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Ilaria Cicero, CEO di IEG Asia: “L’Italia piace, porteremo gli espositori stranieri a Rimini”

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Ilaria Cicero Chief Executive Officer of IEG Asia (foto concessa) sigep
Ilaria Cicero Chief Executive Officer of IEG Asia (foto concessa)

MILANO – Italian Exhibition Group (IEG) è ufficialmente sbarcato nel mercato asiatico con la sua società interamente controllata IEG Asia: un passo avanti verso una maggiore internazionalizzazione del brand Sigep già affermato in Europa, dell’italianità nel food&beverage all’estero, che Ilaria Cicero, CEO di IEG Asia Pte. Ltd. Singapore, ha voluto raccontare nella sua genesi, nello sviluppo e nei prossimi obiettivi.

Il caffè, il gelato, il cioccolato, la panificazione e la pasticceria made in Italy: tutto questo è Sigep, e ora lo esporta anche all’estero. Come è nato questo progetto?

“Il progetto nasce alla conclusione di un’analisi svolta dal team di Sigep a Rimini, in cui sono stati presi in considerazione vari mercati: tra questi quello asiatico è risultato quello più in via di sviluppo rispetto al Sud America, l’Africa o gli Stati Uniti che sono piuttosto frammentati.

Proprio da questo studio, che aveva l’obiettivo di individuare i mercati in cui IEG avrebbe avuto maggiori possibilità di crescita, sono emersi la Cina, con cui il Gruppo aveva già una società tramite un partner locale, e poi Singapore: quest’ultima perché si sono aperte due opportunità.

La prima scaturita da una relazione molto stretta con il Singapore Tourism Board (STB), ente governativo legato al Ministero del commercio e dell’industria che da molto tempo aveva mostrato il suo interesse rispetto al Gruppo IEG, che più volte aveva invitato a fare il suo ingresso a Singapore offrendo il giusto supporto.

L’altra occasione si è concretizzata nell’acquisizione di tre eventi locali, non di grandi  dimensioni, che si basavano proprio sui settori di Sigep e ora al suo interno incorporati: Café Asia, International Coffee & Tea Industry Asia e Sweets and Bakes Asia.

Queste sono state la base per lanciare il vero e proprio Sigep Asia, alla sua prima edizione: dalla mia esperienza di oltre 16 anni nel settore fieristico, posso affermare che quando si vuole organizzare una buona fiera all’estero, è necessario contare su un solido zoccolo di espositori locali. Dopodiché si delinea il panorama internazionale.

Quindi si è proceduto a questa acquisizione e io ho assunto qui a Singapore il ruolo di CEO di IEG Asia, società interamente posseduta dall’Italia, il primo marzo dell’anno scorso.

Nella stessa ottica di espansione, l’Italia ha ravvisato che a fine dicembre del 2023, ci sarebbe stata la possibilità di acquisire altre piccole tre fiere di un organizzatore inglese, Montgomery Group: la Speciality Food & Drinks Asia, la Speciality Coffee & Tea Asia e Food2GO.

Singapore National Coffee Championship (foto dal sito)

Questo ulteriore passo in avanti è stato altrettanto strategico perché ogni anno all’interno di queste manifestazioni, si svolgeva la National Singapore Coffee Championship, che seleziona poi lo sfidante che si esibisce l World Coffee Championships.

In Italia, Sigep Rimini svolge la stessa funzione: quindi questa acquisizione fatta in tempo record (appena due mesi e mezzo a fronte di un iter normale in questi casi di almeno 4 mesi) è risultata particolarmente interessante.

In questo modo si è venuta a creare la piattaforma ideale per lanciare Sigep Asia e combinare il food&beverage insieme all’Ho.re.ca.: difatti nell’acquisizione originale, avevamo incluso anche una manifestazione chiamata Restaurant Asia, ora co-organizzata con la Restaurant Association di Singapore.

Infine, ad aprile di quest’anno, IEG Asia ha sottoscritto un memorandum of understanding con IFBA (International Food & Beverage Association). Il risultato finale è un unico evento di tre giorni a fine giugno 2024, che unisce insieme F&B e Ho.re.ca.

Questo perché abbiamo voluto considerare il fatto che Singapore è una città molto cara e competitiva ed è quindi necessario organizzare un’unica manifestazione per attrarre i visitatori internazionali e locali che hanno diverse esigenze e interessi.”

