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Negli Stati Uniti vola l’industria americana del caffè: consumi vicini a quelli dei soft drink, non succedeva dai primi anni novanta

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Starbucks
Un locale Starbucks (credits: Starbucks)

NEW YORK – Vola l’industria americana del caffè. Fonti specializzate indicano che le aziende, grandi e piccole, d’oltreoceano stanno lavorando a ritmi mai visti nell’ultimo trentennio. E’ la conferma di una ripresa in atto da alcuni anni dopo un lunghissimo periodo di declino durato dalla metà degli anni sessanta sino allo scorso decennio.

Per la prima volta, da una quindicina d’anni a questa parte, il caffè sta tallonando i soft drink nelle statistiche di consumo.

Secondo Coffee Publication Inc., la produzione di caffè torrefatto ha raggiunto i 19,535 milioni di sacchi nel 2005 e, per quest’anno, è prevista una ulteriore crescita del 5%.

Il tutto, nonostante i ritocchi che i market leader hanno apportato in autunno ai loro listini, a seguito dei rincari della materia prima.

Ma c’è chi ritiene che l’incremento, in realtà, possa essere ancora più consistente, poiché queste cifre non includerebbero che una parte della galassia dei torrefattori gourmet, che coprono ormai non meno del 15% del mercato.

La rivincita della tazzina sulla lattina

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Lamborghini: 100 milioni anche con le caffetterie Coffee Lounge, i Caffé Corsa e i Road Caffè nel segno del toro

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tonino lamborghini
L'amministratore delegato Tonino (destra) con il padre Ferruccio Lamborghini, (sinistra) presidente

MILANO – Tonino Lamborghini, titolare del marchio ad esclusione delle auto ora di proprietà dell’Audi che dirige un’orchestra di 24 licenze in 12 diversi settori merceologici per un fatturato di oltre 100 milioni di euro realizzati anche con caffetterie d’avanguardia.

Una scelta di campo e di stile quella da Tonino Lamborghini per sviluppare il suo marchio.

Punto di partenza il binomio tra qualità e tecnica. Punto di arrivo un marchio che dal 1981 vanta oggi ben 24 licenze mondiali capaci di coprire 12 settori merceologici diversi spaziando dall’accessorio alla gastronomia con un unico comune denominatore: un prodotto capace di esaltare lo stile e il puro talento italiano.

LA STORIA

“L’idea di lanciare sul mercato prodotti firmati Tonino Lamborghini 25 anni fa è nata come una sorta di hobby imprenditoriale – spiega Lamborghini -. Oggi il progetto rappresenta una realtà che produce un fatturato di oltre 100 milioni di euro e che negli ultimi 3/4 anni sta facendo segnare incrementi dell’ordine del 20/30% annuo.

Le mie prossime sfide guardano verso l’universo femminile, molto sensibile al marchio, per il quale sto studiano un progetto di gioielli, per lo sviluppo del quale sto valutando le proposte di alcuni partner, e uno di intimo”.

Un successo basato sul desiderio di Tonino Lamborghini di portare avanti, in un campo diverso da quello automobilistico, un universo di riferimento immediatamente riconoscibile e assolutamente condivisibile da chi ha amato il prestigio e la qualità del marchio di famiglia.

“Lamborghini prima che sinonimo di lusso, concetto oggi assolutamente relativo, è sempre stato sinonimo di garanzia e ricerca. Ed è per questo motivo che, nello sviluppo del mio progetto, ho voluto puntare sul lusso accessibile perché ritengo che oggi la qualità sia garantita non tanto dal prezzo di un oggetto quanto dal suo fascino”.

IL FASCINO

Ed è proprio sul concetto di fascino che si articola l’intera produzione. “Ho cercato, sin dall’inizio, di traslare il mondo della meccanica sui dettagli dei miei prodotti. Ed è proprio per questo motivo che la licenza che sento più vicina alle mie corde è quella più meccanica, ossia quella degli orologi, che saranno distribuiti in Italia a partire dal 2007, seguita da quella a maggior contenuto tecnologico, ossia quella degli occhiali.

I prodotti che fanno parte dell’universo Tonino Lamborghini non sono prodotti su cui è stata messa un’etichetta, ma dietro ad ognuno di essi c’è una ricerca e una filosofia specifica che nascono dall’alchemico mix di passato ed attualità elementi tipici ed inimitabili del prodotto italiano”.

