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sabato 19 Aprile 2025
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Caffè, il metodo di preparazione influisce sui livelli di colesterolo: “L’espresso è tra i meno salutari”, lo hanno scoperto all’Università di Uppsala

Una nuova ricerca della Uppsala University in Svezia ha scoperto che alcuni metodi di preparazione del caffè possono aumentare le concentrazioni di diterpeni, composti naturali associati a un aumento dei livelli di colesterolo cattivo. Il caffè non filtrato è risultato tra i metodi peggiori di preparazione. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale d’informazione Nutrition Foundation of Italy.

Lo studio

MILANO – Il consumo di caffè è un’abitudine diffusa, soprattutto nei luoghi di lavoro, dove la presenza di distributori automatici favorisce un accesso costante alla bevanda. È tuttavia importante tenere presente che il metodo di preparazione del caffè influisce sulla sua composizione e, in particolare, sulla presenza di diterpeni, come il cafestolo e il caveolo, ad azione ipercolesterolemizzante.

Il caffè non filtrato, probabilmente per il più elevato contenuto di questi composti, aumenta infatti i livelli plasmatici del colesterolo LDL, un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.

Questo studio svedese intendeva confrontare il contenuto di diterpeni nel caffè prodotto da differenti tipologie di macchine presenti in quattro strutture sanitarie del sud della Svezia con la bevanda ottenuta con diverse modalità di preparazione di tipo domestico, in volumi comparabili.

I campioni di caffè raccolti da distributori che utilizzano chicchi interi o macinati (“brewing”) dotati di filtro metallico, presentavano concentrazioni medie di cafestolo e caveolo di 176 mg/L e 142 mg/L rispettivamente, più elevate rispetto al caffè preparato in laboratorio per filtrazione su carta, che conteneva solo 12 mg/L di cafestolo e 8 mg/L di caveolo. Livelli bassi sono stati rilevati anche nel caffè ottenuto da macchine “liquid-model”, che utilizzano un concentrato liquido di caffè (solitamente già filtrato) miscelato con acqua, con una media di 8 mg/L di cafestolo e 7 mg/L di caveolo. La bevanda ottenuta per ebollizione (una modalità diffusa nei paesi scandinavi, ma poco impiegata altrove) registrava, invece, i valori più alti: in media, 939 mg/L di cafestolo e 678 mg/L di caveolo, mentre livelli intermedi sono stati determinati nel caffè preparato con la caffettiera a stantuffo o French press o con il percolatore, rispettivamente circa 87 mg/L e 91 mg/L per il cafestolo. L’analisi dell’espresso ha mostrato una grande variabilità dei dati, non facilmente spiegabile.

Gli autori hanno poi cercato di stimare gli effetti del consumo regolare di tre tazze al giorno delle diverse tipologie di caffè sui livelli di colesterolo circolante; quello da distributori che utilizzando caffè fresco potrebbe aumentare il colesterolo LDL di 0,58 mmol/L, con un incremento teorico del rischio relativo di malattie cardiovascolari del 13% in 5 anni e del 36% in 40 anni.

Sebbene il caffè sia generalmente associato a benefici per la salute, l’elevata presenza di diterpeni in alcune preparazioni potrebbe quindi costituire un fattore di rischio non trascurabile per consumatori abituali.

In contesti lavorativi, dove il consumo di caffè è frequente, la preferenza per il caffè filtrato potrebbe rappresentare una scelta più sicura per la salute cardiovascolare nel lungo termine.

Cioccolato Gourmet presenta il nuovo uovo di Pasqua Diamante al pistacchio caramellato

MILANO – Il nuovo Diamante è un perfetto equilibrio tra creatività, ingredienti selezionati e l’abilità dei maître chocolatier. Un’esplosione di gusto al cioccolato bianco e pistacchio, firmato Cioccolato Gourmet, il brand dei fratelli Alberto e Tancredi Alemagna, capaci di fondere la grande tradizione dell’alta pasticceria milanese con la ricerca e l’innovazione.

Diamante: l’uovo di Pasqua di Cioccolato Gourmet

Quando l’avvolgente morbidezza del cioccolato bianco incontra la granella di pistacchio caramellato, nasce un vero capolavoro di gusto e di irresistibile croccantezza.

