Lavazza Group arriva sulla NBC, National Broadcasting Company, una delle principali reti radiofoniche e televisive statunitensi, con un accordo biennale di sponsorizzazione nel programma di America’s Got Talent. L’operazione si è concretizzata con la brandizzazione delle thumbler, le tazze poste sul bancone dei giudici del programma. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale Brand News.
Lavazza Group sponsor di America’s Got Talent
TORINO – Fremantle e Lavazza Group hanno siglato un accordo biennale di sponsorizzazione all’interno di America’s Got Talent.
Un’ulteriore leva di amplificazione per la campagna internazionale di Lavazza Pleasure makes us human e del suo brand ambassador Luigi, il robot dai sentimenti umani, che hanno debuttato nel prime time televisivo statunitense.
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MILANO – Il 77% degli addetti italiani, collaboratori in una tra le 15 organizzazioni d’eccellenza della manifattura tricolore, afferma di lavorare in un eccellente luogo di lavoro con una differenza di ben 25 punti percentuali rispetto alle altre aziende analizzate (52%). È uno dei dati principali che emergono dalla 3ᵃ edizione del ranking Best Workplaces for Blue Collar 2024, stilato da Great Place to Work Italia ascoltando e analizzando i pareri espressi da oltre 10mila blue collar, impiegati in 50 realtà produttive dell’industria manifatturiera italiana.
Un ulteriore distinzione chiave evidenziata nel confronto tra i Best Workplaces for Blue Collar e le altre aziende oggetto dell’analisi svolta dalla realtà leader per la cultura organizzativa, riguarda la percezione diversificata del clima lavorativo tra gli operai e gli impiegati: nelle 15 aziende in classifica, infatti, la differenza nel Trust Index, l’indice che rappresenta il valore medio delle risposte positive al questionario di clima aziendale, tra i lavoratori Blue Collar (69%) e chi lavora negli uffici (78%) è di 9 punti percentuali a favore degli impiegati, mentre nelle altre aziende la differenza di percezione ed esperienza si allarga a 12 punti di Trust Index (48% vs 60%).
Da questo dato emerge chiaramente come la capacità d’includere e coinvolgere tutti, abbattendo le differenze di percezione e di status, sia un elemento vincente per le aziende che aspirano all’eccellenza: una minore differenza di trattamento tra operai e impiegati si riflette positivamente anche sul clima aziendale nel suo complesso.
Ma quali sono gli altri temi chiave che caratterizzano i migliori luoghi di lavoro secondo gli operai italiani? In primis un grande orgoglio rispetto al prodotto realizzato e/o al servizio offerto alla clientela, rafforzato grazie a un coinvolgimento diretto nel processo produttivo che è in grado di alimentare un forte senso di orgoglio e appartenenza nei confronti del proprio lavoro, spesso con un’intensità pari o superiore a quella dei colleghi che operano in ufficio e che hanno un contatto meno diretto con le fasi di sviluppo e realizzazione del prodotto.
Un secondo elemento che mostra un trend molto simile riguarda la capacità delle persone di provare un senso di orgoglio quando vedono cosa sono in grado di realizzare: nei contesti aziendali virtuosi della manifattura italiana, dove viene valorizzata l’eccellenza del lavoro manuale, l’88% degli operai dichiara di provare un senso di grande orgoglio professionale nel vedere realizzato, fatto e finito, il prodotto finale, con una differenza di +8 punti percentuali rispetto ai white collar (80%).
Oltre al tema dell’orgoglio professionale, i blue collar delle aziende Best percepiscono in maggior misura (67%) rispetto ai colleghi delle altre aziende analizzate (41%) di aver avuto delle opportunità d’innovazione e miglioramento nell’attività lavorativa, con una differenza quindi di ben 26 punti percentuali.
I dati relativi all’assegnazione degli incarichi e al coordinamento delle persone evidenziano una differenza significativa: nelle aziende Best, il 62% delle tute blu ritiene che i responsabili assegnino incarichi e coordinino il personale in modo efficace contro il 38% (+24%) delle altre aziende analizzate ma non in classifica.
Questo indica che nelle aziende premiate vi è una maggiore attenzione al management operativo: una leadership efficace è fondamentale per garantire la produttività, la motivazione e un clima di lavoro positivo. Infine la piacevolezza dell’ambiente di lavoro è un elemento fondamentale per il benessere e la produttività dei collaboratori, soprattutto in contesti operai, dove le attività fisiche possono essere impegnative e richiedono un forte spirito di squadra.
