martedì 18 Novembre 2025
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Marco Zancolò, ceo di Franke Coffee Systems: “Con la nuova New A Line ridefinita la super automatica. Focus? La qualità”

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Franke
Marco Zancolò di fianco alla New A Line nello stand Franke di HostMilano 2025

MILANO – Marco Zancolò è l’amministratore delegato di Franke Coffee Systems. L’abbiamo incontrato a HostMilano 2025, dove ci ha rilasciato questa intervista esclusiva in occasione della presentazione di New A Line, la nuova generazione di macchine da caffè completamente automatiche progettate e costruite interamente in Svizzera.

La nuova Franke New A Line (immagine concessa)

Oltre quarant’anni di storia produzione di macchine da caffè: quali sono state le principali svolte tecniche che hanno cambiato la produzione?

“La macchina automatica ha avuto un’evoluzione molto forte negli ultimi anni. Siamo stati tra i pionieri del movimento con il lancio della classica A Line e, ancora prima, con la FM850, nella quale abbiamo introdotto il touchscreen a colori, una vera rivoluzione all’epoca, adottata oggi da ogni azienda nell’industria.

Abbiamo poi introdotto il sistema latte: l’automatizzazione della schiuma del latte era una delle innovazioni più importanti per lo sviluppo delle superautomatiche.

Da allora, abbiamo continuato a innovare e, in occasione di HostMilano, abbiamo lanciato la New A Line con un chiaro focus sulla qualità in tazza.

Marco Zancolò (immagine concessa)

La nostra tecnologia brevettata iQFlow garantisce una qualità costante in tazza, estraendo tutto l’aroma e il sapore dei chicchi di caffè grazie a un controllo intelligente del tempo e della pressione durante l’intero processo di estrazione. Con la funzione PrecisionTemp si può impostare la temperatura ideale per ogni bevanda per migliorare il risultato in tazza.

Ci siamo inoltre focalizzati sulla sostenibilità, elemento sempre più importante e richiesto dai clienti, con lo sviluppo di un nuovo boiler, chiamato HeatGuard. La nuova tecnologia dispone di un isolamento avanzato, riducendo significativamente la perdita di energia rispetto ai modelli precedenti. Inoltre abbiamo anche introdotto materiali riciclati, migliorando sia l’efficienza che l’impatto ambientale.”

Come si è sviluppato questo nuovo progetto che avete presentato a HostMilano?

“Ci lavoriamo da due anni e mezzo. La A Line è stata lanciata nel 2015 e sapevamo che, un giorno, avremmo dovuto introdurre una nuova proposta.

Normalmente, le macchine superautomatiche hanno un ciclo di vita di 8-10 anni. I primi clienti che hanno acquistato la A-Line nel 2015 ora vogliono sostituirla, ma non è il massimo ricomprare la stessa macchina di dieci anni fa.

Con l’anniversario dei dieci anni abbiamo quindi deciso di introdurre la nuova macchina. Abbiamo iniziato la progettazione nel 2022 e siamo riusciti ad arrivare in tempo per presentarla qui a HostMilano 2025”.

Zancolò, cosa spinge i baristi e le aziende ad affidarsi sempre più alle superautomatiche?

“L’aspetto più importante rimane la consistenza in tazza e con una superautomatica è garantita. Con una macchina tradizionale, se si ha la fortuna di avere un barista bravo, il risultato sarà ottimo. Ma c’è sempre meno personale qualificato.

Durante la pandemia, in molti mercati, tante persone che lavoravano in questo settore hanno cambiato mestiere e non sono più tornate. C’è una scarsità di addetti e, grazie alla superautomatica, soprattutto con lo schermo interattivo touchscreen, tutto risulta più facile: una volta regolata la macchina, chiunque può usarla con la massima efficienza”.

Per quanto riguarda il mercato italiano: che ruolo gioca oggi la produzione nel nostro Paese dove Franke conta diverse sedi produttive?

