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martedì 26 Novembre 2024
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Howard Schultz sul declino di Starbucks: “Serve una cura maniacale nella customer experience”

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Starbucks Schultz
Howard Schultz sul palco dello Starbucks Investor Day (credits: Joshua Trujillo, Starbucks)

MILANO — Howard Schultz torna a parlare e far parlare di sé, dopo mesi di silenzio. L’uomo che ha trasformato una piccola torrefazione di Seattle nella più grande catena di caffetterie del mondo non preso molto bene i risultati dell’ultima trimestrale, invero piuttosto deludenti. Tra gennaio e marzo, le vendite a parità di perimetro sono diminuite, su scala globale, del 2%, del 3% negli Usa, dove l’anno scorso erano cresciute, nello stesso trimestre, del 12%.

In Cina – secondo mercato di Starbucks dopo gli Usa – la flessione è stata addirittura dell’11%.

Si tratta del primo calo di fatturato dal 2020, allora in piena epoca Covid.

Contestualmente, Starbucks ha anche rivisto al ribasso la guidance per l’esercizio in corso, su fatturato e utili. Dall’inizio dell’anno, il titolo ha perso più del 20% in borsa.

Abbastanza per indurre Schultz a pubblicare domenica su LinkedIn un post fortemente critico, nel quale ha espresso i suoi mali di pancia sull’operato degli attuali vertici di Starbucks sottolineando di avere ancora a cuore le sorti dell’azienda, pur non facendo più parte del suo management.

Schultz ha ceduto lo scettro di ceo di Starbucks al manager di origine indiana Laxman Narasimhan, nella primavera del 2023

Lo scorso autunno è uscito anche dal board assumendo la carica di presidente emerito. Rimane tuttora però uno dei massimi azionisti della società.

“Ho insistito sul fatto che i correttivi vanno apportati innanzitutto in casa” sostiene Schultz.

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Simonelli Group lancia due nuovi Experience Lab a Melbourne il 13 maggio

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L'inaugurazione dei nuovi Experience Lab a Melbourne (immagine concessa)

BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Simonelli Group, azienda leader nella produzione di macchine professionali per caffè espresso e macinini con i brand Nuova Simonelli e Victoria Arduino, continua a rafforzare la rete internazionale fatta di filiali, experience lab, showroom e distributori, inaugurando il 13 maggio due nuovi Experience Lab a Melbourne.

Ospitati nella sede di Simonelli Group Australia, la filiale punto di riferimento per l’intero continente dal punto di vista commerciale, tecnico e formativo, gli experience lab sono uno spazio esperienziale dove vivere e scoprire i brand Nuova Simonelli e Victoria Arduino.

Non perdere, quindi, l’occasione di partecipare all’inaugurazione dell’Experience Lab Victoria Arduino e Nuova Simonelli in programma il 13 Maggio alle 18 nella sede di Simonelli Group Australia (Melbourne, 37 Cecil Street Southbank 3006).

Gli Experience Lab a Melbourne (immagine concessa)

Inoltre dal 13 al 15 Maggio (dalle 9 alle 16) gli Experience Lab ospiteranno una serie di interessanti attività:

  • Brewing Methods: Nicole Lin, Senior Consultant and WBC Certified Sensory Judge, offrirà vari assaggi di caffè e tè utilizzando la PureBrew technology
  • Espresso Technology: il team tecnico di Simonelli Group presenterà le ultime evoluzioni e soluzioni per l’estrazione dell’espresso
  • Sustainability: Lauro Fioretti, Simonelli Group Product Manager e WBC representative, mostrerà come ridurre il footprint della macchina per caffè espresso migliorando le prestazioni
  • Workflow e Automazione: Lauro Fioretti, Simonelli Group Product Manager e WBC representative, mostrerà in anteprima al mercato australiano la tecnologia C-Automation, in grado di automatizzare e quindi velocizzare il workflow e garantire un risultato in tazza consistente.

“L’apertura della filiale di Melbourne, e quindi degli Experience Lab Victoria Arduino e Nuova Simonelli, costituisce un passaggio molto importante nel piano di rafforzamento internazionale, consentendo di consolidare in maniera ancor più significativa la presenza di Simonelli Group nell’area del Pacifico” – ha dichiarato Marco Feliziani, ceo del Gruppo.

Feliziani aggiunge: “La scelta di avere una filiale e gli Experience Lab in Australia è anche legata alla volontà di dare maggiore supporto ai nostri partner attuali e futuri. La nuova filiale, infatti, permette di essere ancora più vicino al mercato australiano offrendo tutti i servizi a maggior valore aggiunto a torrefattori, catene, baristi e distributori, nonché di intensificare il supporto dal punto di vista di coffee knowledge e tecnico e di far vivere l’esperienza dei brand Victoria Arduino e Nuova Simonelli”.

La filiale australiana del Gruppo e gli Experience Lab Victoria Arduino e Nuova Simonelli si trovano a Melbourne, 37 Cecil Street Southbank 3006. “Gli spazi Victoria Arduino e Nuova Simonelli sono multifunzionali per poter offrire ai nostri partner una esperienza a 360 gradi dei brand: non solo showroom, ma anche un’area per la formazione, un laboratorio tecnico, una sala riunioni e un magazzino – ha dichiarato Andrea Calvio, Australia managing director del Gruppo.

Calvio aggiunge: “Gli Experience Lab sono uno spazio aperto, chiunque nel settore potrà entrare e testare le apparecchiature, nonché avere un’esperienza pratica complessiva su tutta la nostra gamma, sia che si tratti semplicemente di testare uno dei nostri macinacaffè con il proprio caffè, provare nuovi modelli o sperimentare tutte le funzionalità della Black Eagle Maverick e degli altri prodotti in gamma. Siamo emozionati e pronti ad accoglierli”.

Resta aggiornato su eventi e novità  di Victoria Arduino cliccando qui e di Nuova Simonelli qui, seguendo le pagine Instagram @victoriaarduinoofficial e  @nuovasimonelliofficial.