L’85% degli operai attivi all’interno dei Best Workplaces for Blue Collar ritiene che un collaboratore neoassunto venga fatto sentire benvenuto, con una differenza di ben 21 percentuali nel confronto con le altre organizzazioni analizzate ma non in classifica (64%).
Un ambiente di lavoro piacevole non è solo legato alla sicurezza e alle condizioni fisiche, ma anche alla qualità delle relazioni umane: sentirsi accolti e rispettati dai colleghi e dai superiori rafforza la motivazione e l’impegno, migliorando l’efficienza e creando un luogo dove i lavoratori possono esprimere appieno il loro potenziale.
“L’industria manifatturiera italiana, uno dei pilastri fondamentali dell’economia nazionale e simbolo di eccellenza nel mondo, si trova a dover affrontare sfide e pressioni esterne sempre più complesse in un contesto globale in rapida evoluzione, mettendo a dura prova la competitività delle organizzazioni italiane – spiega Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia – Diventa fondamentale quindi, come dimostrano i dati raccolti dalla nostra ricerca su più di 10mila lavoratori della produzione, che le aziende mettano in campo energie e investimenti su aspetti culturali e di clima aziendale, riuscendo ad ascoltare, motivare, coinvolgere e valorizzare tutti i collaboratori, non solo i cosiddetti white collar, ma anche il personale operativo”.
Ma quali sono le realtà dell’industria manifatturiera made in Italy più virtuose secondo gli operai? Sul podio troviamo, al primo posto, Mondelēz International, realtà protagonista nel panorama dell’industria alimentare che opera in oltre 150 paesi nel mondo.xMondelez, ex Kraft Foods, vanta nel solo settore del caffè marchi del calibro di Splendid, Hag e Carte Noire
Seguono poi AbbVie, organizzazione biofarmaceutica globale, basata sulla ricerca incentrata sul paziente e fortemente orientata all’innovazione per avere un impatto significativo sulla vita delle persone, e Johnson & Johnson, che offre prodotti e soluzioni per la salute delle persone di tutto il mondo, focalizzandosi su tutto lo spettro dell’innovazione nell’healthcare, grazie al segmento farmaceutico e a quello dei dispositivi medici.
La presenza di organizzazioni del settore farmaceutico e delle biotecnologie rappresenta la grande novità dell’edizione 2024 del ranking Best Workplaces for Blue Collar con i collaboratori di queste ultime che, mediamente, godono d’inquadramenti contrattuali e condizioni di lavoro significativamente migliori.
Completano il ranking: Andriani (manifattura e produzione), ARD Raccanello SPA (manifattura e produzione), Gruppo UNOX (manifattura e produzione), Industrie De Nora (manifattura e produzione), TESYA Group (servizi industriali), La Marzocco International LLC (manifattura e produzione), Eli Lilly (biotecnologia e farmaceutico), Gruppo Sapio (manifattura e produzione), Mazzoleni Spa (manifattura e produzione) Vimec S.r.l. (manifattura e produzione), Endress+Hauser Sicestherm srl (manifattura e produzione) e Davines Group (manifattura e produzione).
PARIGI – illycaffè, marchio globale del caffè conosciuto per la sua qualità sostenibile e per il canale di comunicazione privilegiato che ha creato con il mondo dell’arte contemporanea, per la prima volta è partner ufficiale di Art Basel Paris, che si terrà dal 18 al 20 ottobre al Grand Palais, nel cuore della capitale francese.
I visitatori e gli espositori della fiera internazionale potranno fare una pausa degustando il blend unico illy in tutti i punti di ristoro della fiera oppure immergersi nell’ambiente esclusivo della lounge illy, uno spazio in cui la bontà dell’aroma del caffè illy si fonde con la bellezza delle iconiche tazzine da collezione illy, regalando al consumatore un’esperienza visiva e tattile unica.
Nella lounge illy, situata al piano terra della fiera, sarà presentata per la prima volta in Francia la collezione di illy Art Collection firmata dalla siriana Simone Fattal, l’iraniana Shirin Neshat, l’italiana Monica Bonvicini e la milanese di origini senegalesi Binta Diaw.
Le quattro artiste hanno scelto la tazzina illy per portare all’attenzione di tutti alcune delle più urgenti questioni culturali, ambientali e sociali del nostro tempo, raccontando, attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea, la propria esperienza di donne che vivono in differenti contesti geografici e sociali e facendosi così portavoce della condizione femminile nel mondo.
