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Cacao: multinazionali premono per produrne ancora di più

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cacao ghana
La lavorazione del cacao

MILANO – Società come Nestlé e Barry Callebaut sostengono che il miglioramento del rendimento delle colture di cacao è vantaggioso per tutti: imprese, agricoltori e consumatori. Ma gruppi di vigilanza avvertono che simili iniziative spesso hanno effetti collaterali dannosi. La rapida espansione della popolazione mondiale, accompagnata dalla crescita del potere d’acquisto dei consumatori nelle economie emergenti, ha messo a dura prova molti comparti di materie prime.

Cacao, una materia prima che è molto richiesta

Improvvise condizioni meteorologiche avverse possono aggravare la scarsità di molte materie prime di alimenti di base e provocare un’impennata dei prezzi. In alcuni paesi gli squilibri tra domanda e offerta sono ulteriormente accentuati da metodi di coltivazione inadeguati.

Barry Callebaut, il più grande produttore al mondo di prodotti a base di cacao e di cioccolata, che ha sede a Zurigo, stima che la produzione mondiale di semi di cacao (4,25 milioni di tonnellate nel 2010-2011) debba aumentare di un quarto entro il 2020 per rispondere alla domanda. Il più grande ostacolo a tale incremento è l’inadeguatezza delle pratiche agricole dei paesi in via di sviluppo che ha eroso la qualità sia del suolo sia delle piante di cacao.

Raddoppiare la produzione

Nel tentativo di assicurare in futuro un approvvigionamento sostenibile di cacao, Barry Callebaut nel 2005 ha lanciato il suo “Programma di partnership di qualità” (QPP) per migliorare le pratiche agricole in Costa d’Avorio. In questo paese, “le piantagioni di cacao in genere danno un raccolto di circa 400 chili di semi per ettaro, ossia hanno un rendimento inferiore ad altre regioni del mondo”, indica a swissinfo.ch il portavoce di Barry Callebaut, Raphael Wermuth.

“Crediamo che si possa raddoppiare questa produzione con piccolissimi miglioramenti in alcune delle più recenti pratiche agricole di base”, precisa. Oltre ai programmi di formazione, Barry Callebaut l’anno scorso ha sborsato 26 milioni di euro (31 milioni di franchi) per prestiti senza interessi per aiutare gli agricoltori a comprare nuovi terreni e fertilizzanti.

Una politica attuata anche da imprese concorrenti

Altre famose aziende alimentari svizzere, come la Nestlé e la produttrice di cioccolata Lindt & Sprüngli, portano avanti programmi sociali in Africa occidentale, con l’obiettivo dichiarato di aiutare agricoltori e comunità ad uscire dalla povertà. Gruppi di controllo hanno accolto positivamente questo cambiamento che mette anche le grandi società a più stretto contatto con gli agricoltori locali. Così è più facile risalire alla fonte dei semi di cacao e dunque controllare le condizioni in cui vengono prodotti. Tuttavia, ciò non ha ancora risolto tutti i problemi.

Per esempio quello dei bambini costretti a svolgere lavori pericolosi in alcune piantagioni di cacao preoccupa ancora le organizzazioni umanitarie, come la Dichiarazione di Berna

Marketing “disonesto” Nonostante le multinazionali abbiano collettivamente accettato nel 2001 di porre fine alle peggiori forme di lavoro minorile, uno studio realizzato nel 2010 dalla Tulane University della Luisiana, ha mostrato che in Africa occidentale sono ancora utilizzati e messi a rischio molti bambini.

“È disonesto che aziende pubblicizzino presso i consumatori la loro responsabilità sociale, mentre non hanno investito a sufficienza per abolire il lavoro minorile in condizioni di schiavitù”, dice a swissinfo.ch Flurina Doppler della Dichiarazione di Berna. “Sono molto più interessate a garantire il loro approvvigionamento di cacao che a migliorare le condizioni sociali”, aggiunge.