Scotsman Ice sponsor all’indimenticabile World of Coffee Busan

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Scotsman Ice fornitore del ghiaccio al World Barista Championship di Busan (immagine concessa)

BUSAN – Si è conclusa la prima edizione del World of Coffee Asia a Busan, Corea del Sud. Scotsman Ice, sponsor ufficiale di SCA internazionale e dei campionati del WBC e del WCIGS era presente, fornendo il miglior ghiaccio per la competizione del World Barista Championship. Il campionato ha visto trionfare l’indonesiano Mikael Jasin, un esperto di caffè, già finalista mondiale, ma soprattutto un cliente di Scotsman Ice in Indonesia.

Scotsman Ice sponsor del World of Coffee Asia di Busan

Dunque un evento dalla doppia soddisfazione per l’azienda: affermare la continuità della partnership con SCA nel mercato del caffè specialty in Asia ed essere al fianco del nuovo campione mondiale di Caffè Mikael.

world of coffee busan
Conclusa la prima edizione del World of Coffee Asia a Busan (immagine concessa)

Questo conferma il grande sforzo strategico dell’azienda di aver puntato da qualche anno nei mercati asiatici per la grande diffusione ed utilizzo delle bevande fredde (quindi con ghiaccio) al caffè.

Prossimo appuntamento SCA saranno le finali del WCIGS che si terranno a Copenhagen dal 27 al 29 giugno 2024.

La presenza di Scotsman Ice al World of Coffee Asia di Busan (immagine concessa)

In questa occasione Scotsman Ice mostrerà le diverse partnership con aziende del caffè e latte per la creazione di cocktail unici al caffè.

Nu bbèllu ccafè: concluse le due giornate cittadine del caffè napoletano

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taglio del nastro caffè napoletano
Il taglio del nastro (immagine concessa)

NAPOLI – Enorme successo per Nu bbèllu ccafè, la kermesse dedicata al caffè napoletano e andata in scena al Castel Nuovo (Maschio Angioino) di Napoli il 7 e 8 maggio. Una manifestazione istituita e patrocinata dal Comune di Napoli, e promossa dall’assessorato al turismo e alle attività produttive, organizzata dalla OP Eventi.

Grande l’affluenza di pubblico e di partecipanti, nonché di turisti o semplici curiosi tra gli stand delle torrefazioni: a tutti è stato offerto gratuitamente per due giorni il caffè, icona, simbolo napoletano e patrimonio identitario della città.

Al taglio del nastro la Vicepresidente del Consiglio Comunale di Napoli Flavia Sorrentino, anima e madrina dell’iniziativa insieme all’Assessora al Turismo Teresa Armato, nonché prima firmataria dell’approvazione dell’ordine del giorno all’unanimità sull’istituzione della giornata cittadina del caffè a Napoli; insieme a lei l’ex Ministro dell’Ambiente e delle Politiche Agricole e Forestali Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde.

L’arrivo del Sindaco del Comune di Napoli Gaetano Manfredi sul palco centrale del Maschio Angioino è coinciso con la telefonata in diretta del collega sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, nell’ottica di un futuro gemellaggio tra le due città sul tema del caffè.

“La tazzina di caffè, da sempre legata al concetto tutto napoletano di convivialità, è uno strumento sociale importante – ha ribadito il primo cittadino di Napoli -. La città del caffè sospeso non poteva non lanciare un messaggio di pace in un mondo pieno di conflitti”.

“Le torrefazioni sono uno straordinario motore economico della nostra città – ha ricordato Flavia Sorrentino – e rappresentano un’occasione di sviluppo per le nostre maestranze. È per questo motivo che ho voluto fortemente l’istituzione della Giornata cittadina del caffè, volano socioeconomico e strategico per il lavoro”.

“È arrivato finalmente il momento di veder riconosciuto il valore di un’eccellenza della nostra gastronomia”, ha aggiunto poi l’assessora Armato. Alla torta di questo “battesimo” ufficiale della prima kermesse del caffè in città ci ha pensato un decano dell’arte dolciaria napoletana, il maestro pasticciere Sabatino Sirica.

Nu bbèllu ccafè è stato presentato dal direttore responsabile della Buona Tavola Magazine Renato Rocco, e si è articolato attraverso vari incontri e tavole rotonde. La presentazione de I 100 segreti del Caffè Napoletano.

Scienza, rito e storia dell’espresso più famoso al mondo, libro di Mauro Illiano, esperto in materia di caffè, con il linguista Davide Brandi, docente ed esperto di lingua napoletana, ha regalato un excursus storico sulla tazzina di caffè.

Nu bbellu ccafè Napoli
La locandina dell’evento Nu bbellu ccafè (immagine concessa)

La tavola rotonda sull’evoluzione del caffè napoletano nella storia, dal chicco verde alla tazzina, a cura di Michele Sergio e Massimiliano Rosati, titolari del Gran Caffè Gambrinus, ha visto tra gli altri la partecipazione di Gaetano Bonelli, direttore del Museo di Napoli, Collezione Bonelli.

Quest’ultimo ha esposto per l’occasione nella Sala della Loggia del Maschio Angioino dei reperti inerenti l’arte del caffè e tratti dalla sezione museale enogastronomica: fatture e ricevute degli antichi caffè napoletani, le antiche cuccume partenopee, tra cui la 100 tazze, caffettiera di rame dei primi del ‘900 della ditta U. Puglia, acquistata a rate grazie al contributo della ditta Toraldo di Napoli.

Spazio per un focus sull’evoluzione della figura del barista nel mondo del caffè con Francesco Costanzo, micro roaster e barista professionista, e con Silvio Fauner, campione olimpico di sci di fondo e Roberto Nocera, general manager de La San Marco, che insieme a Cisa Paper è stata partner ufficiale della manifestazione.

