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Lavazza risponde al comune di Capannori: “Per produrre 1 kg di capsule per il caffè espresso servono 4 kg di acqua 2 kg di petrolio e 22 kW di energia elettrica”

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IVS Lavazza Group logo convendum yak emilia coffee
Il logo di Lavazza Group

MILANO – Alessio Ciacci, assessore all’Ambiente del comune di Capannori lo preannunciato in un intervista rilasciata ad un notiziario locale: presto ci sarà un incontro con la Lavazza in merito alle capsule o cialde per il caffè. Come si ricorderà la vicenda era partita da una lettera di denuncia della situazione delle capsule di caffè non degradabili che Rifiuti zero, un centro di ricerca del comune toscano aveva inviato all’inizio dell’anno a Torino. Il Comune di Capannori ha confermato in una nota l’incontro.

La risposta di Lavazza al comune di Capannori

Nella sede dell’Innovation Center di Torino realizzato dalla Lavazza come centro nevralgico dei tutte le sue attività di ricerca, in primis la ricerca ambientale si svolgerà presto l’incontro.

Sarà presente anche l’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (Aiipa) di cui fa parte anche la Lavazza che rappresenta il gruppo merceologico chiamato in causa da Capannori e quindi anche altre aziende del comparto caffè.

L’importante azienda torinese – prosegue il comunicato – ha accolto con grande disponibilità la sollecitazione giunta da Capannori con una lettera indirizzata al sindaco, Giorgio Del Ghingaro, all’assessore all’ambiente Alessio Ciacci e a Rossano Ercolini che è il responsabile del Centro Rifiuti zero.

Come abbiamo scritto a inizio gennaio, con l’istituzione del Centro di Ricerca rifiuti zero, l’azione dell’amministrazione comunale di Capannori si sta concentrando sul rifiuto residuo, quello cioè non differenziabile proprio come le capsule del caffè, sulle quali il centro ha realizzato un caso studio dal quale emerge che ogni anno in Italia si consuma 1 miliardo di capsule da caffè usa e getta (il 10 % di quante ne vengono consumate nel mondo) e che a Capannori, ipotizzando che rientri nella media nazionale, ogni anno se ne consumano 750mila, corrispondenti a 9 tonnellate di rifiuto indifferenziato.

Infine, secondo i calcoli del centro ricerche toscano, per realizzare un chilogrammo di capsule di caffè usa e getta occorrono 4 kg di acqua, 2 kg di petrolio e 22 Kw di energia elettrica.

Il direttore esecutivo dell’Ico José Sette: “L’Ica 2007 favorirà uno sviluppo sostenibile del settore caffeario”

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Ico export mondiale prezzi robusta G7
Il logo dell'Ico

MILANO – A distanza di oltre 3 anni dall’approvazione – avvenuta nella riunione del Consiglio del 28 settembre 2007 – il nuovo accordo internazionale sul caffè – Ica 2007 è finalmente operante. Lo ha reso noto l’Ico con un comunicato diramato nel tardo pomeriggio di ieri, dal quale si apprende che l’entrata in vigore è avvenuta dalla data del 2 febbraio 2011.

Ica: il nuovo accordo internazionale sul caffè

A renderla possibile, il deposito degli strumenti di ratifica da parte del governo brasiliano, che ha consentito il raggiungimento del requisito dei due terzi anche per quanto riguarda i voti dei paesi membri esportatori. A tutt’oggi sono 34 i governi che hanno depositato i loro strumenti di ratifica, accettazione o approvazione, cui vanno aggiunti ulteriori 13 governi che hanno sottoscritto l’accordo.

“Desidero ringraziare tutti i governi membri dell’Ico per il loro impegno nella ratifica dell’Ica 2007 – ha dichiarato il direttore esecutivo ad interim, il brasiliano José Sette – Porgo inoltre un caloroso benvenuto ai cinque nuovi membri – Liberia, Timor-Leste, Tunisia, Turchia e Yemen – che allargano la rappresentanza geografica dei paesi produttori e consumatori sotto l’egida del nuovo accordo.”

Sette continua: “L’Ica 2007 è un importante strumento di sviluppo e cooperazione e promuoverà uno sviluppo sostenibile del settore caffeario a beneficio di tutti i portatori di interesse, in particolare dei piccoli produttori e dei paesi esportatori”.

L’Ica 2007 è il settimo accordo internazionale in ordine di tempo dalla nascita dell’ Ico avvenuta nel 1962. Avrà una durata di 10 anni, prorogabili per un massimo di ulteriori 8 anni.

NICARAGUA – Aumentano le esportazioni di caffè

Secondo l’Ice-Istituto italiano per il commercio estero- fonti del Governo nicaraguense hanno annunciato un boom delle esportazioni di caffè. Nei primi tre mesi del raccolto 2010-11, il valore delle esportazioni di caffè è aumentato del 50%, passando da 29,2 a 43,9 milioni di dollari.