“Per il gruppo Franke la produzione in Italia gioca un ruolo molto importante. Abbiamo un sito produttivo a Peschiera del Garda, dove realizziamo lavelli, non legati alle macchine da caffè, e un altro a Fabriano, nelle Marche, dove produciamo le cappe Faber, parte del gruppo Franke.

Poi abbiamo qui vicino a Milano, a Baranzate, la fabbrica Dalla Corte: è qui che produciamo le macchine da caffè tradizionali.

Le superautomatiche Franke, invece, le sviluppiamo e produciamo in Svizzera, nella nostra sede di Aarburg”.

Oggi conta di più la personalizzazione del design o la performance?

“Entrambi gli aspetti giocano un ruolo fondamentale. La performance è di estrema importanza, perché per l’operatore ciò che conta è il costo d’uso complessivo. Tuttavia, se la macchina è esteticamente non piacevole, non è il massimo metterla in vetrina.

Molto dipende anche dal contesto: se la si mette in una stazione di servizio, forse il design di una macchina è meno importante; se invece la location è in un coffee shop, come per il caso del nostro modello Mytico, la gente si aspetta una macchina bella, che trasmetta professionalità ed eleganza”.

Quanto del fatturato di Franke è diretto all’estero e quanto in Svizzera?

“Siamo presenti in circa 80 mercati nel mondo. Per la divisione Coffee Systems, la Svizzera rappresenta circa il 8%, mentre il resto proviene dai mercati internazionali.”

Quanti modelli producete all’anno tra tutte le tipologie di macchine?

“Includendo anche Dalla Corte, tra le 40 e 50 mila unità all’anno.”

Quanto investite in ricerca e sviluppo per restare pionieri nel settore?

“L’innovazione è al centro delle nostre attività. Investiamo molto. Abbiamo lanciato  Mytico due anni fa, e per noi l’innovazione è essenziale. Abbiamo un team R&D composto da circa 100 specialisti, che lavorano sia sul software che sull’hardware. Questo dimostra quanto importante l’innovazione sia per noi. Il loro lavoro ci permette di stabilire nuovi standard nel nostro settore – perché se smetti di innovare, diventi rapidamente obsoleto.”.

Zancolò, quali sono le prossime sfide per il mercato?

“Il mercato diventa sempre più competitivo. Ci sono tanti competitor che propongono macchine valide. La priorità rimane capire bene il profilo del consumatore e lavorare in modo efficace con i clienti. La macchina da caffè si acquista una volta, ma si usa per un periodo che spazia tra gli 8 e i 10 anni. In quel lasso tempo ci possono essere guasti: lì serve un servizio impeccabile.

Se l’after sales funziona bene, il cliente comprerà di nuovo da noi; se invece la macchina dà problemi e l’assistenza non è all’altezza, cercherà altrove.

Per il Gruppo la qualità è essenziale: non solo nel prodotto, ma anche nella relazione con il cliente e nel servizio post vendita”.

Fanciot e Melchionni Café: confronto di due modi di interpretare il caffè con la stessa gestione, ma con target distinti

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Fabio Perugini (foto concessa) Fanciot
Fabio Perugini (foto concessa)

ALESSANDRIA – Melchionni Café e Fanciot cosa hanno in comune queste due attività alessandrine? Innanzitutto l’uomo che li gestisce, Fabio Perugini, e poi un’attenzione particolare verso il caffè. In due luoghi che hanno due target specifici, come impostare un’offerta differenziata attorno a questo prodotto in maniera efficace?

Si comincia da un primo punto di distacco: al Melchionni Café si serve solo una miscela classica composta dal 70% Arabica (Brasile e Nicaragua) e un 30% Robusta (Nicaragua). Poche origini, ma eleganti, studiate e tostatein collaborazione con la famiglia Alberici di Alessandria. Nel bistrot, nel tempo si è deciso di puntare esclusivamente su questo blend e di orientarsi sempre più sulla cucina.

Ci sono stati degli esperimenti, come ad esempio l’introduzione di alcuni cocktail a base specialty, che però non hanno funzionato adeguatamente. Con l’apertura di Fanciot poi, l’identità di questi due locali si è dovuta rafforzare ulteriormente, targetizzando bene la clientela.

