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martedì 22 Aprile 2025
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Dersut Caffè ospita le assemblee annuali del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie

CONEGLIANO (Treviso) – Grande partecipazione venerdì 21 alle assemblee annuali del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie ospitate nella nuova sede Dersut Caffè a Conegliano. Le assemblee hanno affrontato diversi temi, tra cui il rinnovo delle cariche elettive e l’approvazione dei bilanci, oltre a questioni fondamentali per la filiera del caffè quali l’andamento del mercato, le normative di riferimento, le nuove tendenze di consumo e le strategie per valorizzare il caffè italiano.

Le assemblee annuali del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie da Dersut Caffè

In particolare, il tema dell’EUDR è stato centro di spunti e riflessioni dell’evento tenutosi a Conegliano.

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La sede di Dersut Caffè (Copyright Giuseppe Dall’Arche)

L’incontro ospitato nella nuova sede Dersut Caffè ha visto la partecipazione di numerosi professionisti del settore.

Ciò ha confermato l’importanza della collaborazione tra torrefattori, operatori del comparto caffè in generale e professionisti del settore legale per promuovere la qualità e l’eccellenza del caffè Made in Italy.

Palermo, al Museo del caffè Morettino la presentazione del libro di Nicola Mulè “La mia metà del chicco”

PALERMO – La fabbrica museale del caffè Morettino di Palermo apre le porte alla letteratura. Si è svolta la presentazione del libro dello scrittore siciliano Nicola Mulè “La mia metà del chicco”, che ha visto la partecipazione di decine di amanti della lettura e coffee lover.

La musa nera del caffè, ispiratrice di generazioni di scrittori, ha accolto i visitatori affascinandoli con un racconto intimo, in cui il caffè fa da fil rouge in una storia di legami famigliari spezzati. A presentare il libro l’autore Nicola Mulè e il padrone di casa, Arturo Morettino.

Il Museo del caffè Morettino apre le porte alla letteratura

Cuore della torrefazione palermitana, il Museo del caffè è un luogo unico al mondo, che raccoglie oltre mille strumenti per la lavorazione del caffè, ospita da sempre presentazioni di libri e attività culturali aperte alla città, con lo scopo di diffondere la cultura autentica del caffè in tutte le sue forme.

La presentazione del libro di Nicola Mulè di venerdì 21 è stata l’occasione per analizzare il lato più intimo del caffè, fatto di gesti e ricordi di famiglia.

La mia metà del chicco” narra la storia di Nicola, che per anni ha cercato di proteggersi dal dolore causato dalla prematura scomparsa della madre, allontanando il suo ricordo.

L’inaspettato ritrovamento di alcuni chicchi di caffè nei luoghi più impensati della casa di famiglia dà, però, avvio a un viaggio nei ricordi della sua vita, dall’infanzia fino alle soglie della maturità, per mezzo di un racconto corale delle tradizioni e dei valori che guidano la sua famiglia. Un viaggio che lo conduce a elaborare finalmente il lutto.

Il senso di colpa e di abbandono lasceranno così spazio a un ritrovato amore per se stesso e a una felicità che riteneva essere ormai perduta per sempre. “La mia metà del chicco è un caleidoscopio della vita, in cui i suoi elementi si compongono dando luogo ai diversi accadimenti. I chicchi di caffè diventano segni che nell’assenza e nel vuoto indicano una presenza, una compagnia invisibile. Una presenza che ci fa togliere la corazza per diventare anche noi semi di nuove vite che generiamo”.

Riguardo l’autore

Nicola Mulè è nato e cresciuto a Marsala, ha studiato a Urbino e lavorato tra Catania, Palermo e Riccione. Attualmente vive e scrive tra Marsala e l’isola di Favignana. Avvocato pentito, appassionato di arti marziali, sport da combattimento e filosofie orientali, oggi dirige felicemente alberghi, studia Economia del Turismo all’Università di Palermo e fa il papà di Rachele. “La mia metà del chicco” è il suo primo romanzo.

L’Istituto espresso italiano online con il ciclo Iei Connect: Webinar

BRESCIA – Dopo il successo di partecipazione di Iei Connect 2024, svoltosi lo scorso 26 novembre a Milano, l’Istituto espresso italiano (Iei) ha deciso di estendere online i temi trattati nell’occasione dando vita a “Iei Connect: Webinar”. Si tratta di un ciclo di quattro appuntamenti nei quali saranno affrontati temi vari legati all’espresso italiano e raccontati da alcuni relatori d’eccezione. La partecipazione sarà gratuita, previa registrazione, e usufruibile da piattaforma Zoom.

Il primo appuntamento è stato il 9 gennaio 2025 alle ore 15 con “Caffè, cultura e consumi in Italia: un’analisi psicografica tra baristi e consumatori” a cura del professor Furio Camillo, dell’Università di Bologna, che proprio per conto di Iei ha curato una ricerca di mercato inedita, realizzata da Sylla con l’obiettivo di analizzare i bisogni del barista e quelli del consumatore.