Quali sono le previsioni dei visitatori per questa edizione?

“L’anno scorso abbiamo chiuso con 7.000 visitatori e vorremmo battere questo numero. Abbiamo stimato la presenza innanzitutto dei locali di Singapore e poi dei partecipanti da Cina, Cambogia, Vietnam, Malesia, Indonesia e alcuni dal Middle East.

Key target markets (foto dal sito)

Quest’anno lanciamo anche per la prima volta il programma Buyer, un hosted buyers program, per cui IEG Asia ospiterà 100 buyers qualificati provenienti da quest’area che in questo modo potranno organizzare i loro incontri di business con i nostri espositori locali, italiani e internazionali.”

Quali sono i prodotti italiani che il mercato asiatico sta cercando maggiormente?

La bakery a Sigep Asia (foto dal sito)

L’Italia piace sempre. Quando si parla del nostro Paese, gli occhi degli asiatici si illuminano, perché lo stile del made in Italy è difficilmente replicabile. Quando si parla dei nostri prodotti il mercato si apre: il caffè italiano, il gelato che ancora qui viene confuso per l’ice cream e tutto ciò che riguarda la panificazione e la pasticceria (verranno 3 pasticceri dell’Associazione Apei, Damiano Rizzo, Rocco Scutellà, Emanuele Valsecchi per l’occasione) piace moltissimo.

Inoltre, proprio perché il nostro Paese fa impazzire il Sud Est Asia, avremo delle masterclasses di Carpigiani sul gelato, lo Chef Giuseppe Piffaretti con il panettone, il Richemont Club e la International Union of Bakers and Confectioners, lo Chef Eugenio Morrone sul gelato e la pizza con lo Chef Alessandro di Roberto.

Per cui lo scopo di questa società è tentare di portare sempre più espositori stranieri a Sigep Rimini: questo è il ponte che stiamo costruendo tra l’est e l’ovest.

Per quanto riguarda poi il caffè, sono molto conosciuti i grandi marchi come Lavazza, illycaffè, Segafredo Zanetti, Boncafé, Evoca, Mec3 e Caffè Carraro. La cultura dell’espresso anche qui si sta rafforzando e qualcuno chiede la tazzina one shot invece del double: certo è che va per la maggiore ancora il caffè americano, perché ci sono varie contaminazioni in questo Paese. Non poteva infine mancare l’amarena Fabbri.”

Dal 26 al 28 giugno è prevista la prima edizione di Sigep Asia: quali sono gli asset principali su cui si giocherà questa manifestazione per mostrarsi competitiva rispetto ad altre fiere di settore già attive in questo territorio?

“La competizione è attanagliante: ci dobbiamo già confrontare con Informa Markets con Food Hotel Asia e che è qui presente da tanti anni e negli anni pari organizza anche FHA Ho.re.ca. nel mese di ottobre.

Ci siamo voluti quindi posizionarci su un livello che punta sulla qualità come un boutique event che in 3 giorni permette di racchiudere foodservice, Ho.re.ca. e food&beverage.

In un solo evento noi diamo un panorama più ampio, dalle tecnologie (per la prima volta organizzeremo il Technology Sustainable Pavilion) alla barista competition, dai maestri italiani della pasticceria, gelato, bakery e pizza ad un’idea del futuro del mercato asiatico (nella round table della seconda giornata con l’International Food&Beverage Association e i rispettivi membri di tutte le associazioni di food&beverage nel sud est asiatico).

Inoltre abbiamo coinvolto l’ASEAN Restaurant Alliance, associazione dei ristoranti asiatici, con presenti il presidente, il vicepresidente, il senior member, con associazioni che arrivano da Singapore, Cambogia, Filippine, Malesia e Indonesia per dei talks e per visitare i nostri espositori.”

Cosa ha quindi da insegnare l’Italia del Sigep in termini di tecnologia e tecnica al mercato asiatico?

Technology Innovation Pavilion (foto dal sito)

“Avremo per questo la sezione per la prima volta Technology Sustainable Pavilion, con Truly Robotics che appartiene alla grande azienda giapponese Softbank che a Singapore lancerà per la prima volta dei prodotti nel settore della ristorazione, insieme a diversi espositori che presenteranno le innovazioni nel settore food e Ho.re.ca.

