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Il Brasile candida Roberio Silva alla carica di direttore esecutivo dell’Ico

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prezzi del caffè ico
Il logo dell'Ico

MILANO – Sarà Roberio Silva, dallo scorso aprile direttore del dipartimento del caffè (Dcaf) presso il ministero dell’agricoltura, il candidato del Brasile alla carica di direttore esecutivo dell’Ico, rimasta vacante dopo le dimissioni di Néstor Osorio e attualmente occupata ad interim dal capo delle operazioni José Sette. Assieme al direttore esecutivo dell’Abic Nathan Herszkowicz, Silva era dato dalla stampa come il principale favorito tra i potenziali candidati brasiliani (vedi Comunicaffè di giovedì scorso, ndr.).

Roberio Silvia è il nuovo candidato come direttore esecutivo dell’Ico

Il fascicolo della candidatura è stato inoltrato dal ministro dell’agricoltura Wagner al ministro delle relazioni estere Antonio Patriota il 5 gennaio scorso, si legge in una nota. Patriota ha esaminato l’incartamento dando quindi il suo assenso al nome proposto da Rossi e assicurando il pieno appoggio del dicastero degli esteri e della diplomazia alla candidatura.

La candidatura sarà notificata entro il termine del 15 marzo alla segreteria dell’Ico. Come già riferito, il Consiglio potrà, se lo riterrà opportuno, costituire un comitato incaricato di vagliare tutte le candidature presentate entro la scadenza suddetta, al fine di selezionare (entro il 30 giugno 2011) un elenco ristretto (short list) di cinque candidati al massimo da invitare alla 107a sessione del Consiglio, in programma a fine settembre.

La nomina

Successivamente alla presentazione delle candidature, il Consiglio procederà alla nomina del nuovo direttore esecutivo, il cui mandato avrà una durata di cinque anni, rinnovabile per altri cinque.

“Si tratta di una procedura lunga” ha dichiarato Silva in merito all’iter di designazione, senza sbilanciarsi in alcun commento sugli altri possibili candidati alla carica, come pure sui nomi dei suoi eventuali successori alla direzione del Dcaf. Va da sé che l’influenza del Brasile in seno all’Ico lo rende sin d’ora il favorito numero uno.

Laureato in scienze economiche all’università federale del Minas Gerais, Silva vanta una vastissima esperienza nelle istituzioni nazionali e internazionali del caffè. In particolare è stato segretario generale dell’Acpc (Associazione dei Paesi Produttori di Caffè), il cartello costituito da una trentina di paesi produttori (rappresentanti allora circa l’85% della produzione mondiale) nel 1993.

L’associazione, che aveva sede a Londra, sospese le attività nel gennaio 2002. È stato inoltre segretario generale della federazione brasiliana degli esportatori di caffè (Febec) e segretario esecutivo della camera di commercio estero brasiliana (Camex). In una recente intervista, Silva ha riaffermato la centralità dell’Ico nell’elaborazione delle strategie di sviluppo del settore del caffè su scala globale.

Lorenzo Potecchi è il nuovo direttore generale vendite di Nestlé

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Nestlé Nespresso
Il logo Nestlé

MILANO – Nasce in Nestlé Italia la Direzione generale vendite e il Gruppo ne affida la guida a Lorenzo Potecchi nominato head of corporate sales (direttore generale vendite), ruolo che ricopre da novembre 2010. Nello svolgimento delle sue attività riporterà direttamente a Leo Wencel, presidente e amministratore delegato Nestlé Italiana e Capo mercato Gruppo Nestlé in Italia.

Il curriculum di Lorenzo Potecchi

Lorenzo Potecchi, 44 anni, entrato a far parte del Gruppo nel 2000, e ha ricoperto ruoli di responsabilità crescente: nel 2004 ha assunto la direzione della business retail all’interno di Nestlé Waters che, sotto la sua guida, ha sviluppato fatturati e quote di mercato, mentre da febbraio 2009 ha ricoperto il ruolo di direttore generale della Divisione gelati.

