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giovedì 17 Aprile 2025
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India, quando l’espresso o il cappuccino portano a casa un pezzetto di sogno dell’Occidente

MILANO – La coffeemania indiana fa notizia anche sul Messaggero. Nel suo numero di sabato scorso, il quotidiano della capitale, in una pagina dedicata alla fiorente viticoltura della Napa Valley, si è occupato anche del fenomeno dei coffee shop.

In primo piano, la storia della catena “Barista”, nata a Nuova Delhi nel 2002, le cui insegne beige, arancio e marrone svettano ormai in tutte le principali città del paese. Sebbene i consumi siano cresciuti solo del 2%, le caffetterie hanno un impatto enorme sul piano del lifestyle: sedersi ai tavolini e sorseggiare un cappuccino è l’ultima moda tra i giovani metropolitani.

“Da Barista” scrive l’articolo “si leggono i giornali, si ascolta e si guarda Mtv, si fa finta di trovarsi a Roma o a New York”.

La maggioranza della popolazione appare comunque tagliata fuori da questa rivoluzione dei consumi e dei costumi: una tazzina di espresso costa infatti la bellezza di venticinque rupie: quanto basta per fare un pasto completo in un locale modesto.

Ma, come si legge alla fine “sedere da Barista con una tazza di cappuccino e Mtv davanti significa portare a casa anche un pezzetto di sogno. Il sogno dell’altrove occidentale che, per molti, è di fatto lontano quanto la luna”.

L’errore storico in mostra a Fermo: perché Cristoforo Colombo non poteva portare caffè dall’America dove arrivò soltanto nel 1723

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MILANO – Tratto da una notizia giunta recentemente in redazione sulla mostra di Fermo dedicata a Cristoforo Colombo: «Tra le rivoluzionare novità portate dalle Americhe, che per Colombo e per i suoi coevi, erano Le Indie, nella vecchia e ancora quasi medievale Europa, figurano prodotti fondamentali che poi contribuirono nei secoli a risolvere carestie e malanni di ogni genere.

Tra i numerosissimi alimenti ed erbe portati dal navigatore genovese a Isabella di Castiglia vanno ricordati: mais, caffè, cacao, peperone, patata e fagioli. A Fermo, oltre ai volumi a stampa e incisioni che riproducono le nuove specie vegetali ed animali provenienti dal Nuovo Mondo, sono in mostra scatole lignee usate per contenere “il caffè, la farina di patate e la salsa pariglia” utilizzate a scopo terapeutico ed alimentare ed una farmacia portatile in legno del XVII secolo con ancora gli originari contenitori dei farmaci, in gran parte realizzati con le nuove specie vegetali importate dalle Americhe. ».

L’autore del pezzo probabilmente non sa che la Coffea, pianta originaria dell’Etiopia e dello Yemen, giunse nel Nuovo Mondo appena nel 1723 portata, al termine di un’avventurosa traversata oceanica, dall’intrepido capitano Gabriel de Clieu, che la trapiantò con successo nella Martinica.

Dall’isola, la nuova coltura si diffuse poi anche sul continente.

Appuntamenti: Happy Hour Evoluzionistici da oggi a Milano

MILANO – Chi l’ha detto che happy hour è sinonimo di conversazioni frivole o banali stile “Milano da Bere” . Si può trascorrere l’ora dell’aperitivo anche discutendo di argomenti più impegnativi, come i numeri di Fibonacci o la vera storia degli Hobbit.

Per questo nascono oggi nel capoluogo lombardo gli Happy Hours Evoluzionistici. Ogni secondo e quarto giovedì del mese, fino al 22 giugno 2006, gli appassionati di evoluzione potranno ritrovarsi a partire dalle 18,30 (e sino alle 22,30) presso il “Jardin d’Histoire” del Museo di Storia Naturale e chiacchierare, discutere, scambiare opinioni in modo informale sorseggiando un drink e consumando un pasto leggero a soli 5 Euro.

