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martedì 22 Aprile 2025
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Steeped Coffee: dalla California arriva il caffè in bustina come il tè

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A Santa Cruz in California nasce Steeped Coffee, un’azienda che si propone di vendere caffè in bustina esattamente come fosse tè: è compostabile, servita in un pacchetto chiuso ermeticamente e contiene caffè per una tazza. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Lavinia Martini per il portale Cibo Today.

Il caffè in bustina Steeped Coffee

MILANO – Sappiamo che gli italiani sono abituati a portarsi moka e tazzine un po’ ovunque. Ma in realtà intorno alla moka, conosciuta non solo in Italia, si diffondono spesso preparazioni grossolane e materia prima scadente. Peraltro, per chi non ha dietro neppure un piccolo fornello, fare la moka è assolutamente impossibile. Da queste premesse nasce a Santa Cruz, in California, Steeped Coffee, un’azienda che si propone di vendere caffè in bustina esattamente come fosse tè. In Italia ancora non abbiamo visto qualcosa di simile, ma sappiamo che nei prossimi tempi potremmo arrivarci. Funziona così.

Come si fa a fare il caffè infuso in bustina

La bustina è compostabile, servita in un pacchetto chiuso ermeticamente e contiene caffè per una tazza. Si mette il sacchetto in una tazza e si versa gradualmente il giusto quantitativo di acqua calda, un po’ più di 200 ml (sono 8z).

Bisogna immergere facendo su e giù il sacchetto in infusione per 15-30 secondi oppure ancora di più per un sapore maggiormente intenso. La bustina va poi lasciata in infusione per circa 5 minuti, quando si può bere il contenuto della tazza con o senza sacchetto (tutti i passaggi sono spiegati chiaramente in un video).

A questo punto, per chi volesse, si può aggiungere latte o zucchero. È un metodo infallibile, a prova di viaggio, di bollitore in hotel e anche di incapaci, per chi non sapesse realizzare il caffè con strumenti più complessi (o per chi non può portarsi in giro una macchina del caffè, ovviamente).

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Torino celebra il cioccolato con il progetto CioccolaTò 2025, 27/02-02/03

TORINO – Elegante, sobria, sabauda, barocca, ma anche industriale e industriosa, moderna e innovativa: il racconto che si fa della città di Torino non può prescindere da almeno uno di questi aggettivi. Tutto vero e tutto legittimo, se ci si vuol fermare all’immediata apparenza estetica del capoluogo piemontese.

Ad un esame più approfondito appare chiaro, tuttavia, che esiste anche un lato più viscerale, fatto di colori e del profumo intenso del cacao che invade botteghe, case, strade e piazze. È una Torino fatta di cioccolato, della saggezza artigiana di chi da generazioni l’ha resa una capitale italiana, se non mondiale, del cibo degli dèi.

Esistono dei luoghi, in città, dove questa fisionomia appare più nitida: è possibile tracciare, di punto in punto, come in un gioco enigmistico, un profilo riconoscibile all’ombra della Mole, del Monte dei Cappuccini e di Superga. Una mappa del gusto, dove il percorso dalla A alla B è la curiosità che separa un sapore da un altro, nelle raffinate sfumature che differenziano le ricette dei singoli maestri cioccolatieri.

A ciascuno i propri segreti, com’è giusto che sia. Ma è legittima, in ogni caso, anche una certa dose di curiosità che porta appassionati o semplici amatori del cioccolato a ficcanasare alla ricerca di deliziosi indizi come segugi del cacao.

Da dove cominciare? Ecco cinque dolcissime, ma imperdibili tappe della Torino al cioccolato.

Choco-Story: il museo del Cioccolato e del Gianduja, Via Paolo Sacchi 42

Ci troviamo tra i portici della storica via Paolo Sacchi, alle spalle della stazione Porta Nuova, dove è possibile, scendendo sotto il livello della strada, compiere un vero e proprio viaggio nello spazio e nel tempo alla scoperta del cioccolato: è Choco-Story, il primo museo a Torino dedicato al Cioccolato e al Gianduja.

Il museo sorge negli spazi sotterranei del laboratorio di cioccolato della storica pasticceria Pfatish, dove attrazioni interattive offrono ai visitatori una divertente esplorazione della storia e della produzione del cioccolato. Grandi e piccini possono quindi scoprire i processi di fabbricazione e molte altre curiosità. Una visita piacevole e adatta a tutti.

La ricca collezione di oltre 700 oggetti attraversa i secoli e farà ripercorrere la storia del cacao dai Maya al ‘900, fino al gianduia, guidandovi tra esperienze interattive e giochi. Durante la visita si gode di un’esperienza sensoriale con assaggi di diversi tipi di cioccolato e gianduia. Questa deliziosa degustazione accompagna i visitatori, regalando un momento indimenticabile per tutti i sensi.

