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Scrive Paolo Marchi: «Il piacere del caffè: aromi puri, rari e costosi nei bar dei sommelier», con il commento dai dati sui prezzi di Edi Sommariva (Fipe)

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Edi Sommariva
Edi Sommariva direttore generale della Fipa

MILANO – Riprendiamo la versione integreale dell’articolo di ieri de Il Giornale, diretto da Maurizio Belpietro, a commento dei dati diffusi lunedì da Edi Sommariva direttore Generale della Fipe che abbiamo dato con rilievo nell’edizione di ieri.

Un’articolo che, per qualcuno, potrà essere punto di partenza per commmenti. Siamo qui ad aspettarli.

di Paolo Marchi

Caffè mania: un po’ come col vino (ne beviamo sempre meno ma sempre più buono perché è ormai un piacere), stanno calando anche i consumi di caffè al bar, meno 3 per cento ogni anno.

Eppure mai come ora se ne parla come di un qualcosa di unico, un’ambrosia nera che trascende il mero contenuto della tazzina. Siamo ormai ai sommelier dei chicchi di arabica, ai dottoroni che discettano di cru e di miscele, di macchine e di cialde, di moka e di napoletane.

E i prezzi schizzano all’insù. Restiamo in strada, un mondo ben distinto da quello del caffè fatto in casa, magari per il caffelatte, il modo migliore per rovinare un caffè e uccidere il latte. Un espresso costa poco, all’apparenza perché se si va oltre il listino se ne scoprono delle belle come ha evidenziato Edi Sommariva, segretario generale della Fipe-Confcommercio.

Intanto non c’è un prezzo uniforme: da Reggio Calabria a Bolzano non corre solo l’Italia intera, ma anche il lievito che fa salire il prezzo: dai 61 centesimi calabresi ai 96 bolzanini, non male.

Mai però come il centuplicare di valore nei passaggi tra crudisti, torrefattori (circa ottocento) ed esercenti. Tenetevi forte: sette grammi di polvere di caffè costano in partenza 0,0124 euro (zero virgola zero più un quasi nulla), quindi 0,15 e al bancone 76 centesimi, media nazionale.

Questo spiega perché i gestori l’espresso se lo tengono ben stretto e soddisfano ogni capriccio, dallo schiumato (solo schiumetta e niente latte) al macchiatone, un americano molto macchiato, sa di poco ma riscalda, passando per il gocciato (solo le prime gocce, pura essenza, basta per bagnarsi il palato) e magari per il pagato, una tazzina pagata e lasciata come pensiero delicato a chi non può permettersela.

Quale che sia il ghiribizzo del momento (c’è chi ama ripassare per sé il fondo dell’ultimo espresso: acqua sporca in versione light), ogni giorno un italiano su due si beve il suo caffè al bar, compresi quelli che poi diventano cappuccino, ovvero gli espressi consumati sono 30 milioni al dì (e l’incasso finale di 21 milioni di euro).

E se impressionano i prezzi di vino o superalcolici, il giro d’affari assicurato dal caffè vince su qualsiasi altro: nelle insegne tradizionali tocca quasi il 52 per cento (51,7), seguono bibite (20,65) e alcolici (10,24).

Forse il dato che stupisce di più, è il peso dei chicchi consumati ogni giorno: 192 tonnellate. E se al bar in genere vengono macinate delle miscele, ricche di arabica con una certa percentuale di robusta per dare più corpo, quelli che fanno impazzire sono i caffè cosiddetti mono-origine, i chicchi in purezza, per dirla alla francese i cru.
E qui ci si può sbizzarrire, a patto di avere soldi da spendere e a volte pure scarso senso del ridicolo.

Il caso eclatante ha un nome insolito: Kopi Luwak. Letto in fretta sembra il nome di un’ala ungherese o di un brevetto per Internet, invece non c’è cru di caffeina più esclusivo e caro. Arriva dall’Indonesia, nella cui lingua la parola kopi sta per caffè. E Luwak? È il nome di un predatore notturno, una sorta di volpe che vive sugli e attorno agli alberi.

