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Domori: in una mostra a Torino il progetto fotografico interminati_spazi

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domori
Antonio Fossati, Quiete Urbana (immagine concessa)

TORINO – Si conclude a Torino la quinta edizione di interminati_spazi, il progetto di fotografia partecipata ideato nel 2020 da Domori e curato dal fotografo e artista Maurizio Galimberti. Anche quest’anno il progetto a tema, lanciato su instagram a primavera, approda a una mostra finale composta da 40 scatti, frutto di un’attenta selezione tra le opere presentate.

Nel corso dell’inaugurazione della mostra, Maurizio Galimberti, direttore artistico del progetto, annuncerà i vincitori di questa edizione. L’esposizione, allestita presso lo Spazio Eventi del Domori Store, sarà visitabile dall’8 novembre al 31 dicembre, tutti i giorni dalle 13:00 alle 18:00 con ingresso libero.

Il progetto di fotografia di Domori

Oltre allo stesso Galimberti, all’evento conclusivo partecipano Riccardo Illy, Presidente del Polo del Gusto, Gianluca de Waijer, Amministratore Delegato di Domori, e Carmine Festa, Direttore del Corriere della Sera Torino, Media Partner del progetto.

Il tema della quinta edizione rende omaggio alla dolcezza, alla sorpresa e alla curiosità della vita, ispirandosi alla celebre citazione del film Forrest Gump (1994): “La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”. La scatola di cioccolatini diventa qui una metafora dell’esperienza, della curiosità e della sorpresa, elementi intrecciati alla grande Storia.

Il tema ha ispirato centinaia di partecipanti da tutta Italia: Maurizio Galimberto ha curato l’esposizione delle fotografie da oggi esposte, individuando inoltre i 10 finalisti, tra i quali il Corriere della Sera Torino, Domori e lo stesso Galimberti hanno assegnato le loro menzioni speciali. Per la prima volta nella storia del concorso, un autore ha raccolto doppio riconoscimento: Alessandro Fossati ha ricevuto la menzione speciale sia di Galimberti che del Corriere della Sera Torino, mentre la menzione Domori va ad Alan Marcheselli.

Menzione Maurizio Galimberti: Alessandro Fossati, Quiete urbana

“Per la capacità di creare un’immagine d’impatto, che colpisce immediatamente per la sua forza evocativa. La fotografia richiama alla mente il lavoro di Richard Billingham, dove la scena familiare trasmetteva una storia di sofferenza e disagio. Qui, invece, assistiamo a un racconto di gioia e di spensieratezza: un momento autentico e positivo, che trasmette un senso di festa e rilassatezza. Con una composizione perfetta e un equilibrio visivo impeccabile, l’immagine cattura un istante che pare nato dall’intuito ma che potrebbe anche far parte di un progetto più ampio. Se così fosse, il nostro riconoscimento vuole essere un tributo alla sua visione; se non lo fosse, è un invito a proseguire su questa strada. Una fotografia che colpisce e rimane impressa, capace di farci sentire parte di quel momento di “quiete urbana”.

Menzione Corriere della Sera: Alessandro Fossati, Quiete urbana

“L’immagine trasmette una serie di sensazioni ed emozioni. La spensieratezza del giovane adolescente, i palloncini, la presenza della musica con chitarra e giradischi e di un cuore che richiama la passione per l’arte ma anche l’amore è un contesto davvero leggero. Al quale fa da profetico contraltare – oltre alla posa del giovane con quello sguardo un po’ smarrito – sulla sinistra della foto il vinile di Amy Winehouse che testimonia con il senno di poi anche l’inquietudine adolescenziale, tratto di personalità che non va mai sottovalutato e irrobustito dal posacenere stracolmo e quella piantina a sinistra…”

Menzione Domori: Alan Marcheselli, Addio Josefina

Alan Marcheselli, ADDIO JOSEFINA (immagine concessa)

La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita….
Proprio come in questa immagine di Marcheselli nella quale è presente la fantasia di un bambino che non si fa sorprendere dalla presenza della balena perché per lui tutto è possibile e magico. Non sa mai quello che può capitare.

Dettagli della Mostra Inaugurazione: 7 novembre

Apertura al pubblico: dall’8 novembre al 31 dicembre Orari: tutti i giorni dalle 13:00 alle 18:00
Domori Store, Spazio Eventi, Piazza San Carlo 177

10 finalisti: Paola Francesca Barone, Enrico Caccialanza, Roberto Cavalli, Melania De Leyva, Rossana Di Antonio, Laura Farina, Alessandro Fossati, Alan Marcheselli, Marco Domenico Parenti, Luca Strippoli

Autori in esposizione:

Michela Albert, Iolanda Albrizio, Gianfranco Andreotti, Matteo Ballostro, Paola Francesca Barone, Francesca Berardi, Enrico Caccialanza, Marianna Cacciola Vasiliu, Renato Cannavale, Maria Giusi Canova, Daniela Casale, Roberto Cavalli, Giuseppina Colosio, Luca Corradi, Melania De Leyva, Rossana Di Antonio, Ida Di Pasquale, Laura Farina, Amedeo Fontani, Alessandro Fossati, Marco Giangolini, Vito Luigi Giannoccaro, Immacolata Giordano, Nicola Grion, Annalisa Lenzi, Gian Luca Maglio, Alan Marcheselli, Massimiliano Meroni, Frank Morris, Giuseppe Paci, Marco Domenico Parenti, Valentino Petrosino, Graziano Racchelli, Caterina Romeo, Barbara Ruella, Carlo Stella, Luca Strippoli, Adolfo Turati, Fabio Vittorelli, Luca Zanella.

Domori e la Fotografia è l’iniziativa permanente a sostegno e valorizzazione dell’arte fotografica; lanciata ad Aprile 2019, #DomorielaFotografia collabora con grandi personalità del mondo della fotografia, costruendo percorsi culturali, di formazione, espositivi e creativi. Lanciata nel 2020 via Ig come racconto collettivo per immagini del tempo del lockdown, interminati_spazi è poi diventata una rassegna annuale.