Nel Museo del Cioccolato è possibile, inoltre, prenotare un laboratorio durante il quale si possono creare tavolette personalizzate, leccalecca e deliziose praline sotto la guida dei maestri cioccolatieri, sperimentando tecniche tradizionali e ingredienti unici.

Proprio da Choco-Story parte anche il Choco Tram: è possibile partecipare ad un tour per le vie di Torino a bordo di un tram dei primi anni del Novecento: lungo il percorso vi verranno raccontati curiosissimi aneddoti sulla storia non solo del cioccolato, ma anche dei tram e della città!

Evento su prenotazione e in collaborazione con ATTS, Associazione Le Vie del Tempo e Associazione Officine Ianòs. Info e prenotazioni su Choco-Story Torino – The Chocolate Museum.

Caffè Baratti&Milano, Piazza Castello 27

Il celebre Caffè Baratti&Milano deve il suo nome a due confettieri canavesani: Ferdinando Baratti e Edoardo Milano. Trasferitisi a Torino nel 1858, aprirono un laboratorio di confetteria e pasticceria in via Dora Grossa 43 (l’attuale via Garibaldi), destinato a divenire uno dei marchi più rinomati dell’industria dolciaria piemontese e italiana. Tra l’altro, fu Ferdinando Baratti che creò il famoso cremino divenuto poi, insieme al gianduiotto, uno dei grandi classici fra i cioccolatini italiani. L’eccellente ed elegante pasticceria di Franco Sinagra segue oggi le orme di tutti i Maestri della pasticceria che hanno reso “Baratti&Milano” uno dei più antichi e famosi laboratori di pasticceria in Italia e all’estero.

Una piccola curiosità letteraria: è proprio in questo locale che ispirò la celebre poesia Le Golose di Guido Gozzano.

Perché non m’è concesso / – o legge inopportuna! –
il farmivi da presso, / baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte / di giovani signore,
baciarvi nel sapore / di crema e cioccolatte?

Quest’anno, inoltre, Baratti&Milano festeggia i suoi primi 150 anni di attività con un nuovo sodalizio con la famiglia Alciati: una collaborazione tra due realtà piemontesi di assoluta eccellenza, che arricchirà ulteriormente l’offerta dello storico caffè. Per saperne di più: Baratti & Milano e Alciati insieme.

La Perla di Torino – il vero gioiello è il cioccolato, anche senza glutine: via Catania 9

Un’azienda che narra e vende qualità: La Perla di Torino, fondata nel 1992, quando Sergio Arzilli, cresciuto nella pasticceria di famiglia, decise di ritagliarsi un suo spazio. La sua celiachia lo spinge, quindi, a reinventarsi nel mondo del cioccolato, trasformando un limite in un’opportunità. Dal piccolo laboratorio iniziale, casa del celebre tartufo di cioccolato, l’azienda si evolve, pur mantenendo un focus sull’artigianalità e l’innovazione. Oggi, La Perla di Torino offre una vasta gamma di prodotti senza glutine, inclusi gianduiotti, tartufi, creme spalmabili e tavolette, oltre a linee senza lattosio e senza zuccheri aggiunti, per soddisfare le diverse esigenze del mercato.

Con l’esperienza Ho fatto una tavoletta di cioccolato è possibile cimentarsi, inoltre, nella realizzazione e decorazione di tavolette di cioccolato nel laboratorio de La Perla di Torino, da portare a casa al termine della visita.

Ziccat, L’arte del cioccolato dal 1958, via Pietro Micca 2h

In Ziccat coesistono la tradizione di una ricetta classica e le mani giovani di cioccolatieri sotto la quarantina. Una passione innata che porta volti nuovi nel mondo del cioccolato e della produzione. Questa azienda, ormai parte integrante dello scenario torinese, propone prodotti di qualità cucinati con cura e amore, ingredienti immancabili di ogni preparazione al cioccolato.

Ecco la loro ricetta per la cioccolata calda della tradizione (da ziccat.it)
Ingredienti:

  • 500 gr. Latte intero
  • 150 gr. Cacao amaro Ziccat
  • 50 gr. Zucchero semolato
  • 250 gr. Cioccolato fondente in gocce 51% Ziccat

Preparazione:

Mischiare accuratamente lo zucchero con il cacao in polvere verificando la totale assenza di grumi di cacao. Se il cacao dovesse presentarsi a grumi setacciarlo con un colino fine prima di unirlo allo zucchero.