Perché è proprio sull’italianità che Lamborghini basa il suo successo sulle piazze mondiali. Presidiate attraverso una distribuzione articolata su 60 Paesi con 80 distributori locali capaci di raggiungere oltre 15.500 punti vendita. Un’ampia piattaforma, quindi, alla quale negli ultimi anni è stata affiancato, per favorire la progressiva diffusione del brand sui mercati esteri, il primo progetto di franchising che ha preso il via dal settore gastronomico attraverso l’apertura di tre diverse tipologie di ristorazione sotto al segno del toro: i Coffee Lounge, i Caffé Corsa e i Road Caffé.

Sulle piazze estere ha riscosso grande successo la formula dei Coffee Lounge già aperti a Graz, Praga, Pechino e Tel Aviv mentre l’Italia ha abbracciato l’idea dei Caffè Corsa e dei Road Caffè già aperti a Rimini e Cassino.

IL PROGETTO

“Ha preso immediatamente piede e sono moltissime le proposte che ci arrivano da tutto il mondo per aprire nuove caffetterie. Il Medio ed Estremo
Oriente e gli Usa sono le nostre prossime mete nelle quali il mio intento è quello di far evolvere il progetto attuale andando a creare delle vere e proprie Case Lamborghini all’interno delle quali chi ama la nostra filosofia possa trovare l’intera gamma delle nostre proposte.

Perché anche se il nostro business si articola su una rete di licenze il controllo della rete commerciale è al 90% in mano nostra. Siamo noi i direttori d’orchestra dell’intero lifestyle del marchio”.

LA PERLA

E proprio in quest’ottica di controllo e di evoluzione continua entra in gioco una nuova idea che ha visto Tonino Lamborghini protagonista il 1° dicembre, insieme al marchio Hybris, di una sfilata nella splendida cornice del Casinò Perla di Nova Gorica.

Moda ed accessori uniti dal comune denominatore dello stile, della ricerca e del design per percorrere insieme una strada capace di accrescere la notorietà dei brand italiani nel mondo.

 

Caffè cultura, la parola di oggi è: to feel

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to drip Caffè Cultura to greet Il ragazzini 2006 caffè cultura
Il Ragazzini 2006 per Caffè cultura

MILANO – Caffè cultura – le parole del caffè – la rubrica realizzata a partire dalle definizioni del vocabolario Lo Zingarelli 2005, con la quale abbiamo passato in rassegna tutte le parole della lingua italiana collegate in qualche al mondo del caffè è terminata il 29 dicembre scorso.

È uscito intanto Lo Zingarelli 2006, che abbiamo già recensito e che utilizzeremo prossimamente per i vocaboli legati al the e al cacao.

Ora, sempre in collaborazione con la Casa editrice Zanichelli, stiamo esaminando i termini contenuti nel dizionario bilingue Il Ragazzini 2006.

Esaurite le parole italiane siamo passati a quelle inglesi, di cui riportiamo, ancora una volta in rigoroso ordine alfabetico, la traduzione con la relativa fraseologia.

to feel (pass. e p. p. felt)

1 sentire (con l’animo; con i sensi; spec. col tatto); percepire; provare; tastare; toccare; palpare; riconoscere; aver coscienza di; intendere; accorgersi di: I don’t feel much pity for B to feel angry, essere adirato # (fam.) to feel cheap, sentirsi un verme # to feel cold, aver freddo # to feel one’s feet (o legs), poggiare saldamente i piedi; aver voglia di: I feel like a coffee, ho voglia di un caffè;

Per le osservazioni sulle definizioni dei vocaboli i lettori possono rivolgersi direttamente alla redazione de il Ragazzini e-mail lineacinque@zanichelli.it sito Web www.zanichelli.it

Cinema, David Lynch vende caffè per finanziare la promozione di Inland Empire

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david lynch coffee
David lynch coffee

MILANO – È decisamente un’opera difficile Inland Empire, l’ultima fatica di David Lynch. Che adesso si affianca al il David Lynch coffee. Chi ha visto l’opera parla di un film criptico, non lineare, privo di un inizio e una fine definibili: un flusso libero di emozioni; quasi tre ore di immagini e suoni che scardinano le normali coordinate cinematografiche.

Forse, tra dieci anni, sarà considerato un capolavoro.