Un tema molto attuale di cui il professor Camillo è stato sollecitato dalle domande del Presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto espresso italiano (Iei), il professor Luigi Odello.

Il ciclo dei webinar è proseguito poi il 17 gennaio alle ore 15 con l’incontro dal titolo “Stato dell’arte e prospettive future per la generazione di valore lungo la filiera del caffè”. Anche in questo caso il prof. Luigi Odello ha animato il dialogo con le professoresse Francesca Venturi e Isabella Taglieri dell’Università di Pisa, le quali in occasione di IEI Connect 2024 hanno presentato una ricerca che pone in evidenza come l’analisi strumentale possa consentire di aumentare la marginalità del caffè e quindi ottimizzare il prezzo del prodotto.

Il 29 gennaio alle ore 15 è stata invece la volta di Kaori Ito, direttrice di Carpigiani Gelato University, con la best practice su come progettare e promuovere la formazione B2B a livello internazionale, dalla fase dell’individuazione dei partner da coinvolgere fino all’erogazione dei contenuti, che sempre con il professor Odello ha parlato de “L’evoluzione della formazione nel segmento del gelato artigianale”.

Ultimo appuntamento in programma è quello del 26 febbraio alle ore 15 sulle “Nuove frontiere legali: tecnologia 5.0 al servizio del recupero dei crediti commerciali” con l’avvocato Gianluca Massimei, CEO di NextLegal ed Equity Partner di Advant Nctm, dedicato al delicatissimo tema di recupero dei crediti, un’attività che ha assunto una rilevanza sempre maggiore per molte aziende del settore. Il suo interlocutore sarà in questo caso il direttore di Iei, il professor Gian Paolo Braceschi.

La partecipazione ai webinar è gratuita ed è possibile effettuarla qui

Per chi desiderasse conoscere i protagonisti dei webinar Iei ha realizzato una serie di brevi video-interviste che è possibile guardare su YouTube qui.

La scheda sintetica dell’Istituto espresso italiano

L’Istituto espresso italiano (Iei), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro. Per maggiori info basta cliccare qui.

Iginio Massari presenta le nuove specialità per la Giornata delle donna

MILANO – In occasione della Giornata internazionale della donna, Iginio Massari Alta Pasticceria presenta due specialità in edizione limitata, pensate per omaggiare la femminilità con eleganza e raffinatezza. Si tratta di creazioni destinate a regalare un’esperienza sensoriale unica che unisce gusto, innovazione e tradizione attraverso il linguaggio universale dell’alta pasticceria.

Iginio Massari Alta Pasticceria per la Giornata della donna

Le praline 8 Marzo si vestono di nuova luce con un abbinamento sofisticato di sapori: cioccolato bianco con ganache al limoncello, per un tocco agrumato e avvolgente, cioccolato bianco con ganache al frutto della passione, per un gusto esotico e raffinato. Disponibili in confezioni da 9 e 16 pezzi, in edizione limitata, le speciali praline saranno acquistabili fino a esaurimento su iginiomassari.it e nei prossimi giorni direttamente nelle Pasticcerie e nei pop-up store Iginio Massari Alta Pasticceria.

A completare l’offerta per la Giornata internazionale della donna, le gelatine 8 Marzo presentano un bouquet di gelée ispirate ai fiori simbolo di questa celebrazione: Mimosa, con il suo profumo delicato e inconfondibile, Violetta, dal gusto intenso e floreale, Rosa, per una dolcezza raffinata e avvolgente.

Anche le gelatine 8 Marzo saranno disponibili in confezioni da 9 e 16 pezzi, acquistabili fino ad esaurimento su iginiomassari.it e nei prossimi giorni direttamente nelle pasticcerie e nei pop-up Store Iginio Massari Alta Pasticceria.

Guido Gobino conquista il premio Tavoletta d’oro con Tourinot Maximo +39

TORINO – Il Tourinot Maximo +39 di Guido Gobino è stato premiato come miglior Gianduja dell’anno alla 23ª edizione del Premio Tavoletta d’Oro, il più prestigioso riconoscimento italiano dedicato al cioccolato di qualità assegnato dalla Compagnia del Cioccolato. “Essere nuovamente tra i vincitori dell’edizione 2025 rappresenta per noi un grande onore, ma soprattutto una conferma dell’unicità della tradizione cioccolatiera torinese” commenta Guido Gobino.

Il Tourinot Maximo +39 esprime al meglio l’unione tra artigianalità e materie prime d’eccellenza: realizzato con una selezione di Nocciole Piemonte IGP e Cacao aromatici, è privo di latte e viene temperato a mano per esaltare la sua inconfondibile consistenza vellutata e il gusto intenso e persistente della Nocciola Tonda Gentile Trilobata delle Langhe IGP.

Oltre a questo prestigioso premio, Guido Gobino ha ricevuto diverse menzioni tra i Cioccolati d’Eccellenza tra cui:

• Crema Cacao

• Cioccolato aromatizzato Albicocca e Rosmarino

• Cioccolato al Latte ripieno di Nocciola e Caffè

• Ganache alla Nocciola

• Tourinot Maximo

• Fondente monorigine Guatemala 83%

Un riconoscimento che conferma l’impegno di Guido Gobino nella ricerca della qualità e nell’innovazione del cioccolato artigianale.

