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martedì 26 Novembre 2024
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Russia: andamento deludente per il mercato del tè, consumi di caffè in crescita

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La bandiera della Russia latte
La bandiera della Russia

MOSCA – Andamenti opposti per i consumi di tè e caffè in Russia. Secondo dati forniti dall’associazione russa dei produttori di tè e caffè (Roschaikofe o Rusteacoffee secondo la sigla internazionale), i consumi di tè hanno segnato l’anno scorso un calo del 2,9% a 166.500 tonnellate dalle 170.000 del 2009, cui fa riscontro invece un incremento dell’1,79% dei consumi di caffè, passati da 112.000 a 114.000 tonnellate.

Il consumo del tè e del caffè in Russia

Il direttore generale dell’associazione moscovita Ramaz Chanturiya non nasconde la sua delusione per dei risultati inferiori alle aspettative. “Due anni fa avevamo previsto una ripresa significativa dei consumi di tè nel 2010 – ha dichiarato recentemente – ma così non è stato. Il mercato si è anzi contratto”.

La speranza è ora che nel 2011 sia possibile perlomeno un ritorno ai livelli di consumo pre-crisi.

Confidiamo che il mercato possa tornare a crescere – ha affermato ancora Chanturiya – La Russia dovrebbe importare quest’anno 180.000 tonnellate di prodotto grezzo esportando la parte non assorbita dai consumi interni, principalmente in forma di tè in sacchetti, in Ucraina, Kazakhstan ed Europa dell’est.

Per rilanciare i consumi, l’industria russa punta sulla crescita della domanda di prodotti di qualità a maggiore valore aggiunto, come il tè verde di origini pregiate.

Ulteriori speranze vengono riposte nell’ammissione della Federazione Russa nel Wto, prevista entro la fine dell’anno, che dovrebbe portare a un alleggerimento del regime daziario per i prodotti finiti di importazione. La Russia dipende quasi totalmente dall’estero per il tè che consuma. Sri Lanka (con quasi il 30% di market share) e India sono i suoi principali fornitori, seguiti da China, Vietnam (con una quota dell’11% circa per ciascuno) e Kenya.

La produzione nazionale, concentrata nella regione di Krasnodar, copre una quota minima del fabbisogno interno (circa lo 0,2%). Chanturiya ritiene che essa abbia, a dispetto dei volumi modesti, un buon potenziale commerciale, che potrà essere valorizzato approfittando anche della visibilità di cui godrà tutto il Krasnodar grazie ai giochi olimpici invernali di Sochi del 2014.

Sempre a giudizio del direttore di Rusteacoffee, il mercato russo del caffè presenta segnali di saturazione della domanda e la crescita, in futuro, andrà fondata principalmente sul miglioramento della qualità e l’incremento del valore aggiunto.

Un caffè espresso sotto stress? Lo studio: “Alle donne fa bene, agli uomini meno”

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

BRISTOL – Dall’ultima ricerca inglese sul tema del caffè è emersa una nuova interessante caratteristica della caffeina e quindi anche del caffè. La novità è che aiuta le donne a lavorare meglio, permettendo loro di eseguire i compiti con più rapidità anche se in condizioni di stress, mentre ostacola la lucidità degli uomini, mettendo loro ulteriormente i bastoni tra le ruote quando la situazione non è già delle più tranquille: è la caffeina a sortire risultati così distanti tra loro a seconda di chi sia ad assumerla.

Gli effetti del caffè sullo stress

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology dai ricercatori dell’Università di Bristol, infatti, quando gli individui sono sottoposti a forti nervosismi la sostanza può avere effetti opposti sui due generi sessuali.

Come si è arrivati alla scoperta? I ricercatori hanno reclutato 64 uomini e donne, dividendoli in coppie dello stesso sesso e affidando loro dei compiti da svolgere. Per accentuare i livelli di stress, poi, hanno somministrato ad alcuni partecipanti – a loro insaputa – caffè normale, mentre ad altri hanno fatto bere il decaffeinato.

Dallo studio è emerso che, mentre le donne che avevano assunto caffeina avevano dimostrato di essere più collaborative di riuscire a risolvere i compiti loro assegnati con 100 secondi di anticipo rispetto alle coppie di donne che avevano bevuto il decaffeinato, al contrario gli uomini forniti’ di caffeina hanno accumulato un ritardo medio di 20 secondi sul completamento del compito rispetto ai loro colleghi che non avevano assunto la sostanza.