Ma, al momento, il cinema americano è scettico. Per finanziare la promozione il regista di Twin Peaks ha avuto un’idea geniale: creare un caffè con il suo nome.

La David Lynch Signature Cup è una linea completa di caffè organici (disponibili nella versione espresso, decaf e home roast) che comprende anche vari accessoria a marchio.

Il packaging riprenderà motivi grafici e immagini ricorrenti nei film del maestro americano. I proventi delle vendite serviranno a coprire i costi per il tour promozionale di Inland Empire, che non ha ancora trovato un distributore per tutti gli States.

Cina, le aziende lucchesi fanno sistema. Apre a Shanghai il primo punto vendita di Gelato Italiano

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osservatorio sigep gelatai tedeschi gelato italiano
Gelato Italiano

SHANGHAI (Cina) – Ha aperto i battenti a Shanghai “Gelato Italiano”, primo punto vendita in franchising di gelato italiano artigianale dell’omonimo gruppo, costituito dalla lucchese Legian e da altre imprese italiane, oltre che da soci cinesi.

L’inaugurazione ha avuto luogo nell’ambito dell’apertura ufficiale dell’Orland Center, un grande centro commerciale creato in occasione delle prossime Olimpiadi del 2008.

Secondo il presidente della provincia di Lucca Baccelli “le autorità, i manager e i media cinesi hanno dimostrato di essere molto interessati ai prodotti lucchesi e italiani e soprattutto di voler conoscere il nostro sistema economico.”

Da parte dell’amministrazione provinciale, ha sottolineato Baccelli, c’ è l’ interesse a poter creare, per le aziende lucchesi, un sistema di imprese capace di favorire la conoscenza e l’ingresso sul mercato cinese, esportando il know how italiano.

I rappresentanti delle istituzioni locali e di governo hanno proposto a Baccelli di tornare a Shanghai per discutere e confrontarsi sulle iniziative commerciali e sull’eventuale sviluppo sul loro mercato di aziende lucchesi e italiane.

Inghilterra, dal 1° luglio 2007 niente fumo nei luoghi pubblici

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niente fumare vietato
Niente fumo negli esercizi pubblici: una possibilità

LONDRA – Nei confronti del fumo, il governo Blair adotta la filosofia della tolleranza zero. A partire dal 1° luglio 2007 fumare sarà tassativamente vietato nei posti di lavoro e nei locali pubblici.

Il divieto riguarderà uffici, fabbriche, officine, negozi, ristoranti, pub, trasporti pubblici e veicoli usati per lavoro da più di una persona: anche gli spazi e i locali allestiti appositamente per i fumatori dovranno chiudere.

In pratica, si potrà fumare soltanto in casa, all’aperto o nella propria automobile. La misura segue le analoghe legislazioni restrittive già adottate in Scozia e Repubblica d’Irlanda.

Dall’aprile prossimo, d’altra parte, sarà vietato fumare nei locali pubblici anche in Galles e nell’Irlanda del nord. Il ministro della sanità britannico Patricia Hewitt ha definito questo giro di vite “una vittoria per la salute pubblica”.

“Le vite di migliaia di persone saranno salvate e la salute di altre migliaia sarà più protetta” ha aggiunto.

Ma è difficile pensare a pub e locali d’oltremanica rigorosamente no smoking. E’ quasi un pezzo di storia che se va per sempre.

Chissà cosa direbbe il vecchio Winston Churchill. Probabilmente scuoterebbe la testa e disapproverebbe. Con il suo inseparabile sigaro in bocca.

Svizzera, aumenti in vista per la tazzina a partire dal prossimo anno

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Svizzera aumenti Bar Zurigo
Cafe Odeon, Zurigo. Foto: Patrimoine suisse, Oliver Marc Hänni

ZURIGO (Svizzera) – Aumenti in vista oltralpe. Sì, la tazzina sarà più cara in Svizzera a partire dal nuovo anno. L’Associazione svizzera dei gerenti di caffè (Scv), presente soprattutto nella Svizzera tedesca, annuncia infatti aumenti nell’ordine dei 10-20 centesimi (1 euro = 1,5894 franchi svizzeri) nel corso del 2007. Quest’anno il prezzo è salito in media di 7 centesimi attestandosi a 3,64 franchi.

La città più cara rimane Zurigo dove un caffè al bar costa in media 3,84 franchi. Nel 2006 per la quarta volta consecutiva il prezzo è salito meno di 10 centesimi, ha dichiarato Johanna Bartholdi, direttrice dell’organizzazione.