Edizioni precedenti:

● Interminati_spazi 2020. Immagini e poesia al tempo del lockdown. Mostra finale: Binaria, Gruppo Abele, Torino
● interminati_spazi 2021. GOLOSI. Insaziabili di vita.
Mostra finale: CAMERA Centro Italiano per la Fotografia, Torino
● interminati_spazi 2022. GRAZIE. Immagini di gratitudine e gentilezza.
Mostra finale: Domori Store (Spazio Eventi), Piazza San Carlo, Torino
● interminati_spazi 2023. (PRE)VISIONI. Spunti per il possibile
Mostra finale: Domori Store (Spazio Eventi), Piazza San Carlo, Torino

Associazione museo del caffè di Trieste: in porto il primo appuntamento dei Cenacoli con l’ingegnere Marino Petracco

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Il primo appuntamento con Marino Petracco (immagine concessa)

TRIESTE – Ha preso il via nella tradizionale sede dell’Hotel Savoia Excelsior il nuovo ciclo 2024-2025 degli incontri dei Cenacoli del caffè, organizzati dall’Associazione museo del caffè di Trieste e giunti ormai al traguardo della ottava edizione, grazie al costante e qualificato impegno del sodalizio guidato da Gianni Pistrini.

Il primo appuntamento dei Cenacoli del caffè a Trieste

L’ampio programma degli appuntamenti, stavolta incentrati attorno al tema-guida “La trasversalità del caffè” e coordinati anche quest’anno da Nicoletta Casagrande (responsabile dell’InfoLibro-Salotto multimediale del libro italiano di Capodistria e cultrice del mondo del caffè) assieme al vicepresidente della AMDC Doriano Simonato, è stato inaugurato, con la presenza di un numeroso e qualificato pubblico, dall’intervento dell’ingegnere chimico Marino Petracco, per oltre un trentennio ricercatore scientifico presso illycaffè e vero e proprio specialista del ramo.

Petracco infatti, accanto al suo ruolo nella storica azienda triestina, ha maturato una vastissima esperienza su tutti gli anelli della catena del caffè espresso, pubblicando articoli e studi su agricoltura, fisica e chimica del caffè e rivolgendo il suo interesse in particolare sugli influssi della bevanda sull’organismo umano.

Anche per tali motivi è stato presidente del comitato globale ISO per le normative sul caffè, ha presieduto in due riprese il Comitato scientifico dell’industria europea per gli studi sugli effetti fisiologici del caffè (ISIC) ed è tra gli autori dell’unico libro dedicato alla chimica del caffè espresso.

E proprio nella sua veste di appassionato comunicatore e divulgatore, l’ingegner Petracco ha intrattenuto i partecipanti al “Cenacolo” di apertura del nuovo anno sociale della AMDC, affrontando i più importanti aspetti dell’intrigante connubio-dilemma “Caffè e salute”.

In tal senso il relatore ha guidato l’uditorio in una esplorazione degli effetti fisiologici del caffè sull’organismo umano: una carrellata iniziata fin dalla preistoria e poi dalle ragioni per le quali il caffè è diventato la più diffusa bevanda nel mondo, per passare quindi alle leggende e ai primi studi che misero in evidenza la presenza di caffeina nel “chicco verde”; fino ad arrivare ai più recenti studi della scienza medica che, nella sua branca più matematica ovvero l’epidemiologia, ha messo chiaramente in luce come chi più beve caffè – “ma intendiamoci, sempre con una certa moderazione”, ha tenuto a precisare Petracco – meno corre il rischio di ammalarsi di certe specifiche patologie.

“E non parliamo di patologie minori – ha sottolineato – ma di cose non da poco, come la prevenzione del diabete, del morbo di Parkinson e altre ancora.” “Naturalmente – ha concluso l’ingegner Petracco – necessitiamo ancora di ulteriori ricerche per arrivare alle spiegazioni intime di questi effetti e ci auguriamo che nei prossimi anni o nelle prossime generazioni l’investimento nella ricerca non diminuisca e permetta di arrivare a una completa comprensione di questi fenomeni che però sussistono e sono ben che tangibili”

Il successivo incontro sarà giovedì 5 dicembre, ancora al Savoia Excelsior e sempre con inizio alle ore 17.30 e ingresso libero, e vedrà come relatore il titolare di “Primo Aroma” Fabrizio Polojaz su “Non chiamiamoli scarti: il caffè ci viene in soccorso”.

Autogrill ha lasciato l’ associazione Aigrim ma rimane nella Fipe Confcommercio

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Il logo Autogrill

MILANO – Autogrill, leader nella ristorazione per chi viaggia e parte di Avolta, comunica che non sarà più associata ad Aigrim – Associazione delle imprese di grande ristorazione e servizi multilocalizzate – al fine di razionalizzare la membership nell’ambito di enti e associazioni di categoria, con l’obiettivo di rendere la partecipazione più coerente con gli obiettivi e gli interessi aziendali.

Autogrill non sarà più associata ad Aigrim

Autogrill resta comunque associata a Fipe–Confcommercio per garantire, in qualità di membro attivo, il proprio supporto al settore su tutte le tematiche relative al contratto collettivo.

Il supporto si estende inoltre a tutte le questioni di interesse per i pubblici esercizi, con specifica attenzione alla ristorazione commerciale in concessione nei canali del viaggio.

Eastern Leaves: così il tè coltivato nella foresta di Nannuo in Cina s’assaggia presso la sala di Milano

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Vivian Zhang di Eastern Leaves (foto concessa)
Vivian Zhang di Eastern Leaves (foto concessa)

MILANO – Per conoscere Eastern Leaves bisogna andare indietro sino al 2014, quando Vivian Zhang e Lorenzo Barbieri acquistano il loro primo appezzamento di terra sul monte Nannuo, l’ultimo lembo di Cina nascosto tra una fitta coltre di nuvole, ricco di risorse naturali e culturali, contaminazione etnica, e un tè da secoli coltivato in foresta. Si tratta di un terroir antico per il tè, che rischiava di essere acquistato per essere dedicato all’allevamento, o per essere sfruttato per una coltivazione intensiva.

Raccontano i fondatori di Eastern Leaves: “Così, con un pizzico di follia, è iniziata la nostra avventura.”