Ogni incontro proporrà un tema scientifico che verrà affrontato con l’intervento di professori ed esperti. Ad inaugurare questa serie di appuntamenti sarà Marco Ferraguti, docente di Evoluzione biologica presso l’Università Statale di Milano, che proporrà un dibattito dal titolo “I numeri della vita”.

Negli incontri successivi si parlerà di biologia e botanica con “Il giardino della diversità” e di determinismo biologico con “Siamo o non siamo geni?”. Ma si discuterà anche di antropologia scoprendo le novità sulla storia degli Hobbit (“Alla scoperta dell’Homo di Flores”).

“L’avvocato del diavolo” tratterà del rapporto fede/scienza. “La parola alla scienza” si occuperà della figura del giornalista divulgatore. “Una fabbrica di racconti” ripercorrerà il mito dell’eroe nella storia dell’uomo.

Si parlerà inoltre di evoluzione culturale (“Anche la cultura evolve”), nonché di estetica e filosofia del paesaggio (“L’uomo e la terra”). Il penultimo appuntamento svelerà “A cosa serve il 5% di un’ala?”, mentre l’Happy Hour conclusivo tratterà del “biotrasferimento alimentare”.

Inchiesta del Wsj sulle abitudini alimentari dei russi: il 27 beve caffè durante il pasto principale

NEW YORK – Un recente sondaggio sui costumi alimentari europei commissionato alla Gfk Custom Research Worldwide dal Wall Street Journal e pubblicato, pochi giorni fa, sull’edizione europea del quotidiano statunitense ha sfatato molti miti e stereotipi sulle abitudini a tavola dei cittadini del vecchio continente.

Si scopre così che i tedeschi bevono sempre meno birra, che il 92% delle donne francesi evita il vino durante i pasti, che gli austriaci sono ossessionati dalla dieta e che quasi la metà dei cechi considera la propria cucina “troppo pesante”.

Stando ai risultati dell’indagine (basata su un campione di 20.795 persone intervistate in una ventina di paesi), la cucina italiana è la seconda più sopravvalutata al mondo (lo sostiene il 7% degli interpellati) dopo quella francese (19%) e a pari merito con quella cinese, pur rimanendo molto apprezzata per la sua leggerezza.

Ben il 90% dei nostri connazionali consuma in casa propria almeno un pasto della giornata.

Al Belpaese spetta anche il primato per il consumo di vino a pasto (33%), mentre quello della birra è appannaggio dei cechi. I finlandesi preferiscono il latte (53%) e i tedeschi i succhi di frutta (32%).

Le risposte fornite si ricompongono in un vasto ritratto sociologico del vecchio continente evidenziandone le diverse culture e i differenti costumi. Scopriamo così che la Turchia è il paese più maschilista (nel 95% dei casi sono solo le donne a cucinare), mentre in Gran Bretagna, in una famiglia su tre, è l’uomo a stare di più ai fornelli.

Un dato interessante giunge dalla Russia, dove ben il 27% degli intervistati dichiara di bere caffè durante il pasto principale.

Dal Web: ecco una guida ai migliori caffè espresso di San Francisco in California

MILANO – Navigando nell’universo virtuale di Internet abbiamo scoperto di recente un sito decisamente originale. Le sue coordinate sono: http://www.coffeeratings.com

Si tratta di una guida ai migliori espresso bar di San Francisco. Accedendo alla home page, l’internauta ha la possibilità di consultare un database razionalmente organizzato, con le schede di oltre 400 locali della città e dei circondari .

I ratings (espressi con un punteggio da 1 a 10) valutano la qualità della bevanda (aroma, corpo, crema, colore, ecc.), il livello del servizio e la gradevolezza dell’ambiente, il tutto sulla base di rigorosi criteri metodologici.

Il sito è nato nel 2003 ad opera di Greg Sherwin, un quotato web engineer con una sfrenata passione per il caffè, nata una quindicina di anni fa durante un viaggio nel nostro paese.