Mettere a bollire il latte, quando inizia a sobbollire iniziare ad aggiungere il mix di zucchero e cacao gradualmente sempre girando con una frusta. Una volta aggiunto tutto il composto abbassare il fuoco e cuocere girando continuamente per circa due minuti verificando che il tutto inizi ad addensarsi.

Quando sarà addensato spegnere il fuoco e aggiungere il cioccolato, continuando a girare fino al completo scioglimento. Servire in tazza calda accompagnando a piacere con panna montata e biscotti.

Le botteghe menzionate fanno tutte parte del circuito Maestri del Gusto di Torino e provincia, selezionati ogni due anni dalla Camera di commercio di Torino, il Laboratorio Chimico camerale e Slow Food, che proprio dal Piemonte ha saputo condurre a livello internazionale l’ambiziosa e coraggiosa battaglia per un cibo buono, pulito e giusto.

Per vedere all’opera i Maestri di sopra menzionati, insieme a molti altri (una dozzina i Maestri iscritti, dalle più famose botteghe del centro ai cioccolatieri di provincia e delle valli), l’occasione migliore è CioccolaTò: la kermesse torinese del cioccolato (Piazza Vittorio Veneto, 27 febbraio – 2 marzo 2025).

Nel 2025 ci si ritrova a festeggiare la cultura del cioccolato dal 27 febbraio al 2 marzo in occasione di CioccolaTò, in Piazza Vittorio Veneto, proprio dove si era svolta, ormai più di vent’anni fa, la prima edizione.

Il salotto buono in riva al Po, con una vista privilegiata che spazia dalla Mole alla Gran Madre, dal Monte dei Cappuccini a Superga, sarà il centro propulsore di CioccolaTò grazie alla presenza degli stand di decine di produttori del cacao, ma saranno coinvolte anche altre prestigiose sedi museali e palazzi storici, come le Gallerie d’Italia, il cinema Massimo (grazie alla collaborazione con il Museo nazionale del cinema), il Circolo dei lettori, e ulteriori realtà cittadine che ospiteranno eventi, workshop, incontri, dibattiti, guidati da nomi importanti del panorama culturale e dolciario italiano.

CioccolaTò 2025 è un progetto di Camera di commercio di Torino e Città di Torino con il supporto di Regione Piemonte e delle associazioni di categoria,in partnership con Iren, organizzato da Turismo Torino e Provincia.

Report: in questa puntata nel mirino di Rai3 sono finite le confezioni di caffè per la famiglia, senza indicazioni, vendute in tutti i supermercati

Tutti davanti al teleschermo per scoprire che cosa avrebbe proposto di nuovo la redazione di Report di Rai 3 con il servizio, che avevamo annunciato qui. Dentro casa con una confezione da 250 grammi acquistata al supermercato: quanto si sa di cosa succede una volta aperta, al suo contenuto? E come si può evitare che il macinato si rovini in fretta?

Per sapere come comportarsi in cucina per proteggere il più possibile l’esperienza della tazzina domestica, arriva Report che con il giornalista Bernardo Iovene, la collaborazione di Lidia Galeazzo e la guida di alcuni esperti. Così cercano di andare in aiuto del consumatore.

Report, i fari puntati sul consumo domestico

Interviene sul tema anche Marizia Rubino, direttrice marketing di Caffè Kamo, che consiglia per evitare l’ossidazione, “di metterlo in frigo.”

Caffè per moka: dove conservarlo? Fabio Verona torna sugli schermi di Rai 3 e dà la sua opinione di professionista: “Dal momento in cui viene aperto, il caffè dovrebbe essere riposto in un contenitore ermetico, un barattolo della marmellata va benissimo e sicuramente di nuovo in un luogo fresco, per cui, anche in frigo”.

Le etichette che cosa suggeriscono?

Tutte indicazioni sui pacchetti sono in alcuni casi vaghe e incomplete. Dal “Conservare il caffè in un luogo fresco e asciutto, in un contenitore a chiusura ermetica”, ad un “Dopo l’apertura, conservare in un luogo fresco e asciutto”. In alcune è consigliato il riparo dall’aria e dalla luce, possibilmente in frigorifero.

E poi è il turno ancora una volta davanti alle telecamere di Report, del caffesperto Andrej Godina che chiarisce subito che lui, il suo caffè, lo conserva in freezer. E spiega anche il motivo: “Va conservato in frigorifero o in freezer. Non si congela. Semplicemente gli oli si solidificano quando si trovano in freezer. Più bassa è la temperatura di conservazione, più lenta è l’ossidazione dei grassi.

Perchè posso conservarlo in freezer? Perché il caffè tostato, sostanzialmente non ha acqua.”

