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Sanremo Coffee Machines alla Specialty Coffee Association Expo di Chicago con la single boiler D8

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sanremo coffee machine
La D8 di Sanremo debutta nel mercato USA allo Sca Expo di Chicago (immagine concessa)

VASCON DI CARBONERA (Treviso) – Il prestigioso Specialty Coffee Association Expo di Chicago ha ospitato l’attesissimo lancio nordamericano di D8: l’ultima creazione di Sanremo Coffee Machines. Dal 12 al 14 aprile professionisti e coffee enthusiasts di USA e Canada hanno scoperto in anteprima funzionalità e prestazioni della nuova piattaforma single boiler di Sanremo, lanciata in produzione proprio in concomitanza con l’Expo di Chicago.

Sanremo Coffee Machines a Chicago

La D8 è altamente personalizzabile, sia nelle configurazioni tecniche sia nell’estetica, e permetterà ai baristi e torrefattori più appassionati di creare la macchina perfetta per le loro esigenze, adattandola allo stile del loro locale o del loro brand.

Grazie al dna tecnologico ereditato dalla celebre Café Racer, alla caldaia in acciaio inox (AISI 316L), alla elevata stabilità termica e alla sua estrema versatilità, l’ultima novità di Sanremo promette di scuotere lo status quo del segmento delle single boiler.

Progettata con l’obiettivo di fornire prestazioni uniche nel range delle macchine single boiler, D8 si distingue per il suo sistema di gestione idraulica “ibrido”, che consente di regolare separatamente le temperature di ogni gruppo. Grazie al sistema ibrido sarà possibile perfezionare l’estrazione del caffè in ogni sua fase e contemporaneamente raggiungere massime prestazioni nella produzione di vapore.

La nuova tecnologia Sanremo Internet of Things (IoT) permette inoltre di configurare tutti i parametri della macchina da remoto, tramite app, di monitorarne le prestazioni a distanza ed eventualmente di modificare i settaggi in tempo reale, ovunque ci si trovi.

“Stiamo già ricevendo diverse richieste per D8 e negli USA attendono con impazienza di vederla dal vivo. – annuncia Carlo De Sordi, ceo di Sanremo Coffee Machines – È stato un onore accogliere visitatori e partner al nostro stand a Chicago per svelare tutte le opzioni di personalizzazione della macchina. È un prodotto che risponde alle esigenze di una vasta gamma di professionisti, di tipologie di attività e di ambienti. Il suo design modulare consente di creare un layout praticamente su misura, nei colori, nei pannelli e nell’illuminazione a LED, offrendo un’esperienza unica di coffee making”.

Durante i 3 giorni dello SCA Expo, lo stand Sanremo è stato un fulcro di sperimentazioni e confronto.

Oltre 20 torrefattori e baristi esperti si sono alternati per sessioni di assaggi e degustazioni e per testare le loro miscele sulla D8: un’occasione esclusiva per esplorarne tutte le potenzialità in anteprima.

I nostri lutti: la scomparsa di Antonello Lee amministratore delegato di Intesa Caffè Lee Coffee di Casoria

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Antonello Lee scomparso morto
Antonello Lee, amministratore delegato della Intesa Caffè di Casoria, scomparso il 16 aprile

CASORIA (Napoli) – La famiglia, gli amici e i collaboratori piangono la scomparsa la mattina del 16 aprile di Antonello Lee  che era da molti anni l’amministratore delegato della torrefazione di Casoria (Napoli) Intesa Caffè-Lee Coffee. In sua memoria pubblichiamo la sua fotografia e un ricordo.

Chi ha conosciuto in vita Antonello Lee lo ha definito un vero amico del caffè, un profondo conoscitore sia del verde che del torrefatto.

Antonello Lee aveva iniziato la sua avventura imprenditoriale qualche decina d’anni fa. Dietro il suo duro lavoro quotidiano c’era un sogno: quello di produrre un caffè d’eccellenza. Un processo ed un percorso aziendale guidati e condotti per farne partecipi tutti: famiglia, collaboratori, dipendenti, tessuto sociale.

Antonello Lee lascia alla guida di quella che oggi è un azienda che lui ha saputo gestire con passione un gruppo famigliare affiatato e con gli stessi ideali; passione per il caffè, il proprio lavoro, sacrificio, dialogo aperto e leale esteso all’intera azienda.

