CIMBALI M2
lunedì 21 Aprile 2025
  • CIMBALI M2
Home Blog Pagina 51

Dal Wanda Caffè a Firenze, con specialty e tè b.farm e la firma di Enrica della Martira in cucina

MILANO – Enrica della Martira, chef ormai affermata dopo il suo successo televisivo lanciata dalla terza edizione di Master Chef Italia, di recente si è avventurata totalmente nel mondo della ristorazione con l’apertura del Wanda Caffè Firenze in società con i fratelli Domitilla e Giulio Marchi dell’Azienda Agricola La Querce. Un locale che lei stessa ha definito una piccola bomboniera dove, si può dire, non manca certo all’appello la ricerca per la qualità. E non solo nel food, ma anche in tutta la parte che riguarda la caffetteria.

Il Wanda Caffè come sta andando fin qui?

“Possiamo dirci davvero contenti in effetti, perché riceviamo molti complimenti sia per quanto riguarda la qualità del food, dei drink, sia per la cura che mettiamo nel lavoro da parte di tutto lo staff. La location poi colpisce molto chi arriva.

Dentro il Wanda Caffè (foto concessa)

Chiaramente dobbiamo farci conoscere e investire più sulla comunicazione e nel tempo ci dedicheremo più attivamente a questo aspetto: da settembre per esempio avremmo nella squadra anche un’addetta alla gestione dei social. Da poco poi abbiamo aggiunto anche la pedana esterna – bellissima esteticamente – che ha influito positivamente sugli incassi, potendo aumentare i coperti: nonostante il caldo ci aiuta in visibilità.”

Il legame con la nonna Wanda e quindi la tradizione italiana si unisce con la sua esperienza all’estero: ci racconta quindi com’è la colazione del Wanda Caffè?

“Sulla colazione ha vinto più la mia impronta internazionale, perché avevo il desiderio di creare per il mio locale qualcosa di particolare rispetto a quello che avevo già visto qui attorno. Devo confessare inoltre che non sono mai stata un’appassionata della classica combo cornetto-cappuccino e prediligo più il salato a colazione.

Quindi da Wanda Caffè prevale questo aspetto, fatta eccezione per la croissanterie francese, che risulta però meno dolce e quindi coerente con il resto dell’offerta. Si può abbinare poi con le marmellate, il burro, il pane fatto da noi, che conferisce un contrasto che a me piace molto. Ovviamente non possono mancare il pan au chocolate e le nostre torte, che sono un mix tra quelle della nonna (come quella di mele, uvetta e pinoli) e quelle più estere come le cheesecake o i banana bread.”

Esiste poi un’attenzione particolare riservata alla parte caffetteria: come e perché avete selezionato il tè e il caffè per il vostro locale?

“Il nostro fornitore di fiducia sia per il tè che per il caffè è b.farm, che porta avanti un lavoro meraviglioso sia sul piano etico che sulla qualità. Sono molto orgogliosa di questa collaborazione: certo ancora gli avventori locali a volte storcono il naso quando vedono l’espresso a un euro 50, ma molti che l’hanno assaggiato tornano da al Wanda Cafè tutti i giorni per berlo perché hanno capito la differenza. Ci rivolgiamo a chi è disposto ad ascoltare il nostro racconto e vuole scoprire nuove realtà.

Ora serviamo il Finca Rio Colorado per la nostra offerta base, una tazzina dai sentori più morbidi e caramellati, più adatto alla colazione. Poi Finca El Terro, con un’acidità più spiccata, si presta meglio a momenti successivi durante il giorno.

Il grosso degli ordini riguarda la prima referenza. In futuro vorremmo aggiungere il cold brew e il caffè filtro, non appena ci doteremo di un macinacaffè dedicato, per coprire meglio la fase della sera dato che per l’aperitivo nella mixology si può sfruttare bene.

Anche il tè protagonista al Wanda Caffè (foto concessa)
Anche il tè protagonista al Wanda Caffè (foto concessa)

Per quanto riguarda il tè abbiamo in carta delle proposte buonissime e anche le attrezzature necessarie per valorizzarle. Abbiamo una base di tè nero per l’English breafast, come tè bianco un Bai Mudan, il matcha biologico come tè verde, un Oolong al caramello che piace tantissimo anche ora che fa caldo, il Mediterraneo – base di tè biologico che contiene anche scorze di arancio, mandarino, mela – una miscela dall’india con una radice di zenzero, liquirizia, finocchio, cardamomo, arancia e poi infine un infuso mango e cardamomo, un Carcadè rinfrescante con i frutti di bosco per l’estate, un altro al mandarino e pepe rosa.

Quando riprenderà l’inverno sicuramente amplieremo ulteriormente la proposta in carta andando oltre quello che abbiamo già, magari facendo arrivare qualcosa di particolare dal Giapponese.”

Durante il brunch, che voi proponete ogni giorno, avete pensato ad abbinamenti particolari magari con il caffè (estratto anche in maniera diversa dall’espresso?)

“Questa è un’altra cosa che vorremo affrontare nel momento in cui avremo le diverse estrazioni rispetto all’espresso. Ora gli abbinamenti sono per lo più legati alla preparazione di cocktail freschi che ora vengono bevuti più che volentieri.

Adesso ci concentriamo più sull’aperitivo, con una selezione di tè in foglie che estraiamo a freddo da utilizzare nei cocktail. A me è piaciuto tantissimo l’infuso di mango e curcuma con estrazione a freddo e alcolica successiva come distillato: si crea il cocktail con queste due estrazioni, una parte acida, una dolce, un liquore alla mandorla. “

Che macchina avete scelto per l’espresso?