È proprio da Fanciot che Perugini è riuscito a dar spazio ai suoi amati specialty

Qui ci sono sia miscele che monorigini, ciascuna dotata della propria cartolina esplicativa a disposizione dei clienti. Non solo specialty, ma una scelta comunque particolare nata dalla collaborazione con l’Albero del Caffè di Alessio Baschieri: da loro arrivano le singole origini dal Guatemala, India e Messico, tostate per essere valorizzate nella loro qualità, senza allontanare il consumatore finale con gusti troppo estremi.

Caffè shakerato (foto concessa)

Tre singole origini quindi, dall’equilibrio interessante per il cliente più classico (l’India è un 100% Robusta molto apprezzato).

Racconta Perugini: “Abbiamo poi uno specialty coffee dalla Colombia, la Huila, acquistato da Santaromero. Usiamo anche il coldbrew, in batch ed hand brew a seconda delle tempistiche da rispettare.”

Da Fanciot l’espresso costa 1 euro e 30, con una macchina di proprietà La Strada La Marzocco MP tutta manuale e come macinacaffè, un Sirio-Q Quamar, altri 3 Quamar, un Remidag e un Fiorenzato da torrefazione. Mentre la macchina usata da Melchionni è una Sanremo Verona RS, accompagnata da due Quamar.

Fanciot resta il progetto che si presta maggiormente all’introduzione di un caffè differente, grazie proprio alla sua concezione che unisce caffetteria con pasticceria. Melchionni nasce più come bistrot: “E in effetti, stiamo entrando ora nella Coalizione dei cuochi dello Slow Food.”

Fanciot parte proprio come caffetteria specialty unita alla pasticceria, e qui abbiamo tutti i prodotti di nostra produzione, con un forno rotativo da 20 teglie Polin che ci permette di vendere circa duemila brioche alla settimana e di rifornire anche altri locali con i nostri lievitati.”

Specialty e lievitati: un connubio che funziona anche da Fanciot

Spiega Perugini: “Inizialmente, quando gestivamo solo Melchionni, il mio interesse per lo specialty c’era già, ma è stato solo con l’apertura di Fanciot che abbiamo voluto differenziare bene uno rispetto all’altro. “

Quindi una netta differenza per guidare bene il cliente nella scelta

Da Melchionni (foto concessa)

Da sempre però gli specialty sono usati nella miscelazione: “Tempo fa come accennato prima, avevo realizzato due drink con specialty durante il Fuori Salone 2017 all’evento Art & Caffeine di Faema che abbiamo riportato anche da Melchionni. Ed erano andati abbastanza bene, nonostante lo scetticismo iniziale. In seguito abbiamo deciso di mantenere solo due ricette da Fanciot, tutt’ora presenti in carta, perché è qui che si spinge anche sino al dopo cena con, dopo gli aperitivi, nel fine settimana.”

Il primo è Fanciot, ideato dal loro barman con Campari, Gran Marnier, cold brew (Messico Chiapas) e limone con nettare d’agave. Poi un classico Americano al caffè, ma sempre estratto in cold brew. Costo: attorno agli 8 euro per il Fanciot e 7 euro per l’Americano.

Chiarisce subito Perugini: “Puntare solo sullo specialty non è realistico, almeno se non ci si tosta il caffè da soli. Per cui fin da subito ho pensato a qualcosa che si potesse affiancare a questo prodotto. Non ho mai creduto di andare avanti senza pasticceria, fondamentalmente perché non ho competenze da micro torrefattore per poter permettermi di puntare esclusivamente sulla mia produzione di specialty. Senza il resto dell’offerta con cui poter gestire i prezzi ed adeguarli al consumatore finale, è difficile fare margini con solo il caffè.”

Ma quindi funziona anche in un posto come Alessandria un’offerta specialty, nonostante si parta dall’euro e 50 sino all’euro e 90?

