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domenica 20 Aprile 2025
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Gelato day: il gusto dell’anno sarà Hallelujah, dedicato al Giubileo

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Al via le preparazioni per la tredicesima edizione del Gelato day del 24 marzo. Il gusto ufficiale sarà Hallelujah, dedicato al Giubileo, un evento di profonda rilevanza culturale e spirituale che attirerà pellegrini da tutto il mondo a San Pietro in Roma. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale DolceSalato.

Il gusto Hallelujah

MILANO – La Giornata europea del gelato artigianale, celebrata il 24 marzo di ogni anno in tutti i Paesi europei, con eventi, incontri ed iniziative volti a diffondere la cultura del gelato artigianale, è un’occasione unica per contribuire alla valorizzazione di questo prodotto, alla promozione del sapere artigiano e allo sviluppo della tradizione gastronomica del settore. Peculiarità del Gelato day è il gusto dell’anno, scelto ogni anno da uno dei Paesi aderenti: per la tredicesima edizione del Gelato day del 24 marzo 2025 sarà Hallelujah, dedicato al Giubileo, un evento di profonda rilevanza culturale e spirituale che attirerà pellegrini da tutto il mondo a San Pietro in Roma.

Uno dei dolci più amati del mondo, il Gelato day

Ponte goloso tra le nazioni, il gelato artigianale è l’unico alimento a cui il Parlamento Europeo ha dedicato una giornata, e, dal 2012, si fa simbolo del sapere artigiano, da sempre espressione di qualità, autenticità e territorialità, riunendo l’Europa intera con eventi, incontri, iniziative, e, ovviamente, coni e coppette di tutti i gusti.

L’annuncio del gusto dell’anno arriva alla 64ª MIG – Mostra Internazionale del Gelato Artigianale, in corso a Longarone Fiere Dolomiti. Dopo la “Gaufre de Liège” proposta dal Belgio per l’edizione 2024, il Gusto dell’anno 2025 sarà “Hallelujah”, un tributo alla tradizione gastronomica che si intreccia con questo momento di spiritualità e incontro. La sua ricetta ufficiale sarà decretata in un concorso indetto durante la fiera SIGEP – The Dolce World Expo, in programma dal 18 al 22 gennaio 2025 presso la Fiera di Rimini.

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Nord Europa: ecco i rituali del caffè dalla Danimarca alla Svezia

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Nel Nord Europa il caffè è il cuore di certe tradizioni come l’hygge, usanza nata in Danimarca con al centro la tazzina, che celebrano la convivialità. Ecco come i diversi caffè (e le ricette) di queste nazioni trasformano la pausa in un momento speciale. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione The Blender Magazine Lavazza.

I rituali del caffè in Nord Europa

MILANO – Sarà l’atmosfera natalizia o la magia dell’inverno, ma se c’è un periodo perfetto per parlare del legame tra caffè e Nord Europa, è proprio questo. Qui, dove la vita, per tradizione, scorre più lentamente, il caffè è un rituale che riflette la cultura e i valori di paesi come DanimarcaSvezia o Norvegia

È il simbolo più che madi convivialità e anche l’elemento al centro di stili di vita che celebrano la semplicità e il piacere delle piccole cose. Lhygge è uno di questi. Nato in Danimarca e diffuso nel Nord Europa, indica un’atmosfera calda e accogliente che si può creare proprio attorno a una tazza di caffè, scelto con cura per le sue tostature morbide e sapori bilanciati. 

Dolci come torte speziate o biscotti al burro, in caffetterie danesi dall’arredamento rustico e accogliente, accompagnano allora un caffè molto lungorealizzato magari usando la caffettiera a pressione francese il cui nome in danese è Stempelkande, da cui deriva lo Stempelkande Kaffe.

Consiste in un cucchiaino di caffè per ogni tazza d’acqua per ottenere, appunto, un caffè lungo e particolarmente adatto alla condivisione, così come il caffè filtrato (quest’ultimo molto bevuto in Finlandia, magari macchiato con del latte; se è tanto macchiato, una doppia dose di latte caldo, s’intende, magari con della schiuma “da cappuccino”, allora ecco invece il caffè tipico in OlandaVerkeerd, letteralmente “sbagliato”, proprio perché sono gli olandesi stessi a riconoscerne la dose eccessiva).  