La scheda sintetica di Nestlé

L’azienda, presente nel nostro Paese dal 1875, ha raggiunto nel 2009 un giro d’affari oltre 1700 milioni di euro. Con un portafoglio di circa 87 marchi, si conferma oggi la principale azienda alimentare del Paese, con un organico di circa 3500 dipendenti, occupati nella sede centrale di Milano e nei 7 stabilimenti distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Fabio Cairoli è il nuovo direttore generale della Bialetti Industrie (Moka)

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gruppo Bialetti industrie illa
Il celebre omino coi baffi del logo Bialetti

COCCAGLIO (Brescia) – Il consiglio di amministrazione della Bialetti Industrie ha nominato direttore generale Fabio Cairoli, con effetto da ieri, al posto di Giuseppe Servidori, che si è dimesso. Lo comunica la società. Servidori ha lasciato anche la carica di consigliere e Cairoli è stato nominato al suo posto, in attesa dell’assemblea.

Bialetti annuncia il nuovo direttore generale

“Ringraziamo il dottor Servidori per il lavoro svolto, pur in un contesto di mercato assai difficile -ha detto il presidente e amministratore delegato di Bialetti Industrie, Francesco Ranzoni- e gli porgiamo i migliori auguri per le prossime sfide professionali che intraprenderà”

Francesco Ranzoni continua: “Siamo fiduciosi che il nuovo direttore generale Fabio Cairoli saprà proseguire nell’opera di rilancio avviata da Bialetti Industrie negli ultimi anni migliorando l e performance aziendali che ancora risentono del difficile momento congiunturale, con un focus particolare sull’evoluzione e posizionamento dei brand del gruppo, in considerazione delle sue esperienze maturate, anche a livello internazionale”.

Cairoli è stato direttore generale di Star Italia, amministratore delegato per l’Italia e la Slovenia di Julius Meinl Italia, multinazionale austriaca operante nel mercato del caffè, direttore commerciale Motorola Mobile Devices Italia, direttore marketing Kraft Foods Italia, dove ha lavorato per 11 anni sia in Italia sia nella sede centrale europea, a Londra.

Il percorso della sua esperienza professionale si è concentrato su business maturi, attraverso il rilancio di marchi storici, sviluppo dell’innovazione, ridefinizione delle strutture di costo, potenziamento delle competenze aziendali.

Via libera del Comune di Torino al nuovo centro direzionale di Lavazza

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IVS Lavazza Group logo convendum yak emilia coffee
Il logo di Lavazza Group

TORINO – All’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio Comunale del provvedimento che riguarda la trasformazione dell’area Ex Enel di via Bologna su cui sorgerà il nuovo Centro Direzionale Lavazza, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e Giuseppe Lavazza, vicepresidente del Gruppo, hanno presentato ufficialmente il progetto che farà da volano di riqualificazione per un’ampia e importante area della città.

A illustrare i dettagli della proposta progettuale sono intervenuti l’arch. Cristiano Picco, per quanto riguarda la parte urbanistica, e l’arch. Cino Zucchi, uno dei migliori professionisti italiani di livello internazionale, che ha curato invece il progetto architettonico.

Il progetto di Lavazza

L’intervento riguarderà l’area delimitata dalle vie Bologna, Pisa, Ancona, Largo Brescia e Corso Palermo. La scelta localizzativa e le linee progettuali, data la forte valenza economica, urbanistica e sociale dell’intervento, sono state valutate in sinergia con la Città di Torino:

“L’importante progetto di Lavazza è un segnale di fiducia nei confronti di Torino – ha dichiarato il Sindaco Chiamparino – e dimostra che nonostante il momento particolare che stiamo attraversando, imprese solide scelgono di investire qui. Il centro direzionale rappresenta un tassello fondamentale nella trasformazione e nel rilancio di tutta la zona nord della città”.

Giuseppe Lavazza, Vicepresidente del Gruppo, ha colto l’occasione per ribadire una volta di più il legame profondo dell’azienda con la città: “La realizzazione della nuova sede a Torino costituisce un’importante e ulteriore conferma della volontà di radicamento e di crescita di Lavazza sul territorio. Contribuire alla valorizzazione di un’area così importante della città ci consente di poter esprimere la nostra gratitudine nei confronti di questi luoghi, a cui siamo legati con orgoglio sin dalle nostre origini”.

Durante il Consiglio Comunale svoltosi lunedì è stato dunque discusso e approvato il piano urbanistico realizzato dall’Arch. Cristiano Picco, che ha dichiarato: “Il progetto urbanistico propone una nuova centralità urbana, dove la vocazione direzionale degli uffici Lavazza è abbinata al recupero e alla trasformazione degli edifici storici dell’ex centrale elettrica: una nuova struttura complessa con attività di interesse pubblico e servizi, a conferire un rinnovato “effetto città” sull’intero quadrante urbano”.