Secondo l’ente per la promozione delle esportazioni Cetrex, una ventina di Paesi -in primis Stati Uniti, Finlandia, Venezuela, Spagna e Belgio- sono stati i maggiori acquirenti del caffè nicaraguense. (Fonte Ice – Città del Messico)

Donna ustionata a New York con una macchina per il cappuccino: risarcita con 880 mila euro

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cappuccino-mann colazione dieta dei militari cultura del caffè
Un cappuccino

NEW YORK – Una giuria ha stabilito un risarcimento di 1,2 milioni di dollari (pari a 880 mila euro) per una donna della Georgia, la 52enne Cynthia Nance, che ha dichiarato di essersi ustionata con l’acqua che è schizzata da una macchinetta per il cappuccino all’interno di un negozio.

L’avvocato Nelson Tyrone III ha dichiarato al quotidiano Gwinnett Daily Post che la donna si è ustionata la notte di Halloween del 2007 in un negozio della catena QuikTrip che ha fatto sapere di aver sostituito le macchine da cappuccino in tutti i suoi punti vendita.

I baristi protestano contro l’antifumo: “Una rovina per il nostro settore”

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Bandiera della Spagna antifumo barcellona
Bandiera della Spagna

MADRID – Circa 500 proprietari di bar nel centro-nord della Spagna hanno deciso di protestare per un giorno contro la nuova legge antifumo che, dicono, crei problemi agli affari. Si tratta della prima protesta di questo genere e i proprietari di bar hanno marciato attraverso la città di Palencia chiedendo che la legge venga modificata.

La legge antifumo

Juan Ramon Garcia, dell’associazione della città di Valladolid, ha detto che i bar sono rimasti vuoti da quando è entrata in vigore la legge, il 2 gennaio.

Jose Maria Rubio dell’associazione nazionale dei baristi e ristoratori ha detto che “è da un anno e mezzo che diciamo che questa legge sarebbe stata la rovina per il nostro settore e questo è proprio quello che è successo”. L’associazione ha fatto sapere che sta programmando altre proteste.

Sigep: Yumiko Saimura, la giappo-casalese, è la miglior cioccolatiera d’Italia

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cioccolato della vecchia degustazione saimura san valentino
Diversi tipi di cioccolato

CASALE MONFERRATO (Alessandria) – Una giapponese naturalizzata italiana residente a Casale Monferrato ha vinto, nei giorni scorsi, il Campionato italiano di cioccolateria. Trionfando nel concorso che si è svolto a Rimini nell’ambito del Sigep, Salone del dolciario artigianale, Yumiko Saimura, si è laureata miglior cioccolatiera d’Italia staccando il biglietto per Parigi, dove rappresenterà l’Italia al prossimo World Chocolate Masters, in programma dal 19 al 21 ottobre.

Yumiko Saimura a World Chocolate Masters

Yumiko, oltre al titolo assoluto, si è aggiudicata anche il premio per la Miglior pralina a immersione e per il Miglior pezzo artistico in cioccolato. La giappo-casalese aveva già trionfato, nello scorso mese di ottobre, alla selezione nazionale che si era tenuta a Milano presso l’ AB Tech Expo.

Yumiko ha 33 anni ed è originaria di Kobe, città del centro del Giappone, con una particolare apertura verso la cultura europea e con uno spiccato culto gastronomico.

Trasferitasi in Italia nel 2004, dopo avere completato gli studi, affascinata dalle tradizioni culinarie del nostro paese ha deciso di trattenersi per approfondire la nostra cultura gastronomica.

Dopo varie esperienze significative da chef pasticciere presso diversi ristoranti stellati Michelin quali il Piccolo Lago di Mergozzo (Vb), Il sole di Ranco di Ranco (Vb) e Al Sorriso di Novara, fondamentale per l’approfondimento della cultura del cioccolato è stata la collaborazione con Casa del Dolce di Intra (Vb).

Qui Yumiko ha imparato a fare il panettone e appreso diverse tecniche della lavorazione del cioccolato secondo il gusto italiano. Nel 2008 Yumiko ha deciso di diventare imprenditrice, mettendo a frutto tutte le competenze acquisite, aprendo con una socia la Piccola Pasticceria di Casale Monferrato. Per saperne di più e vedere le fotografie cliccare qui.

Attilio Bottala: “Vi spiego l’importanza dell’acqua per la preparazione di un buon espresso”

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

L’importanza dell’acqua in un buon caffè. L’acqua è essenziale nella buona riuscita di una bevanda, e in particolar modo dell’espresso. Riportiamo di seguito l’opinione di Attilio Bottala: “Essenziale la scelta di una buona acqua per ottenere una tazzina eccellente”. Leggiamo il suo punto di vista.