L’azienda è un continuo tra l’arte classica di Vivian, in quel momento già professionista del tè diplomata all’accademia di Kunming, e Lorenzo, che porta il suo punto vista europeo e di professionista nella gestione aziendale.

Dopo una prima fase come progetto privato e personale, si sono innamorati di questo stile di vita e ne hanno fatto un’azienda che si assumesse la responsabilità verso chi si prende cura della terra. Si trattava al tempo di un settore estremamente in erba, che tuttora si appoggia molto all’aiuto degli esperti, i cosiddetti sommelier, appassionati conoscitori che condividono la storia e l’importanza culturale del tè, come fecero un tempo monaci buddisti e letterati erranti, e così come è avvenuto al vino nell’epoca pre-connoisseur.

Eastern Leaves: i vostri tè sono etichettati come “foresta selvaggia” o “alberi antichi”. Ci spiegate cosa significa questa definizione nel dettaglio e cosa cresce nella vostra piantagione?

Gli alberi da tè nella foresta (foto concessa)

“Eastern Leaves è la traduzione inglese del nome cinese dell’azienda, Dōngfāng Dàyè 东方大叶。La lingua cinese, in grado di racchiudere un mondo di significati in un limitato numero di tratti, ci rivela un valore aggiunto più difficile da trasportare nella traduzione occidentale.

Il termine Dàyè 大叶, letteralmente “foglie grandi”, è qui un concetto chiave che identifica una varietà specifica di pianta da tè, meglio conosciuta in occidente come la varietà Assamica di Camellia sinensis. Si tratta di una pianta di tè originaria dello Yunnan, di portamento e foglie più grandi rispetto alla sua controparte più conosciuta e diffusa in Cina, la varietà sinensis. Queste foglie voluminose non derivano da piccoli cespugli, ma da alberi di tè alti anche una decina di metri.

Infatti il tè, nella sua versione più naturale e primordiale, è un albero che può raggiungere diversi secoli di vita, circondato da un complesso e delicato ecosistema selvatico. In questo contesto, che amiamo definire foresta più che piantagione, l’intervento umano è limitato al controllo delle piante infestanti, lasciando che il sottobosco conservi la propria complessità: nella nostra foresta, infatti, gli alberi da tè convivono con diverse varietà di piante medicinali e alberi da frutto.

Le nostre foglie di tè dunque crescono in questo ambiente ricco e complesso, e ogni anno ci regalano, a seconda della lavorazione, i nostri tè bianchi, pu’er, e rossi.

Accanto all’appezzamento forestale sul monte Nannuo, che si estende lungo tutto il suo picco, chiamato Bama, gestiamo un appezzamento di terra sul monte Lunan, a poca distanza da Nannuo, dove crescono alberi secolari di età compresa tra 200 e 500 anni.”

Date la possibilità di acquistare una cake di foglie pressate o il classico formato di foglie sfuse: in base a cosa consigliereste un prodotto piuttosto che l’altro, a seconda delle loro caratteristiche?

“Le cake, o torte, di foglie di tè pressate (dal cinese bǐng 饼), sono foglie di tè che dopo l’essiccazione finale, ultima fase di produzione di qualsiasi categoria di tè, vengono ammorbidite tramite un veloce getto di vapore e infine pressate a pietra o a macchina allo scopo di conservarle nel tempo.

eastern leaves
Torta pressata di tè pu’er (foto concessa)

Questo formato nasce per facilitare il trasporto e la conservazione delle foglie, ed è tuttora il miglior modo di invecchiare il tè in maniera naturale. Proprio come succede con il vino, anche il tè ha ottime potenzialità di invecchiamento, e il collezionismo di tè pressati, già presente in Cina da diverse decadi, sta prendendo piede anche in occidente tra gli esperti di settore.

Il formato pressato offre le migliori potenzialità di sviluppo delle note aromatiche durante l’invecchiamento, perché mantiene le foglie vicine le une alle altre, favorendo il naturale processo di fermentazione.

Non tutti i tè però hanno la stesso potenziale di invecchiamento: pu’er e tè bianchi sono sicuramente i più adatti, tanto che in Cina esiste il famoso detto: 一年茶,三年药,七年宝 Yī nián chá, sān nián yào, qī nián bǎo, “dopo un anno è tè, dopo tre anni è medicina, e dopo sette anni è un tesoro”.

Le torte pressate sono quindi il formato ideale per chi desidera lasciar invecchiare il proprio tè per diversi anni, per poi aprirlo quando il suo sapore fresco e lievemente astringente avrà acquisito la complessità di sottobosco tipica della fermentazione. Anche le foglie sfuse possono invecchiare, ma sono generalmente più adatte ad un consumo frequente.”

Vi occupate anche di formazione: potete fare un paragone tra Italia e Cina su questo piano?

“Il nostro progetto formativo Eastern Tea Academy nasce subito dopo l’apertura della nostra sala da tè a Milano in Via Macedonio Melloni 32, alla fine del 2019, quando ci siamo affacciati verso un mercato molto curioso ma poco formato nel settore dei tè cinesi.

Da allora, abbiamo continuato i nostri corsi online, per raggiungere una comunità internazionale in continua crescita. Vivian Zhang si occupa dei diversi livelli dei nostri corsi di formazione, integrando la sua esperienza diretta di coltivatrice di tè alle nozioni teoriche codificate dai programmi formativi cinesi.

Già dalle prime edizioni abbiamo notato un grande interesse verso il mondo del tè e dell’infusione in stile orientale, e dopo cinque anni di attività possiamo confermare la crescente attenzione del mercato occidentale per il tè.

Gli studenti cinesi hanno come vantaggio la presenza del tè nella loro quotidianità, ma i nostri studenti europei e americani ci hanno sorpreso con un’attenzione minuziosa per i dettagli e il confronto con le eccellenze tipiche del loro territorio: non di rado parliamo di tè con termini paralleli ai settori dell’enologia o del caffè.”

Come mai avete deciso di aprire una vostra sala da tè a Milano, come riuscite a gestirla a distanza e come vedete il mercato italiano del tè, a livello di consumo, consapevolezza e prezzi?