Importante la premiazione della Coffee Challenge, curata dai giudici di gara Mariafrancesca Natale, Dario Raffaele Carafa e Raffaelle Palladino: il premio come miglior caffè va al Caffè Sansone di Napoli; il miglior caffè specialty è del Bistrot Zì Rosa di Sant’Anastasia; il miglior cappuccino è quello del Caffè Diaz di Napoli; il miglior cappuccino specialty è invece del bar Luminist di Napoli; vincitore del miglior caffè per gli alberghi è l’Hotel Mediterraneo di Sorrento; il miglior caffè specialty tra gli hotel è del Grand Hotel Parker’s di Napoli; il miglior cappuccino tra gli alberghi va all’Hotel Miramare Stabia di Castellammare di Stabia; il miglior cappuccino arabica tra gli hotel è del Royal Continental di Napoli.

Il Leva Contest Face to Face ha visto trionfare invece Costanzo Romolo con 262 espressi validi su 268 erogati in 30 minuti, e Costanzo Pasquale con 261 espressi validi su 272 erogati in mezz’ora.

Molto significativa l’iniziativa sul caffè italiano da Napoli a Venezia, a cura dello storico Caffè Gambrinus, che ha ripreso nel suo stand la raccolta firme per il caffè espresso Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Un dibattito cui hanno preso parte, tra gli altri, Marino Niola e Helga Sanità, entrambi antropologi e professori dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Di grande interesse poi l’incontro sul caffè come elemento culturale, moderato dal giornalista enogastronomico del quotidiano Roma Giuseppe Giorgio, cui ha preso parte, tra gli altri, Angelo Simonetti, Presidente della Toraldo.

Ci si è occupati poi della filiera complessa del Coffee Value Chain mediante una conferenza moderata dall’esperto di caffè Andrej Godina, alla presenza dei relatori Pino Coletti, Jovim Semacula e Alberto Polojac. Non sono mancati gli eventi a scopo sociale come il workshop moka, a cura di Mariafrancesca Natale; quello sul cappuccino con le donne dell’Associazione Spazio Donna e gli appartenenti alla Comunità Futuro; il workshop caffè e quello sulla colazione italiana.

I momenti artistici di Fire Art e Visual, sulle note de Il buongiorno del caffè, scritta da Lino Blandizzi e Piero Antonio Toma e cantata da Blandizzi, hanno accompagnato il sorseggio del caffè nelle due giornate cittadine dell’espresso napoletano.

Ditta Artigianale apre lo store al mercato di San Lorenzo a Firenze a 10 anni dal primo locale

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Ditta Artigianale al piano terra dello storico mercato di San Lorenzo a Firenze (immagine concessa)

FIRENZE — Lo specialty coffee più amato della città arriva nel tempio dell’ospitalità fiorentina. A 10 anni dall’apertura del primo locale, in via dei Neri, Ditta Artigianale si regala una nuova piccola caffetteria, inaugurando un presidio al piano terra dello storico mercato di San Lorenzo a Firenze (Postazione 101), tra le antiche botteghe alimentari e i banchi di frutta e verdura, dove i fiorentini si ritrovano ancora oggi per la spesa di tutti i giorni.

La nuova caffetteria di Ditta Artigianale

Uno spazio aperto alla collettività, nel cuore pulsante del tessuto urbano di Firenze, dove sarà possibile sorseggiare un buon caffè per prendersi una pausa dalla frenesia quotidiana, fermarsi per un pranzo veloce, o gustare i dolci preparati nella bakery di Ditta Artigianale, laboratorio che trae ispirazione dalla scuola di pasticceria francese e nordeuropea, con influenza nordamericana, dandogli un tocco italiano e fiorentino.

“Oggi realizziamo un sogno, quello di entrare in un luogo simbolo della vita rionale fiorentina – spiega Francesco Sanapo, fondatore insieme a Patrick Hoffer di Ditta Artigianale. – È un grande onore per un’azienda giovane come la nostra poter entrare a far parte di un posto ricco di storia e tradizione come lo Storico Mercato Centrale, che rappresenta uno dei luoghi più autentici e rappresentativi della città. Ad un anno dall’apertura di Ditta Ferrucci non potevamo che scegliere lo storico mercato cittadino di San Lorenzo per aprire un nuovo presidio e dare seguito alla nostra storia d’amore con Firenze”.

L’ambiente di Ditta Artigianale nello storico mercato di San Lorenzo consiste in un chiosco aperto tutti i giorni, dalle 7,30 alle 15, dove alla classica offerta di caffè speciali viene affiancata una selezione di piatti dolci e salati. Tra le novità più interessanti il format “AVO Bar”, un angolo dedicato al piatto più popolare di Ditta Artigianale: l’avocado toast, che sarà al centro del menu proposto per il pranzo.

L’arrivo di Ditta Artigianale all’interno dello storico mercato di San Lorenzo rappresenta il modo migliore per festeggiare un importante traguardo per l’azienda fiorentina: i 10 anni del locale in via dei Neri, la prima “casa” di Ditta Artigianale. Un luogo che ha segnato uno spartiacque nella diffusione della cultura dei caffè specialty in città e da dove ha avuto inizio la missione di Ditta Artigianale nel voler raccontare tutto quello che si nasconde dietro ad una tazzina di caffè.

Oggi questa ricorrenza viene celebrata con una grande festa, proprio nel locale da dove tutto è iniziato: in via dei Neri 32/R. Previsti, a partire dalle 15,30, dj set, degustazioni gratuite di caffè in filtro, ed una sessione di live painting dell’artista fiorentino “Colla”. Non mancherà naturalmente la torta di compleanno, preparata rigorosamente nella bakery di Ditta Artigianale. L’evento è gratuito e aperto al pubblico.

La crescita

A 10 anni dall’inaugurazione del primo locale in via dei Neri 32/R, dopo le aperture in via dello Sprone, via Carducci, lungarno Soderini e in piazza Ferrucci, prosegue la crescita di Ditta Artigianale, che in soli due anni ha raddoppiato il numero dei dipendenti, raggiungendo oggi le 130 persone. Di queste la metà è composta da donne, mentre l’età media è inferiore ai 35 anni.