Questo magari anche simpatico mammifero va ghiotto delle bacche rosse del caffè che mangia come noi uomini facciamo con le ciliege. Con una differenza però: noi i noccioli li sputiamo, lui no, li ingurgita e poi li espelle, naturalmente in direzione opposta rispetto alla bocca.

Capito? Popò e caffè. Solo che nel suo caso le bacche assicurano una deiezione dorata visto che non c’è caffè più caro, da Peck a Milano 448 al chilo o 48 all’etto che disturba meno.

Particolare demoralizzante: a dicembre, è risultato il caffè più venduto.

E il secondo?

Il Blue Mountain, jamaicano. Ovviamente il secondo più caro: 209,50 euro. Il problema è che molti acquistavano il Kopi Luwak solo per spendere e spandere. Che sia sublime poco importa, che sappia di cioccolato e nocciole anche.

E anche se Hemingway diceva che «la caffeina mette l’uomo a cavallo e la donna in imbarazzo», bisogna stare attenti all’effetto contrario dopo l’eccitazione iniziale. Meglio il vero Viagra, in assenza del quale meglio allora il Salvador Pacamara, praticamente privo di caffeina, con ricche note fruttate.

E se volete improvvisarvi esperti, sappiate che le quattro voci giudicate nei test sono corpo, acido, amaro e astringenza. Se trovate un espresso dolce, senza aggiunta alcuna, cambiate aria.

Il sindaco di Naro (Agrigento) a Londra per difendere il bar Francesca’s Café dagli immobiliaristi

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Regno Unito Londra Caffè Francesca's cafè
Un classico autobus a due piani di Londra

LONDRA – Dopo aver scritto al sindaco di Londra, Ken Livingstone, e all’ambasciata d’Italia in Gran Bretagna, il primo cittadino di Naro (Agrigento), il deputato regionale Maria Grazia Brandara, sarà oggi nella capitale britannica per sostenere la protesta del Francesca’s Cafè, il locale di Broadway Market, gestito dal suo concittadino Calogero Platia, detto Tony.

Al gestore del Francesca’s Cafè e ad altri titolari di negozi ed esercizi del Broadway Market londinese sono state notificate le intimazioni di sfratto a cui dovrebbero seguire le demolizioni dei fabbricati per far posto a lussuosi appartamenti di proprietà del ricco costruttore Roger Wratten.

Il quale avrebbe comprato dal municipio di Hackney i fabbricati della zona, superando le offerte fatte dallo stesso Calogero Platia e dagli altri commercianti della zona che così non hanno potuto far valere le loro pretese di prelazione. Ma dalla festa di Santo Stefano numerosi sono giunti i clienti e gli estimatori del Francesca’s Cafè, impedendo così che la cancellazione del locale venisse portata a termine.

La battaglia non è solo per il locale dell’italo-britannico Platia. Quattro anni fa, intuendo che l’area di Broadway Market rappresentava un buon investimento, diversi gruppi di immobiliaristi stranieri hanno acquistato dall’autorità locale, in disperato bisogno di fondi, molti degli edifici occupati dai negozi della strada.

Da quando è stato confermato che Londra ospiterà le olimpiadi del 2012, in vista delle quali le aree popolari dell’East End e soprattutto di Hackney subiranno profondi mutamenti, gli immobiliaristi hanno dunque deciso che è venuto il momento buono per trasformare la fila di graziosi e semplici negozi di Broadway Market in un’area residenziale e di shopping di lusso.

Ma l’ondata di benessere non arriverà a giovare alle persone che, come Tony il siciliano, hanno vissuto nel quartiere per decenni. «Sono le persone come me, negozianti locali che si sono sforzati di dare un senso di comunità a Broadway Market spiega Calogero Platia – che dovrebbero festeggiare l’arrivo delle Olimpiadi. Invece perdo il mio lavoro e la mia casa.

