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martedì 26 Novembre 2024
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A Londra c’è un caffè italiano roccaforte contro gli immobiliaristi

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Regno Unito Londra Caffè Francesca's cafè
Un classico autobus a due piani di Londra

LONDRA – I tavoli e le sedie sono già stati portati via. Non c’è più acqua corrente nè elettricità e dal tetto distrutto dagli operai entrano fiocchi di neve. Ma gli affezionati clienti del Francesca Cafè di Hackney, nell’East End di Londra, continuano ad affollare il bar italiano fondato 30 anni fa dal siciliano Calogero Tony Platia, stavolta non per gustare una buona colazione, bensì per dimostrare la loro opposizione ai piani di demolizione che vedrebbero il bar di Tony e molti altri negozi scomparire per far spazio ai progetti di immobiliaristi senza scrupoli.

Gli abitanti della zona hanno occupato il bar italiano di Broadway Market, una graziosa strada che ospita negozi e bancarelle, il giorno dopo Natale e ora si danno i turni affinchè nel locale vi siano sempre circa 60 persone ad impedire il ritorno dei bulldozer.

Naturalmente la battaglia non è soltanto per il Francesca Cafè. Quattro anni fa, intuendo che l’area di Broadway Market rappresentava un buon investimento, diversi gruppi di immobiliaristi stranieri hanno acquistato dall’autorità locale, in disperato bisogno di fondi, molti degli edifici occupati dai negozi della strada.

Da quando è stato confermato che Londra ospiterà le olimpiadi del 2012, in vista delle quali le aree popolari dell’East End e soprattutto di Hackney subiranno profondi mutamenti, gli immobiliaristi hanno dunque deciso che è venuto il momento buono per trasformare la fila di graziosi e semplici negozi di Broadway Market in un’area residenziale e di shopping di lusso.

Ma l’ondata di benessere non arriverà a giovare alle persone che, come Tony il siciliano, hanno vissuto nel quartiere per decenni.

«Sono le persone come me, negozianti locali che si sono sforzati di dare un senso di comunità a Broadway Market, che dovrebbero festeggiare l’arrivo delle Olimpiadi. Invece perdo il mio lavoro e la mia casa. Per 30 anni ho dato la mia vita alle persone del posto. Tutto ciò che gli immobiliaristi vogliono fare è prendere i soldi che arrivano ad Hackney e portarseli via», ha detto il proprietario del Francesca Cafè.

Costa d’Avorio: sceso quasi a zero l’export di cacao

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La bandiera della Costa d'Avorio

YAMOUSSOUKRO – Come previsto la chiusura di due importanti banche in Costa d’Avorio minaccia di dare il colpo definitivo alle esportazioni di cacao dal Paese che da solo vale circa il 40% delle forniture mondiali della materia prima. Il flusso di merce si è quasi azzerato nelle ultime settimane, a causa di un bando all’export invocato dal presidente Alassane Ouattara per strangolare il rivale Laurent Gbagbo, che si rifiuta di lasciare il potere dopo la sconfitta elettorale del 28 novembre.

L’export di cacao in Costa d’Avorio

Lo stesso Ouattara in un’intervista al Financial Times ha dichiarato di voler prorogare la misura, che inizialmente doveva durare fino al 23 febbraio, fino alla resa di Gbagbo: affermazioni che ieri hanno spinto le quotazioni del cacao ai massimi da un anno a New York.

Antonio Quarta commenta la scorta di cialde Nespresso di Draghi: “Delusione per la scelta”

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Quarta antonio quarta caffè
Antonio Quarta patron della Quarta Caffè di Lecce

Antonio Quarta, amministratore unico della torrefazione Quarta Caffè di Lecce, esprime la sua opinione sull’ordine di 60.600 cialde Nespresso da parte della Presidenza del consiglio dei ministri. Il torrefattore si sofferma sul comportamento degli enti pubblici che, secondo il torrefattore, “non perdono occasione per privilegiare i prodotti stranieri: dalle auto blu fino al caffè”. Leggiamo di seguito l’intervento di Antonio Quarta.

di Antonio Quarta

La scorta di caffè di 60.600 cialde Nespresso

“Ho letto con sincero stupore, la scorsa settimana, la notizia secondo la quale la Presidenza del Consiglio avrebbe effettuato un ordine di ben 60.600 cialde Nespresso come scorta per l’anno in corso: il doppio di quelle, della stessa marca, ordinate l’anno precedente.

Le mie perplessità al riguardo derivano solo da un piccolo particolare: come mai Palazzo Chigi ha inteso approvvigionarsi di caffè straniero senza una gara pubblica? A mio sommesso parere, infatti,  dare modo ai produttori italiani di partecipare a una regolare procedura pubblica d’acquisto avrebbe potuto rappresentare un segnale di effettiva vicinanza ai nostri imprenditori.

Un modo per sostenere con i fatti, non con vuoti proclami che lasciano sempre il tempo che trovano, le nostre aziende in difficoltà.  E non serve ribattere che in tempi di globalizzazione il commercio va così, senza confini.