La sala da tè (foto concessa)

“La sala da tè di Milano nasce sia dal desiderio di incontro e confronto diretto con i nostri clienti occidentali, sia dall’assenza, 5 anni fa, di professionisti in grado di gestire le difficoltà di un’importazione dalla Cina, e di consegnare il prodotto finale nelle mani del consumatore istruendolo sulle corrette modalità di utilizzo. Il tè è un prodotto complesso e stratificato, dove la qualità del servizio va a rendere soffusa la filiera del trasporto. E il trasporto emotivo va così a nascondere quello fisico, non però meno importante e ricco di sfide.

Così come la recente rivoluzione dello specialty coffee pone maggiore attenzione sulle modalità di estrazione, allo stesso modo vendere tè significa anche istruire il mercato ad utilizzare le giuste temperature, i giusti tempi, e i modi più corretti per degustarlo. La competenza tecnica che parte dal produttore non si ferma quindi al negozio, ma continua con il cliente, e termina solo con l’infusione, giudice finale della qualità del tè, che per essere imparziale deve rispettare regole precise.

Abbiamo scelto il mercato italiano non perché presentasse maggiore conoscenza o consapevolezza sul tè rispetto ad altri mercati, ma perché abbiamo ritrovato una maggiore attenzione per la qualità, e una maggiore disponibilità a riconoscerne il valore e pagarne il prezzo.

Milano, in particolar modo, si dimostra tuttora ricettiva verso le nuove esperienze gastronomiche, pur mantenendo viva la tradizione culinaria locale. Anche tenendo gli occhi ben fissi verso le eccellenze del made in Italy, è in grado di tendere una mano verso le innovazioni provenienti dall’estero.”

Come si struttura la vostra rete e come garantite l’approvvigionamento costante dei vostri tè che crescono senza un grosso controllo da parte vostra?

“Il nostro principale obiettivo e punto di forza è dare voce ai produttori diretti, e raccontare la loro storia. Rimarchiamo che il tè è un prodotto complesso, la cui qualità si determina innanzitutto dalla bravura del tea master, dalle condizioni di crescita della pianta, e da tutto quell’insieme di condizioni ambientali, tecniche, e di know-how che possiamo riassumere nel termine “terroir”, già reso famoso dal mondo dell’enologia.

Tuttavia, questo non basta: il consumatore è attore e partecipatore diretto nella realizzazione di un’ottima tazza di tè. Per questo investiamo molte delle nostre risorse in specifici corsi di formazione, ed offriamo completa trasparenza sull’origine dei nostri prodotti.

Ciò si rende ancora più necessario considerando che la storia del tè, nel periodo post-coloniale, è sempre stata narrata dai dealers, e la voce del produttore si è fatta negli anni sempre più flebile. Questo non suggerisce la sostituzione completa della figura del dealer, che è altrettanto importante nel panorama della diffusione del tè nel mondo, ma in un cambio di prospettiva: il professionista del tè diventa mediatore culturale.

Dopo il periodo di Riforma e Apertura operato da Deng Xiaoping a cavallo tra gli anni ’70 e ’90, la Cina si è resa disponibile a partecipare al dialogo internazionale, ma si è spesso ritrovata senza le parole per esprimersi e farsi comprendere, ancorata ad un’identità sempre più sbiadita.

Il compito del professionista del tè è quindi la traduzione culturale – ben diversa dalla semplice traduzione linguistica – per dare nuova luce alle foglie di tè e a chi se ne prende cura ed è in grado di trasformarle in un prodotto dal valore culturale inestimabile.

La nostra rete si fonda quindi su un rapporto diretto con il produttore e con il consumatore, che è l’unico vero artefice dell’ultima espressione qualitativa dei nostri prodotti.

Ricopriamo direttamente tutta la filiera, dal tè, prodotto nelle foreste di alberi selvatici dello Yunnan; alle ceramiche di Dehua e Jingdezhen, patria mondiale della ceramica, ed alle teiere Yixing, il cui valore aumenta di pari passo con la sempre più rara disponibilità della preziosa argilla porosa di cui sono composte.

E nella sala di Milano serviamo inoltre menù di degustazione, che rafforzano il rapporto diretto con i consumatori, sempre più appassionati.

Le importazioni dalla Cina all’Italia vengono sempre gestite a seconda della stagionalità, un concetto fondamentale ma spesso offuscato da una globalizzazione onnipresente che ci fa perdere di vista il rapporto con i ritmi naturali.

I volumi maggiori raggiungono la sala verso l’estate, dopo la produzione primaverile, la prima e più importante. Tuttavia, alcune tipologie di lavorazione, come la tostatura in alcuni tè wulong o la profumazione dei tè floreali avvengono in estate, e il nuovo raccolto raggiunge l’Europa in autunno.

Questo vale anche per i tè che selezioniamo da altri coltivatori cinesi, con cui abbiamo sempre un rapporto diretto di fiducia e rispetto, e che visitiamo annualmente nei nostri Tea Tour, per condividere le esperienze sulle nuove stagioni, e per portare in visita i nostri clienti, garantendo la massima trasparenza.”

Il cambiamento climatico ha qualche impatto sulla vostra produzione?

“Il cambiamento climatico ha ormai permeato completamente il nostro mondo, tanto che sarebbe impossibile per noi dire che in 10 anni di attività tutto sia rimasto come prima.

Gli ultimi 4 anni però sono stati particolarmente singolari, e la scommessa del raccolto, che differisce di anno in anno e riserva sempre qualche sorpresa, è ormai quasi completamente imprevedibile. Nel 2020, quando tutto il mondo sembrava essersi fermato, gli stessi alberi da tè crescevano a un ritmo più lento, e una stagione particolarmente secca ci ha lasciato poche foglie, ma di ottima qualità.

La stagione successiva, in cui a un iniziale periodo secco si sono alternate le tipiche piogge di stagione, ci ha fatto quasi dimenticare quanto accaduto l’anno precedente. Dopo il 2022, annata piovosa che ci ha donato dei tè dal sapore particolarmente maturo per la loro giovane età, le piogge sono diminuite sempre di più, fino ad arrivare all’ultimo raccolto di marzo 2024, il più secco finora.