Il caffè da Fanciot (Foto concessa)

“Abbiamo cercato di semplificare, senza essere ridondanti. Poche caratteristiche, ben distinte e percepibili. Diamo solo le informazioni corrette fondamentali, senza inondare di spiegazioni il cliente che cerca un momento di pausa. Il personale è formato e pronto a raccontare brevemente cosa c’è in tazza, tra monorigini, miscela e specialty. Questo ci ha permesso di essere più snelli e comprensibili. Se poi piace, possiamo scendere nel dettaglio oltre le cartoline esplicative: questo ci fa fare il salto di qualità. Più semplici siamo, più performiamo. E così è stato.”

E poi non manca il food pairing: 4 abbinamenti da Fanciot, con una monorigine India in espresso con una mignon di biscotto, cioccolato fondente, crema e pasta di nocciola e un Messico Chiapas e un Colombia Huila in filtro con una monoporzione di frolla.
Ovviamente per poter mantenere l’asticella del servizio bella alta, da Fanciot si muove un ragazzo ben formato sulla parte caffetteria: Fabio Colicchia.

E ora “Stiamo cercando una terza risorsa da affiancare. Da Melchionni poi, abbiamo un ragazzo molto bravo che si sta appassionando al caffè, ha seguito corsi di caffetteria con Matteo Beluffi e in La Marzocco, Vladan Martinovic.”

Una mano esperta che è necessaria anche da Melchionni dove comunque sono disponibili espresso sodati, iced latte con la miscela di base: “È il primo anno che li introduciamo, ma stanno funzionando molto bene”.

Deforestazione: nuova ricerca di Coffee Watch punta l’indice contro il Brasile, ma alcuni dati appaiono incongruenti

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deforestazione Brasile
Crediti: Vandelino Dias Junior da Pixabay

MILANO – A pochi giorni dalla presentazione, da parte della Commissione europea, della sua proposta di semplificazione mirata dell’Eudr è apparso, giovedì 22 ottobre, un comunicato stampa diffuso da Coffee Watch – una Ong statunitense avente sede nel Delaware – nel quale vengono illustrati i risultati di un report di questa organizzazione sulla deforestazione causata in Brasile dal caffè.

Secondo il report, le regioni in cui è diffusa la coltura del caffè hanno perso, tra il 2001 e il 2023, oltre 11 milioni di ettari di foreste, una superficie pari a quella dell’Honduras.

Almeno 312.803 ettari di copertura forestale sarebbero stati disboscati espressamente per il caffè.

Un allarme lanciato mentre il Brasile si prepara a ospitare la 30ª Conferenza delle Parti (COP30), in programma a Belém, nello stato di Parà, dal 10 al 21 novembre.

La Ong americana ha utilizzato nell’analisi immagini satellitari del progetto MapBiomas, la piattaforma di monitoraggio della deforestazione Global Forest Change di Hansen, il modello Spam (Spatial and Patch-based Allocation Model), per determinare la densità di coltivazione, i dati Chirps (Climate Hazards Group Infrared Precipitation with Stations) sulle precipitazioni e i data NASA SMAP sull’umidità del suolo.

Ma cosa ha scoperto il report? Il comunicato stampa mette sotto la lente i dati seguenti:

  • nel 2023, l’area coltivata a caffè era superiore del 105% rispetto al 1990 essendo passata da 0,6 a 1,23 milioni di ettari;
  • il Minas Gerais paga il tributo maggiore in termini ecologici all’interno della coffee belt;
  • si evidenziano pattern di deforestazione indiretta attorno alle aree di espansione;
  • il caffè è il sesto driver di deforestazione nel mondo;

Sul primo punto non è chiaro a cosa si riferiscano i dati sopra citati. L’area complessivamente coltivata a caffè in Brasile (aree produttive + aree in formazione) è pari (dati della più recente stima ufficiale di Conab) a 2,25 milioni di ettari.

ED è una superficie nettamente inferiore a quella di inizio anni novanta, quando le aree coltivate a caffè del Brasile (dati Ibge) superavano i 2,9 milioni di ettari.