La scheda sintetica di Ditta Artigianale

La mission di Ditta Artigianale, fondata nel 2013 da Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore e da Patrick Hoffer, è quella di portare in Italia caffè di estrema qualità e di raccontarli in maniera completamente diversa, mettendo in campo la totale trasparenza e l’impegno alla sostenibilità in tutti e per tutti gli step produttivi. È anche microtorrefazione e i caffè, tostati e serviti freschi, sono disponibili per l’acquisto anche qui.

Lo scorso ottobre, infine, ha aperto la nuova torrefazione alle porte di Firenze, nuovo cuore pulsante dell’azienda.

Un gioiello di 250 metri quadri, con macchine per la tostatura del caffè di ultima generazione ed una capacità produttiva di oltre 300kg di caffè al giorno, ovvero 6,5 tonnellate al mese. Qui Ditta Artigianale produce 20 varietà di caffè, provenienti prevalentemente da Africa, Asia, America centrale e Sudamerica da filiere controllate, dove i singoli produttori utilizzano processi produttivi trasparenti e rispettosi dell’ambiente per offrire al consumatore finale un caffè di elevata qualità, capace di esaltare ogni sua caratteristica.

Rhea inaugura la pausa caffè della Lounge Leonardo dell’aeroporto di Linate con il cappuccino panettone

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Il cappuccino panettone è stato realizzato con la rhTT1 (immagine concessa)

MILANO – Rhea, tra i più importanti produttori al mondo di macchine da caffè, ha scelto un cappuccino gourmet che interpreta la tradizione milanese, per l’evento di apertura della nuova area della lounge dell’aeroporto di Linate. Con il cappuccino panettone realizzato con la rhTT1 e la creatività del coffee expert Andrea Lattuada,l’azienda inaugura la presenza delle sue superautomatiche presso la Lounge Leonardo per offrire ai passeggeri in transito una pausa caffè di qualità, declinando la cultura del caffè italiano ai gusti internazionali e ai nuovi trend di consumo.

Rhea per l’evento di apertura dell’area lounge dell’aeroporto di Linate

Il coffee corner di Rhea personalizzato per la Lounge Leonardo, mette a disposizione una varietà di ricette che ruota attorno al prodotto principe, cioè il caffè in tutte le sue declinazioni, inclusa un’ampia offerta di alternative per vegani e intolleranti al lattosio.

Il design made in Italy delle macchine automatiche di Rhea si inserisce in modo armonioso allo stile elegante e moderno della Lounge Leonardo, mentre la tecnologia a induzione brevettata di cui sono dotate le macchine Rhea, garantisce un notevole risparmio energetico per un maggior rispetto dell’ambiente.

“La presenza delle nostre macchine nella Lounge Leonardo rappresenta il primo passo della collaborazione che stiamo portando avanti con SEA per innovare la coffee experience dei clienti della lounge. Il nostro concetto di ospitalità, che si basa sul creare valore intorno al momento della pausa caffè facendo leva sulla qualità, sulla personalizzazione e sulla creatività, si sposa perfettamente con gli alti standard delle lounge degli aeroporti di Milano che accolgono ogni giorno centinaia di passeggeri di tutte le nazionalità”, conclude Pozzolini.

La scheda sintetica di Rhea Vendors Group

Rhea Vendors Group, fondata da Aldo Doglioni Majer nel 1960, è tra i più importanti produttori al mondo di macchine da caffè. Da oltre sessant’anni, Rhea si contraddistingue per la forte impronta internazionale, design di altissimo livello, tecnologia all’avanguardia ed eccellenza del made in Italy.

Con headquarters e produzione in provincia di Varese e filiali in 9 paesi esteri, Rhea ha il vanto di diffondere la cultura del caffè in 100 Paesi di tutto il mondo. Da player del mondo del vending a precursore nell’utilizzo della distribuzione automatica nei settori del new retail, hotellerie e out of home, Rhea conferma la propria vocazione a interpretare e anticipare un mercato in continua evoluzione.

Le nuove proposte di Rhea rivoluzionano il concetto dell’ospitalità, in contesti sia business che residenziali, con una proposta di valore per accrescere l’esperienza della pausa caffè.

Fipe e Afidop: arrivano le linee guida per valorizzare Dop e Igp nei ristoranti italiani

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Fipe e Afidop al Cibus di Parma (immagine concessa)

PARMA – Puntare sui ristoranti per valorizzare e tutelare le eccellenze casearie del nostro Paese, fornendo a ristoratori e chef uno strumento che aiuti a raccontare questa ricchezza ai consumatori, italiani e no. Da questa consapevolezza nasce il patto tra Afidop – Associazione formaggi italiani Dop e Igp e Fipe–Confcommercio, Federazione italiana pubblici esercizi, che hanno annunciato l’intesa per promuovere, in Italia e all’estero, due settori strategici del made in Italy: i formaggi certificati, primo comparto del cibo DOP italiano, con un valore al consumo di 8,6 miliardi di euro, e la Ristorazione che, con i suoi 92 miliardi di euro di consumi, è un punto di riferimento fondamentale delle produzioni agroalimentari di qualità.

Nel palcoscenico di Cibus, il salone dedicato alle eccellenze del food italiano, Afidop e Fipe hanno siglato un Protocollo d’Intesa e hanno lanciato le prime Linee Guida destinate alla ristorazione per garantire una maggiore tutela e valorizzazione dei prodotti caseari certificati nei ristoranti.

Uno studio promosso da Afidop e realizzato da GriffeShield su oltre 20mila ristoranti italiani rivela che l’intesa tra Afidop e Fipe arriva al momento giusto: oggi i formaggi DOP sono di casa in un ristorante italiano su 4, ma solo uno su 10 li valorizza, riportandone la corretta denominazione nel menu.