Sono 180 metri quadri che speriamo in futuro di allargare. Ci sarà inoltre la Sand Box, area in cui ci verranno messi in vetrina l’innovazione sostenibile per la ristorazione.”

Attualmente siete presenti a Singapore e China. Quali sono le tappe successive?

“Sicuramente cercare di allargare la manifestazione e avere sempre più partecipazione internazionale. Quest’anno è un lancio, ma vogliamo molti più italiani, il Kuwait Pavilion da raddoppiare, il Giappone e la Cina da triplicare, coinvolgere maggiormente la Germania e altri Paesi europei e infine creare una base globale con quella locale e del Sud Est Asia.

Altro obiettivo resta allargare il Technology Pavilion, organizzare più ted talk, vedere insieme alla casa madre se all’interno della grande area chiamata APAC ci possano essere altri territori in cui collocare Sigep.

Attualmente ci sono tre offerte da tre Paesi diversi: Giappone, Thailandia e Malesia. Ora ci concentriamo sulle fiere e penseremo di ampliarci dal 2025 in poi: adesso è importante consolidare il brand in Cina e a Singapore.

“Sigep” è un brand estremamente conosciuto in Europa (41 anni di storia), mentre in questo mercato ancora abbiamo da lavorare per posizionarci: qui sono più noti FHA e Taifex e noi ci siamo dovuti confrontare come Italia su questo punto.

L’espansione internazionale che a volte è vissuta con timore, è invece l’opportunità per la costruzione della brand awareness di cui beneficia in primis la casa madre: questo aiuta a ottenere espositori e visitatori di altre parti del mondo che dall’Italia è più difficile raggiungere.

Questa politica d’internazionalizzazione è partita con l’arrivo in IEG del CEO, Dottor Corrado Peraboni e l’acquisizione negli Stati Uniti, seguita dal mio collega Francesco Santa che ha proseguito con questa mentalità di far conoscere il Gruppo IEG e i suoi brand uscendo dai confini nazionali. Si deve sempre partire però con la logica di rafforzare lo zoccolo duro locale e creare tutto intorno la parte internazionale.”

Ora lanciamo Sigep Asia con gli altri eventi e subito dopo pensiamo a come crescere in quest’area del mondo.”

Lavazza punta al miliardo di euro di fatturato negli Stati Uniti entro 5 anni

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Giuseppe Lavazza comitato
Giuseppe Lavazza (foto concessa)

MILANO – Le turbolenze di mercato non hanno ridimensionato le ambizioni del Gruppo Lavazza, che punta a crescere ancora in tutto il mondo e reitera l’obiettivo del miliardo di fatturato negli Usa entro 5 anni. Parlando a margine degli Internazionali di tennis di Francia, di cui Lavazza è partner dal 2015, il presidente del Gruppo Giuseppe Lavazza ha affrontato a 360 gradi le difficoltà attuali della filiera e i progetti di sviluppo della sua azienda.

“Mai avevamo vissuto dei tempi così incerti” ha esordito Lavazza. Tutto è cominciato con il Covid. Improvvisamente, bar, alberghi e ristoranti hanno dovuto chiudere i battenti, con gravi conseguenze per il settore del fuori casa.

Quando il mercato si stava poco a poco riprendendo è arrivata la gelata in Brasile, che ha spinto alle stelle i prezzi degli arabica.

Poi è scoppiata la guerra in Ucraina, che ha rinfocolato l’inflazione impattando anche il caffè.

Si è infine innescata la spirale rialzista dei robusta, che hanno spinto verso l’alto anche gli arabica

I prezzi dei robusta sono aumentati di più del 50% rispetto a un anno fa. E a queste difficoltà sono venute ad aggiungersi le tensioni geopolitiche sul canale di Suez, attraverso il quale passa buona parte del caffè robusta che prende la via dell’Europa.

In un contesto così precario, Lavazza ha deciso, anche quest’anno, di contenere i rincari comprimendo gli utili, per preservare volumi e quote di mercato.

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Matteo Borea: “Con l’Eudr i piccoli farmer rischiano di perdere l’accesso al mercato europeo”

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matteo borea eudr
Matteo Borea (immagine concessa)

Matteo Borea, Barista Coach e terza generazione della torrefazione La Genovese di Albenga (Savona), spiega in un’approfondita e interessante analisi le possibili conseguenze nel mercato dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sulla deforestazione (Eudr), che sarà implementato nell’Unione Europea a partire dalla fine di dicembre 2024.