Chi ha lavora in Intesa Caffè con Antonello Lee ha sempre saputo di essere parte di qualcosa di speciale. Perché Intesa caffè non è una persona sola, un cognome, un gruppo di colleghi. Intesa Caffè s.r.l. è la somma delle sue risorse: un’azienda che si è strutturata e si identifica sulla grande esperienza del mondo del caffè crudo e tostato e sulla forza umana che la compone.

Responsabilizzazione, ruolo, capacità decisionale, determinazione, energia e passione: questo è quello che Antonello Lee ha proposto a tutti i suoi collaboratori.

Una scelta impegnativa ma è il modo più concreto per dare una risposta a chi chiede tutti i giorni un caffè pregiato e a chi crede ad una Intesa caffè proiettata nel futuro.

Chi lavora e ha lavorato in Intesa Caffè s.r.l. al fianco di Antonello Lee sa di essere parte di una storia che si sta scrivendo in tempo reale, di una sfida che è in corso dal 1980 e che deve ancora conoscere i suoi risvolti più belli e più intensi. Anche senza il fondatore ma facendo tesoro dei suoi quotidiani insegnamenti.

Antonello Lee lascia una Intesa Caffè s.r.l. che è una società leader nell’importazione, produzione e commercializzazione di caffè in tutti i suoi formati, con i brands Lee Coffee, Caffè Cito e Caffè Brunido.

marchi Intesa Caffè Antonello Lee
I tre marchi della Intesa Caffè di Casoria fondata da Antonello Lee

Questo è accaduto perché Antonello Lee è stato sempre un crescendo di imprenditorialità, una continua spinta verso l’innovazione motivata da personale giovane, ma strutturata sulla maturità di tutti coloro che si sono succeduti ai vertici dell’azienda, creando le basi per ottenere quello che oggi è un caffè sinonimo di qualità e costanza.

Antonello Lee ha sempre voluto un’organigramma aziendale costituito da collaboratori interni e consulenti esterni di comprovata esperienza nel settore caffeicolo, grazie ai quali, le aziende consociate, manipolano in importazione caffè verde per oltre 1.500.000 di kg e producono un caffè dal sapore “Semplicemente Unico”.

Alla famiglia le sincere condoglianze della direzione e della redazione di Comunicaffè.

 

Caffè Borbone e Too Good To Go insieme contro lo spreco alimentare

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caffè borbone too good
Caffè Borbone insieme a Too Good To Go (immagine concessa)

MILANO – Caffè Borbone, azienda leader nel business della torrefazione e del caffè monoporzionato, e Too Good To Go, l’azienda B Corp a impatto sociale e il più grande marketplace mondiale per le eccedenze alimentari, annunciano la loro partnership che si prefigge lo scopo di ridurre lo spreco di caffè.

La collaborazione vivrà all’interno di Box Dispensa, la soluzione ideata da Too Good To Go per salvare i prodotti a rischio spreco dell’industria alimentare, e prende il via dopo una prima fase pilota che ha consentito in soli 3 mesi di salvare, grazie alla community di utenti di Too Good To Go, 33.000 referenze, pari a circa 11 tonnellate di caffè equivalenti a 1.700.000 tazze di caffè.

Caffè Borbone insieme a Too Good To Go

Si tratta della prima partnership siglata da Too Good To Go con un’azienda alimentare del settore caffè.

“Comunemente si tende a pensare che siano gli alimenti freschi tra i prodotti più sprecati perché più facilmente deperibili, ma l’educazione a un consumo di cibo più consapevole è una questione che riguarda l’intera filiera alimentare in ogni sua  fase, dalla produzione alla distribuzione, e per ogni settore, incluso quello del caffè” commenta Marco Schiavon, amministratore delegato di Caffè Borbone. “Caffè Borbone pianifica attentamente la gestione logistica proprio per evitare di produrre stock in eccesso, ma è fondamentale che questo tipo di sensibilizzazione parta innanzitutto dalle aziende che hanno il dovere di porsi il problema di come utilizzare in modo responsabile i propri prodotti a beneficio delle persone e dell’ambiente, in particolare attraverso partnership con realtà note come Too Good To Go che permettono a tutti di agire con gesti concreti”.