Le Linee Guida Afidop-Fipe hanno l’obiettivo di contrastare questa tendenza. Si tratta diun autentico vademecum pensato per i ristoratori al fine di valorizzare i formaggi DOP e IGP: per ognuno dei 21 formaggi attualmente certificati (e altri ne potrebbero arrivare in futuro) vengono indicate la corretta denominazione nei menu, la descrizione delle loro caratteristiche e le indicazioni sulle modalità di conservazione. Saranno presenti anche consigli sulla mise en placee sul mantenimento delle proprietà organolettiche.

Uno strumento chiave per la ristorazione italiana, che punta sull’esperienza degli addetti ai lavori per educare correttamente il consumatore, in Italia, ma anche all’estero, dove i formaggi sono il prodotto italiano più utilizzato nei ristoranti (94,7%) dopo il vino per la preparazione dei piatti della cucina italiana (seguono poi a pari merito olio e pasta e infine i salumi)

Per il Presidente di Afidop Antonio Auricchio: “Grazie alla sinergia AFIDOP-FIPE e alle Linee Guida sviluppate, sarà possibile sensibilizzare i professionisti del settore, ristoratori e chef, sull’importanza di scegliere e utilizzare i formaggi DOP e IGP, di seguire precise modalità di conservazione per permettere ai consumatori di gustarli al meglio e di valorizzarli correttamente all’interno dei menu, contrastando così anche il problema della contraffazione e permettendo a questi autentici ambasciatori della tradizione casearia italiana di essere legittimamente riconosciuti. Valorizzare i formaggi DOP e IGP nella ristorazione significa garantire ai consumatori la possibilità di apprezzare anche fuori casa prodotti unici e di alta qualità, frutto di secolari tradizioni.”

Per Aldo Mario Cursano, vice presidente vicario Fipe-Confcommercio: “Con i suoi 92 miliardi di euro di consumi, la ristorazione è un punto di riferimento per le filiere agroalimentari del nostro Paese. Valorizzare le produzioni certificate nei menù permette a un comparto così importante dell’economia di promuovere e diffondere una cultura in grado di esaltare l’unicità e l’altissima qualità del patrimonio agroalimentare italiano”.

Aldo Mario Cursano continua: “I pubblici esercizi, dai bar ai ristoranti, passando per le pizzerie e le osterie, svolgono da sempre il ruolo di porta d’accesso alla cultura, alle tradizioni e ai valori dell’Italia nel mondo e rappresentano un veicolo estremamente importante per la valorizzazione dei prodotti Made in Italy. Con le Linee Guida non solo daremo ai titolari di Pubblici Esercizi gli strumenti idonei per dotarsi di prodotti di alta qualità, ma anche ai consumatori la certezza di consumare cibo eccellente e di provenienza certificata”.

Le Linee Guida arrivano in un momento propizio per i consumi fuori casa (+7% a valore nel 2023), con la ristorazione tornata finalmente sopra i livelli pre-Covid (+3,9%), ma anche per i formaggi certificati. I 55 formaggi a denominazione DOP e IGP italiani, infatti, a fronte di 590mila tonnellate prodotte nel 2023, arrivano a un fatturato alla produzione che va ormai ben oltre i 5 miliardi di euro, pari a quasiun terzo del valore totale alla produzione dei prodotti lattiero-caseari italiani. Corre anche l’export: i formaggi DOP-IGP rappresentano ormai stabilmente quasi il 60% del fatturato export dei formaggi nazionali, per un valore stimato che sfiora i 3 miliardi di euro (+11%). E il 2024 si apre con dati in crescita: a gennaio sono soprattutto Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+25% in volume) a fare da traino; bene anche il Gorgonzola (+7%), il Pecorino Romano (+4%), i duri DOP grattugiati (+16%).

un accordo per contrastare l’italian sounding (che colpisce i formaggi e la ristorazione)

Il Protocollo d’Intesa Afidop-Fipe punta anche a contrastare il falso Made in Italy dell’italian sounding, che genera un giro d’affari stimato in oltre 90 miliardi di euro  (dati Ismea-MASAF).

I formaggi certificati sono, da sempre, tra le vittime preferite di questo fenomeno, che tocca anche il fuori casa. Secondo le stime Fipe, nel mondo esistono circa 600mila ristoranti che si autodefiniscono italiani. Di questi soltanto 2.218 lo sono davvero. All’estero, esistono esercizi commerciali (ristoranti, bar, pasticcerie) che offrono servizi, hanno layout, possiedono gli stessi loghi e presentano la stessa offerta di quelli presenti nelle metropoli del nostro Paese. Almeno sulla carta.

In realtà, i menù di questi pseudo “Italian restaurant” non hanno nulla a che vedere con quelli che pretendono di imitare, senza conoscerne la qualità. Secondo un’indagine del Centro Studi Fipe del 2021 rivolta ai ristoranti certificati italiani all’estero, è emerso che nei loro Paesi, il 94% degli intervistati rileva nei competitor non certificati contraffazione dei prodotti, l’89% vede contraffazione nelle ricette, non conformi a quelle autentiche, mentre il 60% trova ristoranti falsi italiani e il 43% ha dubbi sull’origine dei prodotti.

Il virus del cacao in Africa: vaccino e matematica per salvare gli alberi

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fave cacao ghana africa america Emily Urías cioccolato virus modica svizzera
Le fave di cacao (Pixabay licensed)
Un virus in Ghana e in altri Paesi nell’Africa occidentale stanno minacciando la salute delle pianti di cacao. La malattia è nota come cacao swollen shoot virus e l’infezione con i ceppi più virulenti può causare una perdita di resa che va dal 15 al 50%. A suggerire una soluzione al problema è la matematica: un gruppo di ricercatori ha proposto un modello che aiuti i coltivatori a calcolare la distanza di sicurezza per la semina delle piante.
Un’altra strategia messa in campo per ridurre la diffusione del CSSV è quella di “vaccinare” le piante infettandole volontariamente con i ceppi meno pericolosi del virus. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Sara Carmignani per La Repubblica.