Per 30 anni ho dato la mia vita alle persone del posto. Tutto ciò che gli immobiliaristi vogliono fare – sostiene Tony il siciliano – è prendere i soldi che arrivano ad Hackney e portarseli via».

Così dall’indomani del Natale scorso i clienti del locale italiano hanno occupato il n. 34 di Broadway Market, dove sorge il caffè, e si danno i turni all’ interno del Francescàs Cafè affinchè vi siano sempre circa 60 persone ad impedire il ritorno dei bulldozer, e fare così fallire il progetto di demolizione del locale che costituisce un importante pezzo di
storia del mercato hacneyano di Broadway.

Pure la fotografa londinese Gabrielle Motola è intervenuta a favore della preservazione del caffè italiano ed addirittura il sito web Libcom ha organizzato una vera e propria battaglia mediatica in favore del locale di «Tony l’ Italiano» di cui fa il resoconto giornaliero su libcom.org/news che è collegato all’ apposito website di broadway
market 34

. Intanto l’ambasciatore d’ Italia a Londra, Giancarlo Aragona, ha risposto alla lettera del sindaco, dicendo che cercherà «di fare il possibile per aiutare il signor Platia».

Nessuna risposta è invece arrivata, allo stato, da parte del primo cittadino londinese che il sindaco di Naro Maria Grazia Brandara non esclude di poter incontrare nella capitale britannica, dove annuncia approfondirà «di persona la questione e, se fossero stati violati i diritti di Calogero Platia», porterà avanti «una battaglia di verità per far trionfare la giustizia».

Anti fumo: un anno dopo soltanto un bene per gli esercizi pubblici italiani

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Divieto di fumo bulgaria
Divieto di fumo negli esercizi pubblici

MILANO – La legge anti-fumo, voluta dall’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, ha compiuto ieri un anno, e a 12 mesi dell’entrata in vigore del divieto di fumo nei locali al chiuso accessibili ad utenti o al pubblico (compresi i luoghi di lavoro e i locali ricreativi, ad eccezione degli spazi riservati ai fumatori e dotati di impianti per la ventilazione) i primi risultati iniziano a balzare agli occhi. Tra l’altro anche le condizioni di salute degli stessi lavoratori degli esercizi pubblici.

Oltre a questo, già fondamentale, tre su tutti i risultati: mezzo milione di fumatori in meno, un calo dei ricoveri per infarti del miocardio e una importante riduzione nella vendita delle sigarette.

Il bilancio di un anno di divieti, che hanno reso vietati alle sigarette i locali pubblici, è dunque più che positivo: ne sono convinti gli esperti del ministero del Salute che ieri hanno tirato le somme.

Gli italiani, ha sottolineato il presidente della Lega italiana lotta ai tumori (Lilt), Francesco Schittulli, hanno accettato di buon grado i divieti mostrando un «alto senso civico».

Risultato: le sigarette sono state bandite, senza i problemi e le lamentele temute da parte dei clienti, in bar e ristoranti e il divieto di fumo viene finalmente rispettato su larga scala anche negli ospedali. Presto inoltre, ha ricordato Schittulli, aree libere dalle sigarette saranno previste anche negli stadi grazie ad un prossimo accordo con la Figc.

Una legge, la ‘3/2003’ sulla tutela della salute dei non fumatori, ha sottolineato il sottosegretario alla Salute Domenico Di Virgilio, che rende l’Italia un esempio imitato da molti altri Paesi: insieme a Norvegia, Irlanda e Malta è, infatti, l’unica nazione ad aver adottato una politica contro il fumo, ma la nostra legge, ha detto il sottosegretario, è stata già presa ad esempio da nazioni come la Spagna.