Lo spazio farà anche da cornice alla storia delle illy Art Collection, la serie di tazzine che hanno trasformato un oggetto d’uso quotidiano in una tela su cui artisti di fama internazionale hanno rappresentato le proprie creazioni, dando vita ad una delle più grandi raccolte d’arte contemporanea esistenti al mondo. Una rassegna di decori, selezionati fra quelli dei 130 grandi maestri dell’arte contemporanea che hanno firmato le illy Art Collection negli ultimi trent’anni, sarà esposta nello stand.
“Siamo orgogliosi di essere partner per la prima volta di Art Basel Paris, una delle fiere d’arte contemporanea più prestigiose al mondo. Per noi l’arte rappresenta un linguaggio privilegiato utile a coniugare la cultura del caffè con il valore estetico e sociale, un potente strumento per sensibilizzare e ispirare il cambiamento. La nostra nuova collezione di tazzine, creata da quattro artiste di talento, riflette la diversità e la ricchezza delle prospettive artistiche contemporanee, invitando il pubblico a un dialogo aperto e stimolante su temi attuali e sempre più rilevanti, in grado di arricchire chi le osserva e le utilizza”, commenta Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè.
La illy Art Collection di Simone Fattal, Shirin Neshat, Monica Bonvicini e Binta Diaw sarà disponibile in kit da 2 e da 4 tazzine sia espresso che cappuccino da ottobre 2024 nell’e-shop illy, in alcuni musei internazionali, negli store (illy Caffè e illy Shop), nei canali della grande distribuzione al dettaglio e nei canali di e-commerce indiretti.
La scheda sintetica di illycaffè
illycaffè è un’azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica composto da 9 ingredienti diversi. L’azienda seleziona solo l’1% dei migliori chicchi di Arabica.
Ogni giorno vengono gustate più di 8 milioni di tazzine di caffè illy nei bar, ristoranti, alberghi, caffè monomarca, case e uffici di oltre 140 paesi, in cui l’azienda è presente attraverso filiali e distributori.
Fin dalla nascita illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile, impegno che ha rafforzato nel 2019 adottando lo status di Società Benefit e nel 2021 diventando la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione internazionale B Corp. Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, a cominciare dal logo, disegnato da James Rosenquist, le illy Art Collection, le tazzine decorate da più di 130 artisti internazionali o le macchine da caffè disegnate da designer di fama internazionale. Con l’obiettivo di diffonderne la cultura della qualità ai coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha sviluppato la sua Università del Caffè che ad oggi svolge corsi in 23 paesi del mondo. Nel 2023 illycaffè ha generato un fatturato consolidato pari a €595,1 milioni. La rete monomarca illy conta 159 punti vendita in 30 Paesi.
La scheda sintetica di Art Basel
Fondata nel 1970 da galleristi di Basilea, Art Basel ospita oggi le più importanti mostre d’arte moderna e contemporanea al mondo con sede a Basilea, Miami Beach, Hong Kong e Parigi. Definita dalla città e dalla regione che la ospita, ogni mostra è unica, il che si riflette nelle gallerie partecipanti, nelle opere d’arte presentate e nel contenuto della programmazione prodotta in collaborazione con le istituzioni locali per ogni edizione.
L’impegno di Art Basel si è esteso oltre le fiere d’arte attraverso nuove piattaforme digitali e una serie di nuove iniziative come Art Basel e UBS Global Art Market Report e Intersections: The Art Basel Podcast. Il Global Media Partner di Art Basel è il Financial Times. Per ulteriori informazioni, visitare il sito artbasel.com.
Il Caffè Gagliano di Gela, a Caltanissetta, celebra 100 anni. Lo storico bar, che si affaccia sul corso principale, all’altezza della villa Garibaldi aprì al commercio nel lontano 1924, per volere di Luigi Gagliano. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Today24.
Il Caffè Gagliano celebra un secolo
GELA (Caltanissetta) – Fra i centenari gelesi, che per fortuna cominciano a diventare tanti, ce n’è uno un po’ speciale. E quest’anno spegnerà le fatidiche 100 candeline: il Caffè Gagliano. Lo storico bar, che si affaccia sul corso principale, all’altezza della villa Garibaldi aprì al commercio nel lontano 1924, per volere di Luigi Gagliano.
Aveva le terre, nonno Luigi, ma voleva anche diversificare le attività di famiglia. Così aprì il bar. Scelse un posto in cui la città iniziava a diventare periferia perché all’epoca, dopo il rione Borgo e la zona di San Giacomo, iniziavano a dipanarsi gli orti, fino a Caposoprano.