Con il passare del tempo, questa passione si è “metastatizzata” (l’espressione è dello stesso Sherwin) a tutto ciò che è italiano: dalla lingua allo sport (è uno sfegatato tifoso della Juventus), dalla gastronomia, ai vini e le grappe (in particolare, la “Nonnino”).
Sherwin redige personalmente tutte le recensioni aggiornandole costantemente. Il sito comprende anche un blog ricchissimo di notizie, commenti e contributi vari.

Molte le insegne italiane al top. Tra queste c’è anche il celebre Caffè Trieste, il primo locale di tutta la West Coast ad aver servito l’espresso, fondato nel 1956 dal mitico Gianni Giotta, classe 1920, istriano purosangue nativo di Rovigno. Ancora oggi, “Papà Giovanni” segue personalmente gli affari nelle sue quattro location dove ama anche cimentarsi nei classici della canzone italiana assieme alla Caffè Trieste Band.

C’è illycaffè tra i vincitori del Premio Impresa Ambiente

TRIESTE – Illycaffè figura tra i vincitori della Prima Edizione del Premio Impresa Ambiente, promosso dai Ministeri dell’Ambiente e delle Attività Produttive, dall’Unioncamere e dalla Camera di Commercio di Roma.

Il Premio è nato con l’obiettivo di valorizzare le realtà che abbiano contribuito a migliorare il rapporto con il loro contesto fisico e sociale sviluppando prodotti nuovi, introducendo innovazioni di processo, studiando tecnologie innovative o avviando cooperazioni internazionali in un’ ottica di Sviluppo Sostenibile.

Il torrefattore triestino ha vinto nella categoria “Migliore Cooperazione Internazionale” ottenendo un riconoscimento ad ex-aequo con la Berbrand srl di Brescia.

“Illycaffè ha da tempo avviato un rapporto di collaborazione diretto con i coltivatori della materia prima” si legge nella motivazione.

“Selezionati i migliori produttori brasiliani, l’azienda ha infatti avviato un processo di fidelizzazione garantendo loro ricavi costanti e comunque mediamente maggiori di quelli ottenibili sul libero mercato, con una particolare attenzione al rispetto della biodiversità locale e ai principi di responsabilità sociale”.

 

Nuovi prodotti: comincia dalla Corea del Sud l’avventura dei Green Tea Latte di Starbucks

SEUL – Saranno gli Starbucks coreani a sperimentare per primi il Green Tea Latte, il nuovo Latte con il tè verde al posto del caffè. Se la bevanda incontrerà i favori del pubblico, il lancio proseguirà in grande stile nel resto del Far East e negli stessi Stati Uniti.

La Corea viene spesso scelta come “cavia” per saggiare le reazioni dei consumatori di fronte a dei prodotti innovativi nel settore dell’elettronica e delle comunicazioni.

Di qui l’idea di fare lo stesso anche nel campo dei coffee bar testando la vendibilità di questi nuovi Latte.

Come ha spiegato S.K. Chang, chief executive officer di Starbucks Coffee Korea (che tra tutte le divisioni estere di Starbucks è la quinta al mondo per numero di punti vendita), “i giovani costituiscono una parte importante della nostra clientela e sono particolarmente attenti alle nuove mode, per cui è facile per noi ottenere dei feedback immediati sui prodotti e i servizi che forniamo”.

Detroit: il maxi Salone americano dell’auto attorno a una macchina del caffè sul concept Roadjet dell’Audi

DETROIT (Stati Uniti) – Tra le mille novità vere al maxi salone dell’auto nella capitale mondiale delle quattroruote c’è anche un modello, in realtà ancora un prototipo, con una macchina del caffè a bordo.

Così Audi ha svelato la concept car Roadjet dove il marchio di lusso del Gruppo Volkswagen ha scelto di dedicare la massima attenzione agli interni, ha spiegato il capo dello stile Audi, il varesino Valter de’ Silva.