Gianfranco Carubelli in risposta a Gramaglia: “La moka è come una padella e deve essere lavata”

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moka partinico bicicletta
La moka (immagine: Pixabay)

MILANO – Abbiamo diffuso un commento di Giampiero Gramaglia – specialista di politica estera e a lungo anche direttore dell’Agenzia Ansa – che affrontava il tema della pulizia della moka. Inevitabile la risposta di Gianfranco Carubelli, titolare di pulyCAFF e specialista del ramo.

La risposta di Gianfranco Carubelli a Giampiero Gramaglia

“Sono entrato nel mondo del caffè da una porta secondaria, e da più di 10 anni, sono in prima linea per la divulgazione della Speciality Coffee nel mondo. Non le nascondo di essere di parte sulla questione della pulizia delle attrezzature per l’estrazione del caffè; mi spiego meglio, il suo interessante articolo sull’invenzione della moka, diffuso da Comunicaffè lo scorso 14 Gennaio, si conclude con tre righe alquanto sospette.”

Lei stesso ha apostrofato come “banalità” i consigli di James Grierson, il proprietario di Galla caffè e divulgatore del ramo, che invita gli inglesi a non togliete la patina di caffè che si deposita all’interno della coppa della moka così il prossimo sarà migliore.

A questo punto mi viene spontanea una domanda: non ha mai messo il naso all’interno della coppa che raccoglie il caffè estratto dalla moka quando questa è utilizzata da più di 1 settimana ? ….ed è proprio perché gli italiani non lavano la padella (legga macchina) dove viene cucinato il caffè che in Italia, patria dell’Espresso, nove volte su dieci ci viene propinata una ciofeca; stiamo confondendo quella che può essere una mezza verità con quella di seguire una corretta procedura.”

L’importanza della pulizia della moka

“Alfonso Bialetti mise a punto il suo brevetto con il materiale che allora era il più lavorabile; oggi l’industria usa per lo stesso scopo altri tipi di materiale come l’acciaio inox oppure trattando le fusioni con processi di nichelatura il tutto per rendere le superfici a diretto contatto con gli alimenti meno porose e quindi più igieniche.

Questa introduzione mi serve per spiegare meglio il concetto secondo il quale gli oli ed i grassi che si depositano sulle pereti delle attrezzature per caffetteria con il passare del tempo si ossidano dando origine ad una trasformazione organolettica che noi tutti riconosciamo con il nome di irrancidimento.

Preciso che, in termini tecnici, l’irrancidimento ossidativo consiste in una serie di reazioni a catena, scatenate dal distacco di un atomo di idrogeno dalla catena di un acido grasso, e la conseguente formazione di un radicale libero. Questa reazione di auto ossidazione è tanto più prolungata quanto più ossigeno è disponibile.

L’irrancidimento ossidativo produce una varietà di composti, detti prodotti secondari: idrocarburi, esteri, aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, polimeri, ecc., che sono responsabili dell’odore di rancido degli alimenti grassi ossidati.

Ed allora, iniziamo a dare ai lettori notizie esatte. Oltre che verificate dagli studi e dalla conoscenza che il tempo ci permette di coltivare su come dovrebbe essere usata la moka.

Dopo 3/4 giorni (è il tempo necessario affinché l’olfatto umano riesca a percepire l’odore di rancido) di utilizzo, andrebbe lavata con un prodotto sgrassante preferibilmente non profumato ed a pH neutro (ed anche qui finiamola di consigliare qualsiasi prodotto acido come limone, aceto ecc.) e poi avvinata, usando un termine enologico.”

L’estrazione

“A questo punto serve un’estrazione con un decimo del caffè usato normalmente (questo sarà da buttare). Solo a questo punto saremo in grado di gustare per altri 3/4 giorni (forse anche meno) una buona bevanda di caffè (và ricordato che il caffè è un chicco e proprio da come verrà cucinato ci darà dei prodotti molto diversi tra loro).

Ma perché rimanga tale nel tempo dovremo rilavare la padella con prodotti idonei. Come vede, non tutti i consigli tramandati dalle nonne sono attuabili ai giorni nostri e per meglio illustrare la nostra non conoscenza sull’argomento caffè è che noi chiamiamo caffè il prodotto che il barista ci serve in tazza.

Sarebbe come chiamare uva quel bel calice di Prosecco, Barbera, Pinot, Chianti che lo stesso barista ci serve.

E potrebbero scorrere ancora fiumi di parole su questo argomento; mi rendo disponibile ad un confronto lasciandole un mio pensiero: “la conoscenza non è magia ma scienza”.

Rimango in attesa mentre la saluto cordialmente.”