Gagliano aprì i battenti nello stesso stabile in cui oggi, dopo 100 anni, il locale continua a esercitare l’attività di commercio. Incontriamo Piero, 64 anni appena compiuti, terza generazione dei Gagliano, attuale gestore del caffè.
“A quell’epoca – dice – era tutto diverso, almeno da quel che ricordo io da bambino e dai racconti tramandati da mio nonno e da mio padre”, che di nome faceva Luigi, come il nonno.
“Gestivamo – racconta – anche il chiosco della villa comunale che non era del municipio ma di privati. E noi avevamo lì un secondo punto di ristoro. C’erano i tavolini ai quali uomini, famiglie, potevano consumare una bibita, una granita. O gustare un gelato”.
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L’azienda Giraudi, con sede a Castellazzo Bormida in provincia di Alessandria, ha voluto trasformare il tradizionale gianduiotto grazie all’innovativa versione vegana per andare incontro alle crescenti richieste dei consumatori vegetariani seguendo l’esempio della Nutella (ne abbiamo parlato qui).
Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Alessandro Maldera per il portale moleventiquattro.
L’ascesa del gianduiotto vegano
CASTELLAZZO BORMIDA (Alessandria) – In Piemonte, culla di prelibatezze culinarie e tradizioni artigianali di lunga data, un’azienda familiare sta rivoluzionando il mondo del cioccolato. Giraudi, con sede a Castellazzo Bormida in provincia di Alessandria, ha intrapreso un percorso audace trasformando uno simboli più iconici del territorio: il gianduiotto.
In risposta alle crescenti richieste dei consumatori moderni, attenti alle esigenze di stili di vita vegani e vegetariani, Giraudi ha deciso di reinventare il classico gianduiotto.
Questa prelibatezza tradizionale è stata trasformata in un’esperienza gustativa priva di derivati animali, ma ricca di sapori autentici.
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L’azienda Pi’n’Pi produce funghi e altri prodotti bio dai fondi del caffè per i ristoranti della Costa Smeralda, di Alghero e di San Teodoro in un perfetto esempio di economia circolare biologica. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Federico Spano per il quotidiano La Nuova Sardegna.
I funghi dai fondi del caffè: l’iniziativa di Pi’n’Pi
SASSARI – I funghi crescono nei fondi del caffè, i lombrichi trasformano ciò che resta in un compost di altissima qualità, e su questo compost crescono fiori edibili, peperoncini, germogli. Una economia circolare biologica che dai resti del caffè dei bar di Alghero e Olmedo porta sui piatti dei ristoranti gourmet della Costa Smeralda, di Alghero e San Teodoro prodotti di altissima qualità ricercati dai grandi chef.
Oscar Pilo, 36 anni, e Andrea Piras, di 42, entrambi di Olmedo, oggi raccontano con orgoglio i risultati della loro attività nata nel 2019, che li ha portati a vincere nei giorni scorsi l’Oscar Green di Coldiretti. Ma il percorso per arrivare a ciò che è oggi l’azienda agricola da loro fondata, la Pi’n’Pi, è stato lungo, difficile e tortuoso. Basti pensare che pochi mesi dopo l’apertura è arrivata la pandemia.
Un nuovo lavoro Andrea Piras fino al 2019 lavorava all’aeroporto di Alghero, mentre Oscar Pilo, diplomato all’agrario, riparava smartphone e tablet.
“Il mio socio nel 2016 aveva seguito un corso a Firenze da Antonio Di Giovanni, ideatore del progetto “fungo espresso” – racconta Oscar Pilo –, ossia la coltivazione dei funghi sui fondi di caffè. L’idea gli era piaciuta così tanto che ha deciso di sfruttare una campagna di sua proprietà a Olmedo e mi ha coinvolto. Così entrambi abbiamo lasciato i nostri lavori e ci siamo lanciati in questa avventura nell’agricoltura circolare”.
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In occasione della Festa del Cinema di Roma, la Centrale del Latte di Roma ha aperto la sua prima gelateria. Il punto vendita prende il nome di Gelafresco e sarà disponibile per la degustazione presso gli stand dedicati durante tutta la manifestazione, in corso fino al 27 ottobre 2024 presso l’Auditorium Parco della Musica. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale Brand News.
La gelateria della Centrale del Latte di Roma
ROMA – L’iniziativa, realizzata in partnership con l’Associazione esercenti bar e gelaterie di Roma e Provincia, rientra nel più ampio progetto della Centrale di promuovere i prodotti locali e sostenibili, rispondendo al crescente interesse dei consumatori per la qualità e la provenienza delle materie prime.