“Siamo entusiasti di avviare la collaborazione con un’azienda di riferimento per il settore caffè come Caffè Borbone” commenta Mirco Cerisola, Italy country director di Too Good To Go. “Too Good To Go è diventato un partner di fiducia per brand che condividono la nostra visione secondo cui le aziende possono e devono svolgere un ruolo nel guidare alcune delle più grandi sfide del mondo, come il contrasto dello spreco alimentare. E cerchiamo di farlo ispirando le persone e promuovendo la consapevolezza per innescare un circolo virtuoso win-win-win, capace di generare un impatto positivo per le aziende stesse, per i consumatori e per il pianeta. Siamo sicuri che i nostri utenti apprezzeranno questa nuova collaborazione, avendo l’opportunità di gustare dell’ottimo caffè e contribuendo allo stesso tempo a ridurre lo spreco di cibo”.

Ora, grazie a questa collaborazione, all’interno delle Box Dispensa, gli utenti di Too Good To Go potranno trovare anche prodotti Caffè Borbone come miscele miste in cialda, capsule compatibili con macchine a marchio Lavazza A Modo Mio, Nespresso e Nescafè Dolce Gusto  [1], e anche la Linea Creme, ancora “troppo buoni per essere sprecati”.

Una delle principali sfide che devono affrontare le aziende alimentari è quella di gestire eccedenze che per vari motivi – come ad esempio problemi di etichettatura, packaging, ordini annullati o fluttuazioni della domanda e dell’offerta – non trovano il loro mercato, rischiando di non raggiungere gli scaffali di negozi e supermercati, finendo così per essere sprecati, con un notevole impatto a livello economico ed ambientale.

Secondo una ricerca Eurostat 2020, infatti, il 18% delle eccedenze alimentari si generano durante la fase della filiera alimentare in cui è coinvolta l’industria.

Box Dispensa: come funziona

Box Dispensa rappresenta una soluzione semplice per le aziende alimentari che intendono fronteggiare in modo efficace il rischio di obsolescenze di magazzino. Le Box contengono prodotti adatti alle nostre dispense, ancora buoni e perfettamente consumabili, che per diversi motivi rischierebbero di essere invenduti ed andare sprecati. I prodotti possono essere conservati in casa a temperatura ambiente per lunghi periodi di tempo nella propria dispensa.

Le Box Dispensa sono ordinabili dagli utenti, ad un prezzo vantaggioso, sull’app di Too Good To Go nella nuova sezione “Consegna”.

[1] Nespresso e Nescafé Dolce Gusto sono marchi registrati di Societè des Produits Nestlé S.A. Caffè Borbone Srl è produttore autonomo non collegato alla Societè des Produits Nestlé S.A. La compatibilità delle capsule Caffè Borbone è funzionale all’utilizzo con macchine da caffè ad uso domestico Nespresso – Nescafé Dolce Gusto, Lavazza A Modo Mio, sono marchi di proprietà di Luigi Lavazza S.p.A.. Caffè Borbone Srl è produttore autonomo non collegato alla Luigi Lavazza S.p.A. La compatibilità delle capsule Caffè Borbone è funzionale all’utilizzo con macchine da caffè ad uso domestico Lavazza – Lavazza A Modo Mio.

La scheda sintetica di Caffè Borbone

Nata a Napoli nel 1999 come piccola torrefazione legata alla tradizione del caffè napoletano, Caffè Borbone è diventata in pochi anni uno dei principali produttori di caffè monoporzionato in cialde e capsule. Rappresenta un caso di crescita esemplare, grazie anche al costante investimento in Ricerca & Sviluppo che ha portato alla realizzazione di prodotti innovativi e di qualità che, gradualmente, hanno conquistato i consumatori sempre più attenti all’ambiente.

È stata, infatti, la prima azienda in Italia a proporre la cialda compostabile che, smaltita nell’umido, può essere utilizzata per la produzione di compost, con involucro riciclabile nella raccolta della carta. Successivamente, ha lanciato la capsula compostabile in biopolimero con il top in carta filtro.

Nel 2018, Caffè Borbone entra nel capitale sociale Italmobiliare, una delle principali investment holding italiane, con il 60% delle quote mentre il 40% rimane al fondatore Massimo Renda.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

La scheda sintetica di Too Good To Go

Too Good To Go è un’azienda certificata B Corp a impatto sociale che mette in contatto gli utenti con i negozi partner per salvare il cibo invenduto e impedire che vada sprecato. Con 85 milioni di utenti registrati e 155.000 partner attivi in 17 Paesi, Too Good To Go gestisce il più grande marketplace al mondo per le eccedenze alimentari.