Da lì, come mostra il video di Report, è possibile prenderlo direttamente con il cucchiaino dal barattolo, per poi sistemarlo nel metodo di estrazione che si usa in casa. (In questo caso, la moka). Ovviamente poi, si deve riprendere il caffè, richiudere il barattolo ermetico e subito riporlo in freezer.”

Così, continua Andrej Godina: “Il prodotto sarà più fresco che tenerlo a temperatura ambiente.”

Il barattolo di latta, i sacchetti da 250 grammi, le capsule, tutti metodi che si conoscono in casa, ma sulle etichette, quali sono le informazioni sulla qualità? Ci sono indicate le varietà e le percentuali?

La repubblica della ciofeca era il titolo dell’inchiesta andata in onda su Report di Rai3 nel dicembre del 2024

Se è 100% Arabica compaiono, ma il dato diventa misterioso quando si tratta di Robusta. più è alta l’intensità, più si può intuire una maggiore presenza di Robusta.

Ma non è sempre questo è il caso, quando si indica il contenuto di Arabica.
Godina: “L’intensità è data dal tenore di amaro, dovuto a sua volta dal grado di tostatura. Un livello più alto indica una tostatura più scura, se si parla di un 100% Arabica.”

E la provenienza? Si avvisa “Al fine di tenere la perfetta costanza del gusto, l’origine geografica del caffè può variare a seconda delle caratteristiche annuali del raccolto.” Ma quindi, da dove proviene?

Non si sa molto, il consumatore resta al buio.

Fabio Verona: “Nel gusto poi viene fuori”.

Sul tavolo in mostra dal pacchetto da 250 grami acquistato ad un euro e 55 centesimi fino alla confezione da 7 euro. Con queste si procede con l’analisi olfattiva, partendo da quelli più economici (Andrej Godina fiuta già la verdura marcia, la muffa, funghi, sottobosco), passando poi a quello a 4 euro e 50, dove compare un aroma da biscotto, uva passa.

Pane tostato, caramello scuro, miele di castagno, torta al cioccolato, tutte caratteristiche sprigionate da un barattolo sottovuoto ben riconoscibile.

“Generalmente i produttori artigianali comprano microlotti prodotti in piccole quantità e quindi più tracciabili. Cosa che non succede nei caffè in bustina”.

Nel macinato ci può essere qualsiasi cosa, Fabio Verona: “Non c’è nessun vincolo dal punto di vista legislativo che obblighi a dichiarare le percentuali di Arabica/ Robusta, le percentuali di caffeina…”.

Il 5% di residui di impurità vegetali sono tollerati nel macinato.

Report poi vira sulla moka: l’altro esperto che entra nelle case degli italiani attraverso Report è Simone Previati, tecnico installatore di macchine del caffè

E qui noto anche come uno degli ideatori, insieme a Stefano Cevenini, dell’evoluta Pump My Moka.

Sotto o sopra la valvola? Per la sicurezza, bisogna non superare il limite proprio della valvola, per evitare che si intasi e diventi pericolosa. La moka non deve esplodere. Un occhio anche al macinato, che non deve essere troppo sottile sempre per non incorrere allo sviluppo di pressioni elevate.

No al sovradosaggio (e quindi, no alla leggendaria montagnetta, tanto meno al pressare sul filtro). Togliere subito dal fuoco, senza attendere il borbottio. La parte finale è solo acqua sporca, che rovina tutto il resto.

Acciaio, materiale prediletto per evitare residui come con quelle in alluminio. Nelle prove, trovati 0,345 milligrammi/litro, una dose non preoccupante per la salute, ha però precisato Ranucci.

Acqua del rubinetto? Neppure questo è consigliabile…

E poi la pulizia: Sigfrido Ranucci indica panno umido con aceto puro per eliminare i grassi, gli oli, i residui di caffè.

E infine un’ombra.

Report condivide la denuncia fatta in modo anonimo da un dipendente di un’industria. L’anonimo fornisce alcune foto e filmati che hanno mostrato come verrebbe il presunto riciclaggio del macinato contenuto nelle capsule e nei pacchi scartati dal processo produttivo.

Report sostiene di avere contattato la direzione della torrefazione, con cui è avvenuto un breve scambio di email. La trasmissione di Rai3 sostiene di non aver ottenuto una replica risolutiva. Coinvolto anche il sindacato, che si è dichiarato all’oscuro di questa faccenda.

Bernardo Iovene Report Rai 3
Il giornalista del programma Report di Rai3 Bernardo Iovene 

Qui è possibile rivedere la puntata.