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The Warp: ecco la sala da tè giapponese stampata in 3D con legno riciclato

Lo studio di architettura giapponese Mitsubishi Jisho Design ha introdotto, in occasione della Dubai Design Week, The Warp: l’installazione architettonica in legno riciclato con la funzione da sala da tè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul sito 3Dnatives.

La struttura architettonica The Warp

DUBAI – Alla Dubai Design Week di quest’anno lo studio di architettura giapponese Mitsubishi Jisho Design ha presentato The Warp: una struttura architettonica che funge da sala da tè.

Questa installazione è stata realizzata in legno riciclato seguendo una tecnica innovativa di stampa a estrusione 3D chiamata “Regenerative Wood”. Questo processo abbraccia l’intero ciclo produttivo, dalla progettazione fino alla realizzazione di elementi architettonici e arredi, ed è stato sviluppato dallo studio Mitsubishi Jisho Design in collaborazione con un laboratorio specializzato nella lavorazione del legno.

The Warp è una struttura che combina l’artigianato tradizionale giapponese del legno alle tecniche di stampa 3D. L’installazione si compone di quasi 900 pannelli individuali ognuno dei quali è stato modellato con polvere di legno riciclato, un materiale derivato dagli scarti della lavorazione del legno.

Questi elementi sono stati poi assemblati utilizzando un metodo di carpenteria giapponese molto antico.

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Pont Traversé: la caffetteria nata da una libreria a Parigi

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Prima di diventare una caffetteria e servire bevande calde, Pont Traversé era una libreria, a sua volta ospitata in un’ex macelleria, come testimoniano le piccole teste di pecora e di toro che adornano la facciata. Leggiamo di seguito la storia del nuovo locale con un estratto dell’articolo di Alexandre Lasry per il portale d’informazione Paris Secret.

Da libreria a caffetteria, la storia del Pont Traversé

PARIGI – Uno dei luoghi più insoliti della capitale, il Pont Traversé è tra i più popolari di Parigi. Che sia per le sue vetrine, per la sua storia o per ciò che vi si può trovare oggi, i residenti apprezzano e condividono questo indirizzo insolito. Situato a pochi passi dai Giardini del Lussemburgo, questa ex libreria trasformata in caffè ha tutto. Ci piacerebbe farvela conoscere.

Affreschi d’epoca, una vetrina blu scuro e un’insegna gigante: è impossibile non notare il Pont Traversé quando si passeggia nel 6° arrondissement. E per una buona ragione: è uno degli indirizzi più riconoscibili del quartiere.

Sulla sua facciata si trovano una miriade di insegne e di indizi relativi alla sua vita passata. Sì, prima di diventare un caffè e distillare bevande calde, Pont Traversé era una libreria, a sua volta ospitata in un’ex macelleria, come testimoniano le piccole teste di pecora e di toro che adornano la facciata.

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Cacao Solution, racconta uno dei suoi fondatori, Andrea Mecozzi: “Siamo un’area commerciale di Bean to Bar internazionale”

MILANO – Si sente parlare sempre di più del cacao di alta qualità, di cioccolato Bean to Bar e soprattutto, dei prezzi alle stelle di questa materia prima. Per comprendere meglio questo mercato, tra luci e ombre, un alleato è Andrea Mecozzi, senior Sourcer – mestiere che verrà esplorato più avanti, ben distinto da quello di trader – tra i fondatori della rete d’impresa Cacao Solution, unione tra la piattaforma Chocofair e l’azienda di import Cacao Motum, società fondata da Beatrice Rosa, che si occupa di far arrivare cioccolato finito d’eccellenza da tutto il mondo in Italia.