DIVIETO NON SCORAGGIA CLIENTI MA PER 12% GESTORI CALO ENTRATE

Il bando alle sigarette non scoraggia i clienti: il 9,6% degli italiani afferma di recarsi più spesso di prima nei locali pubblici e per la maggioranza (83%) l’abitudine a frequentare questi luoghi non è cambiata con l’entrata in vigore della legge, anche se solo l’1% dei locali è dotato di zona fumatori in conformità alle nuove norme. Dato confermato dai gestori: il 92% tra loro dichiara che la legge è rispettata e solo il 2% si è visto opporre un rifiuto alla richiesta di spegnere la sigaretta. Ma se il 57% riferisce di non aver avuto diminuzioni nelle entrate, una minoranza pari al 12% dei gestori denuncia tuttavia «perdite economiche significative» dall’entrata in vigore della normativa.

MEZZO MILIONE FUMATORI IN MENO AD UN ANNO LEGGE

Ad un anno esatto dall’entrata in vigore della legge antifumo sono oltre mezzo milione gli italiani che hanno deciso di dire addio alle ‘bionde. Negli ultimi 15 anni, comunque, il numero dei fumatori in Italia è costantemente diminuito. Nel 2005 (sulla base dei dati dell’indagine Doxa condotta a marzo-aprile su un campione di 3114 persone) la flessione riguarda entrambi i sessi, in quanto anche le donne, dopo due anni di situazione stazionaria intorno al 22,5% nel 2003 -2004, mostrano un calo arrestandosi al 22,1%. Per il 2005, rileva la Doxa, i fumatori costituiscono il 25,6% della popolazione (29,3% degli uomini e 22,1% delle donne), gli ex fumatori sono pari al 18,6% e, rispetto al 2004, i fumatori sono diminuiti dal 26,2% al 25,6%.

ISTAT, 11 MILIONI DI FUMATORI SOPRATTUTTO MASCHI E DEL CENTRO ITALIA

Un’indagine Istat relativa al periodo dicembre 2004 -marzo 2005, su un campione di 60 mila famiglie, conferma che sono 11 milioni e 221 mila i fumatori in Italia, pari al 22,3% della popolazione da 14 anni in su. Fedelissimi delle bionde sono soprattutto gli uomini: non rinuncia infatti alla sigaretta il 28,5% dei maschi contro il 16,6% delle femmine. Quanto alla geografia dell’Italia con la sigaretta in mano, la più alta percentuale di fumatori si registra nell’Italia centrale (24,3%) e la più bassa al Sud (20,9%).

MENO 7% RICOVERI E CALO VENDITA BIONDE DEL 5,7%

Dodici mesi di divieti hanno portato anche altri due risultati: nel periodo gennaio-novembre 2005 si è registrata una riduzione complessiva del 5,7% nella quantità venduta di sigarette rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; inoltre, i dati preliminari mostrano anche una riduzione del 7% dei ricoveri per infarto acuto del miocardio (Ima) nei primi due mesi del 2005 sulla base di un monitoraggio in quattro regioni (Piemonte, Friuli VG, Lazio e Campania).

NAS, 6076 ISPEZIONI E SOLO 327 INFRAZIONI

In un anno, i Nas hanno effettuato 6076 ispezioni in numerosi luoghi in cui si applica il divieto di fumo ma le infrazioni accertate sono state soltanto 327 (5,4%): riguardano in maggioranza (3,5%) la mancata esposizione in posizione visibile del cartello di divieto o la presenza di impianti di condizionamento non idonei. Solo l’1,8% delle infrazioni (pari a 112) ha riguardato persone che fumavano dove non consentito.

Venezia: «Affitto troppo alto», chiude il Caffè Demar in Via Rialto

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lavazza vaporetto
Il classico vaporetto veneziano

VENEZIA – La caffetteria Demar, in Via Rialto, chiude i battenti. Dal primo gennaio un semplice quanto lapidario annuncio informa della chiusura, un foglio con scritto “chiuso” che lascia però qualche dubbio.

La cessazione dell’attività però è proprio definitiva. Lascia a malincuore Elvira Saba, la gestrice della caffetteria che in poco più di due anni di attività aveva catalizzato intorno a se le attenzioni e le simpatie degli avventori udinesi.