Le Botteghe di Torino

  • Via Cagliari 15/b
  • Via Lagrange 1/A
  • Corso Vittorio Emanuele II 72

Le Botteghe di Milano

  • Corso Giuseppe Garibaldi 35
  • Corso Magenta 36

La scheda sintetica della Cioccolateria artigiana Guido Gobino

La Cioccolateria artigiana Guido Gobino si caratterizza dalla costante aspirazione e tendenza alla realizzazione di un cioccolato di eccellenza, prodotto nel rispetto della tradizione torinese con uno sguardo rivolto al futuro.

Una storia lunga sessant’anni e contraddistinta da un’attenta selezione delle materie prime, da una lavorazione all’avanguardia, da una sperimentazione ininterrotta con il fine di raggiungere una qualità assoluta.

Un cioccolato che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è distribuito in 52 Paesi, dal Giappone agli Emirati Arabi Uniti, dagli USA alla Francia, dalla Cina all’Australia. Dal 2021 Guido Gobino è affiancato dal figlio Pietro che ha portato un nuovo spirito innovativo e, oltre a rimarcare la sensibilità verso le tematiche ambientali, ha contribuito alla pubblicazione del primo Bilancio di Sostenibilità.

Nel 2020, in occasione del 25° anniversario del Tourinot, viene presentato “5 grammi di felicità”, libro scritto da Giuseppe Culicchia ed edito da Slow Food Editore che racconta la storia del celebre Tourinot, il Giandujotto di Torino. Nel gennaio 2019 l’azienda sigla un accordo di licenza pluriennale con Armani/Dolci per la produzione e la distribuzione in tutto il mondo della linea Armani/Dolci by Guido Gobino. guidogobino.com

Torino celebra l’arte dolciaria in occasione di CioccolaTò 2025, 27/02-02/03

TORINO – Una vecchia e diffusissima leggenda vuole che la prima tazza di cioccolata calda della storia d’Italia sia quella offerta ai torinesi dal duca Testa di Ferro, quell’Emanuele Filiberto di Savoia che nel 1563 volle trasferire la capitale del Ducato da Chambery a Torino.

Non esiste, in realtà, alcuna evidenza storica che questo fatto sia effettivamente accaduto. Eppure, è significativo che al cioccolato venga assegnato un ruolo così centrale nella mitologia di quella che, di lì a tre secoli, sarebbe diventata la Casa Reale italiana. Insieme al rango di capitale, alla lingua italiana introdotta al posto del latino e, qualche anno dopo, alla Sindone, non poteva mancare il cioccolato, tra gli apporti attribuiti al capostipite dei duchi sabaudi e torinesi.

Come lo champagne di un brindisi nunziale, la cioccolata ha sugellato un momento storico fondamentale. Poco importa, che sia storia o leggenda: quel che conta è l’inestricabile intreccio tra la cultura del cioccolato e la città, tanto profondo e radicato da leggersi in diversi aspetti della lingua, del folklore, della storia del Piemonte e di tutta Italia.

Ecco alcune tappe di questo lungo percorso, ancora tutto da scrivere nel segno dell’innovazione dell’arte dolciaria torinese, che verrà raccontata in occasione di CioccolaTò 2025, in Piazza Vittorio Veneto, dal 27 febbraio al 2 marzo prossimi.

Giò Antonio Ari: il primo cicôlatè

Risale al 1678, la prima licenza per la vendita del cioccolato mai accordata: è quella concessa dalla Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours a Giò Antonio Ari, il primo Maestro Cioccolatiere a essere legalmente riconosciuto come venditore al pubblico di cioccolato e vero iniziatore di questa tradizione a Torino.

Sebbene già diffusissima, a quel punto, in tutte le corti europee, la cioccolata era stata fino a quel punto boicottata da voci che la indicavano come “bevanda malefica”, causa della gotta che aveva colpito Carlo V e Filippo II d’Asburgo (fonte: Di bere in meglio – Manuale per educare al bere – di Roberto Bianchi).

Del resto, ancora oggi, anche se per motivi non correlati, dire a qualcuno, in Piemonte, che ha fatto una figura da cioccolataio, non è proprio un complimento. Questa prima “patente” da cicôlatè, però, fu un importantissimo passo in avanti per la diffusione della cioccolata anche agli altri strati della popolazione e per l’instaurazione, nella capitale sabauda, di quella che sarebbe diventata una delle più pregiate tradizioni cioccolatiere d’Europa.

Il bicerin: la bevanda che conquistò Cavour

Nato nel Settecento nell’omonimo caffè di Piazza della Consolata come evoluzione della settecentesca bevanda bavareisa, allora di gran moda, il bicerin si compone di caffè espresso caldo, cioccolato e crema di latte (… ma le dosi sono segrete!) e viene servito in bicchieri o calici di vetro per poter ammirare i singoli strati: il segreto per assaporarlo al meglio, infatti, è non mescolarlo, lasciando che le varie componenti si fondano tra loro direttamente sul palato, con le loro differenti densità, temperature e sapori.