La legge impone che tutte le aziende e i Paesi che vendono prodotti all’Unione Europea devono dimostrare che non provengano da terreni deforestati dopo il 2020. L’industria del chicco è particolarmente colpita dal Regolamento, considerando che il vecchio continente è il maggior importatore mondiale di caffè.

Secondo Borea, molti piccoli agricoltori, specialmente nelle aree remote, troveranno difficile conformarsi alle normative a causa di risorse economiche limitate. Leggiamo di seguito le considerazioni di Matteo Borea.

Salvare le foreste, sacrificare il caffè? Il dilemma dell’Eudr

di Matteo Borea

MILANO – Il regolamento UE sulla deforestazione (Eudr) ha inviato onde d’urto attraverso l’industria del commercio globale. Le nuove norme, volte a frenare la deforestazione, stanno avendo effetti di vasta portata su agricoltori, produttori e consumatori in tutto il mondo.

Sicuramente, in questo scenario di cambiamento rivoluzionario, un approccio proattivo può fare la differenza. Ma in che modo queste normative stanno causando conseguenze indesiderate e cosa significa per il futuro del commercio globale?

Analizziamo prima di tutto il contesto per comprendere l’impatto di questo regolamento su agricoltori e produttori.

L’Eudr impone che tutte le aziende e i Paesi che vendono prodotti all’UE devono dimostrare che tali prodotti non provengono da terreni deforestati dopo il 2020.

Le normative riguardano materie prime come soia, bestiame, olio di palma, gomma, legno, cacao e naturalmente anche il caffè.

Di conseguenza riguarda anche i prodotti che le contengono e non serve sottolineare che sono moltissimi. Ciò significa che le aziende, i produttori e gli agricoltori devono presentare una documentazione dettagliata che tracci ogni materia prima fino alla sua origine, includendo la mappatura dei confini dei terreni e le coordinate.

L’industria del caffè è particolarmente colpita dall’Eudr, dato che l’Unione Europea è il maggior importatore mondiale di caffè.

I produttori, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo come Colombia, Brasile e Vietnam, devono ora affrontare una pressione significativa per dimostrare che le loro piantagioni non contribuiscono alla deforestazione. La domanda che sorge spontanea è: lo faranno? O meglio, sono in grado di farlo? Lo vedremo.

Per molti agricoltori, specialmente quelli in aree remote con un accesso limitato alla tecnologia, questo processo può essere scoraggiante e costoso. Alcuni potrebbero dover ricorrere a intermediari o a servizi di terze parti per ottenere la necessaria verifica dei dati, riducendo ulteriormente i loro già esigui margini di profitto. E la domanda risorge spontanea: lo faranno? Sono in grado di farlo?

Mentre tutte le aziende devono affrontare queste nuove sfide, i piccoli agricoltori sono particolarmente colpiti. Molti di loro, specialmente nelle aree remote, trovano difficile conformarsi alle normative a causa di risorse limitate e accesso alla tecnologia. Molti agricoltori delle zone rurali potrebbero non avere la formazione o gli strumenti necessari per soddisfare i requisiti.

L’impatto dell’Eudr si fa sentire in modo particolare nei paesi con un’alta percentuale di piccoli agricoltori, come per esempio l’Honduras. Molti di questi produttori non sono nemmeno a conoscenza dell’esistenza di queste nuove regole, il che li rende ancora più vulnerabili alle conseguenze economiche.

Quando si troveranno di fronte alla necessità di rispettare tutte queste regole, molti piccoli agricoltori si troveranno in grave difficoltà. La mancanza di risorse, conoscenze tecniche e accesso alla tecnologia renderà estremamente difficile per loro fornire la documentazione richiesta. Anche se ci sono aziende che offrono servizi e app per smartphone per aiutare i
produttori a conformarsi all’Eudr, gli stessi agricoltori delle aree rurali non possiedono nemmeno smartphone o non hanno accesso a connessioni internet affidabili.

Senza il sostegno e la guida adeguati, questi piccoli produttori rischiano di perdere l’accesso al mercato europeo, che per molti rappresenta una fetta significativa del loro reddito.

Questo potrebbe avere un effetto devastante sulle comunità rurali, spingendo molti agricoltori più in profondità nella povertà o costringendoli ad abbandonare completamente l’agricoltura.