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James Hoffmann, insegna: “Ecco le tre fasi per un caffè perfetto”

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hoffmann tiramisù world cup americani
James Hoffmann, , imprenditore inglese, editore e youtuber (più di 2 milioni di follower), nel mondo del caffè dal 2003 (immagine concessa)

James Hoffman, barista pluripremiato e divulgatore della tazzina, nonché autore dell’acclamato libro atlante World Atlas of Coffee, ha parlato delle tre fasi della preparazione del caffè. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Alvaro Piqueras per Men’s Health.

Le tre fasi del caffè secondo James Hoffmann

MILANO – “È importante che la gente capisca che il caffè passa per tre processi di elaborazione. Diciamo che il caffè si fa tre volte. È simile a ciò che accade con il processo del vino. In primo luogo abbiamo la coltivazione e il momento della raccolta del chicco e in quella fase si può fare un buon o un cattivo lavoro”, assicura l’esperto a Men’s Health.

“Il caffè si fa di nuovo quando lo tosti e si trasforma completamente dal frutto di una pianta a una delle cose più aromatiche al mondo. E la terza fase è quella che fa riferimento a quando te lo prepari. E in ognuna di esse puoi perdere la qualità completamente. Puoi fare un lavoro terribile al momento di tostarlo e anche al momento di elaborarlo”, aggiunge Hoffmann.

Per questo motivo, in fondo, ci sono molte cose che possono andare male ogni mattina se non siamo minimamente attenti al processo. Evidentemente, la maggior parte di noi non saprà com’è stata la coltivazione, la raccolta o il processo di trasformazione del chicco, ma sì possiamo informarci bene sul prodotto che compriamo e farlo nel miglior modo possibile.

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Lavazza punta sul welfare aziendale con il congedo di paternità di otto settimane

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IVS Lavazza Group logo convendum yak emilia coffee
Il logo di Lavazza Group

Lavazza punta sull’inclusione, la parità di genere e il sostegno alle famiglie, con iniziative concrete. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Mattia Aimola per il quotidiano Il Corriere della Sera.

Il piano di Lavazza

TORINO – “Invito tutti gli uomini a usufruire del congedo di paternità di otto settimane: la genitorialità deve essere davvero paritaria”. È questo, in sintesi, il messaggio che il capo del personale di Lavazza ha inviato ai dipendenti. A raccontarlo è stata Lucia Pellino, direttrice delle risorse umane dell’azienda, durante un incontro dedicato a sostenibilità, etica e inclusione nelle grandi imprese piemontesi, organizzato nell’ambito del Women and the City Festival.

Benessere in azienda

Pellino ha spiegato come il gruppo torinese interpreti la responsabilità d’impresa come un impegno concreto verso il benessere collettivo: “Vogliamo generare prosperità per tutta la comunità. Questo significa benessere a 360 gradi”. Un concetto che si traduce in politiche di welfare aziendale strutturate su quattro pilastri: economico, emotivo, sociale e fisico.

I bonus Lavazza

Lavazza offre bonus per asili nido e centri estivi, educazione finanziaria per gestire al meglio le risorse economiche, borse di studio per i figli e assicurazione sanitaria integrativa. Ma è proprio sul fronte della famiglia che Lavazza ha voluto lanciare un messaggio forte. Con l’estensione del congedo di paternità a otto settimane e un invito esplicito a tutti i padri a farne uso. “Il nostro obiettivo — sottolinea Pellino — è favorire una genitorialità condivisa, capace di garantire equilibrio tra vita e lavoro per tutti”.

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Nespresso: ogni anno oltre 1.000 tonnellate di caffè esausto può diventare compost, energia e valore

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Nespresso

MILANO– Ogni tazzina di caffè può generare impatto concreto per l’ambiente e per la comunità. È questo l’intento che dal 2011 alimenta il progetto di economia circolare “Da Chicco a Chicco” di Nespresso.

Ma cosa succede al caffè esausto dopo che la capsula in alluminio in cui è stato racchiuso viene mandata a riciclo? Quali sono i processi della sua trasformazione e quali i benefici lungo tutta la filiera che percorre, prima di diventare riso da donare a chi ne ha più bisogno?