Ma l’anno prossimo l’aumento sarà più consistente, a causa della progressione dei costi del personale. L’associazione ha espresso nuovamente la sua preoccupazione per lo scarso rendimento della maggioranza degli esercizi.

Secondo un dato citato dal presidente Hans-Peter Oettli, quasi tre quarti delle aziende, in generale di piccole dimensioni, chiudono i conti in rosso.

Accantonata l’idea di introdurre un forfait fisso di 5 franchi a cliente, la Scv pensa ora a nuovi modelli di prezzo.

Fra le proposte avanzate, quella di differenziare i menu in base al peso delle porzioni e alle fasce orarie.

Si pensa inoltre a nuove sinergie con altri settori dei servizi, come il commercio di vini o i chioschi e sono in corso trattative con la Posta affinché nelle regioni periferiche i caffè offrano anche servizi postali.

Tesi di laurea: la tradizione del caffè a Trieste e le grandi famiglie Settima parte 4, la famiglia Hesse, l’intervista ad Alberto Hesse

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Alberto Hesse all'età di 87 anni
Alberto Hesse all'età di 87 anni

MILANO – Questa rubrica di Comunicaffè è aperta a tutti i lettori che possono coinvolgere collaboratori o parenti con i loro testi: la pubblicazione delle sintesi delle tesi di laurea con argomento caffè. Attendiamo le vostre segnalazioni.

Parla Alberto Hesse

Quando e da dove parte l’attività della famiglia Hesse?

La storia della mia famiglia inizia con l’arrivo di mio nonno Francesco Hesse, direttore di banca, nel 1887, dal Banato, regione tra Ungheria e Romania.

Nell’1887 nasce mio padre, Alberto Hesse. Tra i vari figli egli sarà quello che otterrà maggior successo, “inventandosi” broker di caffé in tempi in cui a Trieste, e nel territorio circostante, c’era ancora un traffico del prodotto abbastanza limitato.

L’attività della ditta Hesse, (fondata nel 1910 da Alberto Hesse, alle anagrafe Analberto) è stata sempre il brokeraggio, l’attività cioè di mediazione.

Le torrefazioni all’epoca erano pochissime e la più importante era la Hausbrandt. I crudisti a Trieste erano: Kugy (padrino di cresima di Alberto Hesse), Castelli, Kern, Arnstein. Di brocker ce n’erano pochi.

Mio padre Alberto ha iniziato l’attività per poi interromperla e partecipare alla Prima Guerra mondiale, tornando come capitano dell’Esercito, nella divisione sabotatori. Dopo la prima guerra mondiale, Trieste con il trattato di Versailles è divenuta italiana.

Il caffé che era sempre stato appannaggio delle famiglie di origine tedesca o ebraica, dopo la prima guerra mondiale è divenuto di importanza sempre maggiore per nuove famiglie italiane a danno delle vecchie famiglie facenti parte dell’Impero Austro – Ungarico.

La mia famiglia non ebbe problemi, mio padre non volle né dovette mai cambiare il cognome.

Posso tranquillamente affermare che né mio padre né la mia famiglia subirono mai alcuna persecuzione o costrizione, neanche dopo l’affermazione su larga scala del regime fascista. Mio padre svolse dopo la prima guerra mondiale un incarico per conto di alcuni vecchi commercianti triestini che gli chiesero di salvare in qualche modo i loro patrimoni.

La fine della Prima Guerra mondiale infatti creò una forte depressione economica in città e molte ditte furono costrette alla chiusura. Mio padre si recò negli Stati Uniti e ce la fece.

Quando ritornò in Italia, riconsegnò questi capitali e si mise quindi in luce nel mondo degli affari, e fu premiato dai vari importatori crudisti e dalla famiglia Hausbrandt, che lo coinvolsero nei loro affari come mediatore.

E’ celebre la vecchia pubblicità della Hausbrandt di due anziani che bevono una tazza di cioccolata calda, uno è Hermann Hausbrandt e l’altro è Alberto Hesse, mio padre.

In gioventù grazie alle amicizie di mio padre ebbi la possibilità di conoscere sia Hermann Hausbrandt che il capostipite di un’altra famiglia che poi diverrà importantissima: Francesco Illy, padre di Ernesto.