Gelafresco, questo il nome del punto vendita, sarà disponibile per la degustazione presso gli stand dedicati durante tutta la manifestazione, in corso fino al 27 ottobre 2024 presso l’Auditorium Parco della Musica.
“La partecipazione alla Festa del Cinema di Roma rappresenta un’opportunità unica per la nostra azienda di presentare un nuovo prodotto che racconta il territorio in modo innovativo e coinvolgente. Siamo orgogliosi di offrire al pubblico un gelato che racchiude i sapori e le tradizioni locali” ha dichiarato Fabio Massimo Pallottini, presidente della Centrale del Latte, come riportato dal portale d’informazione Brand News.
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MILANO – Roberto Fierro è la persona dietro l’Antico Bar Fiat Imola: locale di famiglia dal ’69, è stato ripreso in mano da Roberto il primo febbraio del 2014, “Che era un sabato“, si ricorda bene lui stesso mentre racconta. Dopo una parentesi di cessione avvenuta nel 2001-2002, è tornato in quelle stesse mura in cui è nato e ha rivoluzionato pian piano le cose. “Volevo portare avanti il lavoro fin lì sviluppato dai miei genitori. Era quello che sentivo mio”.
E ora si festeggiano 10 anni di impresa.
Antico Bar Fiat sta ad Imola, a sua volta vicino a Bologna dove lo specialty non è uno sconosciuto: lì da voi come va?
“Sono l’unico su questa piazza che offre così tante proposte e differenti tipologie di estrazione. All’Antico Bar Fiat si può ordinare dal cold brew all’ibrik con tutto ciò che esiste nel mezzo. Diamo la possibilità di assaggiare diverse provenienze, sia di Arabica che di Robusta in monorigine, una selezione di specialty coffee provenienti dai diversi continenti, ed ho pensato ad una miscela da proporre che fosse unica e rappresentasse l’Antico Bar Fiat, che unisse le single origin che più mi piacciono (90% di Arabica, 10% di Robusta) in maniera che si bilanciassero bene.“
Com’è andata? Le cose sono cambiate sin qui da 5 anni che è diventata propriamente una caffetteria specialty?
“All’inizio la prima domanda che mi facevano era: ma quindi si può scegliere il caffè? La risposta era semplice: certo che sì, come si fa con la birra e il vino.
Volevo uscire dalla logica del tipico bar italiano e concentrarmi su varietà, origini e lavorazioni particolari. Io per primo mi sono formato e informato, così poi da poter proporre lo stesso percorso ai miei clienti. Inizialmente non offrivo le monorigini al prezzo che sarebbe stato più giusto: lentamente ho fatto crescere la consapevolezza attorno al prodotto per poter di conseguenza stabilire cifre corrette e adeguate alla materia prima.
Il cliente pian piano diventerà sempre più esigente rispetto alla qualità: io spesso dialogo con i miei avventori e chiedo che cosa già conoscono del caffè. Da lì si parte, costruendo uno scambio continuo con i clienti e con i miei dipendenti, la passione evolve e si trasferisce: dobbiamo tenere a mente che ciò che beviamo o mangiamo diventa parte di noi e quindi dev’essere di qualità, e per saper sceglierla occorre saperla riconoscere attraverso una maggior consapevolezza del prodotto.
Oggi riesco a proporre una singola origine ad un euro e 50, e la miscela a un euro e trenta, mentre gli specialty superano i due euro.
Ho anche creato un piccolo gioco per proporli: innanzitutto ho allestito fronte cliente i macinacaffè con le monorigini del momento, per mettere bene in evidenza i chicchi, le diverse dimensioni, applicando delle etichette con la bandiera della nazione d’origine e la varietà. Con le stesse etichette ho preparato un mazzo di carte in modo che il cliente che è indeciso possa affidarsi al caso pescandone una.
In più, come in un noto gioco di carte, c’è la carta ‘Cambia Turno’: in questo caso il cliente diventa ‘barista per un giorno’ e può scegliere di prepararsi l’espresso da solo (con la mia assistenza): anche questo coinvolgimento aiuta a far comprendere cosa ci sia dietro ogni gesto per l’estrazione di una tazzina. Questa è un’idea che piace molto e che attira i clienti.
Ad Imola il nostro è il bar più conosciuto per la possibilità di scelta del caffè, ma ho anche dei clienti affezionati che vengono per bere gli specialty in V60, Chemex o in Aeropress.