Le soluzioni contro il virus del cacao

MILANO – C’è un virus che si sta rapidamente diffondendo in Ghana e in altri paesi dell’Africa occidentale, dove sta mettendo in serio pericolo la salute delle piante di cacao e, di conseguenza, la produzione di cioccolato.

È noto come cacao swollen shoot virus (CSSV, virus dei germogli di cacao ingrossati) e la malattia che causa è considerata come la più dannosa fra le patologie virali che possono colpire la pianta del cacao: si stima infatti che l’infezione con i ceppi più virulenti possa causare una perdita di resa che va dal 15 al 50%.

Negli anni passati, anche a seguito di alcune delle strategie messe in campo per limitarne la diffusione, il Ghana ha perso diversi milioni di alberi di cacao. Forse, però, un rimedio più efficace rispetto a quello di tagliare le piante infette c’è, e a suggerirlo è la matematica: un gruppo di ricercatori ha infatti proposto un modello matematico che aiuti i coltivatori a calcolare la “distanza di sicurezza” per la semina delle piante, affinché i parassiti che trasmettono il virus non si diffondano da una all’altra. I dettagli dello studio sono stati pubblicati su PLOS ONE.

La malattia causata dal CSSV è stata identificata per la prima volta in Ghana nel 1936 e la sua origine virale è stata confermata pochi anni dopo, nel 1939. Il vettore del virus è costituito da un certo tipo di insetti, noti come cocciniglie, che si ciba della pianta del cacao.

“Questo virus è una vera minaccia per l’approvvigionamento globale di cioccolato”, racconta Benito Chen-Charpentier, docente di matematica presso l’Università del Texas di Arlington (Stati Uniti) e co-autore dello studio. Circa il 50% della produzione globale di cacao proviene infatti dalle piantagioni di paesi dell’Africa occidentale come la Costa d’Avorio e il Ghana.

Per leggere l’articolo completo basta cliccare qui

Pào Pào Kombucha, soluzione in lattina per gli aperitivi non alcolici a base di tè fermentato

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Luisa e Antonio, fondatori di Pao Pao Kombucha (foto concessa)

MILANO – Antonio Iemolo e Luisa Hu sono i due fondatori di Pào Pào Kombucha, che nasce dall’hobby della produzione di birra in casa di lui e della passione per il tè di lei: “Non vedevamo grandi alternative sul mercato – racconta Luisa – ed io stessa sono astemia e intollerante all’alcol” cosa che spesso la costringeva a ritrovarsi da sola per l’aperitivo “Quando chiedo qualcosa di analcolico, i cocktail non sono mai soddisfacenti“.

Pào Pào Kombucha nasce dopo un anno di studio

Continua Antonio: “Quando abbiamo aperto la nostra attività volevamo cambiare vita e mettere in lattina il nostro prodotto per venderlo. A dicembre 2021 avevamo già affittato il nostro laboratorio con le attrezzature necessarie per procedere. Sentivamo che era il momento giusto: è un’alternativa che nel resto del mondo esiste già e funziona bene, mentre in Italia ancora non è molto conosciuto.”

Luisa aggiunge: “Quando mi ha proposto di avviare Pào Pào Kombucha ho risposto di sì perché ne vedevo io stessa i benefici sul mio corpo: mi trovavo in un periodo in cui non stavo molto bene, ma bevendo il nostro prodotto mi sentivo meglio, a partire dallo stomaco. Così ci siam detti: dobbiamo farne in grandi quantità.”

Ed ecco che si allestisce il laboratorio

“In diversi fermentatori infondiamo a freddo tre tipi di tè, non scaldiamo e non raffreddiamo il nostro infuso, risparmiamo su acqua ed energia elettrica e al contempo non estraiamo tannini e sostanze astringenti del tè.

Ci prendiamo cura ciclicamente delle colture di batteri e lieviti e le nutriamo come una cosa sacra. Con la stagionalità, queste cambiano e si sviluppano diversamente, anche se poi il sapore muta impercettibilmente. “

Ma facciamo un passo indietro: cosa intendiamo quando parliamo di Kombucha?

“Il Kombucha per come è inteso all’origine, è una sorta di aceto che noi però raccogliamo nel momento ideale prima che diventi troppo acido: misuriamo l’alcol, il ph, il grado zuccherino e tutto ciò che serve per vedere che la fermentazione stia andando bene, lo scoby – cellulosa batterica che si forma sulla superficie – ci mostra come una mappa se si stanno sviluppando le giuste colture di microorganismi all’interno e la loro salute.

Abbiamo provato parecchi tè per confrontare tutti i diversi aromi e sfumature. Ovviamente il tè nero in foglia è essenziale, anche se si possono utilizzare tutti i tipi di tè, dall’affumicato Lapsang al delicato tè bianco o verde.

Insomma, potenzialmente si può fermentare qualsiasi tipo di erbe, tisane, spezie e anche caffè, materia prima che stiamo studiando per una nuova ricetta con un partner. Sono un paio d’anni che cerchiamo di trovare l’equilibrio giusto per il perfetto kombucha al caffè, dalle diverse origini, alla tostatura e alla macinatura perfetta. “

Da chi vi rifornite per i vostri tè?

“Da La Via del Tè compriamo ciò che ci serve per la produzione in lattina. Poi importiamo direttamente dalla Cina anche dei tè che si prestano meglio per le nostre ricette più pregiate e per quelle in bottiglia.

Usiamo per lo più il tè nero e l’Oolong: quest’ultimo è semi ossidato e vengono raccolte due foglie alla volta, poi arrostite e per questo dà note tostate e caratterizzanti. Vogliamo far sì che nel kombucha sia valorizzato il tè: le aromatizzazioni arrivano da erbe e spezie ma non frutta fresca, perché non vogliamo inquinare le colture madri con altri organismi esterni.

Abbiamo tante proposte: lavanda e camomilla, lemon grass e zenzero, alloro e pepe rosa, persino clementine nere ossidate realizzate in collaborazione con Kekoji, mentre con l’Associazione Fermenta, che gestisce alcuni orti comunali a Milano, abbiamo creato con un processo partecipato della comunità di parco nord il gusto sambuco e menta.”