L’importanza dell’acqua nel caffè

MILANO – Inquinata o distillata, leggera o pesante, dura come il ghiaccio o impalpabile come il vapore. L’acqua è essenziale nella buona riuscita di una bevanda, e in particolar modo del caffè. Possiamo prendere spunto dalla sua analisi organolettica per approfondire aspetti come il colore, il profumo, il gusto, il corpo…A prima vista viene da dire che l’acqua migliore da usare per l’estrazione dovrebbe essere incolore, inodore ed insapore in modo da non contaminare la nostra tazzina: se desideriamo una variante di gusto saremo poi noi a decidere cosa aggiungere, dal latte alla sambuca.

Bisogna però considerare che per l’erogazione di un caffè espresso nei bar viene utilizzata l’acqua della rete idrica che, nella migliore delle ipotesi, è ricca di cloro – che odora ed ha un gusto sgradevole. Dobbiamo quindi provvedere ad eliminarlo facendo uso ad esempio di appositi filtri ai carboni attivi.

Non mi addentro nelle altre componenti chimiche quali l’arsenico, il piombo, lo zolfo, per non parlare del “ph” (non è questa la sede…). Procedendo nella nostra analisi sappiamo che per l’estrazione del caffè l’acqua viene usata sotto pressione (9 bar) e ad alta temperatura (90°) perché solo così riesce ad estrarre la giusta quantità di sostanze oleiche, aromatiche ed i “body producer”, ovvero quelle sostanze che realizzano la magia dell’espresso e che consentono il formasi della crema.

Per realizzare tutto questo abbiamo bisogno di un’acqua che tra l’altro contenga una discreta quantità di sali minerali senza che la percezione gustativa arrivi ad un sapido marcato.

Purtroppo dove ci sono sali minerali c’è anche il calcare che depositandosi ostruisce le tubature e gli orifizi della macchina e per questo bisogna trovare un giusto compromesso. Se doveste scegliere l’acqua per i vostri caffè, il mio consiglio è di optare per una acqua con una maggiore presenza di sali: in questo modo otterrete un caffè migliore, più cremoso e più dolce, a scapito di un maggior deposito di calcare.

Passando quindi alla somministrazione domestica del caffè, sia espresso sia moka, è preferibile utilizzare l’acqua dell’acquedotto correttamente filtrata, eliminando le impurità in sospensione, il cloro e riducendo in modo controllato la presenza dei sali minerali.

In alternativa possiamo usare un’acqua oligominerale che abbia un discreto residuo fisso, normalmente indicato in etichetta, e valutabile con una degustazione personale. Tutto questo per un caffè espresso che sia una magnifica esperienza di gusto!

Giordano Caffè è nata nel 1938. Da allora custodisce l’arte dei torrefattori, estesa alla conoscenza approfondita dei processi di estrazione e somministrazione tipici del caffè espresso.

Da sempre il suo obiettivo è realizzare caffè espresso di alta qualità italiana. I caffè della Giordano 1938 provengono da piantagioni dove abbonda una grande varietà di flora e fauna: stiamo parlando dei meravigliosi giardini di Antigua in Guatemala, delle piantagioni silvestri del Sidamo Yirgacheffe in Etiopia, di quelle d’ombra indiane del Mysore, o dei Caraibi con Puerto Rico Yauco o Santo Domingo Barahona.

E’ qui che sono selezionati i migliori caffè per l’estrazione dell’espresso, con cui si costituisce la gamma di prodotti che comprende Miscele e Pure Origini di caffè, Collezione Gourmet e Caffetteria Gourmet. L’esperienza e la passione spingono la Giordano a proporre non solo miscele, ma anche singole origini, ovvero veri e propri “cru” di caffè.

Ricchi di sostanze oleiche, aromi e fragranze, questi chicchi trasmettono tutta la loro essenza con una perfetta tostatura, una precisa macinatura e una estrazione da manuale. L’arte della torrefazione, accumulata in oltre settant’anni di ricerca, ha consentito alla Giordano Caffè 1938 di scoprire le migliori coltivazioni del mondo, e le origini più pregiate, ed offrire sul mercato un prodotto esclusivo: un caffè dalle caratteristiche originali, che vanta un pubblico non solo in Italia, ma anche in Francia, Germania, Svizzera, Spagna e Grecia”.

Attilio Bottala

Per saperne di più basta cliccare qui

Apre il bar Halldis Gallery: il nuovo business caffè in zona Stazione centrale

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Il Duomo di Milano (Foto di Dimitri Vetsicas da Pixabay)

MILANO – Secondo i titolari è’ destinato a diventare un ritrovo alla moda per trand setter e per manager salutisti: la Halldis Gallery, business cafè innovativo e biologico, aprirà i battenti a 50 metri dalla Stazione Centrale. L’inaugurazione è in programma dalle 12 alle 15.

Il bar Halldis Gallery

Gli interni del locale, in via Gasparotto 1, sono stati curati dell’architetto Marco Vigo, che ha creato un ambiente di design contemporaneo utilizzando però materiali caldi.

Un periodico, Halldis Gallery – Food & More sarà distribuito ai clienti, per aggiornare l’offerta del business cafè e per segnalare appuntamenti ed eventi che si terranno presso il locale.