Le cose quindi si sono così evolute: sei anni fa, da tipico bar generalista ho deciso di specializzarmi nel mondo della caffetteria e farne il mio cavallo di battaglia.
Un po’ su proposta del mio torrefattore, la Torrefazione Gourmet di Carlo Alberto Asioli, con la quale abbiamo festeggiato 10 anni di collaborazione, ho dapprima scoperto le monorigini per poi aggiungerle nella proposta del bar. Da quel momento in poi, la mia curiosità mi ha portato ad approfondire e ad avvicinarmi alla SCA, seguendo corsi specifici, trasformando definitivamente l’Antico Bar Fiat in specialty coffee shop.
Se all’inizio era una possibilità in più, ora è il focus grazie al quale ci distinguiamo dal resto dei locali in città. Non solo dentro la mia attività, ma anche fuori cerco di divulgare il tema caffè. Durante l’Imola Coffee Days, evento di 2 giorni organizzato dal mio fornitore di caffè, ho collaborato per promuovere attraverso degustazioni, cupping e workshop il caffè sul territorio.
Il Comune si è prestato dandoci gli spazi di un bar storico, l’ex bar Bacchilega (che ad oggi è in fase di ristrutturazione), in cui abbiamo parlato di estrazioni alternative all’espresso, botanica, cerimonia etiope del caffè e molto altro. La cittadinanza è stata invogliata a partecipare e a documentarsi ed è stato un volano in più per avvicinarsi a nuove e diverse tipologie di consumo della bevanda.”
Lei propone anche i cocktail con gli specialty: sono richiesti?
“Sì, avevo creato una carta cocktail in occasione di un evento dedicato alla cultura del cibo promosso dal Comune di Imola a cavallo dell’autunno, il Baccanale. Principalmente riguarda i ristoranti, ma nel 2021 il tema era l’amaro, un argomento che si sposava perfettamente con il caffè; ho rivisitato qualche coffee cocktail famoso usando i miei specialty e devo dire che ha avuto un buon riscontro: è stata l’occasione ancora una volta di raccontare il caffè e le sue declinazioni.
Il lato spirits ora è drasticamente calato rispetto agli inizi per dare maggiore spazio al caffè, alcuni cocktails però li propongo lo stesso, come il Coffee Negroni (costruito in diversi modi), un gin tonic dove la parte alcolica viene aromatizzata al caffè o il più semplice e fresco Coffee tonic, per chi ha voglia di qualcosa di analcolico, dissetante e diverso dal solito.”
Chi entra dall’Antico Bar Fiat, dato che è un’attività storica ma con una proposta diversa da quella tradizionale?
“La parte trainante all’inizio è stata la riapertura con il nome di famiglia, poi è stata percepita maggiormente la mia impronta personale legata all’evoluzione nel caffè e nella latte art. Alcuni clienti vengono proprio per concedersi un caffè diverso dal solito o per gustare un cappuccino con decorazioni.”
Ci parla del caffè che serve, a quanto lo vende e con quali attrezzature lo prepara?
“Il mio fornitore principale è la Torrefazione Gourmet, che ha sede proprio ad Imola, ma quest’anno tra marzo e aprile, ho deciso di ampliare la mia offerta proponendo a rotazione nuove torrefazioni come Gear Box, Il Cafetero e Vannelli, conosciute al Milan Coffee Festival di dicembre 2023.
Dato che caffè e vino hanno molto in comune, proprio come si usa fare per le degustazioni delle diverse cantine, ho deciso di proporre all’assaggio dei miei clienti delle selezioni di caffè tostati da altri torrefattori, per comprenderne profili aromatici e di tostatura differenti.
Per quanto riguarda le attrezzature, quest’anno ho fatto aggiornamenti: ho scelto come macchina per l’espresso, una Faema E71 a tre gruppi, ideale per i carichi di lavoro importanti ma anche per preparare con cura le single origin e gli specialty; inoltre, ho acquistato anche un macinacaffè on-demand della Grindie per macinare la mia miscela espresso: rapido e preciso, era quello che desideravo per la mia routine di preparazione.”
Lo specialty è il suo core business o fa quadrare i conti con altri prodotti?
“Il mio core business è proprio il caffè: ho strutturato il locale in funzione di questa bevanda, a partire dalla colazione, passando per il pranzo fino alle 19, questo sia perché è diventata una mia passione, sia per trovare maggiore equilibrio con la mia famiglia. Ci sono ora tre dipendenti a darmi una mano, una fissa e due che si alternano.