Nonostante, a livello qualitativo, abbiamo raggiunto complessità aromatiche finora inespresse e una dolcezza zuccherina inaspettata in tè di primo raccolto, i quantitativi di foglie disponibili per la produzione sono sempre minori, e nel lungo periodo la sopravvivenza dei nostri alberi antichi sarà posta in serio pericolo.”

Attraverso quale filiera o rete siete riusciti a immettere nel mercato i vostri tè e come si traduce in termini di volumi prodotti in media all’anno e in termini di fatturato?

“Oltre alla vendita diretta, è sicuramente fondamentale il rapporto con altri negozi specializzati, ma anche con il settore horeca, dove il tè ha ancora un ruolo marginale ma si sta sempre più facendo spazio tra le richieste di alternative analcoliche che possano valorizzare i piatti, o nella ricerca di nuove esperienze sensoriali.

Negli ultimi anni sentiamo sempre più vivo l’interesse delle scuole professionali e di alta ristorazione, e notiamo con piacere una sempre maggiore integrazione di moduli dedicati al tè nella loro offerta formativa, una grande lacuna che grazie a diverse realtà leader di settore si sta finalmente sanando.

Questo giova non solo ai volumi di fatturato, che dopo le prime difficoltà poste dal 2020 sono duplicati, ma anche alla creatività nella nostra produzione, che è ora in grado di raggiungere nuove frontiere di complessità aromatica grazie ad un mercato sempre più pronto ad accoglierle.

Ciò si traduce inoltre in un maggiore interesse dei produttori asiatici verso il mercato occidentale, che finora non è riuscito a raggiungere l’attenzione e i livelli di qualità pretesi dai mercati interni, i quali storicamente hanno assorbito le qualità di tè più elevate.”

Qual è il vostro principale mercato e verso dove vorreste spingervi nei prossimi anni?

“Attualmente ci stiamo concentrando sull’Europa, dove prestiamo grande attenzione alla partecipazione ai festival di settore, come il Berlin Tea Festival, a cui abbiamo partecipato come espositori per anni, ma anche a nuovi eventi come il Festival del tè di Bruxelles.

Un altro impegno attuale consiste nel riavvicinare il mondo occidentale al rapporto diretto
con la Cina, e i nostri fondatori sono costantemente in viaggio per accompagnare i nostri ospiti in diverse province cinesi alla scoperta dei vari modi di coltivare e vivere il tè.

In futuro continueremo ad approfondire il rapporto con i settori della ristorazione, dell’enologia e della caffetteria, che sono gli attuali motori della definizione delle nuove esperienze di sapore e i futuri protagonisti della diffusione della cultura del tè al di fuori della sua nicchia.

Ci auguriamo così di approcciarci a un Occidente più ricco di professionisti in grado di costruire una filiera ancora più solida del tè di qualità, e di esportare i nostri corsi di formazione in diverse città europee, per poi spingerci verso grandi mercati come Asia e Stati Uniti.”

Nespresso racconta il suo primo Osservatorio sulla sostenibilità: “Sfiducia generale: 62% chiede azioni concrete alle aziende”

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Da sinistra: Federica Gasbarro, biologa ed esperta di sostenibilità e gestione dell’energia, Mauro Magatti, sociologo ed economista, Thomas Reuter, BEO Nespresso Italiana e Silvia Totaro, sustainability&SHE Manager

MILANO – La sostenibilità è un asset che nessuna azienda della filiera del caffè può permettersi di trascurare. Il tema green sta riscuotendo un’enorme attenzione anche dal fronte dei consumatori, che sempre più spesso collegano l’economia circolare ad un miglioramento della qualità della vita.

Per fare luce sul quadro della situazione, Nespresso ha presentato insieme a Swg il primo Osservatorio partecipativo dell’azienda sull’economia circolare, le comunità locali e le prospettive per il futuro.

L’Osservatorio Nespresso sulla sostenibilità

All’intervento hanno partecipato Thomas Reuter, managing director di Nespresso ItalianaSilvia Totaro, sustainability&SHE Manager, Alessandra Dragotto, head of research del centro di ricerca SWG,  Mauro Magatti, sociologo ed economista, e Federica Gasbarro, biologa ed esperta di sostenibilità e gestione dell’energia.

Thomas Reuter ha affermato: “Il caffè è sinonimo di storia e cultura in Italia e tutt’oggi è rivolto verso l’innovazione e la sostenibilità: due concetti fondamentali per affrontare situazioni delicate come il cambiamento climatico.

Come azienda abbiamo la grande responsabilità di guidare questo movimento verso l’innovazione. Il concetto di sostenibilità fa parte del dna di Nespresso. Dal primo giorno, quando è nato il brand, abbiamo scelto di utilizzare l’alluminio per creare la nostra capsula.

In tutta la catena del valore, dai Paesi d’origine fino al prodotto consumato, lavoriamo sempre per minimizzare e ridurre la nostra impronta ambientale. La sostenibilità è diventata un cura in cui condividiamo i nostri valori green con  il nostro manifesto The Positive Cup”.

Reuter continua: “La prima azione su cui ci concentriamo è sulla cura delle nostre pratiche agricole rigenerative che abbiamo iniziato 21 anni fa con il nostro programma AAA Sustainable Quality (qualità, sostenibilità ambientale e sociale e la produttività).

L’agricoltura rigenerativa insieme all’innovazione dei prodotti e al miglioramento della logistica permetteranno a Nespresso di decarbonizzare la catena di valore per raggiungere il Net Zero entro il 2050 con l’ambizione di anticipare il risultato al 2035. C’è ancora molto lavoro da fare ma siamo nella direzione giusta”.

Alessandra Dragotto, head of research Swg ha illustrato i risultati della ricerca: “Abbiamo indagato insieme a Nespresso quali sono effettivamente le azioni concrete che i cittadini si aspettano nell’ambito della sostenibilità e lo abbiamo fatto intervistando circa 1500 persone. L’89% degli italiani, 9 su 10, ne ha sentito parlare. Mentre il riconoscimento di un impegno attivo verso la sostenibilità orienta le decisione di 8 consumatori su 10. Ormai però il senso della sostenibilità non è percepito solo come relegato all’ambiente ma è sinonimo di miglioramento della vita in generale”.