Una volta raccolto, il caffè esausto trova nuova vita grazie a partner come Acqua & Sole, una delle realtà a cui Nespresso destina parte del caffè in provincia di Pavia. “Per noi, il caffè esausto non è un rifiuto, ma una risorsa preziosa – racconta Mirko Pasotti, Area Commerciale, di Acqua & Sole. Noi, ad esempio, abbiamo ricevuto da gennaio 2025 circa 600 tonnellate di fondi di caffè, che abbiamo trasformato in biogas, energia elettrica e termica, biometano e ovviamente, digestato di alta qualità”.

Il processo, unico in Europa per dimensioni e tecnologia, trasforma in poco tempo il caffè esausto e altri scarti organici in fertilizzante naturale ricco di nutrienti come azoto, fosforo e potassio, igienizzato e privo di additivi chimici. Questo restituisce sostanza organica al terreno, aumenta la capacità di trattenere acqua, favorisce la biodiversità del suolo e riduce l’uso di fertilizzanti sintetici.

È un esempio concreto di economia circolare, dove ciò che prima era scarto diventa energia, nutrimento e nuova linfa per il territorio. Nel 2024, il digestato prodotto dal caffè esausto ha supportato 95 aziende agricole in Lombardia e Piemonte, su quasi 5.000 ettari coltivati.

Dal caffè esausto al terreno fertile: con il progetto Da Chicco a Chicco, Nespresso trasforma le capsule restituite dai clienti nei suoi oltre 200 punti di raccolta presenti sul territorio nazionale, tra Boutique e isole ecologiche partner, in una risorsa concreta per l’agricoltura.

Il compost derivato dal caffè diventa nutrimento per la risaia Agrifan a Novara, arricchendo il suolo di sostanza organica e nutrienti essenziali, migliorandone struttura, capacità di trattenere l’acqua e biodiversità. Un gesto quotidiano che crea un impatto tangibile, trasformando uno scarto in vita e produttività per la terra.

““Un terreno più sano significa maggiore capacità di ritenzione idrica, maggiore fertilità, ricchezza di sostanza organica e di conseguenza microrganismi utili in tutti i processi che servono allo sviluppo di tutti gli elementi nutritivi” – ha dichiarato Enrico Fanchiotti, proprietario dell’azienda agricola Agrifan. “Un suolo vivo e in buona salute può aiutare nella riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti chimici e permette di preservare la biodiversità del territorio, favorendo la presenza di insetti e microrganismi che aiutano le radici a crescere forti. Questo approccio permette di gestire i terreni agricoli in maniera più intelligente e responsabile per l’ambiente”.

Il caffè esausto acquisisce così innumerevoli vite: può diventare energia, compost, digestato o biogas, ma anche nutrimento concreto sotto forma di riso che arriva alle comunità che ne hanno più bisogno, grazie alla collaborazione con Banco Alimentare e Fondazione Progetto Arca.

Da quest’anno, inoltre, la collaborazione con Fondazione Progetto Arca si espande, aggiungendo alle Cucine mobili che dall’anno scorso distribuiscono il riso esito del progetto, ai Market Solidali, dove le persone che ne usufruiscono, possono scegliere i prodotti di cui hanno bisogno, riscoprendo autonomia e dignità.

Nei nostri market, il cibo non è solo assistenza, ma uno strumento di inclusione — spiega Alice Giannitrapani di Fondazione Progetto Arca —. Attraverso i Market, abbiamo voluto cambiare prospettiva: le persone non ricevono, ma scelgono perché anche nei momenti di difficoltà, poter scegliere significa restare padroni della propria vita. È un modello che mette al centro la relazione, non la distribuzione. Oggi gestiamo 11 Market Solidali in 8 città italiane, che garantiscono annualmente oltre 19.600 spese alimentari a più di 1.600 famiglie, per un totale di 5.600 beneficiari”.