Il rito originario prevedeva che al bicerin venissero affiancate le stisse, tre bicchierini ognuno con un singolo ingrediente in modo da poterlo “correggere” a piacere, ma dall’Ottocento si preferisce servirlo in un’unica soluzione: il suo gusto avvolgente ha conquistato i torinesi e anche molti personaggi illustri come Camillo Benso Conte di Cavour. Fonte: Il Bicerin | Turismo Torino e Provincia

Se è vero, come sembra, che il ghiotto Primo Ministro del Regno Sabaudo abbia fatto, come si suol dire, “la storia in punta di forchetta”, nella Torino dell’Ottocento, dove il bicerin scorreva a fiumi, si può affermare che l’idea stessa dell’Italia Unita sia nata, nei caffè storici della città, proprio sorseggiando cioccolata.

Napoleone, il Carnevale e la nascita del gianduiotto

No, non è stato Napoleone a inventare il gianduiotto. Facciamo un passo indietro: è il 1806, Torino è stata annessa alla Francia ormai da 4 anni e l’Empereur istituì quello che passò alla storia come Blocco Continentale, ossia il divieto alle navi provenienti dalle colonie britanniche di approdare nei porti appartenenti all’Impero.

Negli anni successivi a Torino, come nel resto dell’Europa napoleonica, diventò sempre più difficile accedere alla materia prima: il cacao. Inammissibile, per una città ormai ghiotta di cioccolata come Torino. Fu così che gli industriosi pasticceri torinesi aggirarono il problema attingendo a un frutto che nel territorio piemontese proprio non mancava: la nocciola tonda gentile delle Langhe, che finì per prendere il posto del cacao nelle preparazioni dei cioccolatieri della città.

Perché, però, a questa invenzione fosse dato il nome di Pasta Gianduja, e alla forma di barchetta rovesciata incartata singolarmente il nome di gianduiotto, occorrerà attendere il 1865, quando, in occasione del Carnevale, fu proprio Gianduja, la maschera della città, a distribuirne ai passanti, legando indissolubilmente il suo nome a quello del cioccolatino più famoso e amato di Torino.

Oggi, a 160 anni da quel Carnevale, il gianduiotto è stato ufficialmente riconosciuto come prodotto IGP, ulteriore garanzia di un prodotto di assoluta eccellenza.

E a proposito di Carnevale: dal 27 febbraio al 2 marzo a Piazza Vittorio torna CioccolaTò.

Il Martedì Grasso, a Torino, quest’anno è preceduto da un fine settimana all’insegna del gusto e dell’eccellenza in una delle piazze più affascinanti della città: è CioccolaTò, la kermesse torinese del cioccolato, che si svolgerà dal 27 febbraio al 2 marzo a Piazza Vittorio Veneto, proprio dove si era svolta, ormai più di vent’anni fa, la prima edizione.

Questo salotto buono in riva al Po, con una vista privilegiata che spazia dalla Mole alla Gran Madre, dal Monte dei Cappuccini a Superga, accoglierà CioccolaTò, ma saranno coinvolte anche altre prestigiose sedi museali e palazzi storici, come le Gallerie d’Italia, il Cinema Massimo (grazie alla collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema), il Circolo dei Lettori, e ulteriori realtà cittadine che ospiteranno eventi, workshop, incontri, dibattiti, guidati da nomi importanti del panorama culturale e dolciario italiano.

CioccolaTò 2025 è un progetto di Camera di commercio di Torino e Città di Torino con il supporto di Regione Piemonte e delle associazioni di categoria, organizzato da Turismo Torino e Provincia.

Cupper presenta i nuovi tè neri per la stagione invernale

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MILANO – Per tutti gli appassionati del tè e per chi desidera gustare autentici sapori tipicamente british, l’azienda Cupper ha ideato la nuova miscela Earl grey agrumi bio e ha impreziosito la miscela dell’English breakfast bio rendendola più intensa.

Earl grey agrumi Bio & Fairtrade

L’Earl grey è un tè con un’anima rock; la sua miscela raffinata e sofisticata l’hanno reso il “re dei tè”, un vero intramontabile della cultura inglese e dei tea- time di tutto il mondo.
La storia della sua nascita è leggendaria; si tramanda infatti che nel XIX secolo Charles Grey, Primo Ministro inglese, ricevuta questa miscela in dono se ne innamorò a tal punto che prese il suo nome.

Cupper, ha reso omaggio alla ricetta classica impreziosendola con un twist di gusto: nella nuova ricetta, la miscela di tè nero e bergamotto è stata arricchita dalla freschezza e vivacità dell’aroma degli agrumi.

20 bustine

Ingredienti: Tè nero*, aroma naturale di arancia 3%, aroma naturale di bergamotto 2%
*Ingredienti da agricoltura biologica.