Il ruolo dell’industria del caffè per il Paese nei confronti della sostenibilità risulta fondamentale per il 30% degli italiani, mentre il 59% crede che giochi un ruolo di rilievo. Solo l’11% ( un italiano su 10) crede che l’impegno dell’industria del caffè per la sostenibilità è marginale.

Nel complesso, secondo gli intervistati, i progetti pro riciclo e le accortezze sul packaging sono convincenti. Ma 2 italiani su 5 si considerano indifferenti di fronte alle certificazioni.

Dragotto continua: “Nella sostenibilità un concetto chiave sempre più importante è quello dell’economia circolare. Un concetto, come anticipato, conosciuto per il’89% delle persone ma solo il 47% degli intervistati sa pienamente che cosa significhi questo dato. Il  38% dei cittadini crede che l’intervento in favore dell’economia circolare è determinante e avrà una diffusione notevole ma il 56% afferma che può essere determinante ma nel lungo periodo niente di tutto questo sarà efficace.

Qui traspare un pessimismo che aleggia nella maggior parte dei consumatori: 6 su 10 si stanno rassegnando al fatto che non vinceremo mai la lotta al cambiamento climatico. Il 62% chiede azioni concrete alle aziende”.

“Tuttavia in termini di pratiche individuali le persone sono assolutamente disposte ad agire a favore della sostenibilità che gioca un ruolo di estrema importanza nelle scelte d’acquisto. I consumatori stessi sono pronti a riattivare la pratica del riuso, a comprare caffè sfuso e ad acquistare macchine del cafè ricondizionate: questo perché rafforza il senso di comunità e il senso di appartenenza che aiuta a coltivare e sostenere una cultura sostenibile. Il 68% crede nel contributo delle scelte quotidiane individuali ma i senior si dimostrano più fiduciosi della generazione Z”.

L’Osservatorio ha inoltre indicato come azioni da intraprendere in ambito green un aumento della protezione attiva dell’ambiente con attività volte a sostenere il territorio e sensibilizzare le generazioni più giovani all’economia circolare.

Lavazza svela il calendario 2025, celebra i 130 anni e punta tutto sul concetto di miscela

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Il calendario Lavazza (immagine concessa)

TORINO – Proseguendo organicamente il percorso intrapreso con le ultime due edizioni del Calendario, incentrate sui temi della collaborazione e dell’inclusione, Lavazza sceglie per il 2025 il “blend” come concetto portante della riflessione estetica da cui sono nati gli scatti del nuovo Calendario, realizza to sotto la direzione creativa dell’agenzia Armando Testa.

Per celebrare l’anniversario, Lavazza sceglie di raccontare il presente e, soprattutto, rivolgere lo sguardo verso il futuro affidando le immagini del Calendario a un talento di nuova generazione, Omar Victor Diop, artista franco-senegalese di spiccata eleganza formale che ha composto un unico scatto corale, dando vita a quattro tableaux vivant che celebrano l’idea dell’incontro e della commistione.

Il calendario Lavazza 2025

Fil rouge che unisce le quattro stagioni, il bancone, che simboleggia il luogo d’incontro di una pluralità di culture e di esperienze, accomunate dal piacere del caffè. A popolare gli scatti, che compongono una sin fonia delle quattro stagioni, sono stati invitati 36 protagonisti del mondo Lavazza che incarnano alcuni momenti salienti della storia del Gruppo.

Ogni trittico vede al centro un talent, una personalità di spicco legata al mondo Lavazza, attorno alla quale sono disposti i protagonisti scelti per il racconto che condurrà alla celebrazione dei centotrenta anni dalla nascita dell’Azienda.

È quindi davanti all’infinito bancone di un bar ideale che si crea un nuovo concetto di comunità al largata, basato sulla condivisione di valori, volto a favorire la ricchezza della differenza.

Le immagini che compongono i dodici mesi del Calendario possiedono un carattere narrativo e si dispiegano come un singolo piano sequenza che racconta tante microstorie differenti, le molecole che compongono una storia collettiva più grande.

Jannik Sinner, Massimiliano Caiazzo, Whoopi Goldberg, Tullio Solenghi, Big Mama, Omar Victor Diop, Sara Gama e Omar Hassan sono presenti insieme agli Ambassador Daniela Fatarella di Save the Children e al designer Cino Zucchi, così come agli Chef Norbert Niederkofler, Federico Zanasi e Chiara Pavan. A questi nomi celebri sono accostate le persone di Lavazza, pr fessionisti quali coffee specialist, baristi, trainer e persino Luigi, il simpatico robottino della Global Campaign Pleasure Makes us Human, che rappresenta il lato più futuristico ma anche ricco di sentimenti del Brand.

Nei trittici vengono declinati i concetti di Blending Times, per unire personalità di generazioni diverse, Blending Roots, attraverso il quale ogni protagonista porta la propria differente origine in dote, Blending Cultures, quale mixology di tradizioni e culture eterogenee e, infine, Blending Minds, dove si mescolano attitudini, competenze e professionalità complementari.

Con il Calendario 2025, Lavazza prosegue la sua attività di azienda responsabile e portatrice di valori universali.

Un Gruppo internazionale composto da oltre 5.500 persone che mette al cuore della pro pria crescita i valori della sostenibilità e dell’inclusione, perseguendo la costruzione di un percorso iniziato centotrenta anni fa che vede oggi protagoniste le persone e l’ambiente.

Futures del caffè in forte ripresa, export mondiale a nuovi massimi nel 2023/24

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Il logo dell'Ice

MILANO – Volano i futures del caffè, mentre l’export segna nuovi massimi storici: nella giornata in cui l’Ico ha diffuso le statistiche sulle esportazioni mondiali a consuntivo dell’annata 2023/24, i mercati di Londra (+4,2%) è New York (+4,7%) hanno registrato una brusca impennata dettata da fattori climatici, tecnici e finanziari. Il contratto per scadenza dicembre dell’Ice Arabica ha guadagnato ieri, giovedì 7 novembre, 1.165 punti risalendo a 260,40 centesimi, massimo delle ultime 3 settimane.

Il contratto per scadenza gennaio dell’Ice Robusta si è rivalutato, a sua volta, di $179 chiudendo a 4.486 dollari.