Todomodo, Firenze, specialty e letteratura vivono nello stesso locale: un buon libro con V60

MILANO – Caffetteria specialty, enoteca naturale, libreria: in via dei Fossi 15 a Firenze, c’è uno spazio che racchiude tutte queste attività e si chiama Todomodo. Qui le persone della zona possono entrare per leggersi un libro e bere qualcosa di buono in totale relax, un po’ l’antitesi del classico bar italiano che prevede una consumazione veloce. La trasformazione in caffetteria specialty avvenuta di recente, pareva un’evoluzione naturale per un locale che sin dall’inizio ha impostato l’offerta sulla ricerca di qualità e materia prima.

Pietro Torrigiani ha affidato la preparazione del caffè ad Andrea Batacchi, che ha iniziato a lavorare come responsabile da Todomodo da aprile 2024, ovvero da quando la libreria ha deciso di passare dalla commodity allo specialty.

Un cambio avvenuto in occasione di Taste a Firenze, quando Todomodo ha collaborato con Forno Brisa: dopo il confronto con un’altra professionista ben nota, Jessica Sartiani, arriva la decisione di investire sullo specialty, in linea con il resto dell’offerta dell’enoteca naturale e del concetto di slow life e il consumo di bevande con calma. Prima un cliente della libreria, ha sempre pensato: perché non inseriscono anche il caffè?

E alla fine è accaduto.

Racconta un aneddoto Batacchi: “Ho iniziato a lavorare nel settore nel 2021 da Ditta Artigianale, prima come barista e poi come manager di uno dei punti vendita e dopo un breve parentesi da D612, ho saputo di questa nuova opportunità: conoscendo già Pietro e Maddalena di persona, in quanto cliente innanzitutto abituale di Todomodo, mi sono proposto per accompagnarli in questa transizione verso lo specialty.”

Todomodo ha condiviso il progetto di riqualificazione sulla caffetteria con Forno Brisa.

“In espresso abbiamo scelto una singola origine, un Brasile naturale. Inizialmente avremmo potuto optare per un blend Brasile-Perù, ma dopo diversi assaggi siamo stati convinti dalla monorigine. Anche dal punto di vista della comunicazione, pensavamo che uno specialty single origin si sarebbe prestato meglio allo story telling di concetti come terroir, processi di lavorazione, tracciabilità.

Per quanto riguarda il prezzo dell’espresso, per ora siamo rimasti al costo del caffè precedente, quindi un euro e 20 al banco, in modo da non scombussolare troppo i clienti abituali. Poi bisogna considerare che da Todomodo la consumazione al banco rappresenta appena il 10% degli ordini, così spesso lo scontrino per l’espresso è di due euro al tavolo: da noi si parla di consumo disteso, lento. Dall’altra parte, per far quadrare i conti, abbiamo aumentato il macchiato anche al banco e il cappuccino. Tutti ci aspettavamo qualche reazione seccata per l’aumento, ma non c’è stata. Al contrario di ciò che è successo al palato: la differenza in tazza infatti è stata percepita da tutti.

Questo perché effettivamente abbiamo attuato una piccola rivoluzione, passando dall’estrazione in cialda a La Marzocco Strada. Anche lo spazio è stato ripensato per adattarsi alla nuova attrezzatura – usiamo come macinacaffè un Anfim Luna, on demand cronometrico – e così anche il menù. Abbiamo allargato il bancone, posizionando la macchina immediatamente visibile.

Abbiamo comunque mantenuto un giusto equilibrio tra i diversi spazi: la libreria già al suo interno comprendeva una parte dedicata alla caffetteria, all’enoteca al bistrò, quindi c’è stato un piccolo allargamento ma niente che abbia stravolto l’identità del locale. “

La gente entra da Todomodo per bersi un caffè o comprare un libro?

Dentro Todomodo (foto concessa)

“Entrambe le cose. Lavorando da un po’ a Firenze ho alcuni clienti affezionati che vengono per essere serviti da me. Poi ci sono altri clienti che hanno intensificato la frequenza rispetto a prima, perché sanno che si beve buon caffè. Inoltre non sono in pochi a conoscere già lo specialty perché a Firenze i posti non mancano.

Questo però non significa che non ci sia ancora un buon margine per spingere sullo specialty anche in questa città: non siamo ancora arrivati al punto di saturazione. Probabilmente c’è bisogno piuttosto di promuovere una maggiore differenziazione all’interno di questa nicchia per offrire spazi diversi al consumatore: Ditta Artigianale lo sta già facendo con l’ultima apertura al mercato centrale, che risulta insolita rispetto agli altri store e si rivolge più il cittadino fiorentino che al turista.

Dobbiamo pensare ai clienti che vengono tutti i giorni, che quindi abitano nei dintorni e non principalmente agli stranieri di passaggio.