Il consulente indipendente d’industria alimentare James Amoroso concorda sul fatto che le imprese sono più interessate a soddisfare a lungo termine la domanda di cacao che ad aiutare la gente nei paesi poveri

“Sostenibilità non significa carità”, ha detto a swissinfo.ch. “Queste aziende non sono benefattrici. Ma se questi programmi sono applicati correttamente, poi portano effetti collaterali filantropici per gli agricoltori locali”. “Sul breve termine è più costoso per le aziende di cacao rifornirsi direttamente dai contadini locali”, aggiunge Amoroso.

“Ma sul lungo termine essere vicini alla fonte offre un vantaggio competitivo: garantisce una migliore offerta e una qualità alla quale i concorrenti hanno meno accesso”.

Volatilità del mercato azionario

Comunque Amoroso è convinto che le imprese svizzere prendano le loro responsabilità sociali molto più sul serio di alcuni concorrenti internazionali, che sostengono solo a parole le condizioni della gente che si trova sul luogo di produzione. Il gigante alimentare svizzero Nestlé ha sottolineato di essersi impegnato nello sradicamento del lavoro minorile in Africa occidentale, abbinando al rafforzamento della produttività progetti educativi e sanitari. “Il lavoro minorile è molto più di un sintomo di povertà”, ha dichiarato a swissinfo.ch il portavoce della Nestlé, Chris Hogg.

Il ‘Piano cacao’ della multinazionale elvetica “mira a migliorare le condizioni sociali nelle comunità agricole del cacao e di conseguenza a ridurre il lavoro minorile”

Ma, secondo la Dichiarazione di Berna, l’unico modo di migliorare realmente le condizioni di vita degli agricoltori è regolare meglio il commercio mondiale di materie prime di alimenti e bevande. Organizzazioni non governative (Ong), aziende e molti politici concordano sul fatto che non si possa continuare a lasciare i prezzi dei prodotti alimentari alla mercé degli speculatori di borsa. “Non c’è parità di condizioni con questo sistema perché gli agricoltori non hanno alcun potere di influenzare i prezzi”, rileva Flurina Doppler. Matthew Allen, swissinfo.ch (Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

di Matthew Allen

Vietnam: Vicofa prevede produzione in calo nel 2012/13

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Vietnam vicofa raccolto
La bandiera vietnamita

MILANO – Le fioriture premature incideranno negativamente sul prossimo 2012/13 riducendone il potenziale. Lo afferma l’associazione vietnamita del caffè e del cacao (Vicofa) in una nota diramata 2 giorni fa. Le piogge recenti e i venti di monsone hanno fatto scattare anticipatamente la fioritura, che dovrebbe idealmente iniziare tra uno o due mesi, sostiene Vicofa.

Vicofa: si legge ancora nella nota, sino al 30% degli arbusti sono ormai vecchi e non in grado di produrre chicchi di alta qualità

La stessa associazione ha dichiarato lo scorso mese che la produzione vietnamita di quest’anno si attesterà attorno ai 17,5 milioni di sacchi. Molto diverse, come sempre, le valutazioni delle fonti indipendenti e del commercio.

British Coffee Association (Bca) stabilisce nuove regole del servizio di arbitrato

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Il logo dell'Associazione britannica del caffè British Coffee Association
Il logo dell'Associazione britannica del caffè

MILANO – La British Coffee Association (Bca) annuncia in un comunicato l’entrata in vigore dal 1° febbraio del nuovo Regolamento del servizio di arbitrato di Londra frutto di un’ampia revisione compiuta da un giurista specializzato in diritto arbitrale. Le nuove regole aggiornano le norme precedentemente vigenti e sono in piena ottemperanza con l’ English Arbitration Act del 1996. La camera procederà ora all’allargamento dell’Albo degli Arbitri. Verranno svolti, a tale scopo, dei corsi di formazione la cui iscrizione e frequenza è obbligatoria per tutti coloro che desiderino essere ammessi all’Albo.