Il nuovo Diamante è un uovo di Pasqua ricercato e goloso, perfetto per chi desidera stupire con un regalo di classe.

Scolpito come un gioiello prezioso, incanta lo sguardo e conquista il palato, regalando un’esperienza di dolcezza davvero unica.

Il viaggio nel gusto continua con una dolce sorpresa: all’interno dell’uovo di Pasqua si nasconde un tesoro di golose dragées, realizzate con Nocciole Piemonte IGP ricoperte da uno strato di cioccolato fondente. Prezzo al pubblico consigliato, 330g. 28 euro.

Cafè 124, il cold brew specialty in lattina, da una piccola cisterna da 30 litri al tank da 1500: entriamo nel laboratorio di produzione

MILANO – Siamo a Certosa, in Via Angelo Brunetti 4, dove non manca lo specialty tra il secondo locale di Loste, Crosta e, soprattutto il laboratorio produttivo dei ragazzi di Café 124 che procedono con la realizzazione dei loro cold brew di specialty in lattina e per conto terzi. Dopo oltre un anno dalla sua apertura, eccoci finalmente al suo interno, dove la magia accade.

Ovviamente a fare gli onori di casa, uno dei due fondatori, Ivan Marchese.

Cafè 124 si racconta nel suo dietro le quinte

Innanzitutto si parla di un ingrediente fondamentale, l’acqua, che ci spiega Ivan è quella della rete idrica comunale: “Una volta svolti diversi test abbiamo deciso di micro filtrarla per garantirne la pulizia e un sapore neutro, vogliamo che sia il nostro caffè etiope ad arricchirla di gusto, sapore e persistenza”

Dentro il laboratorio sono sistemati i diversi strumenti da lavoro, alcuni coperti da brevetti e qualche trucco che rendono Café 124 diversa da altri competitor

“Il rubinetto viene collegato direttamente sopra al Tank da 1500 litri, che contiene circa 1200 acqua e 120 chili di caffè macinato quando estraiamo. Calcolato l’assorbimento della polvere nell’acqua, si ottengono circa 1.000 litri di cold brew coffee di ottima qualità.”

Il Tank lo abbiamo voluto personalizzare perché avevamo bisogno di aumentare il numero di uscite del liquido. Il cold brew pone il problema durante la filtrazione: se ancora c’è troppo caffè a contatto con l’acqua e non si è ancora depositato, non è possibile iniziare ad aspirare da un solo bocchettone.

Da qui l’aggiunta di altri due, uno più basso e uno di scarico. In questo modo possiamo estrarre anche dopo che il caffè continua a depositarsi.

Un altro lavoro importante viene svolto dalle pale, che servono a scaricare energia all’interno del liquido per raggiungere il TDS che cerchiamo nel modo più veloce possibile, circa trenta minuti, evitando l’ossidazione del prodotto all’interno della cisterna d’acciaio e allo stesso tempo garantendo un prodotto sicuro, a bassissima carica batteriologica.

Questi processi e la cura di altri dettagli per l’estrazione del cold brew ci hanno incoraggiato a presentare domanda di brevetto per l’intero sistema.

Da quel momento in poi, sì attende che il caffè si depositi completamente e poi ha inizio l’effettiva fase di filtraggio. Questo permette di separare acqua e caffè e di non intasare lo scarico.

Continua Ivan: “Agli inizi utilizzavamo i filtri di cartone con una piccola macchina e delle cartucce con cui faticosamente abbiamo filtrato fino a 3000 litri. Ora siamo riusciti a fornirci di strumenti molto più avanzati – Ivan indica la tipologia di filtro posizionate vicino al tank – che sono quelli che rendono speciale Café 124.

Tornando nel merito dei filtri, questa è la parte più interessante del nostro lavoro. Andando a Copenaghen, con i ragazzi che confezionano i diversi cold brew coffee che produciamo, abbiamo notato che le altre realtà usavano soltanto un filtro, quello che si chiama a sacco. Sono più spessi e non consentono una filtrazione totalmente pulita ma in Europa sono i più diffusi.

In Cafè 124 la differenza è proprio qui, il nostro setup è più complesso e accurato. Vuole esaltare le caratteristiche che utilizziamo, tutti i nostri lotti sono micro lotti specialty, la cura del dettaglio è fondamentale e prima di arrivare alla ricetta definitiva facciamo diverse prove su una scala minore.