E così la comunicazione diretta con il consumatore finale si deve targetizzare: è bello avere un locale dove poter fare brunch ed è bello avere un punto di riferimento in uno “specialty di quartiere” come Coffee Mantra, ma serviva anche uno spazio come Todomodo, cioè un luogo in cui ritirarsi dal caos cittadino e bere un buon V60 leggendo un libro. A Firenze non c’era prima.

Il traguardo, merito della gestione dietro Todomodo, è quello di aver coinvolto innanzitutto i clienti locali. Il pregio di questo posto è che ogni persona che compone il team è un appassionato della propria materia, che poi riesce a trasmettere a sua volta.”

E lei è il solo che si occupa delle estrazioni alternative?

“Per ora sono soltanto io e al momento funziona bene così. Dopo l’estate tenteremo anche di allargarci con la formazione di nuove risorse che mi possano affiancare. Questa estate ci siamo concentrati sul cold brew e durante l’inverno ci adatteremo per fare in modo che anche i filtri escano con il volume delle richieste.”

Il caffè per il filtro da Todomodo è lo stesso usato in espresso?

La proposta da Todomodo (foto concessa)

“Per quanto riguarda il filtro proponiamo una rotazione mensile di roastery europee e non italiane, volute proprio per distinguersi da altre offerte in zona: fin qui abbiamo scelto Friedhats (Amsterdam) A matter of concrete (Rotterdam) e KB (Parigi). Per il cold brew attualmente usiamo un Laurina, naturalmente con un basso contenuto di caffeina.

La proposta food sul menù cambia tutti i giorni, dipende dall’estro della nostre chef e dagli ingredienti disponibili sul momento. Ci sono ovviamente dei piatti che vengono riproposti, e un giorno magari useremo anche lo specialty nelle ricette.

Si apre alle nove, e la colazione si può fare con le brioche e l’espresso. Si finisce alle 19.30 e si può ordinare il caffè fino a un quarto d’ora prima dalla chiusura. Per i filtri invece nessun limite di orario, anche se è difficile proporre dei drink a base caffè per il momento, perché non si comprendono tanto e si teme l’effetto della caffeina. Il vino spinge di più in quella fascia oraria.”

Andrea Illy a Bloomberg: “Investire in resilienza per uscire dalla crisi”

MILANO – La difficile congiuntura di mercato e le conseguenze della speculazione, ma anche la necessità di investire nella sostenibilità e nella resilienza della supply chain, sono alcuni dei temi toccati da Andrea Illy – presidente di illycaffè – in un’intervista con la giornalista di Bloomberg Francine Lacqua, di cui riportiamo di seguito i passaggi salienti.

Siamo ai massimi storici – esordisce Illy – e tutto per colpa della speculazione. Il 70% delle operazioni nelle borse è riconducibile a investitori che non hanno nulla a che vedere con il caffè e che compiono i loro acquisti a soli fini speculativi.

Cosa ha scatenato questa speculazione?

Innanzitutto gli eventi meteorologici: la siccità dell’anno scorso, dapprima in Vietnam e successivamente in Brasile, che potrebbero causare un lieve deficit produttivo.

A questo proposito, i trader sono divisi sulle previsioni: alcuni dicono che non ci sarà alcun deficit; altri che esso sarà minimo; altri ancora sostengono che siamo in presenza di un deficit strutturale, pari cumulativamente a un quarto circa della produzione mondiale, spalmato su 5-6 anni.

Un quadro molto confuso, dunque, reso ancora più complicato dalle politiche dei governi, a cominciare dalla legislazione contro la deforestazione introdotta in UE, la cui entrata in applicazione è stata rinviata in extremis.

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DVG DE VECCHI partecipa al World of Coffee di Dubai, 10-12 febbraio

CORNATE D’ADDA (Monza) – Dopo il successo al SIGEP di Rimini, DVG DE VECCHI continua il suo cammino verso l’internazionalizzazione. Il 2025 si arricchisce di un nuovo, fondamentale appuntamento con la partecipazione al World of Coffee di Dubai, che si terrà dal 10 al 12 febbraio. L’azienda sarà presente con il suo stand D2 nella Hall Z5, pronta ad accogliere clienti e partner per presentare le ultime innovazioni e consolidare le proprie relazioni strategiche.

60 anni di innovazione e affidabilità

Fondata nel 1965 come officina meccanica specializzata nella produzione di componenti core per macchine da caffè professionali, DVG DE VECCHI ha saputo evolversi nel tempo, diventando un punto di riferimento per lo sviluppo di nuovi componenti e la fornitura di ricambi. Il 2025 segna un traguardo importante: i 60 anni di attività.