Troppi i costi rispetto ai guadagni, così la scelta è stata quasi obbligata. Una scelta, spiega, presa però senza nessuna costrizione da parte del titolare dell’impresa proprietaria dell’attività.

«Il contratto era in scadenza – dice Saba – e facendo i conti ho preferito non rinnovarlo». Troppo oneroso, a fronte degli incassi, il contratto di affitto di azienda che Elvira aveva stipulato due anni e mezzo fa con Alessandro Grassi, noto medico e politico udinese, proprietario sia dell’immobile che dell’attività. La decisione è stata certamente sofferta, soprattutto per il momento in cui è stata presa.

«Per me – confessa – è stata come una morte improvvisa, in particolare per il momento che stavo vivendo. Una vetrina stupenda per la sua posizione nel centro cittadino, ma soprattutto una clientela meravigliosa con la quale avevo stretto un ottimo rapporto».

Poi spende delle parole di riconoscenza per le tre ragazze che hanno dato un contributo decisivo per la buona sorte del locale e per la possibilità data da Grassi di svolgere questa attività. Purtroppo non c’è stata intesa fino alla fine, quando si trattava di rinnovare un contratto diventato troppo esoso nel corso dei due anni. Nessuna polemica e nessun risentimento, solo la voglia di ricominciare da capo.

L’idea di Elvira è di riaprire un’altra attività dello stesso tipo.

«Questa volta però – continua – ho intenzione di costituire un’azienda mia, in modo da gestire meglio tutti i costi. Mi sto guardando in intorno per cercare un locale, sempre in centro città, che ospiti una nuova caffetteria».

L’intenzione, fa sapere, è di rientrare quanto prima sulla piazza, possibilmente entro Pasqua.

Distribuzione automatica e tendenze: ma non sono più erogati soltanto espresso e cappuccino

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La frutta secca nelle vending machine

MILANO – Non si vive di solo caffè, e se nei primi anni i prodotti venduti da distributori automatici erano esclusivamente alimentari, oggi viene venduto di tutto da accessori per l’abbigliamento, ad articoli sanitari, giocattoli, fiori e perfino cellulari. Da momento di pausa e di incontro in ufficio, il distributore automatico è diventato un servizio diffuso nei luoghi di passaggio ed attesa.

Il settore in Italia conta 2.123 aziende e registra un aumento del 4,3% in un anno. Milano è la capitale della vendita automatica: con le sue 169 imprese rappresenta l’8% delle aziende italiane del settore. Bene anche Roma con 139 imprese (6,5% del totale Italia) e Torino con 90 aziende (4,2%).

La Lombardia è la regione con la maggiore concentrazione di imprese del settore, con 340 aziende rappresenta il 16% del totale nazionale. Al secondo posto il Lazio con 204 aziende (9,6%) e medaglia di bronzo al Veneto (198 imprese, 9,3%).

Ma le altre regioni si muovono velocemente: in un anno la Sardegna cresce del 20%, passando da 40 a 48 imprese, l’Umbria del 19,4%, da 31 a 37 imprese, la Valle d’Aosta del 25%. L’Emilia-Romagna (con indici annuali in flessione) raggruppa però un buon 8,2% complessivo delle imprese nazionali di settore.

L’identikit dell’imprenditore: le imprese del settore vendita tramite distributori automatici sono per il 55,4% ditte individuali, il 49,6% di queste ha un titolare con meno di quarant’anni e per il 26% il titolare è donna. Emerge da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2005.

E presto i dolcificanti sapranno di vero zucchero

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zucchero

MILANO – A forza di utilizzarli anche con il caffè ci si fa l’abitudine, ma di certo non si può dire che i dolcificanti artificiali abbiano lo stesso sapore dello zucchero . A questo proposito qualcosa sta cambiando.