L’estrazione che utilizziamo in questa fase è il frutto di tanti anni di ricerca, l’azienda è stata fondata 2020, partiti da una piccola cisterna da 30 litri, pian piano siamo riusciti a creare consapevolezza del prodotto cold brew coffee ma il nostro setup è adatto all’estrazione e alla realizzazione di nuovi progetti analcolici e nuove idee. Giovani imprenditori fatevi avanti.”

Quindi, i filtri si attaccano ai bocchettoni, quali sono i tempi?

“Sono necessarie massimo due ore, per riempire il tank, una quarantina di minuti tra estrazione e riposo del caffè e poi un’altra mezzoretta per il filtraggio di 1000 litri. Vogliamo migliorare tutte le fasi dell’estrazione, sappiamo di avere dei limiti, ad esempio nel prossimo tank sappiamo già come intervenire per cercare di agevolare la rimozione del caffè esausto e della pulizia” .

“Un filtro è più grossolano e serve a iniziare la fase di separazione. L’altro invece offre un lavoro di rifinitura e termina direttamente nell’IBC

“Ovvero il cubo che conserva i 1000 litri filtrati. È uno spazio che solitamente inviano i nostri illattinatori e che contiene il liquido filtrato dove resta per una giornata per poi essere spedito e inlattinato. Il sacco da circa 1100 litri, coperto, viene ritirato per essere riposto in lattine.

Come si fa a non rovinare o inquinare il prodotto?

“In realtà già il processo di filtrazione è sinonimo di una maggiore shelf life: la fase di filtraggio aiuta a rimuovere tante particelle, rimuovendo impurità e possibili batteri. Il trasporto avviene in refrigerazione e questo stabilizza la vita e le proprietà organolettiche. Infine in lattina avviene la pastorizzazione che dà ulteriore garanzia di una maggiore durata. Siamo arrivati adesso ad un anno di durata, che è notevole per un cold brew.”

Ivan poi mostra tutta l’evoluzione di Cafè 124, attraverso le diverse attrezzature usate dalla loro nascita sino ad oggi dal tank da 30 litri, quello leggermente più grande.

Spiega che inizialmente per affrontare il problema della filtrazione, per separare il caffè dall’acqua, hanno addirittura pensato di farsi realizzare una sorta di stantuffo che seguiva lo stesso principio del French Press, per inserirlo nel tank, spingere il caffè verso il fondo e filtrare. “Eravamo agli inizi, dovevamo trovare soluzioni migliori dei filtri di cartone. Che per altro non solo sono molto costosi – per 100 litri usavamo un pacco da 25 – ma dilatano i tempi.”

Fin qua, racconta, il lavoro parallelo per conto terzi è andato avanti: torrefattori coinvolti, quattro con la prospettiva di diventare cinque a breve. Ancora però la strada è lunga. È un prodotto che deve trovare il suo spazio tra le torrefazioni italiane.”

“Ora stiamo giocando con il formato da 200ml”

“Perché quello da 250ml sembrava troppo: alcuni feedback dai consumatori ci hanno fatto riflettere. Per molti è avvertita come una quantità eccessiva da consumare interamente, si preoccupano della caffeina.

Anche se poi magari si bevono la Coca Cola, che alla fine è magari ancora più forte. È più una questione psicologica che però dobbiamo tenere in considerazione per il futuro.”
Con Cafè 124 si fa anche consulenza per trovare soluzioni migliori per posizionare i macchinari produttivi, creare una filiera logistica di trasporti e inlattinamento.”

E poi c’è il capitolo mixology: il cold brew è molto utilizzato nei cocktail a base caffè

“Siamo nella drink list di diversi locali su Milano, Casa Tobago, The Doping Club, siamo stati nel menù del Mag e Rita’s Tiki Room e molti altri lungo tutto lo stivale. Da queste grandi collaborazioni e dalla voglia di miscelare il cold brew è nato prima di tutto il 124 America, con Bitter, Vermouth e Cold Brew Coffee in formato vetro che però penso che cambieremo nel formato lattina.

Il test è andato bene tra i consumatori nei ristoranti dove è più comodo avere un drink già pronto, meno nel mondo del bartending perché gli operatori giustamente preferiscono sperimentare e usare il cold brew come ingrediente per loro ricette.