Parte dell’offerta DVG DE VECCHI (immagine concessa)

In sei decenni di crescita, DVG DE VECCHI ha mantenuto fermamente al centro della sua missione alcuni valori fondamentali: innovazione continua, affidabilità verso i clienti, qualità dei prodotti e la capacità di sviluppare e poi produrre soluzioni custom per soddisfare le esigenze specifiche del mercato.

Un catalogo completo e assistenza dedicata

DVG DE VECCHI offre un ampio catalogo online (www.dvg.coffee) che comprende componenti originali e compatibili, con un servizio di assistenza clienti attivo e pronto a supportare le necessità tecniche più varie, suggerendo i componenti più adatti per ogni applicazione.

Questi fattori consolidano il ruolo dell’azienda come partner strategico e affidabile non solo per i principali produttori di macchine da caffè professionali, ma anche per l’intero settore dell’assistenza e della fornitura di ricambi.

Un appuntamento imperdibile a Dubai

Con la sua partecipazione al World of Coffee di Dubai, DVG DE VECCHI sottolinea il suo impegno a essere sempre un passo avanti, anticipando le tendenze del mercato e rimanendo protagonista nell’evoluzione del settore. L’appuntamento è fissato per tutti i partner e clienti presso lo stand D2, Hall Z5, per un’opportunità di incontro, confronto e crescita comune.

Elisabetta Moro antropologa: “A Napoli il rito del caffè supera il tempo e lo spazio”

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Elisabetta Moro, vicentina di nascita e napoletana d’adozione, è professoressa di Antropologia culturale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa ed una delle massime esperte al mondo della materia. Spiega su Repubblica perché, al netto delle polemiche sulla qualità, il caffè a Napoli è qualcosa di diverso. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Cookist.

Il rito del caffè a Napoli

Il caffè, oggi bevanda simbolo di socialità e creatività, ha radici profonde nella storia e nella cultura italiana, arrivando a diventare un vero e proprio rito nella città di Napoli. Questo legame speciale con la bevanda è testimoniato dalla professoressa Elisabetta Moro, antropologa e scrittrice, che su Repubblica afferma: “Il caffè è un rito che a Napoli supera il tempo e lo spazio, unisce classi sociali e rappresenta un momento sacro della quotidianità”.

Al netto delle polemiche suscitate da Report vediamo insieme di cosa parla la docente dell’Università Suor Orsola Benincasa.

A Napoli, il caffè non è semplicemente una bevanda: è un simbolo di identità culturale. Arrivato nel porto partenopeo nel XVIII secolo, si è rapidamente diffuso grazie alla sua capacità di riunire persone di ogni ceto sociale. Nei palazzi nobiliari, si imparava dai trattati di cucina, come “Il Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado, l’arte di tostare i chicchi per mantenere un aroma dolce e avvolgente, ancora oggi distintivo del caffè napoletano.

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Antonio De Martino, Chalet Ciro di Napoli, su REPORT: “Le conclusioni non combaciano con la realtà”

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L’inchiesta del caffè di REPORT è tornata su Rai 3 domenica 9 febbraio. Antonio De Martino, Chalet Ciro di Napoli, ha affermato in un’anticipazione che non si devono togliere meriti alla città e che la realtà del bar è ben più complessa di quello che sembra. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del quotidiano Il Mattino.

Antonio De Martino dello Chalet Ciro di Napoli su REPORT

NAPOLI – Dopo l’inchiesta del caffè portata avanti da REPORT su Rai 3 nel mese di dicembre la trasmissione ha deciso di tornare in città per raccontare la versione di Antonio De Martino, titolare dello Chalet Ciro.

Il servizio originale, andato in onda il 15 dicembre 2024, raccontava come il caffè, di cui gli italiani si vantano essere grandi esperti, in molte città d’Italia venga trattato, secondo il filmato, con superficialità. Seconda merce più venduta al mondo dopo il petrolio, girando nei bar da Napoli a Trieste, secondo il servizio di Report si sarebbe registrata una mancanza, quasi totale, di sensibilità verso il trattamento del caffè e della cura nella realizzazione della tazzina.

Questa domenica su REPORT è tornato a Napoli per sentire, questa volta, la versione di Antonio De Martino, titolare dell’eccellenza napoletana “Chalet Ciro”. Sui profili social del programma d’inchiesta, è stata pubblicata una anticipazione del servizio. “Le conclusioni non combaciano con la realtà di un bar che lavora con il caffè. Io sono sconcertato” ha detto.

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Gruppo Armani apre il primo café in Cina a Pechino

PECHINO – Il Gruppo Armani annuncia l’apertura del primo ristorante in Cina: l’Armani/Caffè all’interno del China World Shopping Mall a Pechino. L’iniziativa testimonia il legame di Giorgio Armani con la città e con la Cina, alla cui cultura e alle cui atmosfere si ispira da sempre, offrendo ai clienti la possibilità di immergersi nel suo mondo lifestyle.