Trovarli è stato un problema relativo: Valentina, la prima ragazza che è entrata dopo la riapertura post Covid, collabora con me ormai da due anni e ha fatto passi da gigante. Non veniva da questo mondo, ma nel tempo è diventata un’ottima barista, attenta e precisa. Poi ho aggiunto altri due collaboratori, perché il mio lavoro soprattutto durante la colazione, è aumentato molto, sia perché davanti al bar si svolge tre volte alla settimana il mercato ambulante e l’affluenza si intensifica, ma anche perché ho messo maggiore cura nella preparazione dei cappuccini, facendo corsi di latte art e preparandoli ognuno con un decoro.
Tutti questi fattori hanno aiutato a potenziare il momento della colazione: avere una coccola in più come il disegno nella tazzina, sono la dimostrazione della cura che viene messa per il cliente e poi anche l’estetica vuole la sua parte!”
Caffè e bici: all’Antico Bar Fiat funziona tanto questo binomio. Ci racconta?
“Il mondo del ciclismo è stata la mia passione da sempre, ci sono poi molte connessioni tra le fatiche in bici e le fatiche dietro al bancone.
Ho portato la mia bici dentro il bar, letteralmente, colorandola con i colori dell’Antico Bar Fiat: nell’insegna appare la guarnitura (il disco dove sono agganciati i pedali e sul quale scorre la catena). Quest’anno, proprio davanti al mio bar, 2 grandi eventi si sono svolti: è transitato il Tour de France e di recente è partita da Imola una tappa del Giro d’Italia donne.
Proprio durante questo ultimo, ho invitato le cicliste e le loro squadre a fermarsi per gustare un buon caffè, estratto a freddo e a caldo dall’amico Stefano Cevenini con la sua Pump My Moka, in cambio di una loro firma.
Vedo che anche all’estero questa combinazione funziona tanto, unendo la caffetteria allo sport, un po’ per la funzionalità della bevanda per gli atleti, un po’ come momento di relax che il ciclista si può concedere durante o dopo i suoi allenamenti.”
Quali sono i prossimi sviluppi del suo locale?
“Sicuramente preparare qualche novità per l’autunno e la rimessa in moto dopo le ferie. Lavorare alla seconda edizione degli Imola Coffee Days – che si svolgerà questo 25 e 26 ottobre – e ampliarne il panorama, estendendo l’invito a partecipare ad altri colleghi baristi in una comunione di intenti e di giusto confronto sul tema.
E’ bello creare rete e scambiarsi opinioni per dare ancora più credito e far crescere l’interesse per questa bevanda. La mia ambizione sarebbe di arrivare a farlo riconoscere come format anche fuori Imola, facendolo diventare una fiera vera e propria come accade già in altre città europee.
Per quanto riguarda il locale vorrei poterlo ristrutturare e modificarne gli arredi, adeguandolo per dargli un’impronta più mia e renderlo ancora più riconoscibile come specialty coffee corner.”
Erminia Nodari ha fatto della sua passione per il caffè una professione a 360 gradi, iniziata nel 1995: originaria di Bergamo, fondatrice col marito della di Art Caffè Torrefazione e in seguito Critical Coffee nonché componente dell’Advisory Group della Slow Food Coffee Coalition, il suo curriculum è una conferma del suo sviluppato know-how della bevanda. Su queste pagine ha parlato di filiera, di tracciabilità, sostenibilità e qualità.
Ora torna su queste pagine con una riflessione sul brand CosMc’s, la catena di caffetterie di McDonald’s, rispondendo all’articolo firmato da Matteo Borea (è possibile leggerlo qui). Di seguito riportiamo le opinioni dell’esperta.
CosMc’s: il nuovo format di McDonald’s
di Erminia Nodari
MILANO – “L’articolo pubblicato a firma dell’amico Matteo Borea ci induce a molte riflessioni.
Chi, come me e Matteo, ha trascorso molto tempo a contatto diretto col cliente,
sa quanto sia da sempre fondamentale il ricordo che l’esperienza globale lascia e spesso,
il prodotto, vive proprio in funzione di quel ricordo, una parte se non marginale, complementare.
Siamo ormai da decenni tutti d’accordo che, sia in un contesto reale che virtuale, è l’ambiente (visivo, sonoro, olfattivo) a provocare emozione, e che questa emozione è fortemente condizionata dai fattori culturali di riferimento della fascia di consumatori che si vuol coinvolgere.
La realtà virtuale aiuta perché è sempre e comunque soggettiva e fortemente emotiva, quindi non rende visibili e percepibili i difetti che sono parte del reale. Infatti, il reale viene disegnato e realizzato ad imitazione del virtuale.