Ludovic Loizon diventa il barista campione di Francia 2011

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bandiera Francia marsiglia
La bandiera della Francia

MILANO – Quindici anni fa è entrato nel mondo del caffè e poi non ne è più uscito. E’ stato proclamato a Lione il barista campione di Francia 2011. Si chiama Ludovic Loizon ed è il vincitore della quarta edizione della competizione nazionale dei baristi tenutasi domenica 23 e lunedì 24 gennaio nel corso della fiera Sirha a cui ha partecipato la Nuova Simonelli; sarà Ludovic Loizon a rappresentare la Francia al prossimo World Barista Championship che si terrà a giugno a Bogotà in Colombia.

Ludovic Loizon diventa barista campione di Francia 2011

Il neo barista campione di Francia è un professionista esperto del mondo del caffè: da oltre cinque anni si occupa di formazione e partecipa a competizioni in cui ha raggiunto sempre posizioni importanti, tra cui quella conquistata a Lione. Nel mese di preparazione al France Barista Championship, Loizon è riuscito a trovare il tempo anche per aprire una scuola di formazione per baristi, la BBF.

“Stanco, ma molto felice e soddisfatto – ha dichiarato il vincitore – ora lavorerò per rappresentare al meglio la Francia nella classifica 2011 del World Barista Championship e soprattutto mi impegnerò per diffondere la cultura del caffè nel mio Paese. Pensando a Bogotà inizierò sin da subito ad allenarmi con la macchina da caffè Aurelia Competizione che durante questa gara mi ha permesso di lavorare molto bene, soprattutto mi ha consentito di avere un’estrazione davvero buona e un’eccellente montatura del latte”.

Ludovic Loizon ha dovuto dimostrare tutta la sua professionalità per scalare la classifica e conquistare il titolo di barista campione nazionale. E’ stato uno show di altissimo livello, quello che ha visto confrontarsi i migliori baristi di Francia per raggiungere l’ambito traguardo.

Il tutto il vista del WBC 2011 – il Campionato mondiale dei baristi che si terrà a giugno in Colombia, a Bogotà, dove i grandi del caffè si confronteranno ancora una volta con la macchina Aurelia Competizione, della Nuova Simonelli, per conquistare il prestigioso titolo di barista campione del mondo 2011, vinto lo scorso anno dall’americano Michael Phillips.

La manovra speculativa di Anthony Ward nel mondo del cacao: ecco tutti i dettagli

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fairtrade cacao
Le cabosse di cacao (foto concessa da Fairtrade)

MILANO – Fiato sospeso degli operatori della filiera del cacao dopo la clamorosa manovra speculativa dell’inglese Anthony Ward. Come riuscirà ad affrontare questa nuova sfida il paese primo produttore al mondo di fave di cacao cioè la Costa d’Avorio? Di seguito trovate l’inchiesta, sulla quale aspettiamo il parere dei lettori anche sui possibili collegamenti sui prezzi del caffè.

Anthony Ward rappresentato come un deus ex machina calvo

Nei giorni scorsi, il vignettista del Financial Times rappresenta Ward come un deus ex machina calvo, lo sguardo torvo, che sbandiera una tavoletta di cioccolato griffata con la sigla del dollaro statunitense.

Anthony Ward, alias “Chocolate Finger”, da una quindicina di giorni sta tenendo sulla corda tutto il piccolo universo del cacao, dal produttore della Costa d’Avorio al cioccolataio svizzero.

A cinquant’anni, il capo della società londinese Armajaro, interessata nella produzione, trasformazione e nel commercio del cacao, ha realizzato, come dicono gli specialisti, un “corner”, vale a dire un accaparramento destinato a una rarefazione dell’offerta per provocare un rincaro dei prezzi.

Ward, infatti, il 16 luglio ha acquistato ben 241 mila tonnellate di fave di cacao, pari al 6,3% della produzione annua mondiale e al 15% delle scorte dell’intero pianeta. In tutto il mondo resterebbero solo poche migliaia di tonnellate di scorte.

Il prezzo del cacao

Di colpo, il prezzo sul mercato del cacao ha preso il volo a 2.730 sterline per tonnellata (circa 3264 euro), contro le 2.200 dei sei mesi precedenti: si tratta del livello più alto dal 1977.

Ciò è stato sufficiente per suscitare la preoccupazione di Ghana e Costa d’Avorio,( aree nelle quali si concentra il 60% della produzione mondiale,) e la rabbia dei produttori di cioccolato, che dovranno acquistare ad un maggior prezzo i loro approvvigionamenti.