“I ragazzi di b.farm ci hanno fornito la macchina: abbiamo scelto di prendere il caffè in cialda, perché è talmente difficile estrarre un espresso a regola d’arte che non volevamo rischiare di rovinare il valore della materia prima in tazza. La cialda era la soluzione ideale, e che cialda: ne hanno creato una alta 10 millimetri, con una grammatura esatta, la polvere stabilizzata che evita di disperdere la qualità.

E devo dire che è una modalità che funziona per tutti, perché che non richiede troppi sforzi da parte nostra e allo stesso tempo non rinunciamo a servire un espresso degno di nota.

Inoltre, le stesse bustine vengono prodotte da un’azienda toscana in cui lavorano persone con disabilità e quindi anche in questo senso ci fa piacere far parte di un circolo virtuoso che ha anche un impatto sociale.”

La clientela del Wanda Caffè è più di locali o turistica?

“E’ un bel mix sinceramente tra gli italiani che hanno voglia di assaggiare qualcosa di differente, soprattutto attirati dal brunch quotidiano e chi ha il desiderio di consumare la colazione mentre si legge i quotidiani messi da noi a disposizione. Soprattutto sull’aperitivo abbiamo riscontrato un buon feedback dagli autoctoni: il nostro barman è un fuoriclasse che prepara dei cocktail abbinati al food che sicuramente piacciono.

Gli stranieri invece si fiondano da noi perché sono già conquistati dalla nostra colazione, dal nostro ambiente.”

Quanti siete nel team e avete avuto dei problemi a trovare il personale formato e non?

Il team di Wanda Caffè (foto concessa)

“Sono stata molto fortunata perché ho trovato persone che mi hanno seguita con entusiasmo in questo nuovo progetto. Il mio staff mi dà soddisfazioni, alcuni sono arrivati dall’altra mia attività di catering e ora sono dei pilastri del Wanda Caffè. Siamo un totale di 7 persone tra cucina e sala. Copriamo molte ore di servizio: apriamo alle nove di mattina e chiudiamo alle 22 di sera. Forse più avanti apriremo un po’ più tardi, perché il nostro ambiente si presta agli avventori che vogliono fare colazione con calma. “

Wanda Caffè, a Firenze siete in tanti nella ristorazione: cosa vi distingue

“Ci differenziamo molto da tutto quello che ci circonda per la qualità: siamo a un livello decisamente più alto della media, per la selezione delle materie prime, per il servizio, per l’ambiente che abbiamo creato. È difficile trovare un altro posto così.

Come format probabilmente ci sono altri fortissimi come noi, ma nella nostra bomboniera abbiamo modo e tempo di curare qualsiasi dettaglio, persino le piante che trattiamo con lo stesso amore di un giardiniere.

Se poi dovesse funzionare il Wanda Caffè, potremmo espanderci più in là, staremo a vedere.”

Entriamo da Saryo, la sala da tè giapponese in Corso Como a Milano: “Un ponte tra la storia e il futuro”

MILANO – Di recente in Corso Como 11, a Milano, un po’ di Giappone e soprattutto di tè orientale è approdato nella metropoli lombarda. Il locale si chiama Saryo, ed è un concept trasportato direttamente da Tokyo con la sua proposta di Japanese Teahouse&Bistrot: qui l’equilibrio dei sapori si esprime in un menù ricercato.

Saryo, da 30 anni sul mercato, nasce a Tokyo e ora approda a Milano: perché ora e perché la location in Corso Como?

Kinya Oguchi presidente del gruppo Aya Company di cui fa parte Kagurazaka Saryo: “Ho preso le redini dell’azienda poco prima della pandemia e il mio obiettivo è sempre stato quello di far conoscere Kagurazaka Saryo nel mondo.

Desideravo che le persone potessero avere un angolo di Giappone dove gustare tè che non solo accompagna piatti autentici, ma è anche utilizzato in alcuni di questi. Dopo varie valutazioni, abbiamo scelto l’Italia, un Paese molto amato da noi giapponesi e legato da un’amicizia commerciale di oltre 150 anni e da una storia ancora più lunga.

Corso Como lo vediamo come un ponte tra storia e futuro: un luogo che preserva la tradizione, evocando la bellezza di un’epoca passata, ma contemporaneamente propone innovazioni da tutto il mondo. Abbiamo pensato che si sposasse perfettamente con l’essenza di Kagurazaka Saryo.”

L’Italia del caffè è pronta al tè giapponese?

“Crediamo che sia così, e ce lo diranno i nostri clienti. L’Italia ha una lunga storia legata alla cultura del caffè, così come il Giappone è profondamente radicato nella cultura del tè. Pensiamo che entrambi i Paesi si rispettino reciprocamente per i propri retaggi culturali.

Siamo convinti che il pubblico italiano sia interessato a scoprire questo nuovo mondo. Desideriamo che i nostri clienti da Kagurazaka Saryo possano apprezzare non solo l’incanto del tè giapponese, ma anche l’ospitalità “omotenashi” che distingue il nostro Paese.”

Qual è l’offerta di Saryo? Quali tè ci sono a disposizione e come vi rifornite?

“Ci riforniamo direttamente dal Giappone, presso produttori con cui abbiamo rapporti decennali. Al momento, abbiamo tè verde matcha di Uji, una piccola città nella provincia di Kyoto, e tè verde sencha sempre di Uji. Ricordo che il tè verde coltivato in questa città è considerato il migliore al mondo.

Importare il tè in Italia si è rivelato più complesso del previsto, ma stiamo lavorando per far arrivare una selezione ampia come quella che offriamo nei nostri Teahouse-Bistrot in Giappone.”