Elisa col progetto Fermenta per gli orti comunali

Come produrre kombucha, la bevanda di tè fermentato e come poi metterla in lattina? Ci sono dei problemi dal punto di vista della shelf life e dell’abbattimento della carica batterica? Come li avete superati?

“Non pastorizziamo e non filtriamo, il prodotto resta vivo. Ci sono zuccheri residui, per quanto siano pochi e se non viene conservato correttamente in frigorifero, c’è il rischio che le lattine esplodano.

Diamo una shelf life in frigorifero di 6 mesi per garantire la freschezza del prodotto e facendo batch piccoli continuativi riusciamo ad offrire un prodotto sempre fresco che viene consumato velocemente. Il formato è da 33 cl – nel resto del mondo ci sono anche formati familiari, da un litro, in America e in Spagna -.

Le lattine di Kombucha (foto concessa)

Stiamo lavorando per divulgare meglio come conservare e come consumare questa bevanda come accade negli altri Paesi. I riscontri fin qui sono andati bene: ho portato dei campioni nei locali ed è piaciuto. Si vende da solo: è possibile trovarlo nei locali partner ad un prezzo che va dai 4€ ai 6€.

Naturalmente il kombucha viene prodotto in maniera artigianale e ogni azienda da la propria impronta per questo i kombucha possono essere molto diversi tra di loro. Questo aumenta il rischio per le persone di avere dei pregiudizi o aspettative nate da qualcosa che si è assaggiato in precedenza. Noi assaggiamo tutti i vari kombucha che troviamo ed altri prodotti pastorizzati e microfiltrati, che in teoria non si potrebbero neppure definire kombucha.

Infatti esiste un disciplinare americano (KBI Code of Practice) che ha stabilito dei parametri, per cui il pastorizzato e microfiltrato non può esser considerato kombucha autentico o per lo meno dev’essere indicato in etichetta il trattamento utilizzato, in modo che il cliente finale sia consapevole del prodotto che acquista.“

Quindi come vi misurate con la concorrenza?

“Parliamo di un mercato molto sviluppato all’estero, pensiamo che soltanto in Spagna è cresciuto da 3.1 milioni complessivi nel 2020 a 21.1 milioni nel 2022. E siamo certi che arriveranno tanti nuovi kombuchai italiani nei prossimi anni.

La pressione per noi si gioca sul prodotto: se qualcuno realizzasse un kombucha confezionato migliore del nostro, ci spingerebbe soltanto a fare di meglio. La competizione vera e propria per noi si misura in laboratorio. E attualmente ci sono già dei produttori molto bravi in Italia. “

Come producete il vostro kombucha?

Il 70% del lavoro per produrre il kombucha consiste nel pulire e igienizzare: la sua creazione è in effetti proporzionata alla pulizia. Un laboratorio sporco renderebbe impossibile la formazione delle colture perfette perché contaminerebbe il tè ad ogni batch.

“Lo facciamo fermentare un mese, anche se può variare dalla dimensione del batch (il nostro è da 300 litri alla volta, a rotazione). Poi a seconda del vaso e dalla forza della coltura, si possono impiegare anche dai 7 ai 15 giorni. Ne osserviamo lo sviluppo quotidianamente, mentre i parametri una volta alla settimana.

Dopo la prima fermentazione lo trasferiamo in keg d’acciaio in cui facciamo aromatizzazione e carbonazione forzata di Co2 e spilliamo nella lattina, chiudendo il tutto con un macchinario semplice che teniamo revisionato, misurandone la calibrazione per sigillare al meglio.

Infine, le lattine vengono sistemate nei six pack di fibra di canna da zucchero e bamboo ecologico e compostabile per le spedizioni.

Una nota importante riguarda il design e l’aspetto grafico delle lattine, per questo dobbiamo ringraziare la collaborazione con Ehsan Mehrbakhsh, illustratore e tatuatore di Milano che fa un grande lavoro per il design del nostro prodotto rendendolo pazzo, simbolico e psichedelico.”

Dove possiamo trovare il vostro Kombucha?

“Spediamo direttamente ai privati e ai negozi che lo richiedono in tutta Italia, mentre consegno direttamente io a Milano. Si può trovare in caffetterie specialty, ristoranti vegani e non, cocktail bar e pub.

Lavoriamo molto bene con le caffetterie e i pub, che sono i nostri migliori clienti. Il kombucha si presta bene alla colazione per chi non beve caffè, ma anche alla sera, per chi non consuma birra e cerca un’alternativa decente alle solite bibite gasate e piene di zuccheri.”

Perché avete scelto proprio questo formato?

“La lattina è leggera, è riciclabile all’infinito perché è d’alluminio, può essere stoccata meglio di una bottiglia e si raffredda più velocemente.

Facciamo anche delle bottiglie di kombucha leggermente alcolico, da 2 gradi e mezzo, per dare un’alternativa ad un vino naturale. La lattina poi si presta ai pub, mentre la bottiglia può essere adatta anche per i locali più ricercati.

Per questo formato usiamo tè bianco al gelsomino, perché sostiene bene la punta d’alcol presente nella ricetta. Lo facciamo fermentare in vetro e non in acciaio e poi ancora rifermentare in bottiglia per un altro mese senza anidride carbonica aggiunta. È un prodotto concepito diversamente.”

Luisa spiega ancora: “Da intollerante, posso dire che si sente poco la presenza dell’alcol. Percepisco la differenza rispetto all’impatto di un altro alcolico.”

Prossime evoluzioni per Pào Pào Kombucha?

“Abbiamo tanti gusti ma vogliamo sempre sperimentare in laboratorio e portare avanti questa ricerca con costanza, magari costruendo un sito e-commerce da cui ordinare direttamente.