British Coffee Association: cosa cambia

I candidati devono attualmente operanti nel commercio fisico del caffè verde o nell’industria e avere maturato un’esperienza in tale settore specifico di almeno 5 anni. Devono inoltre dimostrare, quale ulteriore requisito, un adeguato livello di competenza nella lingua inglese. Esistono tradizionalmente varie camere arbitrali del caffè (da ricordare anche la Camera Arbitrale Italiana del Caffè, fondata nel 1977 e operante presso la Camera di Commercio di Genova, ndr.) sia in Europa che al di fuori dell’Europa. Detti organi si caratterizzano per il fatto di avere un Albo degli Arbitri costituito da persone residenti nel paese in cui ha sede la camera.

In base alla legislazione inglese, la persona che risiede e lavora al di fuori del Regno Unito può anch’essa svolgere la funzione di arbitro in una corte inglese

Anche se gli arbitri necessitano di incontrarsi di persona (per esempio per un’audizione), detti incontri non devono necessariamente avere luogo sul territorio del Regno Unito e possono essere adeguatamente svolti anche al di fuori di esso. E, naturalmente, l’arbitrato può essere validamente condotto anche senza il bisogno che i componenti del collegio arbitrale si incontrino di persona attuando tutte le comunicazioni tra gli arbitri mediante posta elettronica o telefono. L’unica condizione richiesta dalla nuova legislazione inglese è che le parti concordino che la sede legale dell’arbitrato si trova entro l’Inghilterra o il Galles, requisito questo soddisfatto dal nuova Regolamento di Arbitrato di Londra.

La camera arbitrale di Londra ha ampia esperienza nel risolvere dispute relative (oltre al caffè) al commercio di varie materie prime quali zucchero, cacao, frumento, oli di semi. La normativa contrattuale di diritto inglese relativa a questi commerci e la legge procedurale inglese regolante gli arbitrati con sede in Inghilterra e Galles ha avuto modo di evolversi nell’arco di un lungo periodo di tempo. La fonte inglese è costituita dall’Arbitration Act del 1996.

Nel 1996, una commissione consultiva del governo inglese raccomandò l’emanazione di una nuova normativa, migliorata, “predisposta secondo un ordine logico ed espressa in un linguaggio il più possibile chiaro e scevro da tecnicismi, in modo da essere immediatamente comprensibile anche ai non specialisti”. Ciò ha portato, per l’appunto, all’emanazione dell’Arbitration Act del 1996, che regola il funzionamento della Camera Arbitrale di Londra. Fonte: British Coffee Association

Segafredo Zanetti: in Germania, l’apertura della 1a caffetteria

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Segafredo zanetti è leader in Italia con la presenza in 11.000 esercizi
Segafredo zanetti ottiene un altro riconocimento

MILANO – A Gütersloh, uno dei distretti più grandi della regione del North Rhine-Westphalia in Germania, Segafredo Zanetti Espresso ha aperto la sua nuova caffetteria in franchising. Alla fine di novembre il franchisee Porta – una delle più grandi catene di negozi di arredamento in Germania, con 21 grandi centri sparsi su tutto il territorio – ha inaugurato il suo ultimo punto vendita, che si estende su una superficie di 28,500 mq, proprio nell’industriale città tedesca.

Segafredo Zanetti, anno chiuso con l’inagurazione

All’ingresso del grande Centro arredamento Porta ha creato, in collaborazione con il designer Ubert, il 12° bar in franchising Segafredo Zanetti Espresso dopo quelli di Aachen, Bielefeld, Bornheim, Braunschweig, Colonia / Frechen, Colonia / Lind, Magdeburgo, Porta Westfalica, Potsdam, Zwickau e Hannover. Nel giorno di apertura sono state preparate quasi 5.000 tazze tra espresso e cappuccino.