Il caffé all’epoca arrivava da molte origini: Brasile, centro America, Etiopia. Quest’ultimo paese infatti, soprattutto prima degli anni Trenta era stato conquistato dall’Italia, ed il governo italiano privilegiava l’importazione del caffé di quella provenienza.

All’epoca si consumava molto Gimma e Harar (Etiopia, entrambi Arabica). Quindi in quegli anni quasi tutte le origini arrivavano o dal Brasile o dall’Etiopia. Le cose in seguito cambiarono.

Come nasce la sua esperienza di pilota dell’aviazione nella seconda guerra mondiale?

Avvicinandosi oscure e minacciose nubi sulla scena internazionale, venni chiamato alle armi compiuta l’età di diciotto anni. Durante le visite mediche per l’arruolamento, alla domanda se sapessi nuotare, orgoglioso della mia provenienza da una grande città di mare risposi logicamente in maniera affermativa.

Fui prontamente arruolato nella leva di mare, che durava all’epoca ventiquattro mesi, anziché i diciotto mesi dell’aeronautica ed i dodici dell’esercito.

Una volta arruolati non si poteva in alcun modo cambiare corpo, se non passando alla leva dell’aria. Per farlo bisognava avere il brevetto di aliantista o di pilota civile che si svolgeva a Gorizia e Ronchi.

Andai allora da mio padre per chiedergli 3600 lire dell’epoca, la stessa in cui c’era la canzone “Se potessi avere mille lire al mese”! Era chiaramente una cifra molto grande, come sei mesi di stipendio di una persona normale.

Mio padre, preoccupato che suo figlio avesse contratto dei debiti, chiese maggiori precisazioni che io spiegai manifestando un puro e giovanile desiderio di imparare a volare e andarmene dalla leva di mare.

Il padre con piglio austro – ungarico mi disse: “Aeronautica? Ma lo sai che in quel corpo ci va la gente che non ha più in cosa sperare? Tu avrai l’azienda da portare avanti, io vedo per il tuo futuro altre cose. Non avrai da me neanche una lira!”.

Fortunatamente però, ero molto abile negli studi, ed iniziai a guadagnare facendo ripetizioni e scrivendo dispense per i miei colleghi. Inoltre all’epoca c’era il Guf (Gruppo Universitario Fascista), ed anch’io come gli altri studenti, ne facevo parte.

Arrivò in quel periodo come segretario del gruppo, Aldo Vidussoni, medaglia d’oro della guerra di Spagna, che nella stessa aveva perso un braccio. L’aiuto di questa valente persona mi permise di ottenere una borsa di pilotaggio, lavorando per il Guf e creando la sezione degli studenti stranieri.

Alla fine entrai in aeronautica, ottenendo successivamente il diploma di pilota civile e ottenendo il trasferimento dalla leva di mare a quella d’aria. Le vicende storiche del 1943, mi fecero passare nell’aviazione britannica nella quale prestai servizio fino alla fine del conflitto.

Tornato in luglio del ‘45 a Trieste e trovando una gran desolazione in tutti gli aspetti, compreso il commercio del caffé, decisi consultando mio padre di continuare il servizio d’aviazione nell’Aeronautica Italiana aspettando tempi migliori nella base di Lecce.

Nel settembre del ’46 infine entrai nella società di mio padre. Alla sua morte, nel ’58, mi resi conto che per come era impostata l’azienda non si poteva sperare in grossi margini di miglioramento e profitti.

Tutto ciò a causa della limitatezza della clientela, che si era resa ancora più acuta alla fine della seconda guerra mondiale e del declino economico di tanti nostri clienti.

Quali furono le sue strategie per fare il salto di qualità?

Decisi di iniziare ad allargare prima su tutta l’Italia per poi puntare coraggiosamente all’estero puntando in seguito su paesi come Svizzera, Germania, Austria. In questo modo feci aumentare i volumi dell’azienda portandola fino ad oggi.

Nel frattempo mi sposai con una donna già divorziata e con un figlio, Patrizio Brusoni, allevato da me. Il grande problema dopo la seconda guerra mondiale, era quello di ricostruire i contatti e trovare nuovi clienti in una situazione economica di stallo totale. La base era crearsi delle conoscenze e dei legami: il modo migliore era quello di viaggiare e farsi conoscere.