Sono molte le aziende che hanno visto un’opportunità nell’aiutare gli agricoltori a conformarsi alle normative fornendo servizi di mappatura e verifica dei dati. Tuttavia, non tutti gli agricoltori hanno accesso o possono permettersi tali servizi.

La filiera non è ovviamente esente da ripercussioni e non basta protestare e chiedere rinvii. Le difficoltà affrontate dai piccoli agricoltori si riflettono nelle preoccupazioni sollevate a livello globale riguardo all’Eudr.

Più di 55 Paesi saranno interessati dall’Eudr, con un commercio stimato di 110 miliardi di dollari a rischio.

I paesi con un alto numero di piccoli agricoltori, come l’Honduras, stanno facendo pressioni sull’UE per avere più tempo o guida per conformarsi alle normative. E lo stesso fanno le aziende dei paesi consumatori dell’Europa. La logica conseguenza è che i paesi produttori stanno esplorando mercati alternativi al di fuori dell’UE. Ovvio, no? Chi non lo farebbe.

L’Europa è un marketplace molto interessante quindi non intendo insinuare che il caffè sparirà ma non bisogna di certo essere dei super esperti di macro economia per aspettarsi la più logica delle conseguenze: prezzi sempre più alti.

A supporto di questa tesi, leggete questo articolo sui trend di consumo di caffè in Cina. A mio parere questo passaggio è abbastanza significativo: “However, while coffee consumption in the US and Europe is growing around 4% annually, the 2023 China Urban Development Report published by CBN Data and Metuin shows China’s total consumption grew 57% between 2019 and 2023.”

Traducendo il passaggio: “Mentre il consumo di caffè negli Stati Uniti e in Europa cresce di circa il 4% annuo, il China Urban Development Report 2023 pubblicato da CBN Data e Metuin mostra che il consumo totale della Cina è cresciuto del 57% tra il 2019 e il 2023.”

Cliccando qui è possibile leggere l’articolo in lingua inglese.

La domanda cresce ovunque e se i cinesi iniziano a consumare caffè allo stesso ritmo degli europei credo che i produttori non facciano fatica a trovare nuovi clienti.

Mentre gli ambientalisti sottolineano l’urgenza di frenare la deforestazione, i regolatori europei stanno cercando di bilanciare queste preoccupazioni con l’impatto economico su agricoltori e piccole imprese. L’UE ha messo da parte un fondo di 76 milioni di dollari per sostenere i piccoli produttori nel conformarsi alle normative, ma alla fine, la legge è legge.

Che lezione possiamo portarci a casa da questa analisi? E cosa dobbiamo attenerci dal futuro?

Mentre l’Eudr continua a suscitare dibattiti e preoccupazioni, emergono importanti lezioni e considerazioni per il futuro. Sebbene l’implementazione di politiche verdi presenti sfide e compromessi, è importante trovare modi per migliorare e andare avanti. Le normative
stanno spingendo paesi e aziende a ripensare le loro catene di approvvigionamento e a trovare modi per conformarsi alle nuove regole.

È fondamentale che l’UE e le organizzazioni internazionali lavorino a stretto contatto con i Paesi produttori per fornire il supporto necessario ai piccoli agricoltori.

Questo potrebbe includere programmi di formazione, assistenza tecnica e finanziaria per aiutare i produttori a navigare nei complessi requisiti dell’Eudr. Senza questo tipo di interventi, le nuove normative rischiano di avere conseguenze indesiderate e di aggravare le disuguaglianze esistenti nel commercio globale.

L’Eudr sta causando significativi sconvolgimenti nel commercio globale, in particolare per gli agricoltori e i produttori dei paesi in via di sviluppo. Mentre le normative mirano ad affrontare la deforestazione, stanno anche sollevando preoccupazioni sull’impatto economico e sulla fattibilità della conformità.

Mentre il mondo si confronta con queste sfide, è chiaro che trovare un equilibrio tra protezione ambientale e sostenibilità economica sarà cruciale per il futuro del commercio globale. Solo attraverso la collaborazione, il supporto mirato e un’attenta considerazione delle conseguenze indesiderate possiamo sperare di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità senza lasciare indietro le comunità vulnerabili.

Le sfide sono tante e stare a guardare non è a mio parere una buona strategia. Come imprenditori e amanti del caffè, abbiamo il potere e la responsabilità di plasmare il nostro futuro.

