazione, dall’immagazzinamento alla lavorazione. Oggi l’80% del nostro cioccolato e biologico, Fairtrade o Rainforest Alliance.

Ottenere queste certificazioni e quella bio in particolare, richiede un impegno molto importante ma rappresenta per noi la modalità che ci permette di portare avanti il nostro approccio e di attrarre quei clienti che, come noi, si impegnano ogni giorno ad avere un approccio sostenibile per l’ambiente e le persone.”

Sostenuti dalla vostra esperienza, Icam come vede il cioccolato del futuro?

“Il cioccolato nel prossimo futuro vedrà probabilmente un’ulteriore crescita nel prezzo a scaffale, un elemento che, considerando lo scenario attuale e la sempre maggiore attenzione alla sostenibilità della filiera, avrà una ricaduta sui costi in tutte le sue fasi.

Il nostro rimarrà sempre un approccio votato all’eccellenza che deve necessariamente includere il rispetto dell’ecosistema in cui si sviluppa la nostra materia prima e delle persone che la lavorano.

Continueremo a ricercare le migliori colture di cacao e a realizzare ricette uniche che garantiscano il posizionamento premium dei nostri prodotti.”

Cristiano Portis, 1895 Coffee Designers by Lavazza: “Per vendere specialty necessario creare un minimo di cultura”

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Cristiano Portis, Arabica Q grader 1895
Cristiano Portis, Arabica Q grader

Cristiano Portis, coffee designer di 1895 Coffee Designers by Lavazza, ha rivelato in un’intervista pubblicata su Linkista in cosa consiste il suo lavoro e come la sua attività ed esperienza aiutino nella produzione di un caffè così diverso da quello a cui siamo sempre stati abituati: lo specialty. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Giulia Salis per il portale Linkiesta.

Lo specialty coffee spiegato dal coffee designer Cristiano Portis

MILANO –  Oggi più che mai le cose si sono fatte maggiormente complicate: se fino a un centinaio di anni fa, il caffè era una bevanda più grezza, col passare del tempo la situazione è cambiata e ora, accanto alle torrefazioni industriali, sta nascendo una nuova era dedicata agli specialty coffee, ovvero un caffè verde di altissima qualità, caratterizzato da una tostatura media, che gli garantisce uno spettro aromatico più ampio, con una minor amarezza e una maggior acidità.

Ma non solo: per essere considerato specialty un caffè deve ottenere un punteggio superiore agli ottanta punti su cento dalla Specialty Coffee Association of America (SCAA), associazione che rappresenta migliaia di professionisti del caffè, dai produttori ai baristi di tutto il mondo, e che punta al potere della conoscenza condivisa per riuscire a rendere lo specialty coffee un’attività equa e sostenibile per l’intera catena produttiva.

Una catena produttiva che parte dalle farm, dalle tenute dove i coltivatori si prendono cura delle piantagioni e dove hanno un ruolo importante i coffee designer, coloro che realizzano i caffè speciali. Noi abbiamo chiacchierato con Cristiano Portis, coffee designer di 1895 Coffee Designers by Lavazza che ci ha spiegato in modo più pratico in cosa consiste il suo lavoro e come la sua attività entra nella produzione di un caffè così diverso da quello a cui siamo sempre stati abituati.

“Vent’anni fa, quando ho iniziato, la situazione era molto diversa rispetto a quella attuale” — ci spiega — “Ma anche oggi, se vuoi vendere un caffè di questo tipo, devi prima di tutto creare un minimo di cultura che le persone possano capire. Questo è quello che è successo in quarant’anni per il vino. Quando ero bambino, se andavo con i miei genitori al ristorante, l’offerta era “vino bianco o vino rosso” e poteva essere la qualunque. Per il caffè ora è così”.

I chicchi sono alla base di tutto. “Il caffè verde è l’ingrediente principale. E poi c’è l’esperienza e lo studio”. Cristiano Portis ha girato tutto il mondo, vissuto in tanti Paesi e instaurato un rapporto diretto con i produttori. “Grazie alle esperienze passate, si riesce a tirare fuori un prodotto che possa soddisfare il mercato” – ci racconta. Solo attraverso l’esperienza si possono creare i blend giusti e trovare “la giusta creazione dei profili di tostatura più idonei per ciascun caffè”.

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Statistiche europee: l’Italia si conferma seconda soltanto alla Germania con quasi un quarto dell’import di verde

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import europeo
Il logo della Federazione europea del caffè

MILANO – L’import europeo di caffè è tornato a segnare il passo nel 2023 e rimane sempre lontano dai volumi record registrati nella seconda metà del decennio trascorso. Crollano le scorte, più che dimezzate in meno di un anno e mezzo. Così i dati dello European Coffee Report, il rapporto statistico edito dalla Federazione europea del caffè (Ecf) giunto quest’anno alla sua quarantunesima edizione.

La pubblicazione dell’Ecf fa i conti – come sempre – con le difficoltà oggettive legate alla raccolta dei dati sul commercio e i consumi. In particolare per quanto riguarda i paesi dell’Europa dell’est, le cui statistiche si fermano al 2022.

Ma veniamo ai dati aggregati più importanti: nel 2023, i 27 paesi dell’UE hanno importato 44.215.891 sacchi di caffè verde.

Un volume in netto calo (-10,2%) rispetto ai 49.212.917 sacchi del 2022 e inferiore anche ai 46.467.183 sacchi del 2022. In analogo calo (-10%), l’import dell’Europa occidentale – voce comprendente, oltre all’UE, Regno Unito, Svizzera, Norvegia e Islanda – da che si attesta a 50.435.793 sacchi.

Forte flessione per la Germania, massimo importatore europeo di caffè verde. Nel 2023, i tedeschi hanno sbarcato 15.007.486 sacchi di caffè verde: il 17,1% in meno rispetto al 2022.

Molto più contenuta la contrazione registrata dall’Italia, secondo mercato europeo dopo la Germania. Il nostro paese ha importato, l’anno scorso, 10.368.008 sacchi, con una flessione del 4,3% rispetto ai 10.828.957 sacchi del 2022.

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