“Da Chicco a Chicco non è solo un progetto di riciclo, ma un ecosistema che genera valore concreto per le persone, la filiera e il territorio. Attraverso la collaborazione con i partner che ci supportano a livello locale, il nostro caffè diventa una risorsa fondamentale per restituire nutrimento e fertilità alla terra, sostenere l’agricoltura e produrre risorse rinnovabili, come il biogas, che contribuisce a ridurre l’impatto ambientale e ad alimentare un’economia più sostenibile.

Ogni capsula riciclata diventa parte di un ciclo virtuoso che unisce innovazione, responsabilità e solidarietà: un modello di economia circolare che crea impatto concreto lungo tutta la filiera, dal terreno alla comunità. – afferma Matteo Di Poce Sustainability Specialist Nespresso Italiana

Dehors, Roma: il Tar cancella il divieto di occupazione del suolo pubblico nel centro storico

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Il Tar del Lazio ha fatto marcia indietro sul nuovo regolamento riguardante l’occupazione di suolo pubblico nel Campidoglio, rendendo di nuovo possibili i dehors nelle aree più delicate del centro storico. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Repubblica.

Il nuovo regolamento sui dehors

ROMA – Una decisione destinata a far discutere. Con una sentenza del 15 luglio, il Tar del Lazio ha annullato parte del nuovo regolamento del Campidoglio sull’occupazione di suolo pubblico, riaprendo la porta a pedane e dehors anche nelle aree più delicate del centro storico e del Sito Unesco.

I giudici amministrativi hanno ritenuto irragionevoli i divieti assoluti imposti dal Comune, che miravano a tutelare il decoro e la fruibilità delle zone pedonali.

A portare il caso davanti al Tar erano stati l’associazione Roma Più Bella e due società del settore della ristorazione, Il Barroccio e Capitale Srl.

Il ricorso dell’associazione è stato giudicato inammissibile, mentre quello dei due esercenti è stato accolto in parte. I giudici hanno stabilito che il Comune, per quanto riguarda le pedane, dovrà valutare le autorizzazioni “caso per caso”, soprattutto laddove il suolo sia sconnesso o non perfettamente accessibile.

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Siena: in 12 anni abbassate oltre 140 attività commerciali, le attività di ristorazione sono passate da 93 a 129

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

In 12 anni sono state abbassate oltre 140 saracinesche ma è previsto un milione per l’artigianato nel centro storico di Siena. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Aldo Tani per il quotidiano Corriere della Sera.

Siena: i numeri alla mano

SIENA – Le ultime chiusure a settembre erano state una fitta al cuore della città: troppe saracinesche abbassate per continuare a restare inermi verso una tendenza che accomuna Siena e centinaia di altri luoghi, la progressiva scomparsa degli esercizi commerciali tradizionali e di contro il proliferare di bar e ristoranti.

E ora la città prova a fare uno scatto in avanti che porta la firma della finanziaria Fises, con la regia di Comune e associazioni di categoria. Un tentativo per opporsi all’omologazione dei centri storici, sempre più arrendevoli al turismo mordi e fuggi.

Le buone intenzioni sono accompagnate da un milione messo a disposizioni dalla Finanziaria di sviluppo senese per le nuove imprese che nascono nel cuore cittadino. Per ciascuna il contributo massimo sarà di 100 mila euro. Sono destinati ad attività nel ramo dell’artigiano artistico, nella prospettiva di ricostruire quell’aspetto identitario che Siena ha smarrito negli anni.

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Avolta lancia il Recruiting Day Emilia-Romagna per assumere nuovi talenti del territorio

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Avolta

BOLOGNA Avolta lancia il Recruiting Day Emilia-Romagna che si terrà il prossimo 4 novembre a Bologna, dando il via a una significativa campagna di assunzioni previste da qui alla prossima primavera.

L’iniziativa nasce dalla partnership strategica tra Avolta, l’Agenzia per il Lavoro – Risorse S.p.A. e l’Agenzia regionale per il lavoro Emilia-Romagna e sottolinea l’impegno nel supportare attivamente le comunità locali e i territori in cui opera offrendo percorsi di crescita stabili e opportunità concrete per i talenti in un territorio così strategico che vale il 10% del business Food&Beverage di Avolta in Italia.