Quali sono i prezzi?

“Si va da 6 euro per il sencha ai 7 per il matcha. Compreso nel prezzo offriamo sempre un piccolo petit four dolce preparato dal nostro chef giapponese per gustare a pieno il binomio con il tè.”

Avete dovuto formare il personale per imparare a saper gestire la corretta preparazione del tè? E’ stato un problema trovarne?

Il personale che prepara il tè è stato inviato direttamente dal Giappone e ne conosce perfettamente la preparazione. Tutto il nostro personale in Giappone segue un periodo di formazione in cui, oltre a insegnare come preparare un tè , insegniamo anche l’eleganza e la bellezza nei movimenti utilizzati.

In Giappone esistono maestri del tè chiamati ‘chashi‘, e sarebbe meraviglioso se, un giorno, tra di noi nascesse un nuovo ‘chashi’ proveniente da Corso Como.”

Il matcha è un tè che va molto di moda ultimamente, ma in pochissimi usano materia prima di qualità: ci raccontate il vostro matcha e come lo trasformate in Saryo?

“È vero che il matcha sta ricevendo molta attenzione in tutto il mondo ultimamente, anche per le sue qualità benefiche. Proprio per questo motivo, nonostante comporti costi elevati, importiamo il miglior tè per poter offrire una bevanda dal sapore autentico.

Uno dei piatti al Matcha servito da Saryo (foto concessa)

Per noi, il tè verde è il protagonista anche in cucina, e lo utilizziamo sia nei dolci che nei piatti salati. In tutte le tearoom di Kagurazaka Saryo, il nostro fiore all’occhiello è l’Hekira Mont Blanc al matcha, preparato anche con castagne importate dal Giappone.”

C’è anche caffè da Saryo oppure solo tè?

“Non offriamo caffè, quello lo lasciamo fare ai maestri del caffè italiani. Vogliamo rimanere fedeli a noi stessi.”

Abbinamento tè e cibo: in Giappone va molto anche l’accostamento con il salato. Da Saryo cosa avete pensato?

“In Giappone, generalmente beviamo tè durante i pasti anziché acqua. Il tè si sposa benissimo con i sapori della cucina giapponese. Il nostro chef Watanabe ha preparato un menù che esalta le caratteristiche del tè. Inoltre, nel nostro locale non ci fermiamo solo alla bevanda: anche il condimento per l’insalata, ad esempio, contiene tè verde.”

Com’è andata fin qui e dove pensate di arrivare? E’ prevista un’espansione in altri punti milanesi o in altre città italiane?

“È passato poco tempo ancora dall’apertura, quindi è forse presto per fare davvero una valutazione. Ma al momento siamo soddisfatti dei risultati.

L’arte dell’impiattamento da Saryo (foto concessa)

Attualmente, ci stiamo concentrando sull’apertura di Milano, ma speriamo di espandere Saryo in tutta Europa in futuro, anche attraverso la formula del franchising che già utilizziamo con successo in Canada e Thailandia.”

Starbucks taglia bevande e dipendenti per rilanciarsi e ritrovare la sua identità

MILANO – Starbucks taglia bevande e dipendenti, nell’intento di snellire e semplificare il funzionamento della sua macchina organizzativa, migliorare l’operatività dei locali e tornare a crescere. La massima catena di caffetterie al mondo apre la settimana depennando – come annunciato – il 30% delle voci dei suoi menu, con l’eliminazione dei doppioni e delle bevande poco popolari o troppo complesse da preparare.

Ma soprattutto, il colosso statunitense ha annunciato 1.100 esuberi a livello globale, cui si aggiungono inoltre diverse centinaia di posizioni aperte e non soddisfatte.

È la nuova mossa posta in atto dal neo ceo Brian Niccol, chiamato lo scorso settembre a risollevare le sorti della catena della sirenetta, dopo numerose trimestrali insoddisfacenti, che hanno portato alla defenestrazione del suo predecessore Laxman Narasimhan.

L’annuncio è stato dato dallo stesso Niccol, in una mail. Gli interessati hanno ricevuto la comunicazione del loro licenziamento ieri a mezzogiorno. I tagli riguardano i circa 16.000 dipendenti di supporto aziendale in tutto il mondo, non il personale impiegato nelle caffetterie.

Non è interessato nemmeno il personale delle torrefazioni, dei magazzini e della distribuzione. Starbucks ha circa 360.000 dipendenti in tutto il mondo, in massima parte baristi e altri addetti nei locali.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.

Ditta Artigianale Magenta Milano ha scelto una macchina Victoria Arduino: un dialogo tra storia, design liberty e innovazione

MILANO – Nel cuore di Corso Magenta a Milano, tra le eleganti architetture Liberty con facciate a mosaico, decorazioni in ceramica e raffinati ferri battuti, prende vita un nuovo concept di caffetteria. A pochi passi dallo storico Bar Magenta, punto di riferimento della città, nasce Ditta Artigianale Magenta Milano, uno specialty coffee shop che fonde tradizione e modernità, ispirandosi alla convivialità dei caffè italiani degli anni ’50.

ditta artigianale
Lo store Ditta Artigianale in Corso Magenta a Milano (immagine concessa)

Un’estetica che celebra l’heritage Liberty

Il design della caffetteria si inserisce armoniosamente nel contesto architettonico del quartiere, omaggiando lo stile Liberty con decorazioni floreali e infissi ispirati alle sinuose geometrie del ferro battuto. Molti elementi d’arredo sono stati recuperati dagli originali, creando un dialogo tra passato e presente. Il risultato è uno spazio in cui ogni dettaglio è studiato per evocare l’atmosfera dei caffè storici, senza rinunciare alla contemporaneità.