Questa è la prima parte di una serie di puntate in compagnia di Andrea Mecozzi

Mecozzi racconta: “Da consulente di processo, negli ultimi 10 anni, ho curato l’apertura e il miglioramento di impianti di cioccolato Bean to Bar in Costa d’avorio, in Togo e in Colombia, realtà destinate alla realizzazione di prodotti per i mercati locali e per aumentare gli strumenti di analisi sensoriale in mano agli operatori. Quando le aziende nate hanno fatto un salto di livello sulla qualità del prodotto finito, abbiamo pensato che fosse il momento giusto di farle entrare in un mercato più maturo a dei prezzi differenti.

Li è nata la collaborazione con Cacao Motum, per garantire l’import sul mercato europeo del cioccolato finito prodotto nei Paesi cacaoteri”.

Come si è arrivati a Cacao Solution?

“Dopo qualche test sui mercati di nicchia, ad un certo punto l’azienda che organizza Eurochocolate, mi ha contattato per costruire un’area commerciale di Bean to Bar internazionale che portasse al grande pubblico italiano questa realtà “nuova”. È stato in quel momento che abbiamo deciso fosse arrivato il momento del battesimo di fuoco per Cacao Solution.

La rete d’impresa è il frutto della collaborazione tra Cacao Motum, specializzata nell’import e la distribuzione del prodotto finito raffinato, e della mia esperienza di sourcer sul terreno a contatto con i primi produttori di cioccolato Bean to Bar in Africa e Sud America. Ci siamo uniti per comunicare l’eccellenza e far incontrare i due estremi della filiera.

Oggi anche grandi professionisti del food vogliono capire le variazioni della tostatura nel cacao, cosa cambia nel processo di produzione del cioccolato, come usare e riconoscere la materia prima d’eccellenza, e come rileggere i propri prodotti senza limitarsi ai semilavorati di grande livello. Lavorare con una rete mi permette di poter dare esempi tangibili a coloro che formo tra le élite della gastronomia, gelateria e pasticceria su questi temi di eccellenza.”

Quindi di che si occupa Cacao Solution, con quali obiettivi e chi coinvolge?

“Tecnicamente Cacao Solution è una rete di impresa nata tre anni fa. Sfruttando in parte l’esperienza sviluppata con la mia piattaforma aziendale, Chocofair, già in attività dal 2013 e attraverso la quale continuiamo a fornire i nostri servizi di counseling e sourcing a professionisti e industrie lungo tutta la filiera del cacao, e in parte grazie alla specializzazione di Beatrice Rosa e del team Cacao Motum nell’importazione dei migliori prodotti Bean to Bar da tutto il mondo.

È da tanto che sosteniamo tutte le realtà che trasformano il cacao alle origini e questo resta l’obiettivo anche di Cacao Solution: migliorare la supply chain dal punto di vista qualitativo e nella creazione di logistica sinergica verso i mercati maturi”.

Ma perché l’Italia è un Paese di grandi trasformatori di cioccolato ma non di consumatori?

“Bisogna fare un passo indietro e analizzare il mercato italiano da una prospettiva storico-culturale che spesso la gente ignora e si è persa nel tempo.

La manifattura italiana del cioccolato, prima del Covid, è stata per lungo tempo la seconda in Europa con volumi vicini alle 700mila tonnellate di prodotto finito. Ovviamente all’inizio della mia carriera mi sono chiesto anch’io per primo le ragioni per cui gli italiani non siano grandi consumatori di un prodotto che rappresenta un’eccellenza del made in Italy, e sono giunto alla conclusione che ci sono 2 motivazioni principali.

La prima è storica: l’Italia è stata la prima produttrice di cioccolato raffinato europea, ma gli italiani non lo sanno.

Il cioccolato nasce dall’altra parte del mondo col nome di El chocolate, l’aggiunta di zucchero all’acqua amara di cacao (Xocoatl), che viene codificata dagli spagnoli nel 1595 in Messico a Oaxaca.

Questo mix di due ingredienti, impastati insieme e solidificati per essere dosati e pronti allo scioglimento in acqua o latte, che tecnicamente somiglia molto al ben noto cioccolato di Modica, nasce con una proporzione di 50% massa di cacao e 50% zucchero senza star troppo a valutare il sapore.