Dal suo lancio nel 2016, Too Good To Go ha contribuito a evitare che oltre 300 milioni di pasti andassero sprecati, l’equivalente di 810.000 tonnellate di CO2e evitate. Secondo il Project Drawdown (2020), la lotta allo spreco alimentare è la soluzione numero uno per contribuire a risolvere la crisi climatica, limitando l’aumento della temperatura a 2˚ C entro il 2100.

Per ulteriori informazioni basta cliccare qui.

Giornata made in Italy, Fipe: “La ristorazione tra le eccellenze del Paese”

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Fipe tra i partecipanti della Giornata del made in Italy (immagine concessa)

ROMA – La ristorazione, al pari di altri importanti comparti economici, è un elemento di forza e rappresentativo della creatività e della qualità dell’Italia nel mondo. Per questo anche Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi, è rientrata tra i partecipanti della Giornata del made in italy del 15 marzo, che quest’anno si è celebrata per la prima volta.

Fipe celebra la Giornata del made in Italy

La ricorrenza della Giornata del made in Italy cade nel giorno dell’anniversario della nascita di Leonardo Da Vinci.

Fipe-Confcommercio sostiene la convinzione che il settore della ristorazione, da pilastro della filiera agroalimentare con oltre 20 miliardi di prodotti acquistati e di quella del turismo con una spesa di 10 miliardi di euro da parte dei visitatori stranieri, svolga una funzione decisiva per l’affermazione dei valori sociali, culturali ed economici del Paese.

Il caffè non causa il reflusso gastroesofageo: la parola all’esperto

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Il caffè non rientra tra le cause del reflusso gastroesofageo. L’esperto Edoardo Savarino, dell’Università degli Studi di Padova, ha affermato che alcuni alimenti danno maggior rischio di sviluppare reflusso e dolore, perché acidi, ma è altrettanto vero che esiste una soglia di tolleranza che differisce da persona a persona: si chiama sensibilità viscerale.

Quindi bisognerebbe evitare di dire “eliminate pomodori, cioccolato e caffè o bibite gassate”. Leggiamo di seguito parte della notizia pubblicata sul portale La Repubblica.

Il caffè non è il motivo del reflusso gastroesofageo: lo dice la scienza

MILANO – Una delle cose fondamentali che sino a ieri chi soffre di reflusso si è sentito dire dal medico è cosa non mangiare: cibi altamente sconsigliati perché non farebbero che peggiorare le cose. Punti cardine da cui non discostarsi per evitare di passare notti insonni, tra dolore e rigurgiti infiniti. Ma quelle regole stanno cambiando, e di conseguenza la dieta che ne deriva.

“Dal punto di vista alimentare, nel corso degli anni è stata consigliata l’eliminazione di alimenti definiti trigger in modo abbastanza opinabile – sottolinea il professor Edoardo Savarino, dell’Università degli Studi di Padova – . In passato è stato suggerito di non mangiare agrumi e pomodoro, non consumare caffè, menta, cioccolato, cipolla, aglio, ecc. Oggi possiamo dire che tutto questo non è mai stato supportato da evidenza scientifica. Le recenti linee guida statunitensi dell’American College of Gastroenterology dicono che non ci sono alimenti trigger per definizione. Piuttosto la persona deve individuare nella propria alimentazione i cibi che gli evocano più facilmente i sintomi e quindi eliminarli o ridurne il consumo”.

“Mi spiego meglio – prosegue Savarino -. È vero che alcuni alimenti danno maggior rischio di sviluppare reflusso e dolore, perché acidi, ma è anche vero che esiste una soglia di tolleranza che differisce da persona a persona: si chiama sensibilità viscerale. Di conseguenza è opportuno evitare di dire “eliminate pomodori, cioccolato e caffè o bibite gassate”.

È molto più pratico un approccio con valutazione non giornaliera, ma settimanale o bisettimanale, in cui il paziente si segna su un foglio quali sono i cibi che sperimenta e che gli provocano reflusso, e se eliminandoli il problema diminuisce o non c’è più.

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Esselunga: riapre il supermarket di Via Monte Rosa a Milano con il Bar Atlantic

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Lo storico negozio Esselunga di Milano in via Monte Rosa (immagine concessa)

MILANO – Ha riaperto martedì 16 aprile lo storico negozio Esselunga di Milano in via Monte Rosa. Il supermarket è il secondo negozio che Esselunga ha aperto a Milano e in Italia. Inaugurato il 23 gennaio del 1958, con una superficie di 679 metri quadrati, è stato chiuso negli ultimi 10 mesi per essere ristrutturato e ampliato.