Distribuzione

Earl grey agrumi in distribuzione presso Amazon e supermercati.

English breakfast bio & Fairtrade

L’origine dell’English breakfast è incerta; quella più rocambolesca ne attribuisce la nascita in America dall’arguzia di un produttore di tè americano che, nel XIX secolo, creò una miscela, a cui diede il nome English Breakfast appunto facendo credere che fosse il tè amato dagli inglesi per la propria colazione.

English breakfast bio & Fairtrade (immagine concessa)

Qualunque sia l’origine, l’English Breakfast è una miscela di preziosi tè neri Ceylon e Assam, che Cupper ha impreziosito con una ricetta BIO ancora più intensa per offrire il piacere di un aroma avvolgente e pieno, come in una tea room inglese.

Tè classico english breakfast Bio

20 bustine

Ingrediente: Tè Nero da agricoltura biologica

Distribuzione

English Breakfast in distribuzione presso Naturasi, Amazon e supermercati.

Ecco la ricetta di Cupper per vivere l’esperienza di un tè delizioso

Innanzitutto bisogna porre la bustina nella tazza da tè, far bollire dell’acqua fredda (100°C) e lasciarla raffreddare per un minuto prima di versare l’acqua nella tazza sulla bustina. Lasciare in infusione per 2-4 minuti e la tazza perfetta è pronta.

Packaging

Confezione in cartone riciclabile Bustine di carta riciclabili
Filtri non sbiancati, con un’etichetta riciclabile e un filo di cotone biologico

Caratteristiche

100% naturale Bio

Certificato Fairtrade

La scheda sintetica di Cupper

Cupper nasce nel 1984 dal desiderio di una coppia inglese di unire il proprio amore per il tè ad un approccio etico nell’approvvigionamento delle materie prime e ad una produzione naturale. Oggi tutti i prodotti Cupper sono certificati Bio.

Fedele alla sua vocazione etica, Cupper è il primo marchio di tè Fairtrade del mondo che, ad oggi, opera a livello internazionale in oltre 50 paesi con 150 referenze.

Con la sua partnership con Fairtrade, che dura da quasi tre decenni, Cupper sostiene oltre
114.000 produttori e le loro famiglie in tutto il mondo. Una scelta fairtrade fatta da Cupper per garantire ai produttori un trattamento economicamente equo e che ha permesso importanti investimenti in infrastrutture per lo sviluppo locale.

Anche le scelte che riguardano il packaging sono all’insegna della sostenibilità, con confezioni riciclabili, e per sigillare le bustine si utilizza materiale completamente plastic-free e OGM-free.

Ecco il caffelatte alla cipolla: il nuovo trend dei social

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I social hanno stabilito il nuovo trend del momento: si tratta del caffelatte alla cipolla, un insolito mix diffuso in Cina, diventato virale grazie alla piattaforma TikTok. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Radio 105 Network.

Il caffelatte alla cipolla

MILAO – Una nuova tendenza in campo culinario sembra destinata a fare breccia nei bar di tutto il mondo: il caffelatte alla cipolla. Questo insolito mix, che ha trovato la sua origine nelle caffetterie cinesi, ha iniziato a guadagnare popolarità grazie ai video virali su TikTok, dove gli utenti mostrano con entusiasmo come preparare questa curiosa bevanda.

La preparazione è semplice, ma piuttosto fuori dagli schemi. Si parte tagliando e pestando un cipollotto fresco per estrarne il succo, che viene poi mescolato con caffè ghiacciato, latte ed espresso. Infine il tutto viene guarnito con altre fette di cipollotto fresco, conferendo alla bevanda una consistenza croccante e un sapore decisamente unico.

Questa moda fa parte di un più ampio fenomeno noto come “cucina oscura”, o “hei an liao li”, un concetto diffuso in Cina che celebra combinazioni alimentari non convenzionali. Tra gli altri esperimenti bizzarri in voga, troviamo il caffelatte alla salsa di soia, il caffè alle ostriche e persino il riso aromatizzato al caffè. Sebbene queste creazioni possano inizialmente sembrare discutibili, spesso sorprendono i palati più curiosi con sapori inaspettati.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Alberto Polojac, Imperator e coordinatore SCA Italy, sugli aumenti: “Non è semplice speculazione finanziaria: è il cambio profondo del settore”

Il mercato del caffè sta attraversando una fase di forte instabilità, con quotazioni che hanno raggiunto livelli record a causa di una combinazione di fattori strutturali e climatici. Alberto Polojac, coordinatore nazionale di SCA Italy e responsabile qualità di Imperator, commenta il fenomeno e le implicazioni per l’intera filiera.

di Alberto Polojac

L’analisi sul prezzo del caffè

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Alberto Polojac

“Non stiamo assistendo a una semplice speculazione finanziaria, ma a un cambiamento profondo nel settore caffeicolo. La crisi climatica sta riducendo la produttività delle principali aree di coltivazione, mentre la domanda globale di caffè continua a crescere, soprattutto nei mercati emergenti come l’Asia e il Medio Oriente” – spiega Alberto Polojac.