Maggiori informazioni

Asachimici Group pulyCAFF- 26039 Vescovato CR Italy Tel. +390372830494, web: www.pulycaff.com, E-mail: info@asachimici.com

Musica al caffè: quattro canzoni come sottofondo per accompagnare la lettura dele notizie

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udito musica colazione
Un po' di musica col caffè?

MILANO – Ecco i quattro indirizzi per ascoltare e sentire buona musica sul caffè e accompagnare la lettura delle notizie.

Musica e caffè: un binomio vincente

Juan Luis Guerra – Ojala que llueva cafè http://www.youtube.com/watch?v=bt9EOV7BnUU

Fabrizio De Andrè – Don Raffaè http://www.youtube.com/watch?v=tVxcBsMqMVw&feature=related

Pino Daniele – Na tazzulella ‘e cafè http://www.youtube.com/watch?v=YxrcpWNj6cQ

Roberto Murolo – A Tazza e Caffè http://www.youtube.com/watch?v=zRV7RAg5iyA&playnext=1&list=PL0F3CB4C5CF47B77D&index=9

Dolcificanti: il consumo dell’aspartame sotto controllo, secondo gli esperti

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aspartame
La formula dell'aspartame che fu scoperto per caso da un chimico tedesco

MILANO – “Il consumo dell’aspartame e gli eventuali rischi per la salute sono tenuti sotto continuo e costante controllo. E il consumatore è ben tutelato dagli organismi internazionali che se ne occupano”. Come l’Efsa, l’agenzia per la sicurezza alimentare europea che dall’1 al 3 febbraio si occuperà ancora dell’argomento, con un parere dei suoi esperti.

Lo studio contro l’aspartame

Lo spiega Andrea Poli, direttore scientifico del Nutrition Foundation of Italy (Nfi), associazione non profit che si occupa di alimentazione salute, che interviene sui recenti allarmi legati alla sicurezza del dolcificante, messo sotto accusa da un nuovo studio dell’Istituto Ramazzini, pubblicato a dicembre dell’American Journal of Industrial Medicine, secondo cui l’aspartame aumenterebbe i rischi di tumori al fegato e al polmone.

Poli, però, critica la metodologia dello studio e le dosi utilizzate. Il metodo, infatti, “ripropone quello utilizzato nella ricerca (sempre dell’Istituto Ramazzini)” che lanciò il primo allarme qualche anno fa e che la comunità scientifica ritenne non accettabile. In particolare l’esperto sottolinea che nel corso dei test “gli animali vengono esposti all’aspartame sin dal dodicesimo giorno della gestazione, poi vengono lasciati vivere tutta la loro vita naturale, rilevando i tumori con l’autopsia finale”.

“Tutti gli studi di carcinogenesi, invece, sacrificano gli animali dopo un certo periodo. La differenza non è marginale perché alla fine, in questo studio dell’Istituto Ramazzini, dal 50% al 60% degli animali, anche nel gruppo di controllo, aveva sviluppato tumori. Questo perché nella fase geriatrica è facile la comparsa di lesioni tumorali”.

L’esperimento

C’è poi un problema di dosi che nella ricerca sono state somministrate, a tre diversi gruppi di topi, in quantità differenti. “Le due dosi che determinano un significativo aumento dei tumori raggiungono – spiega Poli – i 4 grammi pro chilo e i 2 grammi pro chilo. Per un uomo di 70 chili vorrebbe dire mangiare 80 grammi di aspartame. E se si calcola che il potere dolcificante di questa sostanza è circa 180 volte quello dello zucchero, sarebbe come se si consumassero 5 chili di zucchero. Dosi oggettivamente al di fuori di qualunque logica”.

Mentre la dose giornaliera massima, fissata da Efsa e Fda, “è uguale a 50 mg pro chilo. Nello studio dunque è stata utilizzata una dose 100 volte maggiore rispetto ai limiti accettabili. Io credo che bisogna aspettare con fiducia il parere dell’Efsa prima di lanciare allarmi, gli esperti daranno risposte puntuali e approfondite”, conclude Poli sottolineando che, per quanto riguarda la tutela dei consumatori, “siamo in buone mani”.

La Corte di Cassazione sulle pause caffè: “Lecite per ritemprare le energie”

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

ROMA – E’ stata emessa dalla suprema Corte di Cassazione una sentenza sulla pausa caffè che, oltre che fare giurisprudenza, è destinata a far discutere. La novità è che la pausa caffè, come tutte quelle pause dal lavoro finalizzate al recupero delle energie psico-fisiche fanno bene a tutte le attività in quanto dopo la pausa segue un migliore servizio.