La caffetteria si estende su una superficie di 90 mq e sfoggia il classico design rosso e nero noto ormai in tutto il mondo

Tobias Spuhl e il suo team accolgono gli appassionati dell’espresso anche sulla graziosa terrazza esterna. Dopo Ludwigsburg, Hanover ed Erlangen questa è la quarta caffetteria in franchising aperta da Segafredo Zanetti Deutschland nel corso del 2011.

Segafredo Zanetti si conferma leader Europeo nel mercato della ristorazione, sempre fedele alla mission di ambasciatore italiano della cultura del caffè che l’ha portata ad aprire 600 bar in franchising in tutto il mondo tra i quali, nell’ultimo anno, Phuket, Cairo, Lausanne, Rabat, Seoul, Bern, Zurich, Nantes, Bangkok, Singapore e Vienna.

Mokadoro anticrisi: come è arrivata a 60 anni di successo

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mokadoro

TORINO – C’è chi viene travolto dalla crisi e c’è chi la crisi non la sente proprio. E’ il caso della torrefazione Mokadoro di corso Vercelli 114 giunta al suo sessantesimo anno di attività. Dalla fine della seconda guerra mondiale, infatti, la torrefazione è un punto di riferimento per i residenti del quartiere Barriera di Milano. I locali sono stati fondati dalla famiglia Venezia che in seguito ha passato il testimone a Ornella Cravero, la nuova proprietaria. Un avvicendamento di cui lei stessa va molto fiera. E capirne il perché non è affatto difficile.

Mokadoro: la torrefazione di corso Vercelli è una delle poche in Torino a poter vantare al suo interno numerosi macchinari d’epoca, utili per la tostatura

Macchinari in grado di produrre e far degustare un ottimo caffè. Il segreto – se ancora ci fossero dei dubbi – è tutto nella lavorazione casalinga. I chicchi da lavorare arrivano in corso Vercelli crudi e dentro comodi sacchi di yuta. Nei locali del civico 114 vengono prima tostati e poi serviti al cliente di turno. Il caffè arriva principalmente dal centro e dal Sudamerica. E tra i paesi non possiamo non citare l’Honduras, la Guatemala, il Brasile oltre a Santo Domingo. E per i clienti più difficili la caffetteria è in grado di servire anche una miscela puramente decaffeinata. “Da sessant’anni le serrande di questo negozio vengono tirate su ogni mattina – racconta Ornella, la proprietaria -. Per questo e senza offesa per nessuno ci consideriamo la risposta più concreta alla crisi. Quella terribile “malattia” che negli ultimi anni ha fatto fuori decine e decine di attività, alcune storiche quanto la nostra”.

Di chiudere i battenti, insomma, non se ne parla proprio. Merito oltre che del personale anche della clientela, numerosa e variegata

Dall’anziano abitudinario che abita a due passi dal locale fino al cittadino di passaggio che viene attirato dalle leccornie esposte in vetrina. “Sono felice perché tutto il quartiere ci conosce e ci ammira – continua Ornella -. Mi auguro soltanto di poter continuare a tenere in piedi questa attività ancora a lungo”. Fonte: TorinoToday Per saperne di più: http://www.torinotoday.it/economia/compleanno-torrefazione-corso-vercelli-torino.html

Santiago: nei bar rubano il ghiaccio millenario per fare cocktail

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santiago del cile
Santiago del Cile

SANTIAGO DEL CILE – La polizia cilena ha bloccato un camion frigorifero contenente 5,2 tonnellate del millenario ghiaccio del ghiacciaio Jorge Montt, situato nel Parco Nazionale Bernardo O’Higgins della Patagonia locale, apparentemente destinato a bar e ristoranti della capitale, soprattutto per preparare cocktail. Lo rendono noto i media, precisando che la procura della città di Cochrane, 1.700 chilometri al sud di Santiago, ha aperto un’indagine per stabilire i motivi di un furto che non ha precedenti. L’autista è stato fermato ed ha confessato di averlo acquisito da pescatori della zona.