Negli ultimi mesi, i prezzi della Robusta hanno sfiorato i 6.000 dollari per tonnellata sulla Borsa di Londra, mentre l’Arabica ha superato i 400 centesimi di dollaro per libbra a New York. Secondo i dati dell’International Coffee Organization (ICO), nel 2023 la produzione globale di caffè è diminuita del 3,1%, attestandosi a 168,5 milioni di sacchi (da 60 kg ciascuno), mentre il consumo è cresciuto del 4,2%, raggiungendo i 170 milioni di sacchi.

Questa dinamica è il risultato di una forte riduzione dell’offerta, dovuta a eventi climatici estremi che hanno colpito Brasile, Vietnam e Colombia, principali paesi produttori.

Il Brasile, primo produttore mondiale di Arabica, ha registrato un calo della resa per ettaro del 5% a causa di ondate di siccità prolungata. Il Vietnam, leader nella produzione di Robusta, ha visto una riduzione della produzione del 7% a causa di piogge torrenziali seguite da periodi di siccità. In Colombia, il raccolto è diminuito del 4%, complicato dall’instabilità climatica legata al fenomeno di El Niño.

Le condizioni meteorologiche avverse stanno mettendo a dura prova i coltivatori, che devono affrontare raccolti ridotti e costi di produzione sempre più alti. Anche se il prezzo del caffè sta aumentando, molti produttori non riescono a trarne reali benefici, perché devono far fronte a spese crescenti per fertilizzanti (+15% su base annua), manodopera (+12%) e logistica (+10%).

A questa situazione si aggiunge l’evoluzione delle preferenze dei consumatori, sempre più orientati verso caffè di qualità e sostenibili. “Il movimento dello specialty coffee ha cambiato la percezione del caffè, trasformandolo da commodity a prodotto artigianale, con un’attenzione crescente all’origine e ai metodi di lavorazione. Nel 2023, il segmento dello specialty coffee ha registrato una crescita del 9% a livello globale, con un incremento significativo nei mercati asiatici” – sottolinea Polojac. “Tuttavia, questa evoluzione deve essere accompagnata da un impegno concreto per garantire una maggiore equità lungo tutta la filiera.”

Imperator, da sempre impegnata nell’importazione di caffè crudo di alta qualità, sottolinea la necessità di un approccio più sostenibile e trasparente. L’azienda reputa che la tracciabilità sia fondamentale per affrontare questa crisi. Strumenti come la blockchain possono garantire maggiore equità ai produttori e offrire ai consumatori informazioni dettagliate sull’origine del caffè che acquistano. Adottare soluzioni digitali per la gestione della filiera consentirebbe di ridurre le inefficienze e aumentare la redistribuzione del valore.

Con il mercato del caffè in rapida trasformazione, le sfide per il futuro saranno sempre più complesse. È necessario un impegno collettivo da parte di produttori, torrefattori e consumatori per garantire che il caffè rimanga un prodotto accessibile, equo e sostenibile per tutti.

Alberto Polojac

Annalisa Cantadori, Presidente di Café El Mundo: “La crescente pressione sui costi richiede obbligatoriamente un adattamento strategico”

MILANO – Entriamo da Café El Mundo accompagnati dall’attuale Presidente Annalisa Cantadori, rappresentante della seconda generazione di un’azienda famigliare, insieme a suo fratello Alessandro e a suo cugino Andrea. Una donna a capitanare una torrefazione italiana, una storia che parla di cambiamenti, di passaggi di testimoni, di genere e, ovviamente, di caffè, tanto caffè.

Cantadori inizia il racconto: “Café El Mundo è stata fondata nel 1967 da mio padre Achille Cantadori e da mio zio Davide Giberti.”

“Tutto è partito dall’idea di mio padre Achille, che faceva l’agente di commercio in un’azienda di Milano e che trattava tra le altre merci, anche il caffè. Vendere era il suo talento, ma era spinto anche da una visione e da un desiderio d’impresa che ha poi tradotto nel progetto della torrefazione, nel quale ha coinvolto il cognato Davide (ossia il marito della sorella di mia mamma).

Oltre a lui sono state coinvolte nell’avventura anche mia mamma, mia zia e mia nonna che ha addirittura messo a disposizione lo spazio per costruire il primo, piccolo capannone di Café El Mundo, proprio nel cortile di casa sua.

Si occupavano di tutto – sorride ricordando Cantadori – Compravano il caffè, lo tostavano, lo confezionavano insieme alla mamma, la zia e la nonna, e infine caricavano tutto in auto. Poi mio padre e mio zio uscivano a consegnare.

Quello era il periodo in cui c’era la possibilità effettiva di organizzare un’azienda da zero; alla base di tutto indubbiamente c’è stata l’intuizione, ma c’è stato anche il sacrificio: i primi anni per loro sono sicuramente stati duri.”

Poi pian piano, l’azienda è cresciuta e si è strutturata, le mogli dei due soci sono uscite dalla compagine aziendale ed è iniziato un lento processo di strutturazione. E’ arrivato un primo addetto alla tostatura, un impiegato amministrativo, poi dei commerciali.