Materiali e texture si intrecciano in un equilibrio sofisticato: il cemento dialoga con la calda eleganza delle boiserie in noce, mentre il bancone in graniglia veneziana aggiunge matericità e pregio all’ambiente.

La macchina per caffè espresso Black Eagle Maverick, il macinino Mythos e il PureBrew+ di Victoria Arduino, protagonisti di tutti i punti vendita Ditta Artigianale, sono parte integrante dell’architettura e del racconto della caffetteria specialty sia dal punto di vista dell’esperienza visiva, attraverso una customizzazione con dettagli floreali e applicazioni in ferro, che di quella sensoriale con estrazioni in grado di esaltare i migliori flavour da ogni caffè.

L’obiettivo? Creare un luogo che sia un’estensione naturale della città, con un’identità forte ma rispettosa della sua storia.

Il perfetto equilibrio tra storia e modernità

Ditta Artigianale, come Victoria Arduino, crede nell’importanza di coniugare heritage e innovazione. Dal 1905, il brand di macchine per caffè espresso ha saputo evolversi, trasformando le esigenze di ogni epoca in soluzioni tecnologiche avanzate e scelte materiche di design.

All’interno di Ditta Artigianale Magenta Milano, Black Eagle Maverick, Mythos e PureBrew+ interpretano alla perfezione la mission della caffetteria:

Qualità dell’estrazione, grazie alle tecnologie PBtech e Pure Brew, capaci di esaltare i flavour di ogni caffè.

Sostenibilità, con il nuovo motore T3 Genius, che garantisce precisione e performance ottimali riducendo il consumo energetico.

Un’estetica distintiva, dove forme essenziali, dettagli floreali e materiali ricercati definiscono un linguaggio visivo contemporaneo e senza tempo.

Milano: dalla “Milano da bere” alla città Specialty

Milano e i suoi locali storici, come Bar Magenta in Corso Magenta, Jamaica di via Brera, Camparino in Piazza Duomo e Gattullo in Porta Lodovica, hanno scritto la storia della città. Qui, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, si ritrovavano artisti, scrittori e intellettuali, dando vita anche ai primi movimenti studenteschi. Oggi, questi spazi restano punti d’incontro iconici, in cui si respira il fascino autentico della milanesità.

Ditta Artigianale Magenta Milano raccoglie questa eredità e la proietta nel futuro. L’ambiente accogliente e il design curato fanno da cornice a una proposta Specialty unica: dai blend per espresso ai monorigine selezionati da tutto il mondo, estratti con metodi sia tradizionali come con Black Eagle Maverick, sia innovativi come il PureBrew Coffee, una nuova esperienza di filtro resa possibile da PureBrew+ di Victoria Arduino.

Victoria Arduino continua così a essere al fianco di chi sceglie di innovare, offrendo ai propri clienti un’esperienza sensoriale intensa, profonda e autentica.

L’esterno del locale (immagine concessa)

Black Eagle Maverick, Mythos e PureBrew+: il design incontra la tecnologia

Le macchine per caffè Victoria Arduino non sono semplici strumenti di lavoro, ma veri e propri elementi di design che arricchiscono l’estetica dello spazio.

Black Eagle Maverick si distingue per le sue linee pulite e decise, impreziosite da una decorazione floreale color oro su un piano magenta, con al centro l’iconica aquila stilizzata di Victoria Arduino.

Mythos, il macinino dalle forme monolitiche, trasmette precisione e affidabilità. Le superfici opache, nello stesso magenta della macchina, lo rendono un elemento distintivo del banco bar.

La tazzina di Ditta Artigianale (immagine concessa)

PureBrew+, sul retro del bancone, incarna un minimalismo sofisticato, perfetto per un’esperienza di estrazione innovativa e versatile. La sua silhouette essenziale e il raffinato equilibrio tra tecnologia e purezza estetica lo trasformano in un oggetto iconico per un nuovo concept di caffetteria.

Julius Meinl partecipa al Kaffeesiederball per la 66ª edizione del Ballo delle caffetterie di Vienna

VICENZA – Julius Meinl, ambasciatore mondiale della cultura delle caffetterie viennesi, ha rinnovato il suo storico legame con il Kaffeesiederball partecipando alla 66ª edizione del prestigioso Ballo delle caffetterie, che si è tenuto il 21 febbraio presso il Palazzo imperiale Hofburg di Vienna. Quest’anno, l’evento ha celebrato un duplice tema: “Walzer-Schani – Caffè di primavera”, un omaggio al 200° anniversario della nascita di Johann Strauss II e alla tradizione dello Schanigarten, la tipica terrazza all’aperto dei caffè viennesi, che simboleggia l’arte di gustare il caffè sotto il cielo della città.

Julius Meinl al Kaffeesiederball

Infatti, il Ballo delle caffetterie, celebra la tradizione dei caffè di Vienna, patrimonio UNESCO e dell’arte e della letteratura ottocentesca. Julius Meinl, in quanto ambasciatrice di questa cultura nel mondo, ne perpetua l’eredità attraverso miscele di altissima qualità e una tradizione che ricrea l’atmosfera unica delle storiche caffetterie.

Considerato uno degli appuntamenti più attesi della stagione dei balli viennesi, il Kaffeesiederball ha trasformato per una notte l’Hofburg nella più grande e affascinante caffetteria del mondo.