Riapre il negozio Esselunga di Via Monte Rosa

Oggi si estende su una superficie di vendita di 1.021 metri quadrati e si presenta rinnovato nella struttura e nei servizi per rispondere a nuove esigenze di acquisto.

I clienti troveranno tutta la qualità Esselunga con la consueta attenzione per la convenienza. In particolare è stato arricchito dei reparti di carne, gastronomia, pane e pasticceria Elisenda con banco a servizio e frutta e verdura sono disponibili anche sfuse.

Completa l’offerta la nuova enoteca con caveau e la presenza di un sommelier per orientare i clienti nelle scelte di acquisto.

L’area casse è stata potenziata con nuove postazioni self checkout per una spesa rapida.

Ulteriore novità è rappresentata dal Bar Atlantic, il 121° della rete Esselunga con una sala con oltre 40 posti a sedere.

Qui i clienti possono fermarsi per la colazione, il pranzo o per l’aperitivo con menù che variano settimanalmente. La scelta è ampia tra primi, secondi, panineria, taglieri di salumi e formaggi, insalate, macedonie, torte, spremute di frutta fresca e molte specialità.

Nel nuovo negozio lavorano 51 persone. Gli orari di apertura sono dal lunedì al sabato dalle 7.30 alle 21, la domenica dalle 8 alle 20.

Nutella: il 20 aprile 1964 è stato lanciato il primo barattolo

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Il barattolo di Nutella Ferrero

Inizialmente l’iconico barattolo della Nutella simbolo di Ferrero fu confezionato nei famosi bicchieri Kristal, e uscì dalla fabbrica di Alba il 20 aprile 1964, per conquistare prima il mercato tedesco e poi quello degli Stati Uniti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Fremondo Web.

La storia della Nutella

MILANO – Inizialmente, nacque come dolce dei poveri nel bel mezzo dei favolosi anni Sessanta, ma passò poco tempo e il mondo si accorse di non potere più farne a meno, scatenando un fenomeno sociale che non ha mai subito declino né una fase di crisi. La Nutella divenne da subito eccellenza del made in Italy, esaltata da poveri e ricchi, persone comuni e star, cinema e televisione. Tutto ebbe inizio in una pasticceria di via Rattazzi, ad Alba, durante la Seconda guerra mondiale.

Fu qui che l’imprenditore cuneese Pietro Ferrero allestì un laboratorio dolciario in cui sperimentò ricette innovative per l’epoca. La pesante tassazione sull’importazione dei semi di cacao lo costrinse a cercare un ingrediente da associare al cacao, facilmente reperibile e dal costo contenuto.

Ecco che ebbe l’intuizione di utilizzare le nocciole, un prodotto tipico delle Langhe, dalle quali riuscì a ricavare una crema che commercializzò con il nome di Giandujot, in omaggio alla nota maschera del carnevale piemontese.

Fu venduta in blocchi da taglio, avvolti in carta stagnola, e la speciale pasta incontrò da subito il favore della clientela, specie dei meno abbienti che per il suo valore energetico la reputarono una colazione efficace per affrontare la giornata lavorativa.

Il Giandujot divenne talmente popolare e le richieste sempre più crescenti che Ferrero fu spinto ad abbandonare la semplice dimensione artigianale, dando vita nel 1946 a una vera e propria azienda, quella che ancora oggi conosciamo.

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Grande Sfida Fairtrade: più di 120 bar in gara per l’evento al caffè, 10-12/05

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La Grande Sfida Fairtrade
La Grande Sfida Fairtrade (immagine concessa)

PADOVA – In occasione della giornata internazionale del fair trade, sabato 11 maggio, torna la campagna che invita le persone ad adottare buone abitudini di sostenibilità a tavola. Prodotti come banane, caffè, cacao e cioccolato sono sempre presenti nei nostri ritrovi, addolciscono e rendono piacevoli i momenti insieme.

Purtroppo, però, la situazione in cui gli agricoltori e le agricoltrici si trovano a lavorare per coltivare i prodotti che amiamo, in molti casi non è altrettanto gradevole. Questo accade senza che la maggior parte di noi lo sappia o possa farci qualcosa. Con la Grande Sfida si vuole dimostrare che in realtà una alternativa è possibile, oltre che facile da realizzare nella propria quotidianità.