Negli anni Cafè El Mundo continua la sua crescita, grazie anche alle acquisizioni di marchi storici riconosciuti in termini di qualità e ben radicati nel territorio, come Caffè Aba a Parma, Coffea a Brescia e Caffè Frigerio nel Comasco, per citare i più significativi, fino ad arrivare ai giorni attuali.

Nel frattempo, si inserisce in azienda la seconda generazione, rappresentata dai figli dei due soci fondatori: Annalisa e Alessandro Cantadori, figli di Achille e Andrea Giberti, figlio di Davide. Il passaggio generazionale, preparato con cura e gradualità negli anni, diventa definitivo alla morte dei due soci fondatori e li vede oggi alla guida dell’azienda.

Da dove siete partiti e dove siete arrivati ora?

Materia prima di qualità (foto concessa)

“Come dicevo, siamo partiti da quel piccolo magazzino nel cortile di mia nonna, ma la politica di crescita e consolidamento, perseguita negli anni con tenacia prima dai soci fondatori ed ora da noi, che rappresentiamo la seconda generazione dell’azienda, ha portato El Mundo ad essere la realtà che vediamo oggi, strutturata, moderna e sempre fortemente orientata alla qualità.

Attualmente l’azienda ha la sede produttiva, legale ed amministrativa a Marnate, in provincia di Varese e conta una filiale a Parma, una a Brescia e una vicino a Como. Acquisire brand riconosciuti come storici e di qualità sul territorio si è dimostrata una buona strategia per ampliare la quota di mercato e rafforzare la nostra presenza, mantenendo un contatto più diretto e capillare con il cliente grazie al lavoro costante dei nostri ragazzi.

Certo, ora, a sparigliare le carte di un mercato che pareva ormai maturo, dal Covid in poi sono arrivate una serie di condizioni avverse, a partire dall’aumento dei costi dell’energia che ha pesato non poco sulle aziende produttive, o la crisi del canale di Suez con i conseguenti problemi sui trasporti dai paesi d’origine, fino alla recente e crescente preoccupazione per la disponibilità della materia prima, a causa delle stime pessimistiche sui raccolti che, insieme alla speculazione che sempre accompagna i mercati, ha prodotto un continuo ed inesorabile rialzo dei valori di borsa del caffè crudo, fino ai livelli record di questi giorni.

Un quadro complesso e preoccupante che sta creando difficoltà lungo tutta la filiera produttiva, coinvolgendo tutti gli attori, dai fornitori di materia prima ai torrefattori, fino ai baristi ed ai consumatori finali.

Questo scenario di crescente pressione sui costi richiede obbligatoriamente un adattamento strategico, in particolare per quanto riguarda il valore aggiunto. E l’unica via percorribile in un contesto di mercato così sfidante è puntare decisamente sulla qualità.

Mi spiego, solo mantenendo elevati standard qualitativi di prodotto e di servizio possiamo giustificare l’aumento di costo ed offrire ai nostri clienti una esperienza superiore che valga l’investimento e che permetta a loro volta di fidelizzare la clientela finale.”

Il consumatore finale si è accorto finalmente che la qualità ripaga?

Cantadori: “Qualcosa sta iniziando ad accadere, si, ma il problema ha origini lontane.”

La tazzina di Café El Mundo (foto concessa)

“L’abbassamento del livello dei prodotti offerti e la scarsa capacità di percezione della qualità da parte dei consumatori, ormai “appiattiti” ed abituati a quei livelli qualitativi, è in gran parte responsabilità di noi stessi torrefattori italiani.

Questo ambiente chiuso e conservatore, ha opposto per anni resistenza alle nuove tendenze che venivano dall’estero, arroccati sulla ormai superata concezione del “segreto” intorno alle proprie miscele e alla presunzione di essere gli unici veri detentori dell’arte del caffè espresso.

Questo non ha aiutato a far maturare la consapevolezza dei propri clienti nel settore professionale e, di conseguenza, del consumatore finale. Inoltre, non confrontarsi con ciò che sta al di fuori dall’Italia, ci ha impedito di arricchirci.

Per fortuna le nuove generazioni sono “cittadine del mondo”. I nostri ragazzi hanno iniziato ad uscire, sono globalizzati, vanno all’estero e poi tornano a casa, portando con sé con entusiasmo tutto ciò che di buono e nuovo hanno sperimentato. Quando poi li incontri nei bar e nelle caffetterie dietro al bancone, ti accorgi che sono competenti ed hanno esigenze che il torrefattore “vecchio stile” non può più soddisfare.

Siamo in una fase di grande fermento, per chi vuole “crescere” in cultura e qualità ci sono grandi opportunità.