Il primo passo è mantenersi curiosi, attenti e connessi ma soprattutto mai fermi.
Optare per strategie che comprendano l’etica e la responsabilità, la condivisione e la trasparenza possono sembrare poco efficaci ma in realtà, sono ciò che ci salverà”.

                                                                                                            Matteo Borea

Espresso di notte: ecco come consumarlo senza turbare il sonno

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

Una recente ricerca portata alla ribalta dal marchio “Emma – The Sleep Company”, una delle aziende top nel settore del sonno, ha analizzato in maniera approfondita la correlazione tra il sonno e il consumo di caffè. Esistono vari modi in cui è possibile consumare il caffè in tarda serata senza rinunciare a un buon riposo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata su Il Centro Meteo Milano.

Il consumo di caffè in tarda serata

MILANO – La presenza di caffeina, potenzialmente, potrebbe turbare il sonno notturno ma esistono vari modi attraverso i quali è possibile consumare il caffè senza avere alcun impatto sul buon riposo.

Emma – The Sleep Company, in collaborazione con la Sleep Expert Theresa Schnorbach, ha individuato queste modalità per “neutralizzare” gli effetti della caffeina anche quando viene assunta in tarda serata.

Una delle prime cose da fare è quella di bere molta acqua per allungare la caffeina in circolo. Trattandosi di un diuretico, la caffeina ci fa produrre urina in più contribuendo a disidratare l’organismo e peggiorando la qualità del sonno.

Per rallentare l’assorbimento del caffè occorre sempre abbinarlo ad un pasto abbondante, altrimenti gli effetti deleteri per il sonno saranno maggiori.

Chi ama il caffè freddo potrebbe sostituirlo con quello caldo, anche perché se questa bevanda viene consumata fredda, conterrà una percentuale di caffeina minore.

Cosa fare per riposare meglio

Il sonno potrebbe essere turbato, non solo dalla caffeina, ma anche da un ambiente poco conciliante o poco rilassante. Una delle cose da fare è quella di evitare di consultare dispositivi elettronici prima di andare a dormire.

Pochi sanno che, bere una tazzina di caffè prima del pisolino, contribisce a svegliarci con uno spirito diverso, decisamente più attivo, e quindi ad essere più produttivi nel lavoro. L’importane è consumarlo dopo pranzo, a stomaco pieno.

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Gran premio della caffetteria: aperte le iscrizioni per la 9° edizione

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gran premio
Una delle passate edizioni del Gran premio della caffetteria (immagine concessa)

MILANO – È stata annunciata l’apertura delle iscrizioni per la 9° edizione del Gran premio della caffetteria, a partire dal 10 giugno 2024. Questa competizione, nata nel 2009, si propone di valorizzare il ruolo del barista e i prodotti a base di caffè a livello nazionale e internazionale, celebrando l’eccellenza delle metodologie italiane riconosciute dall’Aicaf (Accademia italiana maestri del caffè).

Tappe di selezione

La competizione prevede quattro tappe di selezione che si terranno nelle seguenti date e località:

  • 11 ottobre 2024 – Alba (CN) – P.F. Aicaf Piemonte
  • 12 febbraio 2025 – Napoli – Saka Caffè
  • 09 maggio 2025 – Modena – Casa Toschi
  • 18 giugno 2025 – Milano – Anfim (Assago)

Semifinali e finali Host 2025

Obiettivi della Competizione

Il Gran premio della caffetteria italiana non si limita a esaltare le capacità tecniche dei baristi, ma mira anche a promuovere l’enogastronomia italiana attraverso l’integrazione dei prodotti del territorio con il caffè. La competizione offre una piattaforma per i professionisti del caffè, inclusi baristi, barman e addetti alla caffetteria, provenienti sia dal territorio nazionale che da nazioni associate all’AICAF, come Croazia, Marocco e Messico, Perù.

Dettagli della competizione

I partecipanti saranno chiamati a:

  • Allestire e preparare la propria postazione di lavoro.
  • Preparare e servire simultaneamente alla giuria: 2 cappuccini, 2 caffè espressi e 2 drink freddi a base di caffè.
  • Riordinare e sistemare la propria postazione di lavoro.

La competizione sarà accompagnata dalla presentazione dei prodotti elaborati da parte dei concorrenti.