A determinare questa improvvisa ripartenza hanno contribuito gli aggiornamenti meteo dal Vietnam, dove è annunciato l’arrivo del tifone Yinxing, che porterà piogge pesanti anche nell’area degli altipiani centrali incidendo sulle operazioni di raccolta.

In Brasile, gli operatori continuano a seguire con attenzione lo sviluppo del nuovo raccolto successivamente alla fioritura. Le prime stime attendibili sulla produzione del prossimo anno non arriveranno però prima di gennaio.

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Circana: i consumatori europei hanno speso 888 miliardi in cibo, bevande e caffè per tutti i loro consumi in casa e fuori

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

MILANO – Circana, società di consulenza leader nella gestione ed interpretazione della complessità del comportamento del consumatore, registra cambiamenti importanti nella ristorazione che portano a confini sempre meno definiti tra ristorazione e retail. La ricerca, basata sui dati CREST di Circana, indica che i consumatori europei, nell’ultimo anno, hanno speso 888 miliardi di euro in cibo e bevande e che il 37% di questa spesa è stata destinata a ristoranti e supermercati per prodotti relativi al “consumo immediato”.

Per consumo immediato si intende cibi e bevande acquistati per essere consumati subito e che non richiedono quindi ulteriori preparazioni: pasti pronti e snack come panini, insalate, cibi caldi e bevande acquistati presso bar, ristoranti ma anche supermercati.

È interessante notare che i segmenti non commerciali della ristorazione stanno guadagnando quota di mercato, trasformando il panorama competitivo poiché i consumatori cercano sempre più opzioni pronte al consumo non solo nei punti vendita tradizionali della ristorazione.

Il retail ridefinisce il consumo immediato

I consumatori cercano prossimità e accessibilità, quindi le opzioni pronte al consumo (Ready-To-Eat, RTE) – che spaziano da insalate e panini confezionati a pasti caldi come lasagne, paella e pollo arrosto – sono sempre più disponibili in canali tipo supermercati, alimentari e stazioni di servizio. La ricerca di Circana mostra come i pasti pronti acquistati presso i retail, un tempo considerati un’opzione secondaria, stanno diventando concorrenti di bar e ristoranti.

Nella ristorazione questo cambiamento fa crescere canali alternativi, inclusi i supermercati, mentre bar e ristoranti tradizionali stanno perdendo terreno. Questo accade soprattutto dal post-pandemia, cioè da quando la prossimità e l’accesso veloce al cibo sono divenuti fattori chiave alla base del comportamento dei consumatori. La ristorazione commerciale ha visto la propria quota di mercato scendere dal 79% nel 2021 al 77% alla fine di giugno 2024, mentre i canali non commerciali come il retail hanno registrato una crescita, passando dal 21% al 23% nello stesso periodo.

Edurne Uranga, VP di Foodservice Europe di Circana, spiega che: “I consumatori non sono più legati alle categorie tradizionali. Prendono decisioni basate sull’accessibilità, sul valore e sull’esperienza a prescindere che provengano da un ristorante a servizio veloce (QSR) o dallo scaffale di pasti pronti di un supermercato.”

L’integrazione tra retail e ristorazione si sta muovendo rapidamente, con supermercati che ora offrono servizi di ristorazione con consumazione sul posto. Inoltre, sono sempre più frequenti le collaborazioni tra marchi di catene di ristorazione e retailer. Altre innovazioni includono distributori automatici di prodotti da forno, salad bar e linee di cibi caldi, rendendo sempre più indefiniti i confini tra retail tradizionale e foodservice.

Opportunità per il retail e gli operatori del foodservice

In Europa la crescente domanda di opzioni RTE offre significative opportunità sia per i retailer che per i marchi della ristorazione. I retailer stanno traendo beneficio da questa tendenza espandendo la loro offerta di pasti freschi e pronti.

Allo stesso tempo, le catene della ristorazione stanno esplorando nuovi modi per coinvolgere i clienti, incluse collaborazioni con retailer e lo sviluppo di proprie linee di prodotti RTE.

Partendo dai confini sempre meno delineati tra i settori, la competizione per la spesa dei consumatori si è intensificata. Uranga prosegue: “I ristoranti quick service, come McDonald’s, Burger King, Subway e O’Tacos, sono in una feroce competizione non solo tra loro, ma anche coni grandi marchi della grande distribuzione organizzata. Questi giganti del retail stanno diventando rivali formidabili, offrendo pasti convenienti che sfidano la ristorazione veloce tradizionale. È una battaglia per conquistare il palato del consumatore, dove entrambi i settori si contendono l’attenzione dei clienti affamati in cerca di accessibilità, varietà e valore”.

Questo cambiamento evidenzia la necessità, per le aziende di entrambi i settori, di innovare e rispondere alle preferenze dei consumatori in evoluzione.

Altri punti salienti della ricerca includono:

Crescita del retail – Negli ultimi sette anni, il consumo fuori casa presso il canale retail è aumentato costantemente nella maggior parte dei paesi europei. I dati di Giugno 2024, indicano la Francia con la percentuale più alta di spesa dei consumatori in questo canale pari al 6,8%, con una crescita del +17,5%. Il Regno Unito segue da vicino con una quota del 6,6%, mentre la Germania è al 5,8%, la Spagna al 4,2% e l’Italia al 3,5%.

Snack attack – I consumatori stanno abbracciando la nuova tendenza retail dei pasti RTE, specialmente per il pranzo. Questa occasione lo scorso anno ha registrato una crescita impressionante di quasi il 9%. Questi dati evidenziano la crescente domanda dei consumatori per opzioni pronte e convenienti destinate al pranzo e agli spuntini.

Cambio di rotta dell’inflazione – La situazione per i consumatori è cambiata. Negli ultimi due anni, l’inflazione nella grande distribuzione è stata significativamente più alta rispetto alla ristorazione, tuttavia, questa tendenza si è ora invertita. Questo cambiamento potrebbe influenzare la percezione dei consumatori sui prezzi attuali di bar e ristoranti, il che potrebbe potenzialmente influenzare il loro comportamento d’acquisto. Di conseguenza, per l’industria della ristorazione è fondamentale fornire il giusto valore aggiunto per mantenere l’interesse e la fedeltà dei consumatori.