Perciò abbiamo creato un progetto – Moood conscious coffee – che nasce qualche anno fa da una nuova miscela che però non è solo un prodotto in più nella nostra gamma, ma rappresenta un concetto, una filosofia di lavoro e di vita: noi ti raccontiamo le diverse provenienze utilizzate, le sue caratteristiche in tazza, ti spieghiamo il suo profilo di estrazione ideale in espresso ma anche le sue declinazioni per sperimentare altri metodi di estrazione, tu prenditi il tempo per capirla, gustarla ed apprezzarla. Trasparenza assoluta sul prodotto.

Non ha senso mantenere segreti di sorta, per fare un buon prodotto non basta la “lista della spesa”, serve un know-how che nessuno ti potrà mai sottrarre e che farà sempre la differenza: non dobbiamo avere paura di comunicare, di fare divulgazione, di parlare di qualità.

Solo educando alla qualità il nostro cliente ed il consumatore finale, possiamo raggiungere i nostri obiettivi.”

E quali sono?

“Il nostro core business è nel settore professionale. Investiamo molte energie sulla formazione.

L’abbiamo sempre fatto, senza però comunicarlo troppo: ora stiamo imparando a raccontare il nostro lavoro.

Abbiamo un’esperienza di oltre 50 anni: da sempre accompagniamo per mano il nostro cliente nella scelta e nella gestione del prodotto. Ora però abbiamo sentito l’esigenza di strutturare maggiormente la nostra offerta formativa. Ma senza creare una accademia come ce ne sono tante.

Abbiamo preferito creare i PROGRAMS, una gamma molto vasta di moduli formativi, che spaziano a 360 gradi per soddisfare le più ampie esigenze: dalle tecniche di caffetteria o di latte art che non possono mancare, fino alla gestione e l’ottimizzazione dei flussi di lavori, la creazione di menù, il rinnovamento o il posizionamento del brand, la comprensione delle strategie di comunicazione, il sostegno e la rete per trovare risorse e fornitori o partner strategici.

Ma la vera forza dei programs sta nel fatto che sono personalizzati per ciascun cliente, mi piace dire che sono “tagliati sartorialmente”. Questo certo richiede uno sforzo maggiore da parte nostra, ma siamo certi di consegnare ai clienti dei contenuti di grande valore formativo che vanno a soddisfare le sue esigenze.

E questo è possibile anche grazie alla rete di partner e di trainer qualificati che contribuiscono con le loro specifiche competenze e con una visione completa, obiettiva ed indipendente.

Parliamo non solo di caffè, ma soprattutto di cultura, di mentalità, di sinergie.”

Ma Cantadori, lei come è diventata torrefattrice?

“Sono laureata in biologia con una tesi in elettrofisiologia cardiaca. Direi abbastanza distante dal mondo delle torrefazioni e la strada che sognavo sembrava proprio un’altra. Mio fratello Alessandro invece si è laureato in disegno industriale al Politecnico.

Mio padre è stato bravissimo, pur desiderando in cuor suo che uno dei due almeno volesse seguire le sue orme entrando in azienda, non ci ha mai imposto niente e ci ha lasciato seguire le nostre inclinazioni.

Ad un certo punto però mi sono ritrovata a scegliere tra il trasferirmi all’estero per seguire la strada della ricerca o il restare: mio padre in quel periodo voleva creare un laboratorio interno per il controllo qualità e aveva bisogno di qualcuno che lo gestisse…Così sono entrata in Café El Mundo.

In questo modo ho trovato la mia dimensione, in cui non ero solo “figlia di”, ma una professionista con le sue competenze messe a disposizione dell’azienda di famiglia.

Inizialmente ho un po’ faticato a trovare l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale… non è stato facile coniugare le esigenze in azienda con quelle di una famiglia.

Certo poi, erano tempi in cui ancora il mondo della torrefazione era prettamente maschile e anche, potremmo definire, maschilista. E in parte forse lo è ancora (ma le cose per fortuna stanno cambiando e non è più così raro trovare donne che occupano posizioni di rilievo nella filiera del caffè).

Io sono stata fortunata perchè ho avuto la possibilità e il privilegio di crescere le mie figlie senza pregiudicare la mia vita lavorativa, trovando quello che ad oggi mi sembra un ottimo punto di equilibrio.

Successivamente anche mio fratello Alessandro e mio cugino Andrea, che invece ha una formazione economico-finanziaria, sono entrati in azienda. Oggi ci occupiamo di aree diverse, in relazione alle nostre diverse formazioni ed attitudini ma, in modo complementare e assolutamente in accordo, insieme gestiamo l’azienda.

Il gruppo funziona: il passaggio generazionale che di solito è molto delicato, sembra essere avvenuto gradualmente e con successo.

L’anno scorso, alla morte di mio padre Achille, sono diventata Presidente: dal punto di vista morale ereditare la sua posizione mi rende orgogliosa. La sua figura autorevole faceva da collante tra tutti noi, a tutti i livelli.

Il mio intento è di mantenere questo clima, garantendo un ambiente di lavoro in cui le persone possano esprimere le proprie competenze, in cui la meritocrazia e le pari opportunità siano effettive e passino per la responsabilità ed il dialogo. Un luogo dove al centro ci sono le relazioni, sempre.”