Sotto questa forma El Chocolate arriva e si diffonde nei vari territori controllati dagli spagnoli o in stretta relazione con essi. Le zone della penisola italiana con tali caratteristiche, dal Sud alla Lombardia, da Firenze al Piemonte erano molte: noi siamo stati quindi tra i primissimi a conoscere questo nuovo prodotto.

Dato poi che in Sicilia veniva prodotta la canna da zucchero, e che la diffusione passava attraverso la forza commerciale delle varie Repubbliche marinare, questo ci ha permesso di conoscere gli usi dello zucchero prima di altri e, con l’arrivo del Chocolate, abbiamo iniziato ad applicare migliorie importanti al prodotto realizzato dagli spagnoli con le competenze che già c’erano sull’utilizzo dello zucchero in altri prodotti.

In questo modo in Italia nasce la “Squisita gentilezza” di Francesco Redi, codificata nel Bacco in Toscana, pubblicato nel 1685. Si pensi che per tutto il ‘700, chi voleva imparare a produrre cioccolata raffinata, doveva venire nella Penisola, sia nei laboratori delle famiglie nobiliari delle capitali mercantili, sia nei monasteri del Papato; arrivavano curiosi e studenti dalla Francia, dalla Germania, dall’Inghilterra, dalla Svizzera per apprendere una tecnica superiore nella produzione della bevanda a base di cacao e aromi naturali.

All’epoca però il cacao era poco e costava molto averlo, da qui ne deriva che il cacao fosse un cibo per i nobili e le classi agiate, mentre il caffè, arrivato a Vienna con gli Ottomani si diffonde facilmente nella classe della borghesia lombardo-veneta. Con l’unità d’Italia, realizzata dalla borghesia, le Case della cioccolata (che servivano i nobili) vengono convertite in Caffé (per la borghesia) e la bevanda nera sostituisce il cibo degli dei.
Questa è la prima ragione dietro alla nostra tradizione come trasformatori, ma non consumatori.

La seconda invece è la seguente: l’Italia per motivi storici ha rotto i suoi legami con i Paesi di approvvigionamento quando si dissolve l’Impero spagnolo e con le due guerre mondiali, la rete alternativa che si era costruita con le origini, si spezza e le imprese che lo lavoravano spariscono. Facendo sparire il cioccolato artigianale dalla tradizione identitaria.

La cioccolateria italiana nella nostra memoria nasce nel secondo dopo guerra, con l’industrializzazione di grandi gruppi come Ferrero e Perugina, che hanno avuto l’intuizione e la capacità di elevare dei prodotti poveri a base di cacao – l’Italia era ridotta in ginocchio nella fase post bellica – al largo consumo. Di contro ci siamo persi l’élite.

Con l’industrializzazione siamo diventati dei forti trasformatori di prodotto finito da materia semilavorata grezza, questo non ha permesso di sviluppare un legame con la materia prima e ha tolto molta dell’identificabilità nel prodotto finale, riducendo i volumi di consumo interno.

Però siamo sia costruttori di macchine molto avanzate – le stesse usate per mandorle, nocciole e pistacchio – sia grandi manifattori di cioccolato.”

A seguire la seconda puntata dell’intervista ad Andrea Mecozzi.

Matteo Borea: “Prezzi alti, margini bassi? Ecco che cosa vi sta sfuggendo”

Matteo Borea, consulente strategico e innovatore nel settore del caffè,
co proprietario della storica torrefazione La Genovese di Albenga (Savona) e autore del blog matteoborea.it, punto di riferimento per imprenditori evoluti del caffè, spiega come ottenere maggiori profitti per il proprio business. Leggiamo di seguito la sua opinione.

L’importanza del posizionamento

di Matteo Borea

“L’unico modo per ottenere profitti significativi? Vendere prodotti con margini significativi. Ma tu o la tua azienda siete in grado di farlo? Se fosse sufficiente aumentare i prezzi per generare profitti, saremmo tutti milionari.

Ma la realtà racconta una storia diversa: anche se il tuo prodotto vale il prezzo che hai stabilito, se non hai il giusto posizionamento, le vendite non avverranno.