Non serve, quantomeno, se sei un’istituzione statale e devi dare esempio di buona amministrazione. Né credo d’altronde che le istituzioni svizzere, quando devono omaggiare per esempio ospiti illustri, regalino orologi o cioccolata italiana. Ed è giusto, perché a mio avviso le massime istituzioni statali devono sempre fare il tifo per le produzioni del proprio Paese.”

Un mancato sostegno alle imprese italiane

“Tutto questo, tra l’altro, in un momento in cui numerosi torrefattori italiani stanno facendo fronte comune, uniti in un Consorzio, per ottenere dall’Unesco il riconoscimento dello status di Patrimonio Immateriale dell’Umanità per il rito del caffè espresso italiano.

Acquistare prodotto italiano per gli “espressi” di Palazzo Chigi, insomma, non sarebbe stato un obbligo,  per carità, ma forse una questione di attaccamento vero al proprio Paese, sia per il buongusto che per il gusto: perché, sia ben chiaro, siamo tutti convinti che il nostro caffè non sia secondo a nessuno.

Chapeau quindi e complimenti alla Nespresso per questa prestigiosa fornitura, ma grande delusione per il comportamento – del quale chiederemo conto nelle sedi opportune – dei nostri enti pubblici, che a dispetto dei proclami non perdono occasione per privilegiare i prodotti stranieri, dalle auto blu fino al caffè.

Bravi, viva l’Italia… ma sempre a parole! Anche se sono convinto che il nostro caro capo del governo, notoriamente amante dell’espresso italiano, sia stato tradito – oltre che dai partiti – dai suoi dirigenti e burocrati sprovveduti. Che devono mettersi bene in testa, come ha rimarcato il nostro presidente Bonomi, che “il Pil lo creano le nostre imprese”.”

Antonio Quarta

Fipe e Intesa Sanpaolo insieme per promuovere gli investimenti nella ristorazione

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fipe intesa san paolo
La partnership tra Fipe e Intesa Sanpaolo (immagine concessa)

ROMA – Intesa Sanpaolo e Fipe-Confcommercio, associazione leader nel settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo, hanno siglato un accordo per promuovere gli investimenti nel settore. Obiettivo comune è quello di accompagnare le piccole imprese nell’attuale contesto e nel rilancio, attraverso l’efficientamento energetico e l’impatto ambientale in coerenza con i principi ESG, oltre a iniziative per favorire gli investimenti in digitalizzazione.

L’iniziativa di Intesa Sanpaolo e Fipe-Confcommercio

L’intesa si inserisce nel consolidato rapporto di collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Confcommercio Imprese per l’Italia, grazie alla sottoscrizione di numerosi accordi a favore delle imprese associate, per agevolare l’accesso al credito alle microimprese e alle PMI italiane.

La Banca attraverso l’iniziativa Crescibusiness, un piano da 5 miliardi di euro rivolto in particolare alle piccole imprese, ha previsto interventi per la liquidità e finanziamenti garantiti, azzeramento fino a fine anno delle commissioni sui micropagamenti tramite POS in negozio fino a 15 euro, gratuità per un anno del canone dei POS e delle carte di credito commercial, agevolazioni sui prodotti di copertura assicurativa e noleggio di beni strumentali, arredi e complementi per contenere i costi operativi.

Entro il 2026, Intesa Sanpaolo programma erogazioni a medio lungo termine per oltre 410 miliardi di eurodi cui 270 destinati alle imprese, con i quali contribuire attivamente alla ripresa economica del Paese.

Ammontano complessivamente a 40 miliardi di euro gli interventi di Intesa Sanpaolo a favore delle imprese italiane, anche di piccolissime dimensioni, e delle famiglie per sostenere i maggiori costi legati agli aumenti energetici e alla spesa quotidiana.

“Intesa Sanpaolo è da sempre attenta alle esigenze del tessuto imprenditoriale del Paese, – spiega Anna Roscio responsabile Sales & Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo. – La collaborazione con Fipe è ormai collaudata e con CresciBusiness mettiamo a disposizione degli operatori della ristorazione, dell’entertainment e del turismo risorse importanti non solo per affrontare l’attuale periodo, ma soprattutto per accompagnare queste realtà nel proprio rilancio attraverso progetti di sviluppo, digitalizzazione e sostenibilità, obiettivi coerenti con il PNRR”.

“La rinnovata collaborazione tra Fipe e Intesa Sanpaolo è frutto di un percorso iniziato da tempo che ci ha portato a raggiungere risultati significativi”, ha dichiarato Aldo Cursano, vice presidente Fipe Confcommercio. “Il supporto che la banca offre alle imprese del nostro settore è ancor più importante in questo 2023, che noi consideriamo il vero e proprio anno della ripresa dopo le difficoltà affrontate a causa della crisi pandemica. Si tratta, infatti, di un momento storico in cui tutte le realtà, anche le più piccole, si trovano a fare i conti con le sfide che le attendono sotto il profilo della digitalizzazione, della sostenibilità e dell’innovazione. È un treno ad altissima velocità, quello della crescita e dello sviluppo, che non possiamo perdere”.