Santiago del Cile: il giallo del ghiaccio

Sempre secondo i media, il giudice sta esaminando se incriminarlo per furto semplice o per reato “contro il patrimonio culturale” del Paese. Nello stesso tempo la polizia sta cercando di risalire ai destinatari dell’inedito carico, valutato attorno ai tre milioni di pesos, poco più di 6.000 dollari. Il Jorge Montt è uno dei 49 ghiacciai che si trovano nel cosiddetto Campo de Hielo Sur, situato nella Patagonia che condividono Cile e Argentina.

Espresso: il volume curato da Csaba dalla Zorza per Caffè Vergnano

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casa vicina caffè vergnano espresso
La collezione Caffè Vergnano con le tazzine rosa

TORINO – Un libro di ricette ma non solo, un vero e proprio viaggio in quello che per gli italiani è molto più di un gesto quotidiano: bere il caffè. Si intitola «Espresso» il volume curato da Csaba dalla Zorza ed edito da Luxury Books, voluto dalla Caffè Vergnano, azienda di Santena che nel 2012 festeggia i 130 anni di attività. In libreria a giorni, la pubblicazione è stata presentata ieri pomeriggio al Circolo dei Lettori di Torino alla presenza dell’autrice insieme con Carolina Vergnano e con Luca Glebb Miroglio come moderatore. Le pagine accompagnano il lettore in un percorso che scandaglia il rito tutto italiano della tazzina attraverso la storia della bevanda e quella dei Vergnano, famiglia torinese che da quattro generazioni tramanda la cultura del caffè nella più antica torrefazione italiana.

Caffè Vergnano: in Espresso un viaggio che tocca, oltre all’Italia, 6 paesi descrivendo le diverse declinazioni dell’assunzione della bevanda, accompagnato da oltre 40 ricette

A condurre in quest’avventura è la nota food writer Csaba dalla Zorza, apprezzata per la sua trasmissione tv su Alice e Arturo «Il mondo di Csaba» e per la sua rubrica su Vanity Fair «Lezioni private». Come nasce l’idea di «Espresso»? «Dal desiderio mio e di Carolina Vergnano di raccontare in maniera discorsiva cos’è per gli italiani il caffè espresso e di farlo anche attraverso la storia di una famiglia che ha creato un’azienda conosciuta in tutto il mondo». Com’è strutturato il libro? «E’ suddiviso in più capitoli e narra il rito del caffè in Italia e in altri paesi come l’Inghilterra, la Francia, il Marocco, l’America, la Spagna e la Germania. Abbiamo selezionato questi luoghi perché hanno una cultura del caffè molto diversa dalla nostra.

L’idea è stata quella di capire cosa significa per noi dire “ci vediamo per un caffè”, come questo rito si viva all’estero e quanto di italiano sia arrivato fino a loro».

Cosa caratterizza i diversi capitoli?

«C’è una parte narrativa nella quale racconto come si beve il caffè, seguono quindi da 6 a10 ricette nelle quali vengono illustrate delle prelibatezze che si possono preparare utilizzando come base il caffè, oppure descrivono la preparazione di cibi che servono come accompagnamento alla bevanda. Inoltre abbiamo scelto un’icona, spesso del passato, per rappresentare ogni luogo. Ad esempio per l’Inghilterra ci sono i Beatles e per la Francia c’è una bellissima Brigitte Bardot».

Lei è considerata una maestra di bon ton. Che ruolo hanno le buone maniere nella società contemporanea?

«Il bon ton in quanto tale è decisamente fuori moda e sarà difficile riportarlo all’attualità. Tuttavia credo che le persone oggi abbiamo bisogno di educazione, che è una cosa diversa rispetto alle buone maniere: l’educazione è la matrice dalla quale le buone maniere vengono declinate. La nostra società ha sicuramente perso il piacere del comportamento corretto in quanto fine a se stesso».