Perché? Semplice. Perché i clienti non percepiscono lo stesso valore. E qui sta il vero problema: la mancanza di un posizionamento chiaro.

Troppi imprenditori fraintendono questo principio. Aumentano i prezzi senza una strategia
e, quando i clienti reagiscono, si fanno prendere dal panico e li riducono.

Il risultato? Una perdita di credibilità, un marchio che sembra instabile e la fiducia dei clienti che si sgretola.

Il posizionamento non può essere improvvisato. Il posizionamento è ciò che rende un prodotto desiderabile al di là delle sue qualità funzionali. È il motivo per cui le persone pagano un prezzo per certi marchi e non per altri.

Non si tratta di ciò che si vende, ma di come il pubblico lo percepisce.

Il valore che i clienti assegnano al tuo marchio si costruisce attraverso azioni coerenti:
servizio, comunicazione e, soprattutto, FIDUCIA.

Non si diventa un marchio premium da un giorno all’altro. Occorre guadagnarselo. Ogni interazione che i clienti hanno con te rafforza o indebolisce il tuo posizionamento.

È nel modo di comunicare, di gestire i problemi, di presentare l’azienda. Se il tuo è sempre stato visto come un “brand economico”, non puoi decidere un giorno di diventare premium perché i tuoi costi sono aumentati.

Il posizionamento è un’identità, non un cartellino del prezzo. Ed è qui che arriva il colpo di scena inaspettato.

In questo momento sta accadendo qualcosa che la maggior parte degli imprenditori sta trascurando.

(dati concessi)

Il prezzo del caffè verde ha raggiunto i massimi storici. I futures dell’Arabica a New York hanno superato i $9 al kg, mentre quelli della Robusta a Londra si sono avvicinati ai $6, con un aumento di oltre il 100% in un solo anno.

E questo sta cambiando il modo in cui le persone vedono il caffè.

Senza che ce ne rendiamo conto, questa crisi sta facendo qualcosa che noi imprenditori del caffè non sono mai riusciti a fare:

Ci posiziona come aziende di lusso. “Per la prima volta, il caffè non è più visto come commodity, ma come qualcosa di raro, prezioso ed esclusivo”.

Si tratta di un’opportunità incredibile per riposizionare il proprio marchio. Naturalmente, non sto minimizzando le sfide. Sono pienamente consapevole delle difficoltà che il nostro settore sta affrontando: costi alle stelle, margini in calo e lotta per trasmettere valore ai clienti.

Ma proprio per questo è fondamentale agire in modo strategico. Non possiamo limitarci a lamentarci dell’aumento dei costi.

Dobbiamo trasformare questa crisi in una leva per il nostro business. E come possiamo farlo?

● Dimostrando la nostra competenza, essendo trasparenti e supportando i nostri clienti.
● Creando fiducia. Questa è la chiave del posizionamento.

Borea aggiunge: “Oggi più che mai i clienti vogliono lavorare con aziende affidabili, che comunichino efficacemente il valore dei loro prodotti e che non si nascondano dietro aumenti di prezzo ingiustificati.

Questo è esattamente ciò che sto facendo qui: offrire valore, lavorare con trasparenza, aiutare i miei clienti a superare la tempesta.

Chi lo fa oggi avrà clienti fedeli domani, clienti che remano nella stessa direzione piuttosto che abbandonare la nave.

Questo è un momento decisivo: o si costruisce la fiducia e si rafforza il proprio posizionamento, o si perde terreno rispetto a chi ha già capito come trarre vantaggio da questa trasformazione”.

Borea: “Se vuoi approfondire ti consiglio di legger il mio ultimo articolo sul mio blog, in cui spiego come il caffè si stia trasformando da commodity a prodotto di lusso e come sfruttare questa transizione a proprio vantaggio”.