Non abbiamo obiettivi particolari: procediamo passo dopo passo, per fare le cose bene, anche perché non ci sono ostacoli per la crescita in Italia: lo spazio è talmente vuoto che c’è soltanto da espandersi. Sono sicuramente più coraggiosi nel settore caffè specialty perché abbiamo una tradizione che è difficile da abbattere: con il kombucha invece si parte da zero.

Con sorpresa poi abbiamo notato che gli anziani sono un target molto ricettivo: questo perché abbiamo scoperto che c’era già stata una piccola ondata di kombucha negli anni ‘50 che poi però si era arrestata, ma aveva già incuriosito le vecchie generazioni.

In generale comunque l’età di mezzo si avvicina al kombucha perché vuole ridurre il consumo di alcol.

Mentre la gen x e alfa, è molto più informata e conoscono già il prodotto, che si sposa bene con la tendenza verso un’alimentazione più consapevole.

Persino i bambini lo adorano: il kombucha è divertente da bere, con la sua componente acetica che solletica la lingua e resta dolcina. Al primo sorso lascia stupiti e i bambini ne rimangono conquistati. Il consiglio è di berne poco, perché contiene tracce di alcol (meno di mezzo grado alcolico).

Per quanto riguarda il contenuto di caffeina con la fermentazione scende ad un terzo di quello che troveremmo nello stesso tè prodotto in tazza, in particolare l’estrazione a freddo e l’utilizzo di tè oolong tostato lo rendono povero di caffeina (circa 5mg per 100ml) e adatto al consumo in ogni momento della giornata.”

Cimbali Group ottiene la certificazione per la parità di genere UNI Pdr 125

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fabrizia cimbali
Fabrizia Cimbali, amministratore delegato di Cimbali Group (immagine concessa)

MILANO – Cimbali Group, azienda italiana tra i principali produttori di macchine professionali per caffè espresso, ha ottenuto la certificazione volontaria UNI Pdr 125, che ha lo scopo di assicurare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre il gender pay gap.

La certificazione per la parità di genere testimonia l’impegno di Cimbali Group e il forte impulso alla messa a sistema, la razionalizzazione e quindi la valorizzazione delle numerose iniziative in atto in azienda finalizzate ad offrire le medesime possibilità sia alle donne che agli uomini, senza alcuna forma di discriminazione di genere, di etnia, religione, orientamento sessuale, disabilità od altra caratteristica personale.

Cimbali Group per la parità di genere

Iniziative che esprimono un approccio imprenditoriale che da sempre pone le persone e la comunità al centro della strategia di Cimbali Group. Tale impegno a sostegno della parità di genere è concretamente espresso in tutte le aree della certificazione: governance, cultura & strategia; processi HR; tutela genitoriale e conciliazione vita-lavoro; equità remunerativa; opportunità di crescita ed inclusione. Ambiti, questi, che rappresentano le linee guida dell’approccio di Cimbali Group verso le proprie persone.

“Questa certificazione rappresenta uno dei tanti obiettivi che il percorso del gruppo verso la Sostenibilità sociale vuole raggiungere. Per noi rappresenta un riconoscimento del nostro modo di fare impresa, in cui le persone hanno sempre più un ruolo centrale e, senza le quali, nessun successo sarebbe possibile” sottolinea Fabrizia Cimbali, amministratore delegato di Cimbali Group.

Cimbali aggiunge: “Evidenzia, ancora una volta, l’importanza dei processi di gestione e delle azioni di welfare aziendale che da sempre caratterizzano il modo di lavorare di Cimbali Group, con un costante operare in modo responsabile, assicurando valore per le Persone e generando benessere per la Comunità”.

“Come gruppo leader nel settore, abbiamo sentito il dovere di aderire a questa certificazione volontaria perché crediamo fortemente che l’inclusione sia un valore essenziale dell’esperienza che le Persone di Cimbali Group fanno in azienda o di chi si relaziona con noi, e che non possa esistere percorso di inclusione che non parta anche da quello di genere” – sottolinea Paolo Filippi, group people & organization.

Paolo Filippi, group people & organization (immagine concessa)

“La certificazione di genere UNI:Pdr125 consente alle Aziende di essere agenti di un cambiamento  che rende gli ambienti di lavoro contesti in cui la parità e l’inclusione siano reali e in cui  le donne e la diversità siano protagoniste di un’esperienza di comunità nella quale – prima di tutto – si sta bene perché si è consapevoli di avere tutti le medesime opportunità e di creare valore insieme”  – continua Paolo Filippi. L’impegno sulla parità di genere si inscrive nel più ampio riconoscimento della centralità della persona nell’organizzazione di Cimbali Group, in un contesto orientato al lavoro di squadra e all’integrazione con processi sostenibili” – conclude.

La centralità della persona trova espressione compiuta nella “People Policy”, la missione di Cimbali Group a creare un ambiente di lavoro inclusivo, equo e rispettoso in cui ciascuno possa esprimere le proprie capacità ed il proprio potenziale, promuovendo la diversità, l’equità e l’inclusione di genere, etnia, religione, orientamento sessuale, disabilità e altre caratteristiche personali.

La scheda sintetica di Cimbali Group

Cimbali Group è tra i principali produttori di macchine professionali per caffè e bevande a base di latte e di attrezzature dedicate alla caffetteria. Il Gruppo, di cui fanno parte i brand La Cimbali, Faema, Slayer e Casadio, opera attraverso tre stabilimenti produttivi in Italia e uno negli Stati Uniti (a Seattle, dove vengono prodotte le macchine a marchio Slayer), impiegando complessivamente circa 850 addetti.

L’impegno del Gruppo per la diffusione della cultura del caffè espresso e per la valorizzazione del territorio si è concretizzato nel 2012 con la fondazione del MUMAC – Museo della macchina per caffè, la prima e più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso situata all’interno dell’headquarter di Cimbali Group a Binasco. MUMAC ospita MUMAC Academy, l’accademia della macchina per caffè di Gruppo Cimbali, centro di formazione, divulgazione e ricerca.