Fra il 10 e il 13 luglio 2010, il prezzo del cacao ha raggiunto un picco massimo di 3264 euro per tonnellata, il valore più alto dopo 33 anni In una lettera inviata il 2 luglio al responsabile della borsa inglese, la LIFFE [N.d. tr. : Acronimo di London International Financial Future Exchange. Mercato inglese sul quale sono scambiati contratti « future » sui tassi d’interesse, sulle principali valute, sul prezzo di mercato delle merci, sulle obbligazioni, sui titoli di Stato e sugli indici di Borsa], sedici industriali hanno lamentato la mancanza di trasparenza di questi meccanismi speculativi, minacciando di abbandonarla piazza londinese e di rivolgersi a quella di New York, ben più trasparente: negli Stati Uniti, i commercianti devono giustificare la totalità delle loro scorte alle autorità di borsa.

Una maggiore trasparenza

In Europa invece la Liffe non impone agli operatori di dichiarare più del 37% delle loro merci. Il capo della Liffe ha smentito ogni forma di manipolazione speculativa, ma ha promesso maggiore trasparenza per il futuro.

E’ quanto chiede l’International Cocoa Organization (Icco), forum mondiale dei produttori e dei consumatori di cacao, che ha redatto una relazione sui meccanismi dei mercati a termine del cacao.

Questo problema dovrebbe essere affrontato nella riunione biennale che si terrà a Londra a metà settembre 2010. Dal canto loro, i dirigenti dell’Icco, il 15 luglio hanno incontrato ad Abidjan Laurent Gbagbo, presidente del paese primo produttore di cacao, per informarlo delle loro attività e dei movimenti speculativi. Un presidente molto preoccupato, per il quale i margini di guadagno sul cacao dovrebbero essere distribuiti innanzitutto agli operatori nazionali prima che agli speculatori.

Giocata a poker

Nel frattempo, gli analisti si perdono in congetture sulla giocata a poker di Anthony­ Ward. Molti ritengono che il Britannico, a copertura di una spesa di circa un miliardo di dollari per l’accaparramento, abbia già rivenduto 100.000 tonnellate della scorta al concorrente svizzero Barry Callebaut. “Diversamente, per lui il rischio sarebbe enorme”, dice un esperto della Liffe. “Se i prezzi crollano, dovrà mangiarsi il cappello”.

E il rischio di una caduta dei prezzi è reale. Infatti, dopo tre anni di deficit nell’offerta, il raccolto globale dovrebbe aumentare del 6% nel 2010-2011. In Costa d’Avorio, si prevede già una produzione totale di 1,35 milioni di tonnellate per questa stagione, 50.000 in più rispetto alla campagna precedente.

La scommessa di Ward

Le prime fave di cacao della prossima campagna arriveranno a maturazione presto, e il prodotto sarà disponibile già dal mese di ottobre 2010. Ward probabilmente ha scommesso sugli impegni e le necessità di produrre degli industriali nel breve termine. Egli sa che il cacao di fine stagione in Ghana e Costa d’Avorio (raccolto della piccola campagna, da aprile a settembre, circa 400.000 tonnellate per entrambi i paesi) è di scarsa qualità per le forti piogge delle ultime settimane; un evento che ha causato la “pourriture brune” (peste vegetale), una malattia che intacca la cariosside contenete i grani di cacao. Alcuni analisti formulano un’altra ipotesi.

Ward avrebbe informazioni inedite sull’evoluzione della situazione politica in Costa d’Avorio: da agosto il paese sta per entrare in un periodo incerto, nel quale dovrà essere trovato un accordo tra il governo in carica e l’opposizione sulla definizione delle liste elettorali, in vista delle elezioni presidenziali di ottobre. Più probabilmente Ward ha fiutato l’affare: dal 2001 ad agosto 2002 ha speculato sul mercato del cacao, acquistando 203.000 tonnellate di fave.

Le esportazioni cacao

Dopo il colpo di stato in Costa d’Avorio del settembre 2002, il prezzo del cacao era ancora aumentato. Respinti da Abidjan, i ribelli erano ripiegati su Bouaké prima di avanzare verso la parte occidentale del paese, paralizzando così le esportazioni di cacao dal porto di San Pedro.

Allora, la tonnellata di cacao raggiungeva le 1600 sterline, contro le 1000 del gennaio 2002. I profitti della società Armajaro erano valutati per più di 60 milioni di dollari (circa 62 milioni di euro).

Un ex quadro del gruppo ivoriano Sifca ci confida: “Ward tenta regolarmente il colpo grosso: alla fine degli anni ’90 ci ha incontrato per proporci di acquistare la maggior parte della produzione ivoriana. Ed ha ottenuto un rifiuto!” Anthony Ward, il magnate del cacao soprannominato “Chocolate Finger”, visto da Damien Glez Il misterioso Signor Ward Figlio di militari, Anthony Ward è cresciuto nel cuore dell’establishment inglese, frequentando il Marlborough College, una tra le più esclusive scuole private del Regno Unito.

Poco portato per gli studi, che interrompe a diciassette anni, nel 1980 diventa broker nell’americana EF Hutton e comincia a interessarsi al mercato del cacao. Tra il 1988 e il 1990 assiste alla guerra del cacao tra il francese Serge Varsano, (Sucden) e il connazionale inglese Derek Chambers, della Phibro (Philipp Brothers), una filiale della Salomon Brothers.