                                                                                                               Matteo Borea

Futures degli arabica di nuovo sopra i 4 dollari, in Belgio, Olanda e Germania scaffali vuoti a causa dei rincari

MILANO – Seconda giornata consecutiva di forti rialzi sui mercati del caffè. Ieri, martedì 4 marzo, il contratto per scadenza maggio di New York è tornato, in corso di contrattazione, sopra la soglia psicologica dei 4 dollari per libbra, per chiudere a 398,40 centesimi, con un guadagno di 1.175 punti (+3%) rispetto a lunedì. A Londra, il contratto principale (maggio) si è rivalutato del 2,9% (+$159) terminando a 5.645 dollari, massimo dell’ultima settimana.

Continua a preoccupare la scarsità di precipitazioni nel Minas Gerais, massimo stato produttore brasiliano di arabica, nel periodo critico dello sviluppo dei chicchi del prossimo raccolto.

Notizie negative dai mercati anche sul fronte delle statistiche

L’Ico ha reso noto ieri che le esportazioni mondiali di caffè sono state pari, a gennaio, a 10,83 milioni di sacchi, contro 12,49 milioni nello stesso mese di un anno fa, in calo di oltre il 13%.

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Icam chiude il 2024 con 324 milioni di fatturato, +50% sul 2023: investiti 40 milioni per aumentare la capacità produttiva

Icam ha concluso il 2024 con un fatturato di 324 milioni di euro e una crescita pari al 50% rispetto allo scorso anno. L’azienda è riuscita ad affrontare la crisi anche grazie alle relazioni dirette di lunga data con i coltivatori e alla filiale aperta in Uganda. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del portale d’informazione Alimentando.

Il bilancio di Icam per il 2024

ORSENIGO (Como) – Icam, azienda specializzata da quasi 80 anni nella produzione e commercializzazione di cioccolato e semilavorati del cacao, ha chiuso il 2024 con 324 milioni di euro di fatturato, in crescita del 50% rispetto all’anno precedente, quando il fatturato fu di 215 milioni.

icam agostoni
Il logo Icam

Una crescita legata anche all’ingresso di nuovi clienti, soprattutto dall’estero, un investimento di 40 milioni di euro per incrementare la capacità produttiva e soddisfare una domanda in notevole aumento, in un mercato in crisi come quello del cacao. L’azienda è riuscita ad affrontare la crisi anche grazie alle relazioni dirette di lunga data con i coltivatori e alla filiale aperta in Uganda.

ICAM lo stabilimento di Orsenigo (Como)
ICAM lo stabilimento di Orsenigo (Como)

“Da inizio 2024 abbiamo avviato una strategia di espansione, insieme ad alcuni istituti finanziari, suddivisa in tre parti e per un totale di 86 milioni di euro”, spiega Adelio Crippa, amministratore delegato di Icam, in un’intervista all’Economia del Corriere e riportato da Alimentando.

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Angelo Agostoni, dal 2024 presidente onorario di Icam Cioccolato (foto concessa da Icam)

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Lindt & Sprüngli, che produce anche in Italia: vendite aumentate del 7,8% a 5,47 miliardi di franchi svizzeri, 5 miliardi 833 milioni di euro

MILANO – Lindt & Sprüngli, azienda svizzera leader nella produzione di cioccolato premium che produce anche in Italia, ha conseguito risultati finanziari eccellenti, superando le previsioni di margine EBIT per l’anno finanziario, nonostante un contesto di mercato complesso. Nel 2024, il Gruppo ha registrato una crescita sia in valore che in volume, guadagnando quote di mercato a livello globale e affermandosi tra i produttori di cioccolato in più rapida espansione, con tutte le regioni in continua espansione.

In questo scenario, il Gruppo ha realizzato un fatturato di 5,47 miliardi di CHF e un margine EBIT del 16,2%.

“I risultati che abbiamo raggiunto in un contesto di mercato complesso dimostrano la dedizione del nostro team: un motivo di grande orgoglio per noi,” Adalbert Lechner, CEO del Gruppo Lindt & Sprüngli

Performance finanziaria

Nel 2024, Lindt & Sprüngli ha registrato una crescita organica del 7,8%, raggiungendo un fatturato di 5,47 miliardi di CHF (rispetto ai 5,20 miliardi di CHF dell’anno precedente). La crescita in franchi svizzeri è stata del 5,1%. Gli effetti valutari hanno inciso negativamente per il -2,7%, principalmente a causa dell’indebolimento del dollaro statunitense e dell’euro. L’utile operativo (EBIT) ha segnato un aumento annuo dell’8,7%, attestandosi a 884,2 milioni di CHF, con un margine EBIT del 16,2% (anno precedente: 813,1 milioni di CHF, margine del 15,6%).