Innovation Center

Il sito che ospiterà la nuova sede – ideata con l’obiettivo di ampliare, migliorare e rendere più efficienti gli uffici direzionali Lavazza – è stato individuato in un quadrante che permette una facile accessibilità al polo industriale di Strada Settimo, composto sia dallo stabilimento produttivo, uno tra i più grandi impianti al mondo per la trasformazione e produzione del caffè, sia dal recentemente inaugurato Lavazza Innovation Center, in cui sono state concentrate tutte le funzioni del Gruppo dedicate alla ricerca e all’innovazione.

L’intervento di riqualificazione urbanistica ed edilizia si integra perfettamente con il territorio e sarà attuato nel pieno rispetto dei canoni di sostenibilità energetica e ambientale.

Sostenibilità che caratterizza il progetto di Cino Zucchi, una sorta di “Nuvola Verde” che raccorda tra loro i vari fronti e gli edifici industriali conservati e convertiti a nuove funzioni, offrendo un nuovo spazio aperto ai cittadini: “Il progetto per la nuova sede Lavazza rappresenta un modello innovativo di riqualificazione urbana che unisce azione pubblica e privata” – ha concluso l’Arch. Cino Zucchi – “Un recinto a destinazione industriale si apre alla città e alla sua vita quotidiana, creando luoghi di lavoro e svago di grande qualità.

La scheda sintetica dell’azienda

Lavazza è oggi una tra le più rilevanti realtà produttive di caffè al mondo, leader in Italia nel mercato retail con una quota del 48% (in valore, fonte Nielsen) e presente in oltre 90 Paesi attraverso 11 consociate, numerosi distributori e propri stabilimenti produttivi, oltre che in Italia, anche in India e Brasile. L’azienda presidia i business Casa e Fuori casa (Foodservice, Distribuzione Automatica e Coffee Shop Business) e prevede di chiudere il 2010 con oltre 1,1 miliardi di euro di fatturato, occupando nel mondo circa 4000 dipendenti.

Brasile: il maltempo non colpisce le coltivazioni di caffè, Uganda: export in lieve flessione a gennaio

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Sacco caffè Brasile mercati
Un sacco di caffè brasiliano

MILANO – Non smette di piovere nella zona collinare dell’interno dello stato di Rio de Janeiro aggravando una situazione già drammatica. L’ennesima frana ha provocato ieri ulteriori 3 morti portando a un totale di 643 le vittime del maltempo degli ultimi 10 giorni. I bilanci più gravi si registrano nelle località di Nova Friburgo, dove le persone morte sono 302, e Teresopolis, che ne conta 272.

Il maltempo in Brasile

Critica anche la situazione di Petropolis, dove in 2800 sono rimasti senza casa e altri 3600 sono stati costretti comunque ad abbandonare le loro abitazioni, con 57 morti. Sumidouro, conta 20 morti, e Sao José do Vale do Rio Preto altre due vittime. Il governo della presidente Dilma Rousseff ha annunciato intanto la creazione di un piano per la prevenzione dei disastri climatici, in cui si specifica che nel Paese “esistono almeno 500 aree a rischio, in cui vivono oltre cinque milioni di persone”.

Secondi gli esperti, l’eccezionale ondata di maltempo abbattutasi sul Brasile non ha arrecato danni alle principali produzioni agricole del paese. Il Minas Gerais, adiacente allo stato di Rio de Janeiro, è stato risparmiato dalle piogge diluviali, ma ha goduto comunque di buoni livelli di precipitazioni, benefici per lo sviluppo delle piantagioni.

In questa stagione, la pioggia è il miglior amico del caffè – ha dichiarato Mario Ferraz, direttore del colosso cooperativo Cooxupé – aggiungendo che “caldo e piogge stanno contribuendo alla formazione di un eccellente raccolto”. Il Brasile è attualmente nel pieno dell’estate, in un periodo in cui le piogge abbondanti sono essenziali per consentire al suolo di accumulare la maggiore quantità di umidità possibile, in vista dei lunghi periodi di siccità autunnale e invernale.