Grazie ai nuovi sviluppi negli studi sul Tlr3, il gene che regola i nostri gusti in materia di dolcezza, presto potremo aggiungere al caffè un cucchiaino di dolcificante che realmente abbia lo stesso sapore dello zucchero.

Il Tlr3 si trova nelle cellule del gusto e qui produce una proteina-recettore che si attacca agli zuccheri con cui viene in contatto sulla lingua. Ciò stimola una serie di reazioni biochimiche in grado di mandare segnali del gusto dolce lungo le fibre nervose fino al cervello.

“Dopo uno studio incentrato sulla genomica delle cellule della lingua, abbiamo progettato un elemento chimico capace di interagire con le sequenze proteiche del Tlr3, ma privo di calorie, a guadagno del sapore”, ha spiegato David S. Liberles, coordinatore di uno dei gruppi di indagine associato all’università del Wyoming.

Caffè cultura: la parola di oggi è bean

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Il Ragazzini 2006 per Caffè cultura

MILANO – Caffè cultura, le parole del caffè, la rubrica con la quale abbiamo esaminando tutte le parole della lingua italiana collegate in qualche al mondo del caffè è terminata il 29 dicembre con il vocabolo zuppetta. Il tutto utilizzando le definizioni del vocabolario Lo Zingarelli 2005. Da qualche settimana è in vendita l’edizione 2006 che abbiamo già recensito e che utilizzeremo prossimamente per i vocaboli legati al the e al cacao.
Si riparte da quegli stessi vocaboli ma abbinati alla traduzione. La fonte sarà il Ragazzini 2006, sempre in collaborazione con la Casa editrice Zanichelli.

Non è una sorpresa che i testi di questa fase, prima italiano-inglese poi inglese italiano, per notare le differenze d’approccio agli stessi soggetti delle due lingue saranno identici tra Comunicaffè, diffuso prevalentemente in Italia tra 20.000 operatori, e Comunicaffè International, diffuso prevalentemente nel mondo a 15.000 operatori, perché la cultura del caffè non ha barriere culturali o geografiche.

E, una volta tanto, abbiamo già scoperto che l’italiano è lingua leader nel settore del caffè. Nel vocabolario inglese-italiano il sostantivo caffè batte per 94 a 67 coffee.
Come era naturale abbiamo cominciato con caffè e proseguito con espresso. Da oggi tutti i vocaboli in ordine alfabetico.

bean

n.
1 (bot., Phaseolus vulgaris) fagiolo (seme, baccello e pianta)
2 chicco, grano (di caffè, cacao, ecc.)
3 (fam. antiq.) soldo: We haven’t got a bean, siamo senza un soldo (o senza il becco di un quattrino); siamo in bolletta; not worth a bean, che non vale un soldo (o un fico secco)
4 (slang) testa; zucca (fam.); capoccia (dial.)
5 (anche al pl., in frasi neg.) (slang USA) niente; (un) tubo (pop.); (un) fico secco: He doesn’t know beans, non sa un tubo

Per le osservazioni sulle definizioni dei vocaboli i lettori possono rivolgersi direttamente alla redazione de il Ragazzini e-mail lineacinque@zanichelli.it sito Web www.zanichelli.it
La parole del caffè in italiano e in inglese sono tratte il Ragazzini edizione 2006, dizionario Inglese-Italiano Italiano-Inglese. Questa edizione contiene oltre 400.000 voci e accezioni, oltre 6.000 neologismi, 3.000 verbi frasali e 120.000 termini specialistici, l’indicazione delle 4.300 parole inglesi più importanti.

Farmaci: da uno studio statunitense sui ratti “Caffeina può diventare il vero viagra femminile” Le topoline hanno rapporti più ravvicinati sotto il suo effetto

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caffeina
Il cristallo di caffeina al microscopio elettronico

MILANO – I nostri propositi di lasciar perdere le notizie su caffè e salute sono naufragati ieri mattina davanti all’annuncio che la caffeina potrebbe essere il Viagra femminile aumentando l’impulso sessuale.