La Grande Sfida Fairtrade

Più di 120 bar hanno già confermato la propria adesione all’iniziativa e nel weekend del 10-12 maggio inviteranno le persone a provare i propri caffè Fairtrade, raccontando cosa li contraddistingue. Il bar che organizzerà l’evento più originale o che pubblicherà il post più creativo sui social si aggiudicherà il titolo di Fairtrade Best Bar 2024. Tutti i locali aderenti sono elencati sul sito internet dedicato alla campagna.

Tra le torrefazioni che hanno già confermato la partecipazione di bar affiliati vi sono Costadoro, Caffè Goppion, Caffè Haiti Roma, Il Mercante di caffè, Julius Meinl, Punto Equo e Ravasio Caffè

Alle attività organizzate dai bar si aggiungeranno gli eventi organizzati da privati cittadini e cittadine a cui Fairtrade chiede, in occasione della campagna, di organizzare un ritrovo con i propri amici o familiari utilizzando uno dei tanti prodotti Fairtrade: oltre al caffè anche banane, ananas, noci, cioccolato, snack dolci, cereali per la colazione, merendine e molto altro.

Lo scorso anno complessivamente alla Grande Sfida avevano partecipato più di 30.000 persone, ed erano stati organizzati circa 160 eventi.

Fairtrade è un movimento di persone che sostengono gli agricoltori in Asia, Africa e America Latina, e un sistema di certificazione che assicura loro migliori condizioni commerciali. Acquistando prodotti Fairtrade e partecipando alla campagna, il proprio supporto per gli agricoltori è concreto. Grazie a Fairtrade le organizzazioni agricole ricevono il pagamento di un prezzo stabile, il Prezzo Minimo Fairtrade, e un guadagno aggiuntivo, il Premio, che serve per avviare progetti nelle comunità di origine. Ad esempio può essere utilizzato per progetti di miglioramento produttivo, acquisto di fertilizzanti e mezzi per l’agricoltura, progetti sociali e investimenti sanitari.

La scheda sintetica di Fairtrade

Fairtrade è un grande movimento internazionale per la sostenibilità, i diritti umani e ambientali e una famiglia di Marchi di Certificazione. I marchi si trovano su prodotti come caffè, cacao, banane, ananas, tè coltivati o realizzati a condizioni che migliorano la qualità di vita degli agricoltori in Asia, Africa e America Latina. Fairtrade assicura un prezzo stabile alle organizzazioni agricole, il Prezzo Minimo Fairtrade, che permette di coprire i costi medi di una produzione sostenibile.

Inoltre, le organizzazioni ricevono una somma aggiuntiva, il Premio Fairtrade, per attivare progetti di interesse per le comunità agricole ad esempio per potenziare le tecniche produttive, acquistare mezzi o prodotti per l’agricoltura, costruire strade e infrastrutture, coprire spese per l’istruzione dei bambini e delle bambine, costruire ambulatori medici, pozzi per l’acqua potabile a beneficio delle loro comunità.

Complessivamente Fairtrade nel mondo rappresenta 1,9 milioni di agricoltori in 75 paesi. Parallelamente, sugli scaffali di negozi e supermercati di oltre 150 paesi nel mondo sono in vendita più di 30.000 prodotti finiti a marchio Fairtrade. Fairtrade International è l’organizzazione capofila del network. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

La scheda sintetica di Fairtrade Italia

Fairtrade Italia rappresenta i Marchi di Certificazione Fairtrade nel nostro paese dal 1994. Lavora in partnership con le aziende italiane, le supporta nell’approvvigionamento di materie prime certificate e nel consolidamento delle filiere dove sono stati rispettati i diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Attualmente in Italia sono in vendita circa 2.400 prodotti Fairtrade e il valore delle vendite di prodotti con almeno un ingrediente Fairtrade è di 580 milioni di euro. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

La stevia e i dolcificanti artificiali non aumentano l’appetito: il nuovo studio

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dolcificanti stevia zucchero
La stevia è diventata uno dei dolcificanti più diffusi

Secondo i risultati di nuovi studi, la sostituzione dello zucchero con dolcificanti come la stevia non aumenta l’appetito di una persona e può persino aiutare a ridurre i livelli di zucchero nel sangue. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Amie Dahnke pubblicato sul portale Epoch Times.