Poi c’è un altro prodotto ready to draft: il primo Espresso Martini fatto soltanto con il cold brew. Lo abbiamo sviluppato grazie ad Alessandro Giammatteo, che ci ha messo in contatto con Luca di Carmine di Moon Ray, un’azienda romana. Stavano cercando proprio dei cold brew preparati con specialty e io ho risposto alla chiamata.”

La difficoltà maggiore di usare il cold brew nell’Espresso Martini?

“La schiuma. Anche se non conosco esattamente i dettagli tecnici grazie ai quali Luca è riuscito a risolvere il problema, so che la cosa difficile è aggiungere in maniera graduale il gas che conferisce l’effetto Guinness che piace molto esteticamente. Il cold brew che verrà utilizzato per questo tipo di miscelazione, sarà il classico con l’Etiopia.”

L’inserimento nel trend del no-low alcol è più facile rispetto a entrare nella torrefazione?

“Finalmente se ne sente parlare un po’ di più, ma è ancora un mercato abbastanza piccolo che player più grossi probabilmente possono raggiungere anche con più facilità, ancora un po’ “snobbano”. Resto fermo sulla mia opinione che un ristorante, un bar, pub che non abbia una proposta analcolica ricercata sia un passo indietro rispetto a tutto quello che succede fuori e in città come Milano, Roma, Firenze non può accadere”.

Altri progetti: la creazione di un Consorzio di import export di bevande alcoliche e non alcoliche

“Si tratta di unire noi piccoli produttori di bevande. Siamo in fase di selezione: per esempio collaboreremo con i ragazzi di Sorso, di Rimini, che hanno creato la prima soda italiana allo zafferano.

Per il momento siamo noi di Café 124, i ragazzi di Bacca Spirits, Sorso e Antica Bottega. Sto curando naturalmente il lato analcolico del Consorzio. L’obiettivo è quello di collaborare per esportare tramite i nostri contatti un’identità più definita: il listino del Consorzio ci dà la prospettiva di farla diventare una  piccola distribuzione nei prossimi anni.

Infine, a Roma stiamo organizzando un evento all’interno dell’antico macello, il Cibeva, a ottobre, sarò felice di raccontarvi di più nei prossimi mesi. “

E poi Café 124 viaggia in Cefalù

“Insieme ad un amico di vecchia data ci stiamo muovendo per inserire il nostro caffè in questa struttura ricettiva di B&B situata nel centro storico di Cefalù, nella via più larga che collega il Duomo al mare.

Avremmo a disposizione uno spazio di 15 metri quadri da dedicare alla caffetteria che serve sia gli ospiti del B&B che chi arriva da fuori. Ovviamente, con specialty in espresso, filtro e cold brew – partiamo prima con la lattina per poi vedere se inserire il fusto per il cold brew. Al momento metteremo sicuramente quello per servire l’Espresso Martini.”

Il futuro del cold brew e del suo consumo in Italia ha già delle rotte ben segnate.
Parliamo di un mercato che, così come aveva segnalato lo studio “Cold Brew Coffee Market Size 2024-2028” (disponibile come estratto in inglese qui.) è destinato tra il 2024 al 2028 a crescer di 479,75 milioni, seguito da grandi catene come Starbucks Dunkin Donuts e Nestlé, che hanno introdotto nella loro offerta più opzioni RTD.

La grammatica del cioccolato e del cacao: un libro per scoprire materia prima e bevanda

MILANO – Ci si addentra nel libro pubblicato da Gribaudo Editore e firmato Clara e Gigi Padovani, La Grammatica del cioccolato e del cacao: il mondo di questa materia prima che attraversa più stadi e trasformazioni sino al risultato finale. Tutti lo amano, pochi lo conoscono per davvero, c’è molto da scoprire in un viaggio socio-culturale e dei sensi.

La grammatica del cioccolato: il racconto della “coppia fondente”

Così si definiscono i due autori. Si parte da lontano, a cinquemila anni fa in Sud America, dove la storia inizia, finché il destino del cacao passa nelle mani di spagnoli e portoghesi e per diverse vie giunge in Italia, a Torino.