Il costante controllo dei costi, i guadagni in efficienza, l’ottimizzazione dei processi e gli adeguamenti di prezzo per compensare i maggiori costi del cacao hanno contribuito all’aumento della redditività. Di conseguenza, l’utile netto ha raggiunto i 672,3 milioni di CHF (anno precedente: 671,4 milioni di CHF), con un rendimento sulle vendite del 12,3%. Senza l’impatto fiscale straordinario del 2023, l’utile netto avrebbe registrato una crescita ancora più significativa.

Il Free Cash Flow si è attestato a 635,3 milioni di CHF, con un solido margine del 11,6%. La solidità patrimoniale del Gruppo resta robusta: al 31 dicembre 2024, il rapporto di equity era pari al 52,8% (anno precedente: 54,2%).

Eccellenti risultati in Europa

La regione “Europa” ha registrato risultati eccellenti, con vendite pari a 2,59 miliardi di CHF (anno precedente: 2,41 miliardi di CHF), segnando una crescita organica del 9,5%. Lindt & Sprüngli ha ottenuto una crescita a doppia cifra in numerosi mercati europei, con performance particolarmente positive nel Regno Unito, nell’Europa Centrale e Orientale, in Francia e nel Benelux. Altri mercati chiave, come Germania, Italia e Svizzera, hanno contribuito ai risultati con una crescita solida a una cifra media.

Risultati concreti nella sostenibilità

Lindt & Sprüngli sta ottenendo grandi risultati in ambito di sostenibilità: nel 2024 ha raggiunto l’obbiettivo di avere 82% delle sue principali materie prime, dei packaging e oltre l’84% del suo cacao proveniente da fonti responsabili.

Tutti i chicchi di cacao provengono già da programmi di approvvigionamento responsabile e il Gruppo punta a estendere questo approccio a tutti i prodotti a base di cacao entro la fine del 2025. Per ridurre il proprio impatto ambientale, Lindt & Sprüngli sta attuando un piano di decarbonizzazione incentrato su cacao, latticini, packaging e trasporti, supportando così il suo obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.

Prodotti di punta e innovazione guidano la crescita

Nel 2024, la tendenza verso il gifting, le praline e le figure cave di cioccolato si è confermata in crescita. I principali motori di sviluppo sono stati Lindor ed Excellence, che hanno registrato una solida crescita organica e un aumento della quota di mercato in tutte le regioni.

Tra le innovazioni di prodotto, spiccano le nuove varianti di Lindor, come il gusto Tiramisù. Alla fine del 2024, Lindt & Sprüngli ha introdotto nei propri negozi la limited edition Lindt Dubai Chocolate, realizzata a mano. Il grande successo di questa novità ha spinto il Gruppo a sviluppare Lindt Dubai Style Chocolate, con una ricetta simile, per la distribuzione nel canale wholesale.

Prospettive

Per il 2025, Lindt & Sprüngli prevede che il trend dal consumo di quantità a quello di qualità nel settore del cioccolato premium continuerà, sostenendo così la sua strategia a lungo termine come leader di mercato in questa categoria.

Sulla base degli adeguamenti necessari dei prezzi, Lindt & Sprüngli si aspetta una crescita organica maggiore, tra il 7% e il 9% nel 2025, e un miglioramento del margine operativo di 20–40 punti base. Per gli anni successivi al 2025, il Gruppo conferma i suoi obiettivi strategici di crescita organica delle vendite nel medio-lungo termine, fissati tra il 6% e l’8%, con un miglioramento del margine operativo di 20–40 punti base all’anno.