Le scenografie floreali ispirate alla primavera e un programma artistico d’eccezione, curato dal direttore artistico Christof Cremer, hanno reso l’evento un’esperienza indimenticabile. Cantanti, ballerini, coreografi, musicisti e artisti austriaci e internazionali hanno dato vita a uno spettacolo straordinario, accompagnato dalla musica di oltre 17 orchestre e bande musicali. Circa 3.600 ospiti hanno preso parte alla serata, immergendosi nell’eleganza e nella tradizione di uno degli eventi più iconici di Vienna.

Durante la serata l’attenzione si è concentrata sul piacere sensoriale del caffè: l’aroma, il sapore e la presentazione della tazza di caffè su un vassoio, tradizionalmente servito con un bicchiere d’acqua. L’esperienza sensoriale prosegue con la fragranza e il gusto degli strudel, delle torte, dei croissant e delle frittelle, e tanto altro. I visitatori sono semplicemente immersi nel delizioso mondo della gastronomia e della cultura del caffè viennese.

La serata si è aperta con l’esclusivo ricevimento VIP nella Julius Meinl Lounge, un’elegante area riservata agli ospiti d’onore provenienti dal mondo della gastronomia, della cultura e della società. Quest’anno, la lounge ha celebrato la gamma di caffè The Originals Bio Fairtrade, miscele biologiche e certificate, tostate secondo la tradizione viennese di Julius Meinl.

Anche quest’anno, come da tradizione, il Kaffeesiederball ha ospitato il Lady’s Donation, ovvero l’usanza di donare un ventaglio artistico dedicato al ballo. L’opera della 66ª edizione è del duo viennese Daryoush Asgar ed Elisabeth Gabriel ed è ispirato ai colori e alle atmosfere primaverili del ballo. Gli artisti hanno creato un oggetto che fonde il romanticismo nostalgico con una visione moderna, celebrando la bellezza della natura e la ricca tradizione delle caffetterie viennesi.

Il Kaffeesiederball 2025 è stato un evento indimenticabile, in cui la musica di Strauss e l’atmosfera vibrante dei caffè viennesi si sono fusi in una celebrazione straordinaria della cultura e della tradizione.

La scheda sintetica di Julius Meinl

Julius Meinl è un’azienda familiare viennese di grande successo internazionale e da oltre 160 anni è l’ambasciatrice nel mondo della cultura delle caffetterie viennesi. Il successo globale di Julius Meinl si basa su valori tradizionali: cinque generazioni di esperienza nel caffè, prodotti di qualità premium e un eccellente servizio ai clienti.

Julius Meinl è ambasciatrice globale per la cultura del caffè viennese e oggi ispira le persone in tutto il mondo, proprio come facevano in passato i caffè letterari.

• Fondata nel 1862 a Vienna
• 1000 dipendenti in tutto il mondo
• Presente in più di 70 paesi in tutto il mondo: market leader in Austria ed i Paesi dell’Europa Centrale, settimo player nel mercato HoReCa Italiano
• Circa 50.000 clienti in tutto il mondo
• Centri di produzione a Vicenza (Italia) e a Vienna (Austria)

Lavazza e l’Università di Pollenzo rinnovano la collaborazione con la 21° edizione del viaggio tematico sul caffè

TORINO – Un viaggio tematico alla scoperta dei segreti relativi alla filiera del caffè per gli studenti dell’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo, l’Università nata e promossa nel 2004 dall’associazione Slow Food. Dal 24 al 27 febbraio 2025 gli studenti del primo anno accademico avranno la possibilità di apprendere, grazie alla competenza degli esperti del Training Center Lavazza, i segreti relativi alla materia prima, l’arte e la cultura del caffè e approfondire la tematica della sostenibilità, valore di grande rilevanza per Lavazza.

Gli studenti parteciperanno allo stage nella sede torinese del Training Center Lavazza, la più grande rete di scuole di caffè al mondo, divenuto negli anni punto di riferimento per tutti i professionisti del settore.

Nel corso delle quattro giornate formative previste, gli studenti affineranno le proprie conoscenze sul caffè in maniera trasversale: dalla storia ai metodi di preparazione e degustazione, fino agli aspetti più manageriali.

Giuseppe Lavazza (Presidente Gruppo Lavazza) e Marcello Arcangeli (Direttore Training Center Lavazza) accoglieranno gli studenti nella prima giornata, illustrando la storia ultracentenaria del Gruppo, i progetti e gli obiettivi raggiunti negli anni.

A seguire, i corsisti potranno conoscere la storia e la diffusione del caffè in Italia e nel mondo per poi passare alla classificazione botanica e alle fasi principali del ciclo produttivo, della raccolta e della lavorazione della materia prima.

Sin dal primo giorno di stage, la mattina sarà dedicata all’apprendimento teorico, mentre nel pomeriggio gli studenti saranno divisi in gruppi per cimentarsi a rotazione in diversi laboratori pratici: potranno assaggiare diverse varietà di caffè e sperimentare i vari metodi di estrazione, così come cimentarsi nella perfetta preparazione dell’espresso e del cappuccino.

Le lezioni teoriche spaziano tra argomenti verticali: da come avviene l’approvvigionamento della materia prima (in Lavazza e in generale), all’assaggio attraverso l’analisi sensoriale, utilizzando la terminologia appropriata per la descrizione organolettica, alla conoscenza dei progetti della Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza.

Infine, la mattina dell’ultimo giorno gli studenti saranno accompagnati in visita al principale stabilimento produttivo nonché all’area Factory 1895 Coffee Designers by Lavazza, in cui scopriranno uno spazio innovativo ed immersivo dove vivranno un’esperienza sensoriale focalizzata sull’eccellenza del caffè.