Il consumo della cioccolata che avveniva nelle coffee-house inglesi, lo sviluppo di tazzine e accessori in porcellana per servirla… i passaggi del passato sono tanti sino ai giorni nostri, sino allo sviluppo industriale del cioccolato e anche, dei surrogati.

Dopo l’excursus storico, si passa alla tecnica

Esplorata nel dettaglio in 11 capitoli, che trattano il tema “come si fa una tavoletta” ovviamente iniziando dalla piantagione, la fermentazione, l’essiccazione, la tostatura in fabbrica, la potassatura, la frangitura; la spremitura, il concaggio, il temperaggio, il modellaggio e, infine, il confezionamento.

Poi la Grammatica del cioccolato scende nel mondo della botanica

E qui si approfondisce la realtà dei Paesi produttori (con la divisione tra quelli con 100% di cacao fino e quelli con <50%), la teoria legata a varietà botaniche, genetiche, le diverse tipologie (dal criollo, il più raro, all‘amelonado, il cacao base usato dalla grande industria). Si affronta ovviamente il tema caldo della sostenibilità – in alcuni il cacao è fonte di deforestazione e in altri invece rappresenta una coltura virtuosa -.

La chiusura con la Dolce Sintassi

La Grammatica del cacao trova la sua conclusione con un altro balzo nella storia, stavolta con un occhio di riguardo verso definizioni e documenti che hanno scritto lo sviluppo di cacao e cioccolato, passando dalla Magna Cart del ciboa alle etichette poste sui prodotti.

Questo è il capitolo adatto per chi vuole davvero orientarsi al supermercato o nei negozi specializzati, con la consapevolezza precisa di come si riconosce un fondente, un cioccolato al latte, un bianco, un gianduia o un cioccolato grezzo. Chiarita anche la distinzione tra monorigine e cru. Finalmente svelato il significato del burro di cacao e, per chi vuole sapere cosa si intende esattamente per il famoso Ruby – diventato per un certo periodo un trend per i consumatori – qui troverà la risposta.

Un testo completo che parla di un prodotto che l’Italia conosce bene, soprattutto dal punto di vista di trasformatori di materia prima e costruttori di attrezzature per lavorarlo.

Grammatica del cioccolato e del cacao.
Edizioni Gribaudo, acquistabile a questo link al costo di 22,80 euro.

Brasile: sempre più frequente l’utilizzo dell’irrigazione nelle piantagioni per far fronte alla siccità, ma l’acqua non basta

MILANO – Da oltre vent’anni, il Brasile esibisce, nelle vetrine internazionali, le foto scattate dai satelliti (o, oggi, dai droni) che ritraggono dall’alto gli ormai celebri e imponenti impianti di irrigazione a perno centrale (pivot) utilizzati per la produzione del caffè nel Cerrado. Gli arbusti ricevono l’acqua grazie a bracci lunghi anche più di mezzo chilometro.

Vista dall’altro, la disposizione concentrica dei filari è ormai un tratto distintivo caratteristico del paesaggio agricolo.

Anche grazie a questo sistema di irrigazione, la savana brasiliana – considerata, un tempo, inadatta alla coltura del caffè – è oggi l’area in cui registrano i massimi livelli di produttività del paese.

Di irrigazione – con il pivot o altri sistemi (goccia, aspersione, ecc.) – si parla sempre più spesso in Brasile, quale soluzione ai problemi di siccità, che si sono aggravati negli ultimi anni, anche per effetto del cambiamento climatico.

A giudizio di molti, il settore brasiliano del caffè – per riuscire a tenere il passo con la domanda mondiale, in costante crescita – dovrà, per forza di cose, fare ricorso in misura crescente alla coltura irrigata.

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Rancilio Group presenta la nuova lancia vapore iSteam Pro per montare il latte in automatico

MILANO – A partire da marzo 2025, Rancilio Group introduce la nuova lancia vapore iSteam Pro per le macchine tradizionali Rancilio Classe 20 e Rancilio Specialty Invicta. iSteam Pro è la lancia vapore per montare il latte in automatico. È progettata per lavorare al meglio con ogni tipo di latte, anche quello di origine vegetale, senza sforzo e con gli stessi risultati che può garantirti solo la tecnica di un barista professionista.