Che consiglio darebbe a chi per la prima volta si cimenta con i fornelli? «Direi di iniziare comprandosi un libro di base. Partire da un libro è essenziale perché insegna i rudimenti e poi, se ci si appassiona, si può quindi frequentare un corso e seguire le trasmissioni tv». *Fonte: lastampa.it Per saperne di più: http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/costume/articolo/lstp/440589/

Eddy Righi, Caffè Pascucci: “Perché soltanto 15 concorrenti in finale?

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Eddy righi
Eddy Righi

MILANO – Ecco il commento del professionista Eddy Righi di Caffè Pascucci, rispetto al campionato che si è svolto: “Grande il campionato, ma perché soltanto 15 concorrenti in finale contro i 24 precedenti? Finita la competizione è già tempo di rimettersi in gioco”

Eddy Righi, a campionato finiti il commento

“Desidero, con queste due righe, ringraziare tutto il movimento baristi, sponsor ed associazioni, che si è mosso per l’organizzazione di questa manifestazione. Ma anche indicare un aspetto dolente, sul quale dobbiamo riflettere: la partecipazione di soli 15 concorrenti, contro i 24 degli anni passati.

Dove abbiamo sbagliato? Come possiamo e con quali strutture riusciremo ad avvicinare nuovi baristi e torrefattori alle competizioni? In attesa di un programma di allenamento per supportare Elisa a Vienna, vorrei comunicarvi, e mi piacerebbe che questo fosse anche il vostro spirito, già la mia sicura partecipazione al campionato baristi 2012/13, per il quale sono già al lavoro, la preparazione per il Brewers Cup di Vienna a rappresentare l’Italia, e la partecipazione (senza troppe aspettative) al Campionato Cup Tasters.

Insomma…finita la competizione, è già tempo di rimettersi in gioco

Questo per noi, per il movimento baristi, per il movimento dei torrefattori d’avanguardia che ci seguiranno, e di tutti quei locali che cambieranno il volto del consumo nel nostro Paese, che, ora più che mai, necessita di una svolta. Ci vediamo in pedana, sulle piantagioni, per torrefazioni, per corsi….insieme!!

Eddy Righi Caffè Pascucci Torrefazione eddy@pascucci.it

Ico: vola l’export mondiale nell’anno solare 2011 (+7%)

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Dentro il caffè verde

MILANO – Export da record a fine 2011. Lo confermano le cifre mensili diffuse nel tardo pomeriggio di ieri dall’Ico. Secondo l’organizzazione londinese, le esportazioni hanno raggiunto, nell’arco dei 12 mesi dell’anno appena trascorso, il livello senza precedenti di 103.675.179 sacchi, in crescita del 7% rispetto ai 96.850.585 sacchi del 2010. Negativa invece l’evoluzione nel corso del quarto trimestre (primo trimestre dell’annata caffearia 2011/12): tra ottobre e dicembre, gli imbarchi sono stati infatti di 24,39 milioni di sacchi, in calo del 1,4% rispetto allo stesso periodo del 2010/11.

Ico: in lieve flessione (-0,64%) sull’anno anche il dato relativo al mese passato, che evidenzia un export di 9.137.197 sacchi contro i 9.195.637 sacchi di dicembre 2010

Se guardiamo ai dati disaggregati relativi all’intero anno solare 2011, i robusta diventano la tipologia maggiormente esportata, con il 36,01% dei volumi totali scavalcando i brasiliani naturali (con una quota del 31,05%). Altri dolci e colombiani dolci costituiscono rispettivamente il 24,42% e l’8,52% dell’export mondiale. In termini assoluti, i brasiliani naturali sono l’unico gruppo in calo (-3,37%). L’incremento maggiore viene registrato dai robusta (+17,55%); seguono altri dolci (+10,01%) e colombiani dolci (+0,81%). Gli imbarchi del Brasile hanno raggiunto i 33.456.214 sacchi, in crescita dell’1,3% sull’anno precedente.