Secondo l’agronomista Gabriel Araujo, che opera nella città di Tres Pontas (Minas Gerais), l’andamento meteo è stato sin qui positivo, anche se è opportuno che i periodi di piogge siano intercalati da giornate di tempo secco.

Aggiornamento Secondo i più recenti aggiornamenti, le forti piogge della settimana scorsa si sposteranno a sud durante questa settimana. Le previsioni sino a venerdì parlano di 100 mm di precipitazioni nel Paraná settentrionale, San Paolo e in parte del Minas Gerais meridionale.

Nel Cerrado Mineiro e nella Zona da Mata, nonché in Espírito Santo e nel sud di Bahia, i valori dovrebbero essere nettamente inferiori. Dal 22 gennaio in poi è atteso un ritorno a condizioni di tempo tipicamente estive in tutte le principali aree del caffè, con sole, caldo e piogge leggere nelle tarde ore del pomeriggio.

Uganda: Export in lieve flessione a gennaio

MILANO – L’export dall’Uganda dovrebbe attestarsi questo mese a 240.000 sacchi, su livelli di poco inferiori a quelli registrati a dicembre, quando sono stati esportati 237.747 sacchi di caffè. Lo sostiene il più recente rapporto diramato dalla locale autorità per lo sviluppo del caffè (Ucda). In esso si legge, tra l’altro, che le esportazioni nel primo trimestre 2010/11 (ottobre-dicembre) sono state di 692.485 sacchi, pari al 4% in più rispetto allo stesso periodo del precedente anno caffeario.

Andamento positivo per gli arabica, che passano da 164.659 a 187.044 sacchi beneficiando dei prezzi remunerativi pagati ai produttori. Negativo invece il trend dei robusta, penalizzati dall’andamento climatico sfavorevole, dall’incidenza di malattie e avversità, nonché dal ridursi delle superfici coltivate dovuto alla crescente urbanizzazione.

Coffee Republic: la storica catena di caffetterie cambia volto con nuovi interni

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coffee republic
Il logo di coffee republic

MILANO – A due anni di distanza dalla messa in liquidazione e dal successivo paesaggio alla società londinese di investimenti immobiliari Arab Investments, Coffee Republic, la storica catena di caffetterie fondata nel 1995 da Bobby e Sahar Hashemi, volta pagina: nuovi interni per i locali (disegnati dal celebre designer Terence Conran), rinnovati programmi di espansione e una più efficace strutturazione della rete in franchising.

Il nuovo volto di Coffee Republic

Tappa simbolica di questo nuovo capitolo di sviluppo, l’apertura del flagship café, che si inaugura oggi a Londra, nella centralissima Tottenham Court Road.

Coffee Republic conta 135 locali (tra Regno Unito, medio oriente ed Europa orientale), di cui 90 costituiti da concessioni all’interno di negozi o hotel e ha recentemente concluso un accordo per l’installazione di distributori automatici in 450 stazioni di servizio della Shell.

Nei progetti futuri è prevista l’apertura di un’ulteriore ventina di caffetterie – come ha dichiarato di recente il chief executive della società Tariq Affara, che punta anche suoi nuovi interni più moderni e di tendenza (“i precedenti sembravano disegnati da un ragazzino” ha dichiarato in un’intervista) per sfidare frontalmente i colossi Costa Coffee, Starbucks e Caffè Nero, che detengono rispettivamente il 37%, 23% e 14% del mercato delle caffetterie a marchio in UK.

Uno sforzo volto anche a capitalizzare il perdurante buon momento dei coffee shop in terra britannica dove questa tipologia di esercizi ha registrato, l’anno scorso, a dispetto della crisi, un incremento delle vendite pari a quasi il 13% sfiorando i 2 miliardi di sterline di fatturato.

Un ulteriore exploit di Coffee Republic sarà l’apertura di un locale in cima a The Pinnacle, il grattacielo di 63 piani, che la società madre Arab Investments sta completando nel cuore di Londra e che sarà la caffetteria “a più alta quota di tutta l’Inghilterra”.

Quando la tazzina è piena di batteri: i rischi che si possono correre al bar

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lavaggio tazzina
La pulizia continua ad essere indispensabile nei locali

MILANO – Abbiamo trovato su un blog un articolo scritto da Anna Ermanni che fa il punto sui rischi che si possono correre nell’uso non corretto del lava tazzine che è diffuso in quasi tutti i bar. Si tratta di un punto di vista che può aprire il dibattito anche se alcuni passaggi, per esempio quello sulla pericolosità dei batteri, non ha esattamente basi scientifiche dato che molti batteri sono utili per l’uomo.