La lancia a vapore iSteam Pro di Rancilio Group

Dal touchscreen è possibile regolare con precisione sia la temperatura sia il livello di montatura del latte, salvare fino a 10 ricette personalizzate e attivare la lancia automatica con un semplice tap.

iSteam Pro è facile da usare, pratica da pulire anche grazie alla funzione pre-purge utile per eliminare la condensa prima della montatura del latte.

Ideale per le location che devono gestire grandi volumi di lavoro e con una produzione elevata di cappuccini e caffè macchiati, la lancia iSteam Pro è perfetta per velocizzare il servizio e ottenere una montatura perfetta per ogni bevanda con una qualità costante.

Rancilio Specialty Invicta (immagine concessa)

Disponibile come optional, la lancia iSteam Pro può essere installata sul lato destro, sul lato sinistro o su entrambi i lati delle macchine Classe 20 e Invicta.

Con il lancio di questa nuova lancia vapore, Rancilio Group ribadisce il suo impegno nell’innovazione, offrendo soluzioni all’avanguardia pensate per ottimizzare l’ergonomia e il flusso di lavoro dei baristi professionisti e non, oltre a ottimizzare l’efficienza operativa per i proprietari di caffetterie e bar.

Kimbo lancia il nuovo spot televisivo che valorizza Napoli e la tradizione del caffè

NAPOLI – Dal 30 marzo 2025 Kimbo torna in tv con una nuova comunicazione istituzionale. E lo fa con un piccolo film d’autore, “Kimbo: tutta Napoli in un caffè”, uno spot che valorizza la napoletanità e l’internazionalità del brand mettendo in evidenza la trasversalità della gamma di prodotti che Kimbo, il Caffè di Napoli, confeziona con passione e costante ricerca della qualità, dal 1963.

I napoletani, da sempre esperti di caffè, quando vogliono il meglio scelgono Kimbo. Ed è questo che racconta lo spot: i mille colori, i tanti modi di preparare e gustare il caffè a Napoli, che però fanno riferimento ad una sola scelta, declinata attraverso la sempre più vasta e ricercata gamma di prodotti Kimbo.

Kimbo celebra Napoli e il caffè (immagine concessa)

Su una terrazza di Napoli, durante un party elegante e vibrante, il festeggiato chiede un caffè. Con un cenno sicuro, il maître accoglie la richiesta, dando il via a un movimento corale che coinvolge tutta la città. Dai vicoli di San Gregorio Armeno alle case e ai bar storici, mani esperte preparano il caffè: una nonna accende la cuccuma, una stylist versa l’espresso nella sua tazzina, un barista dosa con precisione la cremosità perfetta. Intanto, giovani in scooter e camerieri in equilibrio su scalinate e motoscafi attraversano la città, portando con sé vassoi di tazzine fumanti. Tutto converge verso la festa. Quando il caffè arriva, sulle note del brano il suo profumo avvolge l’atmosfera e unisce tutti in un momento autentico di piacere. Kimbo non è solo un caffè, è “tutta Napoli in un caffè”.

La creazione e la regia dello spot sono state affidate al regista Umberto Marino, autore sensibile e raffinato commediografo, scrittore e sceneggiatore di tanti successi cinematografici (La fiamma sul ghiaccio, Totò Sapore, Cuore cattivo, Cominciò tutto per caso…). “Tentare di onorare un marchio glorioso e la città dalla quale viene non è stata un’impresa difficile – ha dichiarato Marino – Ho semplicemente mobilitato i geni trasmessimi da mia nonna per raccontare la bellezza e la simpatia di Napoli, il suo essere antica e contemporanea, il suo caffè, che resta quello che beveva mia nonna, ma che viene scelto anche dalla parte più giovane e dinamica del paese”.

Un momento di convivialità grazie a Kimbo (immagine concessa)

Colonna sonora dello spot è il brano “Anema e Core” di Serena Brancale, che ha già scritto con Kimbo il brano “Stu Cafè” ed ha portato, dopo Sanremo, due tazzine di caffè Kimbo anche nel videoclip del suo nuovo successo. Una scelta fatta non solo in continuità di partnership tra l’azienda e l’artista ma anche perché il concept “anema e core” esprime proprio un modo di essere dei napoletani che, in quello che fanno e per quello in cui credono, ci mettono “anima e cuore”, proprio come racconta Kimbo nello spot.