Infatti, un lavoro apparso sul Pharmacology, Biochemistry and Behavior. e diretto da Fay Guarraci della Southwestern University ha dimostrato che topoline sono sessualmente più motivate dopo una piccola dose di caffeina. Gli esperti hanno voluto indagare eventuali effetti della caffeina sul comportamento sessuale femminile.

A tale scopo i ricercatori hanno somministrato una piccola dose di caffeina a 108 roditori femmine prima dell’accoppiamento con un maschio. Cronometrando il tempo che intercorre tra un accoppiamento e il successivo per la stessa femmina con o senza l’effetto della somministrazione di caffeina, gli esperti hanno dimostrato che piccole dosi di questo stimolante comunemente presenti in bevande come tè e caffè rendono le femmine più voluttuose e cioè più desiderose di avere un secondo accoppiamento subito dopo un primo.

Moderate dosi di caffeina influenzano il comportamento sessuale di roditori femmine accorciando il tempo che la femmina lascia passare tra un accoppiamento e il successivo, ha dichiarato Guarraci.

Per quanto Guarraci ammetta che nella donna gli effetti della caffeina visti nei topi potrebbero essere cancellati o ridotti dall’esposizione quotidiana alla caffeina che in generale è assunta durante il consumo di caffè e altre bevande, l’esperto sostiene che studiare il cervello di queste topoline in assenza o presenza di dosi di caffeina potrebbe servire a far luce su quali aree neurali siano connesse al comportamento sessuale e quali quelle che mediano la motivazione che spinge a certi comportamenti.

 

Parla Edi Sommariva direttore generale della Fipe: “Caffè monorigine e multimiscela per tazze super Ogni giorno 30 milioni di espressi per 21 milioni di euro pari a oltre 192 tonnellate di torrefatto consumato”

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Edi Sommariva
Edi Sommariva direttore generale della Fipa

MILANO – Edi Sommariva, segretario generale della Fipe-Confcommmercio (Federazione italiana pubblici esercizi), il sindacato maggioritario dei locali pubblici italiani, l’altro è la Fiepet legata alla Confesercenti, è intervenuto ieri sul prezzo dell’espresso italiano non soltanto varia da città a città (da un minimo di 0,61 a Reggio Calabria ad un massimo di 0,96 a Bolzano, con una media nazionale di 0,76), ma anche da miscela a miscela, arrivando a sfiorare i 2 euro per quelle più pregiate.

“Tuttavia – ha aggiunto Sommariva – negli ultimi anni si sta registrando un calo, lento ma costante (-3%) dei consumi. Ciononostante non esiste altro prodotto all’interno del pubblico esercizio che valga il 31% del giro di affari, seguito dal fast food con il 28% e dalle bibite al 27%”.

“Nei bar tradizionali che restano la maggioranza – ha proseguito il manager della Fipe – il caffè rappresenta il 51,7% del fatturato, seguito a distanza dal 20,65% delle bibite e dal 10,24% degli alcolici”. “Tra l’altro – ha aggiunto Sommariva – Ogni giorno vengono preparati in media 30 milioni di espressi, compresi quelli per i cappuccini, per un consumo di oltre 192 tonnellate di caffè torrefatto e una spesa, sempre al consumo di 21 milioni di euro”.

“Quanto al ricarico in Italia è – sempre secondo Sommariva – quello applicato dai poco meno di 800 torrefattori (le licenze sono circa 1,600 ma non tutte sono utilizzate e ogni anno qualcuno chiude) sui prezzi praticati dai crudisti (che si approvvigionano principalmente da produttori brasiliani, vietnamiti, colombiani e centro americani), di 13 volte, mentre quello dell’esercente è di 4,5 volte”.

Si tratta di un andamento che rispecchia la situazione di un po’ di tutte le filiere agroalimentari. Per 6,5-7,5 grammi di caffè necessari per preparare un espresso italiano si parte così da 0,0120 euro, per passare poi a 0,18 per averlo infine sul bancone a 0,61-0,96 con una media nazionale di 0.76.