Lo sottolinea la Cassazione precisando però che tra le pause lavoro non sono omologabili alle finalità di ristoro quelle fatte per scopi familiari.

In questo modo la prima sezione penale ha bocciato il ricorso di un maresciallo dei carabinieri della stazione di Chiavari che, durante l’orario di servizio, si era assentato per un quarto d’ora per andare a parlare con la ex moglie sull’eventuale vendita della casa comune.

Il caso del maresciallo

Il maresciallo Massimo B. è stato condannato dalla Corte militare d’Appello di Roma, nel giugno 2010, a due mesi e venti giorni di reclusione per il reato di violata consegna aggravata.

Inutilmente il carabiniere si è rivolto alla Cassazione sostenendo da una parte che non c’era stato abbandono dell’itinerario di servizio poiché la residenza della ex moglie rientrava nell’itinerario prescritto dall’ordine di servizio.

E, facendo presente alla Cassazione, che in fondo si era trattato di una pausa assimilabile a quella per un caffè al bar.

Piazza Cavour (sentenza 4509) ha respinto la linea difensiva del carabiniere e ha evidenziato che “la Corte di merito, con motivazione adeguata e coerente, ha ravvisato nella sosta attuata dall’imputato per scopi familiari in un contesto di separazione, una finalità non omologabile a quelle di ristoro e, in genere, di rafforzamento delle proprie energie psico-fisiche utili al migliore espletamento del servizio”.

Non pertinente, poi è stato ritenuto dalla Cassazione “il richiamo difensivo delle soste al bar per un caffè”, in quanto insiste la Cassazione, la pausa per motivi personali è stata “concretamente ostativa al corretto svolgimento dell’attività di vigilanza sul territorio”.

Il Sigep celebra la cioccolata firmata dal marchio Eraclea

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Il logo del Sigep
Il logo del Sigep

MILANO – Eraclea ha fatto le cose in grande per l’edizione di quest’anno del Sigep: due stand Eraclea per far conoscere ed apprezzare la gamma di eccellenti prodotti che l’azienda milanese, dallo scorso anno entrato nel gruppo Lavazza, offre e abbina a tante ricette ideate per soddisfare tutti i palati e le esigenze di consumo.

Per sottolineare lo storico legame di Eraclea con il Sigep, l’azienda è stata lo sponsor della prima edizione di All Around Coffee, un programma di competizioni uniche nel loro genere e, al tempo stesso, un laboratorio sperimentale dedicato alle miscele con cioccolata, caffè, gelato, creme e distillati. Un ponte tra il mondo della caffetteria e quello del bartending che ha fatto emergere la maestria e la competenza dei alcuni operatori del settore che si sono sfidati in competizioni uniche nel loro genere affascinando il pubblico grazie all’avvincente incontro di abilità e professionalità.

Il legame tra Eraclea e Sigep

Nell’arena di All Around Coffee si sono sfidati i migliori bartender e barmade italiani per conquistare i titoli in palio e la possibilità di rappresentare l’Italia nelle competizioni internazionali. Ad aprire la manifestazione è stata proprio la sfida per eleggere il miglior barista capace di preparare la cioccolata all’italiana: densa, cremosa e al cucchiaio, come vuole la ricetta autentica di Eraclea. Alla fine ha trionfato Andrea Antonelli di Cremona che è stato insignito del titolo di Brand ambassador Eraclea per il 2011, il rappresentante della vera cioccolata calda all’italiana nel mondo.

Proprio la cioccolata è stata la protagonista assoluta dello stand Antica cioccolateria Eraclea. Ogni giorno sono stati proposti in degustazione i dieci gusti della nuova linea “Antica cioccolateria qualità unica” Eraclea, un ricco bouquet di golose cioccolate dal gusto unico: dieci variazioni sul tema fondente, latte e bianca, arricchite con gli ingredienti più rappresentativi della tradizione gastronomica italiana: dalla mandorla Pizzuta di Sicilia al peperoncino di Calabria, dalle nocciole del Piemonte alle noci di Sorrento.

Antica cioccolateria qualità unica è infatti la gamma Eraclea lanciata nel 2010 che offre agli appassionati un viaggio nel cuore delle migliori varietà di cacao provenienti dall’Africa esaltati nell’abbinamento con la migliore tradizione italiana. Lo stand istituzionale Eraclea è stato il quartier generale pensato per rappresentare tutto l’universo di Eraclea, con l’esposizione di tutti i prodotti, dalla busta alla presentazione in tazza, attraverso i numerosi materiali di supporto e promozionali che Eraclea mette a disposizione dei propri clienti.