Con la produzione della Moviheart di Massimiliano La Pegna, nei prossimi mesi lo spot porterà Napoli e il suo caffè su tutte le principali emittenti televisive (Rai, Cairo, Publitalia, Discovery, Sky) con una programmazione ed investimenti importanti pianificati in collaborazione con OMD Italia, partner di Kimbo dal 2024.

 

“La TV rappresenta ancora oggi un mezzo cardine all’interno del media mix – aggiunge Massimiliano Scala, head of marketing di Kimbo dal 2024 – ma per una buona strategia di comunicazione che bilanci copertura e frequenza, gioca ormai un ruolo determinante il digitale. Abbiamo infatti previsto un investimento importante sui media digitali, con una campagna integrata che coinvolgerà le principali piattaforme, dalle TV digitali (RaiPlay, Mediaset Infinity, Netflix, Amazon Prime, Disney Plus), fino a YouTube e Spotify”.

Scala aggiunge: “A giocare un ruolo determinante sarà il nuovo spot, che utilizza degli elementi studiati per catturare l’attenzione del consumo tipicamente digitale. Uno spot che intende affermare Kimbo come brand premium, napoletano autentico ma moderno, capace di innovare senza perdere le sue radici”.

Kimbo festeggia con questo spot anche i 2500 anni di Napoli con immagini di straordinaria bellezza e umanità, per rinnovare il suo rapporto intimo e speciale con la città e con tutte le persone che vivono all’ombra del Vesuvio e sotto il sole del golfo.

“Una maniera affettuosa di rinsaldare un rapporto che ci lega da oltre sessant’anni – dice Mario Rubino, presidente di Kimbo S.p.A. – La nostra prima miscela è nata nel 1963 in un bar del quartiere Sanità per iniziativa dei fondatori, i fratelli Elio, Francesco e Gerardo Rubino. Con questo spot vogliamo rassicurare chi ci supporta da sempre e ci ha portati ad essere tra i primi caffè in Italia e nel mondo che la qualità del nostro caffè non tradisce mai, a dispetto del formato che si intende scegliere o della tecnica che si preferisce usare per degustarlo, in primis la cuccuma napoletana”.

Il caffè in tazze monouso rilasciano migliaia di microplastiche nel corpo: gli studi

Ogni giorno consumiamo il caffè in tazze monouso che favoriscono l’ingestione di migliaia di microplastiche possibilmente nocive per la salute. I bicchieri in plastica, realizzati principalmente in polipropilene (PP) o polistirene (PS), rilasciano microplastiche soprattutto quando esposti a temperature elevate. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Francesca Fiore per Cookist.

I possibili pericoli del consumo di caffè in tazza monouso

MILANO – L’invisibile minaccia nel nostro caffè: ogni volta che sorseggiamo una bevanda in un bicchiere monouso, ingeriamo migliaia di microplastiche. Questi frammenti inferiori ai 5 mm, derivanti dalla degradazione delle plastiche, sono ormai onnipresenti negli oceani, nel suolo e persino nel nostro cibo. Recenti studi rivelano che i contenitori per bevande calde rappresentano una delle fonti più frequenti di esposizione quotidiana, con implicazioni ancora non del tutto chiare per la salute umana.

I bicchieri monouso in plastica, realizzati principalmente in polipropilene (PP) o polistirene (PS), rilasciano microplastiche soprattutto quando esposti a temperature elevate. Uno studio ha rilevato che, riempiendo un bicchiere con acqua a 95 °C per 15 minuti, si liberano in media 1340 particelle/L nei bicchieri in PP e 980 particelle/L in quelli in PS.

La quantità di microplastiche rilasciate accresce all’aumentare della temperatura e del tempo di esposizione, con una capacità di rilascio 1,5 volte superiore a 95 °C rispetto a 50 °C.

Inoltre, l’utilizzo quotidiano di questi bicchieri può portare all’ingestione involontaria di 294-402 particelle al giorno, considerando un consumo medio di tre bevande calde al giorno.

Uno studio del 2023 ha inoltre evidenziato come i materiali sintetici nei filtri per caffè (rayon, PET) disperdano oltre 10.000 particelle per tazza durante la preparazione. I bicchieri di carta, percepiti come un’alternativa più ecologica, contengono un rivestimento interno in plastica (solitamente polietilene – PE o polipropilene – PP) per garantire impermeabilità e resistenza al calore. Tuttavia, questo strato può degradarsi a contatto con liquidi caldi.