I batteri nel caffè

Al bar si beve caffè, nelle tazzine, o altri tipi di bevande, in diversi tipi di bicchieri; ma, insieme con la bevanda prescelta, si manda giù inconsapevolmente una quantità imprecisata di batteri, che possono procurare guai più o meno seri alla salute.

Il risultato globale di una ricerca è che beviamo realmente in tazzine e in bicchieri sporchi, abitati da sgradevoli e pericolosi inquilini, come stafilococchi e colibatteri, streptococchi, salmonelle e via dicendo.

La causa principale dei batteri presenti nei bicchieri e tazzine dei bar – è stato spiegato dai ricercatori che si sono occupati dell’argomento – risiede nelle macchine lava tazzine, largamente diffuse negli anni novanta, ma ancora utilizzate da molti esercizi che non le hanno sostituite con dispositivi moderni.

La macchina lava tazzine

Nella quasi totalità funzionano con il sistema detto “a riciclo”. Esso consiste, in sostanza, in una vasca della capacità media di quindici litri, munita di una pompa che invia agli ugelli di uscita acqua mescolata a detergente, a una temperatura di circa 55 gradi. Questo almeno nella prima fase di lavaggio, per il quale è previsto un tempo di circa 100 secondi.

Nelle fasi successive alla prima, la miscela liquida usata per il lavaggio comprende non soltanto il detergente, ma anche una certa dose di sporco (cioè di batteri) dal momento che l’acqua viene cambiata soltanto alcune volte al giorno, comunque a discrezione del barista. Altro tipo di guaio si aggiunge nella seconda fase, riservata al risciacquo.

L’operazione viene eseguita, in media, con un paio di litri d’acqua pulita e calda, estratta da un boiler di capacità variabile dai 3,5 ai 5,5 litri.

Il metodo di pulizia della tazzina

Quest’acqua, per esercitare un valido effetto sterilizzante, dovrebbe avere una temperatura fra gli 80 e 190 gradi; in realtà, a causa dei continui prelievi dal riscaldatore, il termometro scende sui 50 gradi, insufficienti a sterminare la piccola popolazione di batteri che si è formata nel bicchiere o nella tazzina, con provenienza aerogena (attraverso l’aria e la cavità orale) e fecale (attraverso l’acqua, gli insetti e le mani dell’uomo).

Come se non bastasse, in certi bar, si usa ancora sciacquare con un po’ di detersivo le tazzine e i bicchieri appena utilizzati dai clienti. In diverse occasioni mi è capitato di vedere il barista sciacquare con un po’ di detersivo, in maniera molto superficiale, una tazzina di caffè appena usata da un cliente, che veniva riutilizzata (la medesima tazzina) dopo pochi minuti per servire un altro cliente.

È scientificamente provato che molte patologie, anche gravi, si trasmettono con la saliva. A questo punto l’autrice propone una soluzione drastica: “Una buona abitudine, per preservare la propria salute anche al bar, è quella di comandare il caffè in un bicchierino di plastica alimentare”.

Va alla Nestlé il primo round nella vertenza con Denner

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Nestlé Nespresso
Il logo Nestlé

MILANO – Nestlé vince in patria una prima importante battaglia legale nella lotta senza quartiere ingaggiata contro i produttori di capsule concorrenti funzionanti con il sistema Nespresso. Come già riferito nel numero di venerdì, il tribunale del commercio di San Gallo ha disposto, con decorrenza immediata, a carico della catena di hard discount Denner (Gruppo Migros) e del suo fornitore (la società Alice Allison), il divieto di promuovere e commercializzare le capsule a marchio Denner nelle referenze Denner Expresso Milan, Denner Ethiopian Dream, Denner Indian Summer e Denner Dolce Vita.

Nestlé si aggiudica la prima vittoria contro la catena Denner

Il tribunale ha inoltre proibito l’utilizzo dello slogan “Denner – quoi d’autre?”, che fa il verso al celebre claim “Nespresso, what else?”.