Intanto prendono sempre più piede in Italia i locali multimiscela e, soprattutto, multi monorigine. Si tratta di una tendenza in corso da almeno due anni ma che ora ha imboccato una strada precisa di sviluppo deciso. Si tratta di una precisa risposta alla domanda di qualità che arriva dei consumatori. “Oggi il cliente – ha detto Sommariva -, è più attento e sicuramente più evoluto rispetto a qualche anno fa e soltanto i baristi che hanno il coraggio di adeguarsi avranno un futuro tranquillo”.

Dunque non è soltanto questione di prezzo o gusti, è anche un fatto di professionalità, ossia di miscela, di macchina, di mano e manutenzione delle apparecchiature. Infine anche di locale e di prezzo. E allora ecco il successo dei locali che propongono diverse monorigini e multimiscele, dove non basta più chiedere un caffè, ma occorre specificare la miscela desiderata che verrà macinata al momento da un apposito macinadosatore. Anche se di recente stanno prendendo piede i macinini senza dosatore dove il barista attinge come un acrobata.

Ora nei bar, ma anche negli uffici e dove si stanno massicciamente diffondendo le cialde, si sente sempre più parlare di Giamaica Blue Mountain vero, Guatemala oppure Colombia Medellin supremo. Domande precise, da consumatori evoluti che sanno che cosa chiedere e soprattutto non accettano di pagare caro un espresso mediocre o peggio. Quindi non un capriccio ma un evoluzione dei consumi che registra un numero sempre maggiore di seguaci, alla ricerca della tazzina giusta.

Sarà dunque sempre di più il cliente a dettare legge, alcuni bar stanno facendo da apripista per offrire un’ampia gamma di aromi diversi.
Oggi sono già diverse le catene o i locali singoli, per lo più concentrati nelle regioni del nord tra

Trieste – Venezia e Parma, ma la moda si sta diffondendo rapidamente, visto che la qualità a tavola, al tavolino o al bancone sta diventando sempre più richiesta.
«Il consumatore è più curioso – argomenta Sommariva -: cerca emozioni a cui noi fornitori ci adeguiamo. Il bar? E’ sempre il bar, ma sta vivendo un momento di grande cambiamento, inventando formule nuove di intrattenimento».

Infine, confessa il segretario generale, «il richiamo dell’esercizio pubblico e del caffè italiano rimane inalterato: è un elemento valido per ogni locale, sia pur in maniera modesta per quelli che aprono soltanto la sera».

Secondo il numero uno della Fipe “i consumatori richiedono ai bar sempre più servizi aggiuntivi, che spaziano dalle degustazioni di grandi vini (31%), alla possibilità di acquistare giornali (42%) e di prenotare eventi culturali (12%)”.

L’intrattenimento sembra la tendenza su cui puntare, visto che il 35% dei consumatori dichiara di voler vivere il bar come un momento di svago, un cosiddetto altro luogo, lontano da casa. Un luogo fatto sempre più di servizi in cui, come conferma ancora Sommariva, «la materialità del caffè all’italiana rimane una costante imprescindibile».

Dirigenti: Marco Lenzi da Grimac a Bialetti

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Bialetti
Lo stabilimento Bialeti a Coccaglio (Brescia)

MILANO – La notizia circolava da tempo tra i cacciatori di teste del settore caffè. Ora siamo in grado di confermare che, alla ripresa del lavoro, Marco Lenzi ha preso posto, probabilmente con l’incarico di direttore tecnico, alla Bialetti di Coccaglio (Brescia), la società del Gruppo Franzoni di Brescia che ha riunito oltre allo storico marchio di Omega anche la Girmi ed alcuni marchi esteri, acquisiti di recente.

Lenzi, sino a dicembre direttore generale della Grimac di Zola Predona (Bologna), era il braccio destro del titolare Massimiliano Gardosi, soprattutto dopo la prematura scomparsa del padre.