Ed è così che attraverso questa mia presenza a livello internazionale nelle fiere di settore e manifestazioni, mi sono fatto conoscere sempre di più.

Coronando questo importante e rapido percorso con la mia nomina a presidente dell’Associazione del caffé di Trieste, arricchito dal significato di essere il primo brocker eletto in questo fondamentale ruolo.

Una cosa importante è che l’Assocaffè, fondata nel 1891, (mio padre divenuto socio nel 1907) aveva come regola che la presidenza spettava alternativamente ad un crudista o ad un torrefattore. Dopo 70 anni divenni il primo presidente con ruolo diverso: il primo presidente broker.

Sono stato quasi una ventina d’anni alla guida dell’Associazione (1974 – 1991).

Ad un certo momento mi resi conto che la vita poteva portare anche amare sorprese, come ad esempio la scomparsa del mio vice presidente Scarioli (brocker). Decisi allora di chiudere la mia presidenza. Dopo di me salì alla presidenza Alberto Gattegno.

Nel mercato di oggi i “crudisti” hanno ancora bisogno di voi “brokers”?

Come grossi crudisti a Trieste abbiamo la Sandalj, Cogeco, Imperial, Tropical. Tutti questi crudisti si comprano i vari caffé da diverse località a seconda delle richieste del mercato. La scelta se la fanno loro, Sandalj ha parecchi contatti.

Altri crudisti preferiscono rivolgersi a brokers come me, che possiedo varie relazioni in loco. Il broker non ha rischi, non finanzia.

È un lavoro anomalo, perché il crudista non è tanto un commerciante di caffé che compra un container di caffé e lo distribuisce, quanto un banchiere. Anticipa il valore di questa merce, che un volta sbarcata a Trieste avrà bisogno di otto – dieci mesi prima di essere rivenduta.

Quindi fa il banchiere e finanzia il caffè che vende al piccolo medio torrefattore a credito con pagamento a novanta o centoventi giorni.

Questa è la parte malsana dell’attività, malsana da parte dei crudisti, malsana anche a causa dei torrefattori, che si combattono tra loro per cercare di accaparrarsi i bar, finanziandoli attraverso una gamma di operazioni.

Essi infatti forniscono le macchine per l’espresso, le tazzine con il logo dell’azienda, effettuano prestiti economici.

Quindi il lavoro del caffè in Italia non è chiaro né sano. E’ inficiato da tutta una serie di operazioni finanziarie che si completano a lungo termine, ad intervalli sfasati.

Oggi il ruolo del broker va scomparendo a causa del boom dell’informatica che ha stravolto il mercato, creando il contatto diretto tra crudisti e produttori.

Resiste una tradizione come la stessa azienda Hesse ed altre che forniscono una precisione ed un rigore nel modo di lavorare.

Qual è il futuro del caffé? Quali sono i maggiori pericoli che gravano sulla qualità del prodotto?

Il mercato ha la tendenza ad abbassarsi in termini qualitativi a causa della concorrenza tra torrefattori.

Oggi il gestore del bar non ha capacità di riconoscere la qualità più o meno buona del caffè.

Oggi il gestore guarda esclusivamente ai profitti, sbagliando: minore è il costo del caffè torrefatto, maggiore è il mio ricavo.

Questo discorso è sbagliato alla radice, perché il cliente ritorna in un bar nel momento in cui ricorda il retrogusto piacevole che il caffè gli ha lasciato la volta prima.

Quando il caffè è cattivo, perché fatto con miscele di qualità bassa, lascia un cattivo retrogusto ed il cliente non è invogliato a ritornare.

Il mercato sta avendo un regresso in termini qualitativi a causa di nuovi paesi produttori come ad esempio il Vietnam, che in dieci anni è passato da una produzione di mezzo milione di sacchi a quasi sedici milioni, di qualità Robusta.

Tra i caffé di questa qualità, il Vietnam è il più a buon mercato e quindi è anche il peggiore, perché ha più gusto legnoso, terroso, di umido.

Chi va a cercare miscele a basso prezzo, finisce poi per deludere i clienti.

Come è nato il suo rapporto con il Camerun?

Nel 1960, tutte le ex colonie francesi dell’Africa sono divenute indipendenti, ed hanno avvertito quindi la necessità di farsi conoscere all’estero.

Il caso vuole che Costa d’Avorio, Camerun, Gabon, vennero alla Fiera di Trieste per esibire i loro prodotti.