In quel periodo, è in corso fra costoro una guerra spietata per convincere l’ormai vecchio Houphouët-Boigny a vendere a uno di loro il raccolto di cacao della Costa d’Avorio.

Ward raggiunge in seguito Chambers alla Phibro, dove diviene responsabile degli acquisti di caffè e cacao e uno dei maggiori esperti di questo mercato. Questo non gli impedisce di commettere errori. Nel 1996, realizza un primo importante acquisto di 300.000 tonnellate di raccolto di cacao ivoriano, acquisto che si rivela di qualità scadente e che gli costerà una perdita enorme.

La Armajaro Holdings

Ma Ward non si scoraggia, e nel 1998 fonda la Armajaro Holdings, che oggi conta più di 2.000 dipendenti e che nel 2009 ha realizzato un fatturato di 1,29 miliardi di euro. La società ha filiali in Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio, in Sierra Leone, Kenya, Tanzania, Uganda e in diversi paesi dell’Asia. Il commodity trader, che finanzia gli acquisti con i vari fondi d’investimento gestiti dalla Armajaro Holdings, si è progressivamente lanciato nella produzione e nella trasformazione. Infatti, ha acquistato il 28 luglio la Theobroma Chocolat, società produttrice di cioccolato biologico, e possiede stabilimenti in Olanda e in Nigeria. In precedenza collaborava con l’asiatica Petra Foods, un colosso mondiale nella trasformazione del cacao, a cui ha rivenduto le sue quote nella lavorazione del prodotto.

L’Armajaro negozia annualmente tra le 400.000 e le 500.000 tonnellate di cacao, un settimo del raccolto mondiale, e ha sviluppato imprese con 45.000 produttori di cacao del Ghana e 5.000 della Costa d’Avorio. La rete di stazioni meteo che possiede in Africa occidentale e le squadre di ricercatori per la stima dei raccolti (valutazione ponderale dei frutti sulla pianta , verifica delle malattie delle piante, pluviometria…) consentono a questa impresa previsioni sui raccolti futuri, con notevole vantaggio rispetto ai concorrenti.

Dalla politica agli affari

L’ambizioso “Chocolate Finger” non si attira i favori della stampa. Ad esempio, dopo gli avvenimenti del settembre 2002 è stato sospettato di avere finanziato la ribellione in Costa d’Avorio per fare lievitare i prezzi. Ward si è difeso, ma non ha prodotto mai prove a suo discarico, tanto che è stato necessario l’intervento del deputato Ben Soumahoro per rinsaldare i legami fra i rappresentanti di Armajaro e il capo dello Stato.

Lo scorso aprile, il Ghana Cocoa Board, organo statale di gestione del settore cacao, gli ha vietato di continuare l’attività nell’ovest del paese, accusandolo di trasferimenti fraudolenti di cacao verso la Costa d’Avorio. Ward si sforza di intrattenere relazioni amichevoli con gli uomini politici ivoriani di qualsiasi tendenza.

Dopo l’elezione di Laurent Gbagbo,(eletto Presidente della Repubblica nell’ottobre 2000) si è avvicinato a riformatori come Paul Antoine Bohoun Bouabré, all’epoca ministro delle Finanze del paese (N.d.tr.: oggi riconosciuto come uno dei principali artefici dello sviluppo economico della Costa d’Avorio).

E dopo gli accordi di Marcoussis, nel gennaio 2003, (N.d.t.: negoziati tenutisi in Francia, a Marcoussis, tra i ribelli del nord, indicati come Forces nouvelles, e le altre fazioni della Costa d’Avorio) intrattiene buoni rapporti anche con le Forces nouvelles (FN). Nel maggio 2009 è stato visto al fianco del primo Ministro, Guillaume Soro, in occasione della cena annuale della Federazione del commercio del cacao, tenutasi a Londra.

Loïc Folloroux: la carta vincente di Ward

Ma il vero asso nella manica dell’Armajaro di Ward è il suo responsabile Africa: Loïc Folloroux, figlio di Dominique e Alassane Ouattara, candidato repubblicano alle prossime presidenziali. (N.d.tr. : attuale Presidente eletto).

Folloroux, 35 anni, è cresciuto in Costa d’Avorio ed ha completato gli studi negli Stati Uniti, dove ha lavorato per Merrill Lynch Bank. Il suo primo incarico all’Armajaro è stato quello di rimettere mano a tutte le operazioni di sourcing che al momento erano deficitarie. In seguito ha diversificato le attività (caffè, cacao, zucchero) della società e ora sta lavorando all’apertura di nuove filiali in Camerun e in Liberia.