Per completare la full immersion nel mondo del caffè nel pomeriggio gli studenti avranno l’occasione di visitare il Museo Lavazza.

Continua così la storica partnership di Lavazza con Slow Food e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, iniziata nel 2005, per diffondere la cultura del caffè nel mondo attraverso la formazione.

La scheda sintetica del Training Center Lavazza

Lavazza è stata la prima azienda a creare nel 1979 un ente interamente dedicato alla formazione, una vera e propria scuola del caffè che si è sviluppata dapprima in Europa e poi nel mondo, fino a contare oggi oltre 56 sedi nei 5 continenti nelle quali vengono formate ogni anno circa 30 mila persone.

Da oltre 40 anni il Training Center Lavazza si occupa di formazione e di educazione al gusto, divulgando la cultura del caffè, affiancando i professionisti, sperimentando nuove formule e sensibilizzando i clienti finali a ricercare una qualità dell’espresso sempre più elevata. È una vera e propria ‘università’ del caffè con un programma didattico completo, in grado di fornire una conoscenza approfondita e capillare: dalla pianta alla tazzina, passando per la botanica, i processi produttivi, le attrezzature per l’espresso ed i metodi di preparazione.

Per ogni tipologia di target – baristi, forza vendita, distributori, neoassunti, consumatori, giornalisti, opinion leader e appassionati – la struttura è in grado di organizzare cicli di lezioni specifiche, impostati in funzione delle diverse necessità di approfondimento. Puntando sempre su innovazione e creatività, il Training Center beneficia altresì dell’enorme bagaglio di competenza che un brand come Lavazza, con i suoi oltre 120 anni di esperienza nel caffè, può vantare.

È proprio con Lavazza e con il suo Training Center che i più grandi e riconosciuti chef di fama internazionale hanno applicato la loro creatività al caffè, esplorando per questo prodotto forme e consistenze innovative e prima inesplorate.

Per saperne di più basta cliccare qui

Iginio Massari firma le chiacchere a 100 euro al chilo, lo chef Guido Mori: “Solo marketing”

0

MILANO – Il maestro Iginio Massari torna ad essere al centro della discussione. Questa volta il volto della pasticceria italiana firma le chiacchere a 100 euro al chilo, registrando un aumento di prezzo del 25% rispetto al listino dell’anno scorso. Ma a Milano si trova lo stesso prodotto, in panetteria, a 66 euro al chilo. Le prime polemiche non sono tardate ad arrivare. Lo chef Guido Mori, con un seguito di oltre 134mila follower social, ha affermato che il prezzo di Massari non è giustificato dalla qualità, bensì da una mera strategia di marketing.

Le chiacchere di Iginio Massari a 100 euro al chilo

“Massari ha una grande catena di pasticcerie semi-industrializzate, che producono prodotti di un certo livello, ma su scala massiccia. – ha detto chef Mori intervistato da Mov e ripreso anche dal quotidiano romano Il Messaggero – È vero che le materie prime sono cresciute di prezzo, ma l’aumento secondo me è dovuto a una manovra di marketing”.

Continua Mori sempre su Il Messaggero riferendosi a Massari: ”Il mio consiglio, a tutti quelli che vogliono comprarsi le chiacchiere, o come li chiamiamo noi in Toscana i cenci, è di andarli a prendere in una pasticceria vicino a casa e che le comprino da un pasticcere che le ha fatte a mano”.

Il prezzo di 100 euro al chilo per le chiacchere sembra decisamente elevato. Dalla nuova indagine Altroconsumo è emerso che i consumatori della community spenderanno circa 16 – 20 euro per un chilo dei loro dolci di Carnevale e soltanto il 9% prevede di spendere più di 30 euro.

(dati: Altroconsumo)

Per avere un’idea chiara sui costi di questi dolci, Altroconsumo ha analizzato 49 punti vendita tra panetterie, pasticcerie e supermercati a Roma e a Milano.
Le chiacchiere costano in media 28,80 euro al chilo, mentre i tortelli (o castagnole) circa 30 euro al chilo. Interessante notare che i prezzi medi delle chiacchiere, se confrontati con quelli dell’indagine Altroconsumo del 2024, sono aumentati del 5% e i tortelli, invece, del +7%.

Confrontando i prezzi nei diversi punti vendita è emerso che rivolgersi alla grande distribuzione è il modo più efficace per risparmiare. Il prezzo delle chiacchiere nei supermercati o ipermercati è circa un terzo rispetto a quello nelle panetterie e un quarto nelle pasticcerie.

In ogni tipo di punto vendita i prezzi sono abbastanza vari e la forchetta tra minimo e massimo è grande. Negli ipermercati e nei supermercati per le chiacchiere si può spendere da 6,36 euro al chilo fino a 12,76 euro al chilo. In panetteria i prezzi vanno da 13 euro al chilo a 55 euro al chilo, mentre nelle pasticcerie i prezzi variano dai 20 ai 60 euro al chilo.

(dati: Altroconsumo)

Per i tortelli (o frittelle), invece, il prezzo in grande distribuzione è circa la metà rispetto al prezzo in panetterie e pasticcerie.

A seconda del punto vendita si può spendere da 9,40 euro a 22,60 euro al chilo in ipermercati a supermercati; mentre nelle panetterie e pasticcerie i prezzi sono più alti e partono da 18 euro al chilo fino a raggiungere i 55 euro al chilo.

Tra i consumatori della community ACmakers 9 su 10 mangeranno le chiacchiere, conosciute anche come frappe o bugie, mentre più di 1/3 preferisce i tortelli (castagnole) alla crema e circa1/4, invece, senza nessun tipo di ripieno.