La delegazione del Camerun si mise alla ricerca attraverso la Camera di Commercio di Trieste di una persona del luogo che potesse aiutarlo ad allargare i contatti durante la Fiera.

Il Presidente della Camera che era all’epoca Caidassi, mi chiese di prendermi questo incarico. Per la mia attività, perdere quindici giorni di Fiera rappresentava una perdita cospicua di guadagni, ma fui “quasi costretto”.

Dopo un anno il Camerun si ripresentò mettendomi a disposizione una decina di milioni, che all’epoca era una cifra importante. Questa cifra era a mia disposizione per promuovere e far fare una bella figura alla rappresentanza del Camerun.

Ottenni ottimi risultati ed il rappresentante africano volle in qualche modo sdebitarsi.

Tuttavia gli feci capire che se volevano sdebitasi non erano sufficienti dieci milioni, per cui il mio gesto doveva considerarlo di simpatia verso una nazione nuova ed indipendente.

Questo fece un’impressione molto positiva sulla delegazione che mi premiò con una decorazione.

Il Camerun tornò per dodici anni consecutivi alla Fiera, fino al 1972. Nel 1959 il Camerun esportava cinque tonnellate di qualità Robusta, nel 1963 ne esportava 6000 tonnellate.

Questo fu la ragione per cui aprirono un consolato, affidandomelo.”

Alberto Hesse è stato nominato dall’International Coffee Organization nel 1992, “Uomo dell’anno”, prestigiosa carica conferita annualmente ad una persona che si è distinta nel mondo del caffé.

Alberto Hesse è morto il 17 giugno 2008.

Matteo Apollonio * Matteo Apollonio lavora oggi preso la società Mokint di Trieste (uno degli azionisti è Mokarabia) che si dedica all’export verso i Paesi dell’ Est Europa.

Settima parte (le parti precedenti sono state pubblicate il 10, 17, 24 ottobre e 7, 21 e 28 novembre).

(Segue il prossimo martedì 12 dicembre).

Autogrill, e adesso i Benetton cercano un socio estero per dilagare con più tranquillità

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autogrill cometa dufry
Il logo Autogrill

MILANO – Sarà estero il socio di minoranza che la famiglia Benetton cerca per Autogrill. Lo hanno rivelato fonti del gruppo di Ponzano Veneto dopo l’annuncio del trasferimento della quota detenuta da Edizione Holding in una Srl, Schematrentaquattro.

Servirà per valorizzare la società di ristorazione anche coinvolgendo partner industriali.

L’obiettivo è stato chiaro ieri è quello di trovare un partner di minoranza che porti contante o competenze in segmenti complementari per aree geografiche o di affari.

Autogrill è già forte negli Usa e in molti Paesi europei, quindi il partner ideale potrebbe essere un operatore presente in Asia o in alcune aree del Vecchio Continente.

Già escluso che il nuovo azionista possa essere italiano.

La segnalazione, è arrivata Kamira: l’originale macchina da prepara il caffè moka con la crema

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La kamira macchina da caffè moka
Kamira

CONTRADA VIGNA VECCHIA (Messina) – Vista sul sito www.kamiraonlime.com appare molto bella. Kamira, secondo quando scrive il sito, è un’originale macchina da caffé che fa il vero espresso all’italiana sul fornello di casa ed è semplice da usare come una moka tradizionale.

Ne abbiamo chiesta in prova una, è arrivata in questi giorni: nelle prossime edizioni vi racconteremo le nostre impressioni. Per adesso torniamo a quello che scrive il sito del costruttore che è siciliano.

Con Kamira il caffé di casa ha un gusto cremoso, rotondo e vellutato come finora potevi gustare solo nei migliori bar italiani.

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In 30 o 40 secondi, ti assicura un espresso perfetto, lungo o ristretto secondo il tuo gusto, arricchito da un’invitante crema ambrata e corposa che, mantenendo intatto tutto l’aroma, rende ogni caffé un momento di intenso piacere.

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Ogni confezione di Kamira contiene braccetti per una e per due tazzine.

Gli esperti Kamira sono sempre a tua disposizione, per offrirti assistenza e consulenza, al numero verde 800038354.

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Prodotta e distribuita da: Virgin Production di Enrico Santoro & C. s.a.s. Letojanni (Messina) Tel. 0942 651143. INFO info@kamiraonline.com