L’agricoltura sostenibile

Folloroux difende l’agricoltura sostenibile e le cooperative di piccoli agricoltori. Ma questi ultimi colgono principalmente l’aspetto speculativo delle operazioni dell’Armajaro. “Non siamo noi i beneficiari delle ricadute finanziarie dovute alla buona tenuta dei prezzi (del cacao e del caffè) sul mercato mondiale”, afferma Moussa Zoungrana, presidente dell’Arceccc (Association pour le renforcement des capacités des entreprises coopératives de café et de cacao).

“I piccoli coltivatori hanno già venduto la maggior parte della loro produzione, non hanno mezzi per stoccarla e rivenderla al momento più conveniente”. Anche per le piccole imprese ivoriane di trasformazione (dalle fave di cacao al cioccolato) l’aumento dei prezzi è penalizzante. Queste, infatti, si approvvigionano nel periodo della piccola raccolta per far funzionare le loro fabbriche. Per costoro, la crescita dei prezzi del prodotto ne riduce la competitività.

Verso una riforma Ad Abidjan, i consiglieri del(l’ex) Presidente Laurent Gbagbo seguono molto da vicino l’evolversi della situazione. La nuova operazione promossa da Ward conferma la loro volontà di riappropriarsi della filiera produttiva. Sotto la pressione degli speculatori della finanza internazionale e di multinazionali come Cargill e ADM, le autorità della Costa d’Avorio hanno liberalizzato la filiera dalla fine degli anni ‘90.

La transizione politica

Ma la caotica transizione politica del Paese ha innescato derive profonde. Il settore dei lavoratori delle piantagioni, senza un inquadramento che ne regola la situazione, è privo di sicurezze; le vie di comunicazione si sono deteriorate e la commercializzazione del prodotto resa difficile dà luogo a pesanti contrasti tra gli operatori commerciali. Da sempre, il denaro che ruota attorno alla produzione di cacao ha risvegliato fantasmi.

E’ accusato di alimentare i fondi neri per le operazioni politiche dei regimi che si sono succeduti. Nel 2004 è scomparso il giornalista franco-canadese Guy-André Kieffer, che indagava sulla corruzione generata dal cacao. L’ispettore delle finanze François Kouadio, autore di una relazione molto critica nel luglio 2002, oggi vive da recluso a Parigi.

Quanto all’avvocato parigino Xavier Ghelber, in Costa d’Avorio per una missione di audit della UE, nel novembre 2004, ha rischiato di non tornare. Rapito da banditi armati presso l’Hotel Ivoire di Abidjan e minacciato di morte, è stato riconsegnato alla fine ai militari francesi.

Una nuova organizzazione

Dal mese di febbraio 2009, l’allora presidente Laurent Gbagbo ha incaricato il Comitato per la riforma della filiera caffè – cacao (CRCC), guidato dalla sua consigliera Géraldine Odehouri Brou, di riorganizzare la struttura e le attività della filiera. Nel marzo scorso, il Comitato ha presentato le sue proposte.

Al posto dei cinque organi di gestione, riconosciuti responsabili di sottrazione di fondi, la CRCC prevede l’istituzione di un Alto Commissariato del caffè e del cacao, collegato alla Presidenza della Repubblica. Composto da sette membri, avrà il compito di vigilare sul settore.

Il CRCC prevede inoltre una Direzione tecnica della filiera, responsabile della produzione, commercializzazione e promozione. Le autorità intendono anche ristabilire un sistema di mercato a termine dei prodotti, e creare una Camera dei produttori di caffè – cacao. (Lo scopo è di riportare entro il 2015 sul territorio nazionale, il 50% dell’industria di trasformazione del cacao e il 30% di quella del caffè).

Riaffermano la loro volontà di trasformare il 50% del cacao e il 30% del caffè all’interno del territorio nazionale entro il 2015, obiettivo ultimo: aumentare i profitti degli operatori nazionali del settore, dal produttore all’industriale. Per Gbagbo, la Costa d’Avorio deve riappropriarsi della sovranità sul cacao. L’ha capito bene ” Chocolate Finger “, che continua a investire massicciamente nel paese per continuare a giocare con la piccola fava nazionale sui mercati di Londra.

Fedecafé punta ai 14 milioni di sacchi entro il 2014

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Fedecafé Colombia
Fedecafè Colombia

MILANO – Accelerare il rinnovo colturale, con varietà resistenti alla roya, e aumentare l’utilizzo di fertilizzanti per tagliare il traguardo dei 14 milioni di sacchi prodotti entro il 2014. È l’obiettivo delineato dal direttore esecutivo della federazione colombiana dei produttori di caffè (Fedecafé) Luis Genaro Muñoz.

L’anno scorso, il programma di rinnovo ha interessato 80 mila ettari, contro una media di 70 mila negli anni precedenti, e, per quest’anno, è prevista l’estensione degli interventi a ulteriori 100 mila ettari.