L’edonismo culturale degli anni ’80 determinò il primo passo importante verso il cambiamento anche per i locali pubblici, che smisero di essere bar per diventare luoghi di incontro esperienziale, focalizzati su condivisione emotiva e non su consumo e segnò un passo importante nel rapporto col consumatore, che, attraverso i viaggi, il tempo libero, le vacanze trascorse in villaggi turistici, cercava l’esperienza, l’emozione, da portare a casa.
Il coinvolgimento, la partecipazione, l’evento esperienziale, sono tutti approcci auspicabili per una evoluzione dei consumi e verso una maggiore consapevolezza negli acquisti, tuttavia, in fatto di cibo e, per quanto ci riguarda, di caffè, penso che non debba essere perso di vista il valore qualitativo e originario, frutto di ricerca, investimenti e sforzi da parte dei produttori.
L’esperienza emotiva, effimera in quanto tale, viene utilizzata per allontanare l’attenzione
dalla qualità reale, mentre la specialty coffee community e l’industria del caffè in generale, se vuole alzare il valore, deve a mio avviso puntare sul coinvolgimento esperienziale fondato sulla narrazione e sulla trasparenza, sulla conoscenza e l’informazione senza allontanare l’attenzione dagli attributi dell’oggetto dell’esperienza.
L’operazione di marketing promossa da McDonald’s, se non ho capito male, coinvolge la fascia più giovane dei consumatori dando loro la possibilità di intervenire in modo creativo sulle consumazioni e quindi sul loro stesso valore, modificandone l’origine, senza alcuna nozione.
Il rapporto che i giovani hanno col cibo, già difficile e contraddittorio e alla base di tante fragilità, viene ancora una volta sfruttato da una operazione di marketing, sicuramente ben condotta, ma non a vantaggio di trasparenza, consapevolezza e crescita dei valori sociali, ma solo, forse, economici, perché va a colpire facilmente la fascia giovanile meno attrezzata e più vulnerabile.
Sarebbe interessante promuovere un dibattito sulle funzioni del marketing emozionale per
crescita effettiva di un mercato consapevole e dell’utilizzo che invece ne fanno le multinazionali e non solo loro, per allontanare l’attenzione dall’effettiva qualità.
Leggere le recensioni dei clienti sull’offerta di ristoranti, locali, caffetterie e coffee shop è un bell’esercizio per capire e conoscere il grado di consapevolezza dei consumatori, che non sempre, se la bevono”.
MILANO – Ricavi in calo per Nestlé, che manca le previsioni degli analisti e rivede nuovamente al ribasso le previsioni su utili e ricavi per l’intero esercizio, mentre il caffè rimane il principale driver di crescita. Il colosso svizzero ha pubblicato ieri, giovedì 17 ottobre, i risultati per i primi 9 mesi del 2024. Tra gennaio e settembre, le vendite sono diminuite del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso attestandosi a 67,1 miliardi di franchi svizzeri.
La crescita organica è stata del 2%, mentre la crescita interna reale (rig) è stata dello 0,5%.
L’impatto dei cambi e dei disinvestimenti è stato rispettivamente del -4,1 e del -0,3%.
Gli analisti avevano previsto crescita organica e crescita reale interna rispettivamente a +2,4% e +0,7%.
Ulteriormente ridimensionate le previsioni per i 12 mesi: Nestlé si aspetta ora una crescita organica delle vendite di circa il 2%. Il margine operativo sottostante dovrebbe raggiungere il 17%
A fine luglio, il Gruppo aveva già abbassato gli obiettivi di crescita organica ad “almeno il 3%”, rispetto al 4% precedentemente indicato. Una crescita annua delle vendite al 2% costituirebbe il livello più basso dall’inizio del secolo.
“La domanda dei consumatori si è indebolita negli ultimi mesi, e ci aspettiamo che il contesto rimanga debole,” ha dichiarato il nuovo amministratore delegato Laurent Freixe.
Parlando in una call con i giornalisti, la cfo del gruppo Anna Manz ha citato i forti aumenti nei costi di alcune materie prime, in particolare il caffè e il cacao, che sono andati di record in record negli ultimi due anni.
Sui volumi delle vendite – spiega inoltre Nestlé – ha inciso negativamente il comportamento del dettaglio e dei distributori, che hanno ridotto le loro scorte, a fronte dei minori acquisti dei consumatori, in particolare nelle economie più deboli dell’America latina.
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