Ma non sono certo questi gli unici dolci tipici del periodo di Carnevale, ci sono infatti anche risole, migliaccio, zeppole, struffoli, graffe, schiacciata, ravioli dolci, cicerchiata e frittelle di ogni tipo.

Metà dei consumatori che hanno risposto al questionario mangerà dolci fatti in casa, ma circa 1/3 degli intervistati ricorrerà invece a soluzioni acquistate in supermercati, panetterie o pasticcerie.

Circa tre intervistati su quattro pensano che al supermercato si acquistino prodotti meno buoni rispetto a quelli della pasticceria o quelli fatti in casa, mentre circa il 15% è dell’idea che non ci sono differenze tra i due e, invece, una piccola minoranza li trova addirittura migliori.

Pausa alla macchinetta del caffè in ufficio: per il 78% della Generazione z è fonte di disagio

0

Il 78% della Generazione Z sarebbe a disagio nel parlare con i colleghi durante le pause caffè in ufficio: lo rivela un sondaggio del New York Post. Inoltre il 40% di loro preferisce lo scambio virtuale tramite messaggi al contatto diretto di persona. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Il milanese imbruttito.

La pausa alla macchinetta del caffè

MILANO – Secondo un sondaggio pubblicato dal New York Post, il 78% delle 2000 persone intervistate è a disagio nel fare due chiacchiere davanti alla classica macchinetta del caffè. Il place to be dello sfogo degli sbatti in ufficio, per alcune persona è zona off-limits.

Whaaat? A ben guardare, però, non è solo colpa del caffè terribile delle macchinette: il 27% degli intervistati si sente più chill a chattare online piuttosto che a parlare faccia a faccia. Tradotto in numeri: 1 su 4 preferisce sparare gif su Teams piuttosto che stringere mani o incrociare sguardi.

E indovina un po’ chi guida questa rivoluzione? La Generazione Z. Il 40% di loro si sente più rilassato a digitare emoticon che a dire “ciao” di persona, seguiti dai Millennials (33%) e dalla Generazione X (24%). Per molti ragazzi abituati a lavori flessibili, ibridi o in smart working, parlare faccia a faccia è tipo super weird.

Per leggere la notizia completa cliccare qui.

Birra artigianale: il caffè è il 2° ingrediente più utilizzato tra le inedite

ROMA – Il 2024 è stato un anno complicato per la birra artigianale italiana, al quale i birrifici si sono adattati con scelte prudenti, senza tuttavia perdere la forza creativa che da sempre contraddistingue il settore. Lo dimostrano le quasi 700 birre inedite prodotte nel corso dell’anno e censite da Whatabeer, la piattaforma curata da Cronache di Birra su cui si basa il nuovo report Italian Craft Beer Trends.

L’ingrediente più utilizzato nelle birre inedite del 2024 è stata la vaniglia. In seconda posizione troviamo invece il caffè, da anni ormai tra gli ingredienti speciali preferiti dai birrifici italiani.

Il suo utilizzo è strettamente legato al fenomeno dello specialty coffee ormai ben radicato anche in Italia. La filosofia dello specialty coffee condivide diversi elementi con quella della birra artigianale, favorendo collaborazioni tra birrifici e torrefazioni che hanno dato vita a risultati molto apprezzabili.

È proprio Italian Craft Beer Trends a restituire una preziosa fotografia delle tendenze in atto nel segmento della birra artigianale. Di fronte agli ostacoli emersi nel corso del 2024, i birrifici italiani hanno risposto riducendo i rischi e puntando su tipologie brassicole di facile approccio, che peraltro assecondano i cambiamenti avvenuti di recente nell’approccio dei consumatori alla birra artigianale.

Andrea Turco, fondatore e direttore editoriale di Cronache di Birra, commenta così i dati emersi dal report: “I dati di questa prima edizione di Italian Craft Beer Trends sono indubbiamente interessanti e rispecchiano il momento che sta vivendo il segmento della birra artigianale. Il 2024 è stato un anno non facile per il nostro comparto, a causa delle difficoltà che sono emerse con veemenza nei dodici mesi precedenti. I prezzi sono aumentati, la predisposizione all’acquisto dei consumatori si è ridotta e si sono susseguite diverse chiusure tra pub e birrifici, alcune sanguinose”.

Turco aggiunge: “Nonostante non siano mancati anche aspetti positivi, il 2024 è stato un anno contraddistinto da molta cautela. I birrifici e gli altri operatori del settore hanno compiuto scelte conservative e limitato i budget, con prospettive a breve termine nell’attesa di trovare una nuova dimensione in un contesto profondamente cambiato e molto più sfidante. La produzione delle nuove birre italiane ha rispecchiato questo sentimento, con la scelta di puntare su tipologie di approccio immediato e facili da bere. È altresì una risposta all’approccio che hanno oggi molti bevitori nei confronti della birra artigianale, desiderosi di un consumo meno cervellotico e più diretto, privo di sovrastrutture spesso autoreferenziali”.