“La Roadjet è compatta, classica nelle linee ma con un abitacolo all’insegna della fantasia: luci che si accendono a sfioramento, poggiatesta comandati elettricamente e la sorpresa della macchina del caffè integrata in un bracciolo tra i sedili posteriori”.

Caffè cultura: la parola di oggi è berry

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MILANO – Caffècultura, le parole del caffè, la rubrica con la quale abbiamo esaminando tutte le parole della lingua italiana collegate in qualche al mondo del caffè è terminata il 29 dicembre con il vocabolo zuppetta. Il tutto utilizzando le definizioni del vocabolario Lo Zingarelli 2005.

Da qualche settimana è in vendita l’edizione 2006 che abbiamo già recensito e che utilizzeremo prossimamente per i vocaboli legati al the e al cacao.
Si riparte da quegli stessi vocaboli ma abbinati alla traduzione. La fonte sarà il Ragazzini 2006, sempre in collaborazione con la Casa editrice Zanichelli.

Non è una sorpresa che i testi di questa fase, prima italiano-inglese poi inglese italiano, per notare le differenze d’approccio agli stessi soggetti delle due lingue saranno identici tra Comunicaffè, diffuso prevalentemente in Italia tra 20.000 operatori, e Comunicaffè International, diffuso prevalentemente nel mondo a 15.000 operatori, perché la cultura del caffè non ha barriere culturali o geografiche.

E, una volta tanto, abbiamo già scoperto che l’italiano è lingua leader nel settore del caffè.

Nel vocabolario inglese-italiano il sostantivo caffè batte per 94 a 67 coffee.
Come era naturale abbiamo cominciato con caffè e proseguito con espresso. Da oggi tutti i vocaboli in ordine alfabetico.

berry
n.
1 (bot.) bacca
2 chicco (d’uva, di grano, di caffè)
3 uovo (di pesci o crostacei)
4 (slang GB) sterlina
5 (slang USA) dollaro.

Per le osservazioni sulle definizioni dei vocaboli i lettori possono rivolgersi direttamente alla redazione de il Ragazzini e-mail lineacinque@zanichelli.it sito Web www.zanichelli.it
La parole del caffè in italiano e in inglese sono tratte il Ragazzini edizione 2006, dizionario Inglese-Italiano Italiano-Inglese. Questa edizione contiene oltre 400.000 voci e accezioni, oltre 6.000 neologismi, 3.000 verbi frasali e 120.000 termini specialistici, l’indicazione delle 4.300 parole inglesi più importanti.

Scrive Paolo Marchi: «Il piacere del caffè: aromi puri, rari e costosi nei bar dei sommelier», con il commento dai dati sui prezzi di Edi Sommariva (Fipe)

MILANO – Riprendiamo la versione integreale dell’articolo di ieri de Il Giornale, diretto da Maurizio Belpietro, a commento dei dati diffusi lunedì da Edi Sommariva direttore Generale della Fipe che abbiamo dato con rilievo nell’edizione di ieri.

Un’articolo che, per qualcuno, potrà essere punto di partenza per commmenti. Siamo qui ad aspettarli.

di Paolo Marchi

Caffè mania: un po’ come col vino (ne beviamo sempre meno ma sempre più buono perché è ormai un piacere), stanno calando anche i consumi di caffè al bar, meno 3 per cento ogni anno.

Eppure mai come ora se ne parla come di un qualcosa di unico, un’ambrosia nera che trascende il mero contenuto della tazzina. Siamo ormai ai sommelier dei chicchi di arabica, ai dottoroni che discettano di cru e di miscele, di macchine e di cialde, di moka e di napoletane.

E i prezzi schizzano all’insù. Restiamo in strada, un mondo ben distinto da quello del caffè fatto in casa, magari per il caffelatte, il modo migliore per rovinare un caffè e uccidere il latte. Un espresso costa poco, all’apparenza perché se si va oltre il listino se ne scoprono delle belle come ha evidenziato Edi Sommariva, segretario generale della Fipe-Confcommercio.