Disegnato dallo stilista con il suo team di architetti, l’Armani/Caffè ha il suo ingresso principale al terzo piano del grande department store, ma vi si può accedere anche con ascensore interno direttamente dalla boutique Giorgio Armani situata ai piani sottostanti.

Il nuovo Armani/Caffè a Pechino

Il ristorante, che si estende su una superficie di 350 mq, può ospitare fino a 110 persone nelle due sale interne e 40 sull’ampia terrazza esterna. L’architettura del locale presenta un design contemporaneo dall’allure retrò, con elementi di arredo dalle linee morbide e carte da parati blu chiaro e oro rese speciali dall’iconico motivo di palme.

L’elegante ingresso è siglato dal desk lineare ispirato alla consolle VENUS, cui fa eco il bancone dell’area bar, e introduce alle due aree destinate al dining: una sala più raccolta e una di più ampio respiro, cui si arriva attraversano un corridoio con wine cellar a vista.

Il pavimento a grandi lastre in seminato con contorni in metallo champagne e le grandi pareti in specchio bronzato e metallo dorato rievocano eleganti atmosfere anni ‘30 e ‘40. Punteggiano lo spazio lampade e arredi della collezione Armani/Casa.

La luce naturale, delicatamente schermata, inonda gli ambienti attraverso le finestre che si affacciano sulla terrazza esterna.

La cucina offerta è italiana con influenze internazionali: semplicità e leggerezza per dar vita ad un gusto sofisticato e unico.

La ricerca delle materie prime di altissima qualità, l’accuratezza della preparazione, la presentazione elegante ed essenziale dei piatti riflettono il piacere della tavola secondo Giorgio Armani, e sono gli elementi che identificano e accomunano tutti i ristoranti Armani nel mondo.

Iginio Massari Alta Pasticceria presenta Maritz, il primo store dedicato ai maritozzi a Milano

MILANO – Nasce Maritz, la prima maritozzeria interamente dedicata all’iconico maritozzo firmato Iginio Massari Alta Pasticceria. Localizzata a Milano, al civico 40 di corso di Porta Ticinese, Maritz rappresenta una nuova frontiera per la pasticceria italiana, reinterpretando in chiave contemporanea un classico della tradizione.

Maritz, lo store dedicato ai maritozzi di Iginio Massari Alta Pasticceria

“Il nostro maritozzo è un dolce che unisce innovazione e tradizione, ma la sua vera forza sta nella capacità di essere reinterpretato in infiniti modi – spiega il maestro Iginio Massari -. Con Maritz vogliamo celebrare la creatività, offrendo un prodotto unico e riconoscibile, che si adatta perfettamente allo stile di vita contemporaneo. Nel 2018 abbiamo avuto l’idea di rivisitare il classico maritozzo nella forma e nel gusto aggiungendo un cuore di crema pasticciera. Fin da subito il maritozzo rivisitato ha riscosso grande successo nelle nostre pasticcerie, con Maritz vogliamo celebrare questo nostro iconico prodotto.”

Maritz offre maritozzi in tutte le varianti di gusto già presenti nell’offerta di Iginio Massari Alta Pasticceria (crema pasticcera, cioccolato, nocciola, zabaione, pistacchio) e proporrà edizioni limitate in occasione di festività come San Valentino, festa della mamma, festa del papà e Halloween. “Il nostro obiettivo è rendere il maritozzo un protagonista universale, capace di conquistare tutti, dai palati più raffinati ai giovani in cerca di novità – sottolinea Debora Massari. Dal 2018 abbiamo lavorato incessantemente sulla versatilità del maritozzo, mantenendo sempre il nostro standard di eccellenza. Con Maritz inizia una nuova avventura all’insegna dell’innovazione di prodotto”.

“La scelta di partire da Milano non è certo casuale. E’ una città crocevia di culture e stili di vita, palcoscenico ideale per sperimentare e lanciare nuove tendenze – evidenzia Nicola Massari, L’offerta di Maritz è perfetta per ogni momento della giornata ed è pensata per un pubblico eterogeneo di tutte le età, con il chiaro intento di promuovere la cultura del maritozzo e offrire un’esperienza speciale da vivere e condividere”.

Maritz

Corso di Porta Ticinese 40, Milano Aperto tutti i giorni

Lunedì – venerdì 10.00 – 20.30

Sabato 10.00 – 21.00

Domenica 10.30 – 21.00

Per maggiori informazioni basta cliccare qui.