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Torino: ecco i laboratori dei caffè storici che nessuno vede

I laboratori di produzione gastronomica dei caffè storici di Torino sono luoghi generalmente trascurati dall’interesse del pubblico ma essenziali per il funzionamento dei locali più famosi della città. Questo è il caso di Caffè Baratti & Milano che può vantare un vero e proprio labirinto gastronomico con impastatrici, forni e abbattitori. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Mariachiara Montera per il portale d’informazione Linkiesta.

I laboratori gastronomici dei locali di Torino

TORINO – Quando camminiamo a spasso tra le città, soprattutto da turisti, il nostro sguardo è attratto dalle insegne dei negozi, dalle ceramiche in vetrina, dai balconi decorati: ci fermiamo su quello che abbiamo davanti, o in alto, e se abbiamo tempo, e desiderio, oltrepassiamo le porte dei locali e dei bar per osservare meglio. Ma se quello che vediamo, beviamo e mangiamo nascesse in un posto a cui non abbiamo accesso? E che, a volte, nemmeno immaginiamo? Nasce da questo spunto un’insolita esplorazione: quella dei laboratori che tengono in piedi i caffè storici di Torino. Una dimensione che nessuno vede, ma che brulica di vita.

Non basta avere dei lampadari di cristallo perché un caffè venga definito storico, anche se aiuta: per rientrare in questa categoria, i locali devono avere almeno settant’anni di vita, essere stati luogo di eventi sociali o culturali, custodire parte degli arredi originari ed essere aperti al pubblico. Torino conta una decina di caffè di grande rilevanza storica: se la città ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità nazionale, siamo certi che molte basi siano state gettate tra un caffè, un tramezzino e un bicerin.

Caffè Moak presenta l’esclusivo vermouth al caffè Caturra per la Milano Design Week

MODICA (Ragusa) – Caffè Moak, storica azienda italiana fondata nel 1967 da Giovanni Spadola, presenta alla Milano Design Week 2025 l’esclusivo vermouth al caffè presso il Cafè Voyeur by Moak, uno spazio allestito all’interno dello showroom Seletti, in Corso Garibaldi 117, in occasione della presentazione di “Hotel Voyeur”, la nuova lampada Seletti realizzata in collaborazione con l’artista americana Tracey Snelling.

Caffè Moak per la Milano Design Week 2025

Caffè Moak regala un viaggio sensoriale al gusto di caffè nel Cafè Voyeur dall’8 al 13 aprile, uno spazio dedicato alla convivialità e alla raffinatezza all’interno del garden dello showroom Seletti di Milano dove sarà possibile assaggiare per la prima volta il nuovo vermouth con infuso di caffè Caturra che Caffè Moak ha realizzato in collaborazione con Baldoria Vermouth, marchio leader nel settore del vermouth contemporaneo.

Ogni sorso racconta una storia di passione e qualità tra i profumi avvolgenti del caffè e l’ambiente curato nei minimi dettagli, rendendo il Cafè Voyeur un’esperienza immersiva e indimenticabile. Un allestimento speciale in cui gli ospiti potranno immergersi in un’atmosfera unica dove l’eleganza del design incontra il piacere impeccabile del gusto Caffè Moak.

Accanto al caffè, in mostra il progetto realizzato in collaborazione tra Seletti e l’artista Tracey Snelling. L’installazione “Hotel Voyeur” offre una lampada da tavolo unica, ispirata alla facciata di un hotel, in cui le finestre si animano con brevi video in loop. In esclusiva per la Milano Design Week, i visitatori potranno personalizzare la lampada, aggiungendo il proprio filmato, creando così un pezzo unico. Inoltre, l’installazione site-specific in Corso Garibaldi trasformerà la facciata dello store in un’opera d’arte digitale, grazie alla collaborazione con Samsung Galaxy, che arricchirà l’esperienza visiva.

L’incontro tra Caffè Moak e Seletti non è solo un connubio di design e arte, ma una celebrazione dei sensi, dove ogni aspetto dell’esperienza – dal caffè alla visione – stimola un legame unico tra gli ospiti e l’ambiente che li circonda.