L’obiettivo di Fedecafé

“Seguitando a questo ritmo e in presenza di condizioni climatiche normali – ha dichiarato Muñoz – possiamo prefissarci una meta precisa per il 2014: avere il 90-95% delle piantagioni rinnovate, con gli arbusti in età ottimale e attestarci così su una media produttiva annua attorno ai 14 milioni di sacchi. A quel punto, espandendo le superfici coltivate a caffè e portandole a un’estensione uguale o superiore al milione di ettari, si potrebbe puntare a incrementare la produzione a 17-18 milioni di sacchi entro 5 anni.”

La variabile clima Lo scenario sopra delineato deve tuttavia fare i conti con la variabile climatica, imprescindibile quanto imprevedibile.

Le piogge torrenziali dell’anno scorso, che nel secondo semestre hanno raggiunto livelli senza precedenti da almeno trent’anni, hanno provocato centinaia di vittime danneggiando il 10% delle terre agricole e lasciando più di due milioni di persone senza casa.

I danni sono stimati in 5 miliardi di dollari. Il maltempo si ripercuoterà inevitabilmente sulla produzione 2011 – osserva a tale proposito Muñoz. Gli alti livelli di umidità e la scarsa insolazione hanno ridotto le fioriture e facilitato il proliferare della roya (ruggine del caffè o Hemileia vastatrix secondo il nome scientifico), che minaccia ormai circa un terzo dell’ettaraggio complessivo coltivato a caffè.

La ruggine del caffè

Apparsa per la prima volta in Colombia 25 anni fa, la ruggine del caffè è una delle malattie crittogamiche più gravi. Attacca l’apparato fogliare, manifestandosi con macchie arrotondate pallide e traslucide, che nel giro di pochi giorni diventano gialloarancio a seguito della produzione di spore.

Le spore sono normalmente diffuse dalla pioggia. Questa avversità è controllabile adottando trattamenti preventivi e tecniche agronomiche adeguate, come il controllo delle infestanti e la potatura durante i periodi di infezione.

Negli ultimi anni sono state selezionate diverse varietà resistenti, come la varietà “Colombia”, di cui viene incoraggiato l’impianto nel programma di rinnovo colturale in atto. Nonostante le previsioni meteo poco incoraggianti, secondo le quali l’impatto della Niña continuerà a farsi sentire anche nei prossimi mesi, Muñoz si sforza di pensare positivo. Osserva, in particolare, come le piogge abbiano registrato una diminuzione nelle ultime settimane.

Il calo delle precipitazioni e l’insolazione potrebbero contribuire a una migliore fioritura salvando il raccolto della seconda metà dell’anno. “Siamo un po’ più ottimisti e aspettiamo di vedere come andranno le cose tra fine gennaio e febbraio. Per il momento abbiamo ancora qualche speranza.”

Fedecafé: pareri discordanti

Gli obiettivi produttivi delineati da Muñoz per Fedecafé appaiono a molti addetti ai lavori poco probabili. Secondo Jairo Agudelo, analista della banca di investimenti cilena Celfin Capital, bisognerà attendere almeno sino al 2013-2014, perché la Colombia possa semplicemente tornare a una produzione attorno agli 11-12 milioni di sacchi, in linea con le medie storiche dello scorso decennio.

Gli incrementi produttivi saranno lenti, anche perché i nuovi arbusti non producono a regime prima di 4-5 anni. Prudente anche la nota analista di mercato Judy Ganes-Chase (J Ganes Consulting), secondo la quale i problemi causati dalla ruggine del caffè rallenteranno la ripresa produttiva nei prossimi due anni.

Il programma di rinnovo colturale

“Penso che le cose miglioreranno a partire dal 2013. Da quel punto in poi, la produzione crescerà rapidamente”. Jaime Vallecilla, esperto del settore e autore di vari libri sul caffè, reputa teoricamente raggiungibile l’obiettivo di 11-12 milioni di sacchi a partire dal 2012, ma rimane scettico sulle cifre fornite dalla Colombia riguardo il programma di rinnovo colturale. “Non penso che gli ettari rinnovati negli ultimi anni siano stati realmente quelli dichiarati, visti i problemi di liquidità dei produttori, il riapprezzamento del peso e le piogge” ha dichiarato Vallecilla in una recente intervista.

Molto dipenderà anche dall’andamento climatico – afferma Rodrigo Costa, vice presidente vendite istituzionali di Newedge, a giudizio del quale le piogge torrenziali potrebbero indurre i produttori a non applicare i concimi, fatto questo che danneggerebbe in modo particolare gli arbusti di nuovo impianto. Da registrare intanto le previsioni pessimistiche di Luis Fernando Botero, direttore esecutivo di Fedecafé per la provincia di Antioqua, massima area produttiva della Colombia.

La produzione non supererà gli 1,43 milioni di sacchi dell’anno scorso e potrebbe risultare addirittura inferiore, in assenza di insolazione adeguata nelle prossime settimane– ha dichiarato Botero qualche giorno fa. A partire dall’inizio dell’anno, i produttori hanno avuto tre settimane di fila di “bel tempo” – ha aggiunto – ma se ricomincia a piovere le stime potrebbero subire un forte ridimensionamento.