Quasi la metà delle birre inedite del 2024 è rientrata in due famigle brassicole: le American IPA, declinate soprattutto secondo il modello della West Coast, e le Lager della tradizione mitteleuropea, con un’interessante ascesa degli stili tipicamente cechi. Due macro categorie diverse tra loro da diversi punti di vista, ma accomunate dalla propensione a una bevuta immediata e relativamente semplice, senza troppi fronzoli. In generale gli stili appartenenti alla tipologia delle “birre speciali” hanno mostrato una discreta tenuta, sebbene alcune specialità, come le Italian Grape Ale, siano apparse in sofferenza. Un calo evidente ha riguardato anche gli stili della cultura brassicola belga, sempre più trascurati nelle scelte dei birrifici italiani.
Nel 2024 la gradazione alcolica media delle birre inedite è stata pari al 5,82%, rimanendo praticamente invariata rispetto all’anno precedente (5,89%). Tuttavia, nonostante la differenza sia limitata a pochi centesimi, si conferma la tendenza alla riduzione del volume alcolometrico registrata negli ultimi anni. È comunque un’evoluzione molto lenta, che dimostra la reticenza dei birrifici italiani a rivolgersi al segmento delle NoLo (birre analcoliche o a basso contenuto alcolico). Una maggiore convergenza è attesa nel corso del 2025.
A proposito delle aspettative per l’anno in corso, è ancora Andrea Turco ad analizzare quanto ci attende nei prossimi mesi:
I consumatori sembrano decisamente orientati verso birre leggere, anche in termini di volume alcolometrico. Il nuovo codice della strada, inoltre, sembra destinato a modificare ulteriormente le abitudini dei bevitori, con pesanti ripercussioni tra gli esercenti. I prossimi mesi potrebbero allora essere decisivi per il definitivo ingresso dei birrifici italiani nel segmento delle NoLo. Se non con birre dichiaratamente analcoliche, per le quali alcuni limiti sono difficilmente superabili, almeno con quelle a bassa gradazione alcolica.
In generale l’auspicio è che anche nel 2025 il settore della birra artigianale si dimostri dinamico e resiliente. Non sarà un anno facile, ma per le sue caratteristiche l’ambiente è in grado di adattarsi velocemente ai mutamenti in atto. Il piacere che è in grado di offrire un boccale di birra è qualcosa di intramontabile, che resisterà sempre alle evoluzioni della società e al gusto dei consumatori. È importante tenere sempre a mente questo banale ma importantissimo assioma.

Italian Craft Beer Trends è disponibile in due formati. Stampato con copertina rigida e acquistabile su Amazon, oppure scaricabile gratuitamente in formato pdf su Cronache di Birra.

• Per il download gratuito basta cliccare qui.

• Per l’acquisto su Amazon basta cliccare qui.

L’edizione 2024 di Italian Craft Beer Trends è realizzata grazie al supporto di:

• Cime Careddu – Azienda leader di settore per il confezionamento della birra. Forte di un’esperienza di oltre 40 anni nell’ambiente, offre soluzioni personalizzate di altissima qualità, capaci di adattarsi alle esigenze dei clienti garantendo la massima cura per una delle fasi cruciali del processo produttivo.

• ANIMA by Cerve Group – Anima Cerve è il nuovo brand del Gruppo Cerve, specializzato in calici e bicchieri per il settore beverage e enologico. Anima unisce la tradizione artigianale del vetro soffiato a bocca con tecnologie avanzate. I prodotti, pensati per una degustazione professionale di alto livello, sono personalizzabili e riflettono l’identità di ogni cliente

• Unionbirrai – Fondata nel 1999, Unionbirrai è l’associazione pioniera per la tutela e la promozione dei microbirrifici italiani. Diventata Associazione di Categoria nel 2017, supporta i piccoli produttori indipendenti con azioni normative, promozionali e di difesa contro l’industria, valorizzando la Birra Artigianale.

 

La Fipe presente a Beer&Food attraction di Rimini anima i dibattiti sull’evoluzione del bar

RIMINI – Il mondo della birra, spirits, soft drink e acque minerali si è riunito a Rimini nei tre giorni di Beer&Food attraction per scoprire nuovi prodotti e nuove tendenze nel mondo del beverage. Un settore in costante evoluzione che ha attribuito un ruolo di primo piano anche ai prodotti zero alcol in linea con le nuove tendenze del mercato. Al riguardo è bene ricordare che il consumo di alcol segue da decenni una traiettoria di contrazione che nell’arco di 50 anni ha toccato il -70%.

Fipe è stata presente con un proprio spazio nel quale si sono susseguiti incontri e dibattiti su temi di grande attualità come l’andamento dei consumi di bevande alcoliche, l’evoluzione del bar e quella delle pizzerie.

La Fiera è stata anche l’occasione per misurare la conoscenza delle persone del proprio grado di tolleranza dell’alcol. A questo scopo sono stati effettuati test alcolemici a cui si sono sottoposti su base volontaria oltre 600 visitatori della fiera da cui è emersa la generalizzata inconsapevolezza delle quantità di alcol che assicurano un consumo responsabile.

“L’esperimento che abbiamo fatto a Rimini – ha dichiarato Aldo Mario Cursano, vice presidente Vicario di Fipe-Confcommercio – dimostra che per arrivare ad un consumo responsabile di bevande alcoliche non c’è bisogno di anatemi o di un approccio da tolleranza zero ma di maggiore conoscenza e consapevolezza degli effetti dell’alcol sul proprio organismo”.

Aldo Mario Cursano aggiunge: “La generalizzata negatività dei test conferma che il pubblico è sempre più attento a bilanciare piacere e responsabilità e che su questa strada è possibile coniugare sicurezza e consumo. Fipe continuerà a promuovere iniziative che incentivino un consumo consapevole, valorizzando al contempo la qualità delle eccellenze enogastronomiche italiane ed il ruolo dei pubblici esercizi come luoghi di socialità”.

“L’entrata in vigore del nuovo Codice delle Strada – prosegue Cursano – ha creato un allarme generalizzato ed ingiustificato che anziché ridurre gli abusi nel consumo di alcol rischia di influire negativamente proprio sul consumo responsabile che è quello della quasi totalità dei consumatori”.