Denner aveva introdotto nei propri scaffali la sua gamma di capsule compatibili Nespresso a metà dicembre, al prezzo di lancio di 25 centesimi di franco (circa 19 centesimi di euro), ossia la metà del prodotto originale, ottenendo immediatamente (stando almeno alle dichiarazioni dei responsabili della catena) un notevole successo.

La società ha tempo 10 giorni per presentare le proprie controdeduzioni al provvedimento emanato dal tribunale. E annuncia sin d’ora un’appassionata difesa.

“Combatteremo la decisione con tutti i mezzi giuridici” ha dichiarato alla stampa la portavoce Nicole Schöwel.

“Siamo fiduciosi e confidiamo in una soluzione rapida” ha aggiunto assicurando che la società ha attentamente valutato tutti i possibili risvolti legali prima di dare inizio alla commercializzazione delle capsule nei propri punti vendita.

Dal quartiere generale di Losanna, nessun commento da parte di Nespresso, che ha indicato soltanto di avere intentato una causa contro Denner e Alice Allison declinando ogni commento poiché la vertenza non è ancora conclusa.

Con un tasso di crescita che supera il 20% (la migliore performance tra tutti i marchi di casa Nestlé), Nespresso dovrebbe aver tagliato nel 2010 il traguardo dei 3 miliardi di franchi svizzeri di fatturato.

Tasse: l’Uganda chiede al Kenya l’abolizione dell’imposta sul tè

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Uganda vinci italia russia
La bandiera dell'Uganda

MILANO – L’Uganda ha chiesto in modo formale al Kenya a eliminare l’imposta che grava sul tè ugandese presentato all’asta di Mombasa, il porto kenyano dal quale viene esportato sui mercati internazionali. La misura è stata invocata da Kampala per accrescere la competitività del proprio prodotto.

La richiesta dell’Uganda

Per partecipare all’asta settimanale di Mombasa, gli operatori ugandesi devono munirsi, dietro pagamento di un’apposita tassa, di un permesso, concesso dalle autorità kenyane, per l’importazione temporanea del tè.

Le procedure per l’ottenimento del permesso causano spesso ritardi nella partecipazione all’asta e, conseguentemente, nella spedizione della merce.

Il governo ugandese ritiene inoltre il pagamento dell’imposta contrario alle direttive del Mercato comune dell’Africa orientale che dal primo luglio scorso ha abolito le barriere al movimento di persone e beni in ambito comunitario.

Divieto di fumo nei bar della Spagna: i clienti che escono per una sigaretta scappano senza pagare

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Bandiera della Spagna antifumo barcellona
Bandiera della Spagna

Prohibido fumar. Dopo il bando al tabacco nei bar, si moltiplicano i clienti che escono per fumare e se ne vanno senza pagare. Improbabile che si tratti di distrazione. Gli affari stanno cominciando a risentirne. Riportiamo di seguito l’articolo di Elisabetta Rosaspina pubblicato sul Corriere della Sera.

Divieto di fumo nei bar della Spagna: aumentano i clienti che non pagano

MADRID – Poggia il bicchiere vuoto, o quasi. Fruga pensosamente nelle tasche, ne estrae il pacchetto di sigarette, s’infila il cappotto, sorride e si avvia alla porta del bar: “Esco un attimo a fumare”, precisa a voce alta.

Da dieci giorni, non si può fare diversamente in Spagna, con la nuova, ferrea legge antitabacco. Ma quel che preoccupa ogni barista, adesso, è se il diligente avventore tornerà poi indietro a pagare la consumazione.

Da dieci giorni, infatti, il numero dei sinpa, i clienti che se la filano lasciando posacenere e piattino del conto vuoti, si è triplicato. Ed è improbabile che si tratti di distrazione. Accadde, a suo tempo, anche in Italia e probabilmente in Francia.

Ma la Spagna, fino all’anno scorso uno degli ultimi paradisi europei dei fumatori, si scopre ora la nuova oasi dei “portoghesi”, i sin pagar.

Nelle birrerie, nei ristoranti, nei pub, nei caffè, negli alberghi spira aria certamente più pura, ma anche più sospettosa: gli affari hanno risentito abbastanza del nuovo, tassativo divieto di fumare nei locali pubblici, senza che ci si mettano pure gli scrocconi. La federazione di categoria segnala una contrazione generalizzata: dei frequentatori, della permanenza ai tavoli, delle consumazioni, a causa delle frequenti crisi di astinenza da tabacco.

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