“Ogni anno assumiamo oltre 300 persone solo in Emilia Romagna e nei prossimi mesi prevediamo oltre 100 nuove assunzioni nei locali in provincia di Bologna, a conferma della centralità della regione per il business”, commenta Alessandro Premoli, Head of People, Culture and Organization, Avolta.

“L’accordo con un partner di rilievo come l’Agenzia regionale per il lavoro dell’Emilia–Romagna conferma la nostra volontà di rafforzare il dialogo tra pubblico e privato per costruire insieme un futuro lavorativo stabile. Al contempo, la partnership con l’Agenzia per il Lavoro – Risorse S.p.A., ormai in essere da tre anni, ci permette di selezionare e formare nuovi talenti sempre più qualificati e motivati, capaci di offrire un servizio di alta qualità nella nostra rete”.

La collaborazione, presentata ufficialmente a inizio ottobre presso lo storico punto vendita Autogrill di Cantagallo, ha l’obiettivo di offrire sbocchi occupazionali e sviluppo per il territorio dell’Emilia-Romagna dove, ad oggi, lavorano oltre 900 persone presso i punti vendita.

Gli interessati al Recruiting Day Emilia-Romagna del 4 novembre possono candidarsi su https://forms.office.com/e/NvZh6YRksP

Dersut premiata per la sostenibilità economica al “Premio Impresa Sostenibile 2025” de “Il Sole 24 Ore” con il progetto delle shopper in pula/silverskin di caffè

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Dersut

CONEGLIANO- L’avvocato Lara, Amministratrice Delegata di Dersut Caffè, ha ritirato ieri a Roma il Premio Impresa Sostenibile 2025 promosso da Il Sole 24 Ore.

La Giuria ha riconosciuto a Dersut Caffè il valore del progetto delle shopper in pula di caffè, realizzate con il sottoprodotto della torrefazione in collaborazione con la Cartiera Favini.
Un’iniziativa che rappresenta un esempio virtuoso di economia circolare, capace di trasformare uno scarto produttivo in un materiale innovativo e sostenibile, confermando l’impegno costante dell’azienda nel coniugare sviluppo economico e rispetto ambientale.

I criteri che hanno guidato la giuria nel conferimento del premio alla torrefazione si sono basati sull’ apporto di innovazione per sviluppo della sostenibilità, sull’originalità dell’esperienza imprenditoriale, sull’impatto sugli stakeholder e sul territorio, sulla qualità della presentazione e sull’efficacia nei risultati raggiunti.

Dersut Caffè si dichiara orgogliosa non solo del riconoscimento ricevuto ma anche della sinergia virtuosa che ha reso possibile il progetto: un esempio concreto di collaborazione tra competenze e visioni diverse. Dal sapere tecnico- scientifico del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, concretizzatosi negli studi sulle proprietà della pula condotti dalla Professoressa Roberta Bertani e dalla Dottoressa Anna Scettri, al gioco di squadra promosso da Confindustria Veneto Est, nello specifico dal Gruppo Sostenibilità, fino al know-how di Favini, partner nella realizzazione delle shopper in pula di caffè, il progetto rappresenta un modello di innovazione condivisa e di sostenibilità applicata.

Secondo l’Amministratrice Delegata di Dersut: “Protagonista dell’iniziativa è la pula che oggi, con questo progetto, viene recuperata e trasformata in materia prima per la produzione di shopper in carta ecologica. Questa innovazione ha permesso di sostituire fino al 10% della cellulosa di origine arborea utilizzata nella fabbricazione delle shopper. È bello poter dare il nostro contributo alla riduzione del consumo di risorse forestali, contribuendo a un’economia più circolare e responsabile, con la consapevolezza di riutilizzare un nostro specifico sottoprodotto per la realizzazione dei materiali marketing dell’azienda della mia famiglia, presente sul territorio dal 1947”.