Accessibilità – Con lo sfumare dei confini tra ristorazione e retail, i rivenditori stanno cercando di catturare le opportunità di consumo immediato, mentre bar e ristoranti stanno puntando al consumo domestico, un mercato tradizionalmente dominato dal retail. Per raggiungere questo obiettivo, i ristoranti stanno espandendo le loro offerte includendo takeaway, drive-thru e possibilità di consegna. Questo permette loro di essere una scelta, non solo quando i consumatori mangiano in loco, ma anche quando consumano a casa.

Queste opzioni – takeaway, drive-thru e consegna – rappresentano ora il 43% della spesa totale nel settore foodservice, equivalendo a un aumento di 6 punti percentuali rispetto ai livelli pre-COVID.

La scheda sintetica di Circana

Circana è l’azienda leader nella gestione ed interpretazione della complessità del comportamento del consumatore. Grazie a tecnologia unica, analytics, informazioni relative a diverse industry e comprovata esperienza in numerosi settori, Circana aiuta oltre 7000 tra i principali Produttori e Distributori nel mondo a raggiungere la chiarezza necessaria per intraprendere azioni strategiche e guidare la crescita del business.

Possiamo contare sulla conoscenza a tutto tondo del consumatore, del punto vendita e della domanda. Questo ci consente di aiutare i clienti, sulla base dei nostri dati, a sfruttare insights ed analisi di valore, in grado di stimolare l’innovazione, soddisfare le esigenze dei consumatori e mantenere la competitività.

I fratelli Bonacchi lanciano a Porretta Terme Guji Hambela, il caffè di terroir dell’Etiopia, domenica 10

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Un coltivatore di caffè (immagine concessa)

PORRETTA TERME (Bologna) – I fratelli Bonacchi aggiungono al loro nutrito portfolio di caffè di terroir il Guji Hambela, una varietà proveniente dalla regione dell’Oromia, a Benti Nenka nel Sud dell’Etiopia, un’area che va dai 2.000 ai 2.300 metri sul livello del mare. Per l’occasione la storica azienda pistoiese ha organizzato domenica 10 novembre dalle 17 un pomeriggio di degustazioni esclusive presso il ristorante Ma.Ma By DejaVu di piazza della Libertà 34 a Porretta Terme.

I fratelli Bonacchi presentano il caffè Guji Hambela

Il programma prevede sia la possibilità di degustare la versione espresso che quella filtro con caffè estratto a caldo sul momento grazie alla guida esperta dell’ambassador Leonardo Maggiori e del coffee expert Sandro Bonacchi, ma anche un cocktail con base di Guji estratto a freddo, tutti accompagnati da esclusivi finger food in pairing.

La famiglia aromatica del Guji Hambela è frutta dolce. Il Flavore senza zucchero richiama il mosto d’uva fermentato accompagnato da una percezione quasi alcolica della bevanda. Con lo zucchero la dolcezza è evidenziata dalle sensazioni aromatiche di amarena sciroppata, prugna disidratata e pasta di mandorle. La delicata acidità rimanda sul finale a sensazioni di bergamotto. Il bouquet aromatico è di mosto d’uva, frutta sciroppata, pasta di mandorle e bergamotto.

La filosofia alla base anche di questo caffè di terroir è unire i protagonisti della filiera del caffè, dagli agricoltori ai consumatori, perseguendo un obiettivo comune: ottenere un caffè buono, pulito e giusto per tutti passando dalla promozione dell’identità e dalla conoscenza del prodotto. Una dichiarazione di impegno verso la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, di salvaguardia della sicurezza alimentare garantita dall’applicazione dei principi dell’agroecologia.

Inclusione sociale e trasparenza lungo tutta la filiera attraverso la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e del lavoro. Sono questi i valori che mettono al centro del modello l’origine specifica del caffè (da chi viene prodotto e in quale luogo) e la tutela della biodiversità come approccio sistemico tra ambiente, comunità e prodotti locali. L’obiettivo è educare e incoraggiare il dialogo, la conoscenza condivisa e la consapevolezza. Restano fondamentali la tracciabilità dei diversi processi, dall’origine alla tazzina, e il diritto al piacere, al gusto, ai sentori aromatici.

Mondo del vino e del caffè hanno molti punti di contatto: zona di provenienza, caratteristiche e qualità dei frutti, gestione agricola, coltivazione, fase di fermentazione. Il termine “naturale” è stato adottato dai fratelli Bonacchi per raccontare la produzione dei semi di caffè “in vigna”, possibilmente privi di difetti e lavorati in organico se non in biodinamico. Per garantire l’autenticità del terroir in tazza, ovvero una perfetta estrazione, il progetto innovativo Ten adotta una cialda in carta da 10 grammi di caffè (il 40% in più di dose classica).

Il risultato in tazza è, a tutti gli effetti, frutto del terroir dal quale la materia prima è nata, coltivata e raccolta: suolo, micro clima, altitudine, varietà botanica, processo di essiccazione del seme e qualità del lavoro umano svolto nella “vigna del caffè” sono le variabili fondamentali.

Informazioni e prenotazioni: 0534 688007 – mamabydejavu@libero.it

NeuroSpot: ecco l’intelligenza artificiale che monitora la performance dei baristi

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Il logo di NeuroSpot

MILANO – L’intelligenza artificiale è sempre più utilizzata anche per incrementare l’efficienza del lavoro nei bar. Grazie all’utilizzo di alcune telecamere installate nel locale, l’intelligenza artificiale può registrare quanto tempo in media i clienti restano nel negozio e quanti caffè vengono serviti dei baristi analizzando la loro velocità e il tempo in cui lavorano.

L’intelligenza artificiale di NeuroSpot

L’idea a base IA è stata ideata grazie all’azienda tecnologica d’avanguardia georgiana NeuroSpot.

Per quanto possa sembrare innovativa, l’ideazione di questo progetto solleva diversi temi riguardanti il benessere e la privacy dei lavoratori.

In Italia, ad esempio, ciò non può essere applicato poiché per legge non è permesso l’uso di telecamere per gestire e controllare i lavoratori.