Usa: prevista la crescita delle esportazioni italiane nonostante i possibili dazi a cui sta pensando Donald Trump

MILANO – Gen USA, la società italoamericana che dal 2019 supporta le aziende italiane che vogliono operare nel mercato statunitense con successo, ha portato in Italia in occasione del SIGEP i 30 maggiori buyer delle più importanti catene di pizzerie, caffetterie e distributori nazionali in ambito horeca e li ha fatti incontrare con le 90 maggiori aziende negli ambiti della gelateria, pasticceria, panificazione artigianale e caffè; un mercato che nel 2024 ha raggiunto il valore stimato di 29 miliardi di dollari nel quale il made in Italy pesa per circa il 20% del mercato artigianale di fascia alta, con punte più elevate in segmenti come caffè e gelato.

Un giro d’affari che i buyer individuati da Gen USA, che conoscono e indirizzano il mercato, può ancora crescere molto perché la tendenza predominante in atto in quel mercato va verso la ricerca di prodotti che soddisfino il bisogno di salute e benessere del mercato statunitense più alto spendente, quello che compra i prodotti Made in Italy.

“Stiamo assistendo ad una grande richiesta di prodotti gluten free e lactose free, che si accompagnano a linee speciali per allergie e intolleranze; Vegan e plant-based senza derivati animali, – racconta Mauro Bandelli, ceo di Gen USA – ma anche proposte gourmet veg che non rinunciano al gusto e infine ingredienti premium e artigianalità: tutte caratteristiche tipiche della produzione di qualità made in Italy.”

Una potenzialità di crescita delle esportazioni italiane è prevista di almeno il 5% anche a prescindere da eventuali dazi nel 2025 cui sta pensando il presidente Donald Trump, perché si tratta di prodotti di alta qualità apprezzati da un pubblico con buone possibilità economiche a cui una differenza di qualche punto percentuale non fa cambia le abitudini di consumo. Ad esempio emerge dai dati dell’Osservatorio Sigep che sono 1.000 le gelaterie artigianali in America con vendite passate dai 410 milioni di dollari nel 2009 a una stima di 430 milioni di dollari nel 2017 per arrivare a 473 milioni di dollari nel 2020.

Esemplare l’esperienza di Brazzale, una delle più antiche aziende casearie italiane, presente in oltre 60 mercati esteri per un volume d’affari di 320 milioni di euro, compreso quello statunitense, che grazie a Gen USA in occasione del SIGEP 2025 ha avuto modo di entrare in contatto con numerosi e importanti buyer della distribuzione e del foodservice nel Nord America.

“Gli incontri con i buyer portati da Gen USA sono un punto di partenza per lo sviluppo di interessanti collaborazioni commerciali. – racconta Martina Brazzale, export area manager – In particolare abbiamo avuto modo di conoscere nuovi operatori del mercato e di presentare loro i nostri formaggi e burri, che hanno riscontrato un grande interesse per la loro qualità, sostenibilità e versatilità di applicazioni.”

“Se è vero che l’annuncio dei dazi fatto dal presidente Trump non sta impensierendo realmente i produttori di eccellenze italiane, è altrettanto vero che il mercato statunitense ha delle regole che non possono essere sottovalutate se si vuole avere successo. – prosegue Bandelli – In primis sicurezza e certificazioni (ad esempio BRC, IFS, USDA Organic, Kosher, Halal, Non-GMO, Gluten Free Certification), la flessibilità di proposte commerciali in linea con le richieste specifiche di un mercato che spende ma vuole essere soddisfatto: versioni “healthy”, formati monodose, opzioni vegane/vegetariane. Puntualità e affidabilità logistica, fondamentale avere un sistema di distribuzione e spedizione efficiente, con tempi certi e tracciabilità, e servizi di supporto post-vendita: attività di marketing congiunte, formazione del personale e assistenza tecnica (specie nel caso di macchinari e semilavorati).”

“Si tratta di un mercato alto spendente, ma molto esigente che non accetta compromessi al ribasso; – conclude Bandelli – è per questo che una conditio sine qua non per avere successo è avere una presenza in loco sufficientemente agile e strutturata per poter dialogare direttamente e con lo stesso linguaggio di chi lo governa.”