Qui, un barman ha presento tutti i giorni al pubblico originali ricette, spiegando come mixare e utilizzare in modo ottimale i diversi prodotti della ricca gamma Eraclea per proporre ai consumatori ricette sempre nuove. L’obiettivo era quello di indicare Eraclea come un’azienda storica e di successo, fondata nel 1968 e dedita alla produzione di polveri solubili per la preparazione di bevande calde e fredde, cioccolata in particolare.

A quest’azienda si deve l’introduzione sul mercato della ricetta della cioccolata calda autentica all’italiana, quella densa, cremosa, che si gusta al cucchiaio, un modello inimitabile apprezzato oggi non solo in Italia ma nel mondo.

Burundi: al via la privatizzazione del settore del tè

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burundi eddie
La bandiera del Burundi

BUJUMBURA – Il Burundi ha imboccato la via della privatizzazione della filiera del tè. Lo ha reso noto in conferenza stampa il direttore generale dell’ente per il tè, Alexis Nzohabonimana, che ha precisato come siano già “numerosi i privati che si apprestano alla coltivazione e commercializzazione di questo prodotto”.

La privatizzazione della filiera del tè in Burundi

L’alto dirigente ha aggiunto che le autorità hanno avviato le procedure per la privatizzazione dei cinque centri di raccolta e smistamento di cui dispone il Paese.

Noto per l’alta qualità, il tè degli altipiani del Burundi gode di un’ottima reputazione sul mercato e l’anno scorso la sua produzione è cresciuta del 20 per cento attestandosi a quota 8.016 tonnellate, 1.300 in più rispetto al 2009.

La tazzina di caffè e la caffettiera più grandi del mondo: ecco i record

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Un caffè di qualità in tazzina

MILANO – Ecco due record da sapere: quello della tazza di caffè più grande del mondo e della maxi caffettiera. La prima è una vasca da un metro e mezzo di altezza per 2,33 di larghezza e può contenere circa 3.600 litri di caffè, ottenuti con una polvere istantanea in grande quantità: circa 800 kg.

I record del mondo del caffè

Questa tazza, è stata voluta e prodotta da un produttore di natali vietnamiti, Bien Hoa, che ha optato per questo record in qualità di iniziativa promozionale per espandere la cultura del caffè in tutto il mondo.

E la caffettiera più grande? Ha le dimensioni di 230 cm di altezza e 72 cm di diametro. Il tutto sotto la supervisione dell’azienda spagnola Salzillo Tea and Coffee, che ha seguito attentamente la fase dell’ideazione, dello sviluppo, e della realizzazione definitiva del primato.

Enrico Maltoni espone la sua collezione a Padova nei locali del Caffè Pedrocchi

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padova caffè pedrocchi
Una veduta dello storico Caffè Pedrocchi di Padova

PADOVA – Importanti modelli di macchine a vapore, espressione di due diversi stili – quello Liberty (prima metà ‘900) e quello Art Decò (seconda metà ‘900) – oramai introvabili, e frutto di anni di meticolosa ricerca e di scrupoloso restauro da parte del collezionista Enrico Maltoni, sono in mostra sino al 27 al Caffè Pedrocchi, luogo simbolico e rappresentativo del capoluogo veneto.

La mostra al Caffè Pedrocchi

Il locale, sorto il 9 giugno 1831 per volere dell’intraprendente caffettiere Antonio Pedrocchi, ha mantenuto il suo ruolo di fulcro della vita culturale cittadina, al servizio della comunità, proprio come un tempo.

La mostra espone la storia della macchina per caffè espresso da bar che ha inizio in Italia alla fine del 1800 col deposito del primo brevetto.

Si possono ammirare macchine come La Pavoni di Milano, modello Ideale del 1905, e la Victoria Arduino, modello Extra del 1910. Unica la Snider Milano, modello Insuperabile, decorata esternamente con chicchi di caffè realizzati in bronzo e cesellati a mano. Imponente la macchina a colonna, marca Condor, prodotta a Torino nel 1920 a quattro gruppi.

Non mancheranno le più rappresentative macchine, stile Art Decò, fra le quali, La San Marco a Colonna del 1925 – con il sistema di funzionamento di riscaldamento a carbone – un pezzo unico al mondo. A seguire alcuni pezzi prodotti alla fine degli anni 40’: La Dorio modello Lineare, e la Pietro Borla prodotta a Torino.

La mostra è sostenuta grazie al contributo di: Caffè Pedrocchi, Comune di Padova, Lavazza, Gruppo Cimbali, Nuova Ricambi.