La sostituzione dello zucchero con la stevia o altri dolcificanti non aumenta l’appetito: i risultati dello studio

MILANO – Lo studio, pubblicato dal consorzio Sweet su eBioMedicine di Lancet, è stato condotto dall’Università di Leeds nel Regno Unito e dal Centro di ricerca per la nutrizione umana Rhône-Alpes in Francia. Il consorzio Sweet comprende 29 partner europei di ricerca, consumatori e industria che collaborano per verificare se il passaggio dallo zucchero ad altri dolcificanti possa apportare benefici al pubblico.

Lo studio, primo nel suo genere, ha coinvolto 53 uomini e donne adulti di età compresa tra 18 e 60 anni considerati sovrappeso o obesi. È considerato il primo nel suo genere perché si concentrava sugli alimenti zuccherati piuttosto che sulle bevande.

Tra il 2021 e il 2022, i partecipanti hanno consumato biscotti contenenti zucchero, stevia o un dolcificante artificiale chiamato Neotamo per tre periodi di due settimane. Il neotamo (anche neotame o newtame) è un dolcificante artificiale fino a 13.000 volte più dolce dello zucchero normale. I partecipanti hanno provato ciascun tipo di biscotto, ma in un ordine diverso. i loro livelli di glucosio, insulina e ormoni legati all’appetito sono stati registrati il ​​primo e l’ultimo giorno di ogni periodo di due settimane.

I ricercatori non hanno riscontrato differenze nei livelli di appetito tra i partecipanti che mangiavano biscotti con zucchero e quelli che mangiavano biscotti con stevia o dolcificante artificiale. Inoltre, non hanno trovato alcuna differenza tra gli ormoni legati all’appetito come la grelina, il peptide 1 simile al glucagone (Glp-1) o il polipeptide pancreatico.

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Bi-rex, dai fondi di caffè alla carta: “Non vogliamo creare soltanto soluzioni di nicchia”

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Monica e Greta, fondatrici di Bi-Rex (foto concessa)
Monica e Greta, fondatrici di Bi-rex (foto concessa)

MILANO – Greta Colombo e Monica Ferro sono le donne dietro l’azienda We are Bi-rex srl società benefit. Bi-rex è un acronimo che raccoglie l’essenza del loro lavoro, ovvero prendere la biomassa (scarti agroalimentari) e riciclarla (rex), estraendo tutto ciò che si trova a suo interno per dargli nuova vita.

Bi-rex è un progetto che nasce all’interno del politecnico di Milano nel 2019

Dall’unione tra Greta e Monica si sono conosciute nello stesso gruppo di ricerca, concentrate ciascuna su prodotti diversi, Monica sui polisaccaridi, Greta su una nuova classe di solventi green.

“Lavorando sugli scarti agroalimentari abbiamo scoperto di poter pulire la parte di cellulosa contenuta in essi. Questa poi poteva trovare delle applicazioni nel settore della carta, così da ottenere una cellulosa con le stesse caratteristiche di quella ricavata dagli alberi, senza però coinvolgerli nel processo.

La società è stata avviata a partire dal dicembre del 2022 e da allora abbiamo vinto diverse competizioni, ottenendo il primo finanziamento nel 2020 proprio dal Politecnico di Milano.

Attualmente esiste un brevetto che include tutte le operazioni che quotidianamente abbiamo svolto prima in laboratorio e ora sull’impianto pilota.

Abbiamo protetto il processo che trasforma lo scarto in un prodotto: nel mercato della carta la nostra fibra sostituisce sia quella riciclata che quella vergine all’80%. Inoltre la fibra rimpiazza il polietilene (vergine o riciclato) fino al 70%, dando come risultato dei prodotti dai colori unici.

Un esempio di oggetti di design (foto concessa)

Ad oggi stiamo cercando clienti interessati a creare oggetti di design ricavati dagli scarti di caffè per sostituire la plastica. Il nostro materiale è resistente, identico alla versione tradizionale ottenuta dalla plastica e dalla carta.”

Come vi rifornite logisticamente degli scarti?