Intanto non c’è un prezzo uniforme: da Reggio Calabria a Bolzano non corre solo l’Italia intera, ma anche il lievito che fa salire il prezzo: dai 61 centesimi calabresi ai 96 bolzanini, non male.

Mai però come il centuplicare di valore nei passaggi tra crudisti, torrefattori (circa ottocento) ed esercenti. Tenetevi forte: sette grammi di polvere di caffè costano in partenza 0,0124 euro (zero virgola zero più un quasi nulla), quindi 0,15 e al bancone 76 centesimi, media nazionale.

Questo spiega perché i gestori l’espresso se lo tengono ben stretto e soddisfano ogni capriccio, dallo schiumato (solo schiumetta e niente latte) al macchiatone, un americano molto macchiato, sa di poco ma riscalda, passando per il gocciato (solo le prime gocce, pura essenza, basta per bagnarsi il palato) e magari per il pagato, una tazzina pagata e lasciata come pensiero delicato a chi non può permettersela.

Quale che sia il ghiribizzo del momento (c’è chi ama ripassare per sé il fondo dell’ultimo espresso: acqua sporca in versione light), ogni giorno un italiano su due si beve il suo caffè al bar, compresi quelli che poi diventano cappuccino, ovvero gli espressi consumati sono 30 milioni al dì (e l’incasso finale di 21 milioni di euro).

E se impressionano i prezzi di vino o superalcolici, il giro d’affari assicurato dal caffè vince su qualsiasi altro: nelle insegne tradizionali tocca quasi il 52 per cento (51,7), seguono bibite (20,65) e alcolici (10,24).

Forse il dato che stupisce di più, è il peso dei chicchi consumati ogni giorno: 192 tonnellate. E se al bar in genere vengono macinate delle miscele, ricche di arabica con una certa percentuale di robusta per dare più corpo, quelli che fanno impazzire sono i caffè cosiddetti mono-origine, i chicchi in purezza, per dirla alla francese i cru.
E qui ci si può sbizzarrire, a patto di avere soldi da spendere e a volte pure scarso senso del ridicolo.

Il caso eclatante ha un nome insolito: Kopi Luwak. Letto in fretta sembra il nome di un’ala ungherese o di un brevetto per Internet, invece non c’è cru di caffeina più esclusivo e caro. Arriva dall’Indonesia, nella cui lingua la parola kopi sta per caffè. E Luwak? È il nome di un predatore notturno, una sorta di volpe che vive sugli e attorno agli alberi.

Questo magari anche simpatico mammifero va ghiotto delle bacche rosse del caffè che mangia come noi uomini facciamo con le ciliege. Con una differenza però: noi i noccioli li sputiamo, lui no, li ingurgita e poi li espelle, naturalmente in direzione opposta rispetto alla bocca.

Capito? Popò e caffè. Solo che nel suo caso le bacche assicurano una deiezione dorata visto che non c’è caffè più caro, da Peck a Milano 448 al chilo o 48 all’etto che disturba meno.

Particolare demoralizzante: a dicembre, è risultato il caffè più venduto.

E il secondo?

Il Blue Mountain, jamaicano. Ovviamente il secondo più caro: 209,50 euro. Il problema è che molti acquistavano il Kopi Luwak solo per spendere e spandere. Che sia sublime poco importa, che sappia di cioccolato e nocciole anche.

E anche se Hemingway diceva che «la caffeina mette l’uomo a cavallo e la donna in imbarazzo», bisogna stare attenti all’effetto contrario dopo l’eccitazione iniziale. Meglio il vero Viagra, in assenza del quale meglio allora il Salvador Pacamara, praticamente privo di caffeina, con ricche note fruttate.

E se volete improvvisarvi esperti, sappiate che le quattro voci giudicate nei test sono corpo, acido, amaro e astringenza. Se trovate un espresso dolce, senza aggiunta alcuna, cambiate aria.