In forte ascesa il Vietnam, con un export di 17.675.000 sacchi (+24,22%). Alla lieve flessione della Colombia (-1,13%) fanno riscontro i rilevanti incrementi registrati da Indonesia (+14,13%), India (+27,59%), Perù (+7,62%) e Honduras (+17,85%). L’export brasiliano ha segnato un consistente calo a dicembre scendendo sotto i 3 milioni di sacchi (-13,61%) a 2.958.792 sacchi, contro i 3.424.785 sacchi dell’anno scorso.

Crescono del 50% le esportazioni del Vietnam, che raggiungono gli 1,95 milioni di sacchi

Ancora in flessione la Colombia (-22,47%), a 857.041 sacchi, mentre l’Indonesia risale a 575.000 sacchi (+15%). Le statistiche sono disponibili al link: http://www.ico.org/trade_statistics.asp

“Stop. Pausa caffè”: ecco l’icona che compare sul cruscotto della nuova Ford

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Il logo della Ford

Una nuova icona compare sul cruscotto: si illumina una tazzina di caffè, un Drive Alert, con sistema anti-sbandamento, per la prima volta su un’auto media. L’alert aiuta a prevenire sonnolenza e la disattenzione al volante. Riportiamo di seguito l’articolo di Ilaria Salzano pubblicato su Repubblica.

La nuova icona sulla prossima macchina Ford

La troverete sulla prossima Fusion e sarà la prima vettura no-luxury ad averla: una di quelle tecnologie che dovrebbero essere progettate per tutti, ma che sembra ancora solo per pochi.

Ford, a dispetto di chi pensa alla tecnologia di intrattenimento, inizia il 2012 di tutto punto… e prima degli altri, monta sulla citycar un vero e proprio sistema di monitoraggio, più semplice all’uso, (e più economico probabilmente) che aiuta a prevenire sonnolenza e la disattenzione al volante.

Fatica? Sonnolenza? Tante ore in auto? Certamente il guidatore che, alla fine di una giornata di lavoro, dopo appuntamenti serali, finita una cena, sale a bordo della sua auto, non sembra avere problemi se conduce un’ammiraglia: in quel caso, ovvio, si siede sulla poltrona, decide la velocità con cui andare, imposta il percorso, connette il bluetooth, sente musica dal telefonino… e mette le mani sul volante (… alcune creature spesso frenano anche da sé!); ma se il conducente si ritrova alla guida di una vettura “normale”, i rimedi alla stanchezza sono fai-da-te e non sempre funzionano.

Ci si ritrova ad aprire il finestrino, ad alzare il volume della radio, alla peggio a chiamare al cellulare. Ci sopravvalutiamo, continuiamo a percorrere la strada, certi di noi stessi, inconsci che il colpo di sonno di lì prenderà il sopravvento, che la nostra guida sta cambiando.

A Detroit Ford presenta la sua Fusion con un drive alert a doc: un sistema che calcola lo stile di guida adottato con tanto di fotocamera digitale sul parabrezza, in grado di monitorare la segnaletica orizzontale. Se la vettura si avvicina troppo al guardrail, si viene avvisati da una vibrazione sul volante, se il conducente non reagisce, l’antisbandamento dirige l’auto verso il centro della carreggiata.

Ma non finisce qui. Per il driver che non riesce a riprendere la marcia (memorizzata all’inizio) un vero e proprio campanello suona e una tazza di caffè come icona consiglia che è il momento di fermarsi.

Il drive alert

L’agenzia governativa per la sicurezza nazionale delle autostrade americane stima che 100.000 infortuni denunciati ogni anno sono causati da autisti assonnati: Ford non sembra voler attendere ancora.

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