“Prendiamo il caffè esausto delle vending machine. Abbiamo provato a lavorare anche con i bar tramite una rete di persone disposte a partecipare al progetto, ma a livello normativo abbiamo deciso che sarebbe stato più pratico considerare soltanto ciò che è già identificato come sottoprodotto. Per quanto riguarda la logistica, è un aspetto gestito dallo stesso fornitore di vending machine con cui collaboriamo, che invece di portare gli scarti in discarica li consegna alla nostra azienda. “

Avete mai considerato con Bi-rex di trattare anche la silver skin?

“Siamo in contatto con un importante trader di caffè che ci ha proposto proprio di sperimentare con questo sottoprodotto, tuttavia non abbiamo raggiunto ancora dei volumi che ci hanno convinto. Per i clienti che sono il nostro target, ci vorrebbero centinaia di migliaia di tonnellate di silver skin.

Potenzialmente potremmo trattarle con il nostro brevetto e abbiamo anche rilevato che darebbe un risultato cromatico interessante, ma dovremmo coinvolgere più fornitori per raggiungere la quantità necessaria all’industrializzazione.”

Quindi cosa ci potete svelare del vostro trattamento?

“Lavoriamo il fondo di caffè recuperandone fino al 50% per ottenere la fibra che poi viene inserita o nella carta o negli oggetti (fino al 20% nelle carte artigianali che abbiamo già sperimentato). Ora stiamo proponendo anche delle fibre che hanno l’aroma del caffè. Per quanto riguarda la plastica riusciamo a sostituire fino al 70%. Quindi all’incirca possiamo considerare che da 100 chili di scarti, otteniamo più o meno il 50% di fibra. “

Com’è strutturato l’impianto pilota Bi-rex?

“Da quanto ci siamo costituite come società, lavoriamo in un capannone a Turbigo in provincia di Milano, proprio al confine tra Lombardia e Piemonte, con gli uffici, il laboratorio di ricerca-sviluppo e una parte produttiva, con un impianto pilota da 400 litri.

La carta derivata da Bi-Rex (foto concessa)

Stiamo crescendo molto in termini di produzione: negli ultimi mesi ci siamo evoluti e nelle prossime settimane condurremo i test in cartiera con le prime tonnellate di carta, necessarie per far girare il rotolo.

Cento tonnellate al giorno sono una quantità media, e soltanto per i test sono richieste due tonnellate di fibra. Dobbiamo validare il processo a livello industriale. Una serie di consulenti ci supportano nel creare una rete tra le aziende cartiere e nel team siamo già in tre persone, con Raffaele che si occupa di produzione e di ricerca. “

Qual è il costo di questa super carta Bi-rex?

“Rispetto alla fibra vergine è un prodotto nettamente competitivo, perché ha un costo inferiore. Certo poi bisogna considerare che nelle cartiere viene usata sia la carta riciclata (macero post consumo) sia quella vergine. Rispetto al macero il prezzo della carta Bi-rex è leggermente più elevato, ma confrontata con quella vergine la nostra fibra costa meno.

Come ci siamo riuscite? Aumentando i volumi, ottimizzando il processo della biomassa in termini di costi di solvente, acqua, materie prime e energia, studiando bene la supply chain dei fornitori, riducendo drasticamente i trasporti su gomma. La cellulosa viene dal Sud America e dal Nord Europa e gli spostamenti incidono meno paradossalmente rispetto a noi che raccogliamo il materiale su gomma. Abbiamo ridotto questi passaggi.”

Una considerazione sulla questione di genere

Ancora Greta e Monica, due ricercatrici e imprenditrici (foto concessa)

“È stato difficile per alcuni nostri clienti trovarsi davanti due imprenditrici e ricercatrici. Ma siamo convinte che noi scienziate possiamo portare avanti questo progetto anche sul piano del business. Dal canto nostro, non smettiamo mai di imparare.”

E quindi quali sono i prossimi step, gli obiettivi di Bi-rex?

“Essere adottati dal primo cliente che realizzi prodotti che ci lancino su grandi volumi e che quindi sia impattante. Non vogliamo creare soltanto soluzioni di nicchia. L’obiettivo è quello di realizzare sia oggetti di design che cose più di uso comune, come la carta usa e getta o la carta packaging dello stesso caffè.

I primi ci aiuterebbero ad essere più riconosciute, ma le seconde sarebbero il massimo come punto d’arrivo. La nostra fibra potrebbe persino essere potenzialmente anche la nuova capsula compostabile, anche se ovviamente dovremmo indagare per rispettare tutti i parametri necessari a renderla efficiente e adatta al contatto alimentare. “