Per le specifiche della competizione è possibile scaricare il regolamento cliccando qui

Come partecipare

Le iscrizioni per partecipare alla competizione si sono aperte il 10 giugno 2024. Questo è il momento perfetto per tutti i professionisti del caffè di dimostrare le loro abilità e di contribuire a promuovere l’eccellenza del caffè italiano nel mondo.

Per accedere al portale dell’iscrizione basta cliccare qui

Amsterdam: ecco il bar gay per nudisti Free Willy

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Amsterdam (immagine: Pixabay)

Ad Amsterdam esiste un locale gay dove i clienti sono incoraggiati a togliersi i vestiti in nome dell’apertura e del relax. Il Free Willy si conferma l’unico bar per nudisti nella città riservato alla comunità LGBTQ+ mentre tolleranza e divertimento nel territorio della capitale dei Paesi Bassi sembrano in calo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Askanews e riportato su Tiscali.

Il bar gay per nudisti Free Willy ad Amsterdam

AMSTERDAM – In un bar di Amsterdam, sei uomini sono riuniti attorno al tavolo da biliardo discutendo su come sia meglio colpire le palline. Sono tutti nudi dalla caviglia in su: benvenuti al Free Willy, un locale gay dove i clienti sono incoraggiati a togliersi i vestiti in nome dell’apertura e del relax.

Il proprietario Richard Keldoulis: “Metà e metà, permettiamo di tenere l’intimo, così molte persone tengono l’intimo ma noi li scoraggiamo e cerchiamo di farli spogliare del tutto. Ma certamente non tutti sono a loro agio nudi, spesso se vedi che quasi tutti sono nudi quei due o tre che fanno resistenza probabilmente leveranno anche loro l’intimo”.

È questo l’unico bar per nudisti ad Amsterdam riservato alla comunità LGBTQ+, una specie di porto sicuro, mentre in città tolleranza e divertimento sembrano decisamente in calo:”Quando sono arrivato ad Amsterdam 30 anni fa avevamo più di un centinaio di locali (gay, ndr), in pratica se ne sono andati quasi tutti, non so quanti locali gay in tutto siano rimasti, probabilmente 20 in città. Tutta questa via aveva un sacco di locali gay hanno tutti chiuso, quindi penso sia davvero importante avere posti dove possiamo incontrarci, dove il personale è gay, tutti quelli che lavorano qui sono gay o queer e così le persone si sentono, ovviamente, molto più a loro agio”.

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Giappone: prevista la sostituzione di 4 milioni di sistemi di pagamento delle vending machine per l’incompatibilità delle nuove banconote

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Giappone Hidetsugu Ueno,
La bandiera del Giappone

In Giappone verranno introdotte dal 3 luglio le nuove banconote da 10mila, 5mila e mille yen (rispettivamente circa 59, 29 e 6 euro) per contrastare le attività di contraffazione. Tuttavia le nuove banconote non saranno accettate dalle casse e dai distributori automatici  che dovranno essere sostituiti o eliminati, in particolare nella parte relativa ai sistemi di pagamento. Secondo una stima, gli apparecchi di questo tipo  in funzione nella terra del Sol Levante sono quasi 4 milioni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Il Post.

La sostituzione delle vending machine in Giappone

TOKYO – A partire dal 3 luglio in Giappone entreranno in circolazione delle nuove banconote da 10mila, 5mila e mille yen (rispettivamente circa 59, 29 e 6 euro). Si tratta di una pratica piuttosto frequente nel paese, dove più o meno ogni vent’anni la Nippon Ginkō, la Banca centrale giapponese, immette delle nuove banconote come misura per scoraggiare le attività di contraffazione.

Come già successo in passato, il cambiamento avrà conseguenze concrete sull’attività di molti esercizi commerciali: tra le altre cose, le nuove banconote non saranno accettate dalle casse e dai distributori automatici usati per velocizzare il lavoro soprattutto dai ristoranti e dai negozi che vendono ramen, che quindi dovranno essere sostituiti o eliminati. In nella parte dei sistemi di pagamento.

Secondo la società di settore Nikkei Compass, gli apparecchi di questo tipo attualmente in funzione sono quasi di 4 milioni.

La prospettiva di doverli cambiare nel giro di pochi mesi preoccupa molti commercianti giapponesi, per cui queste macchine rappresentano uno strumento di lavoro fondamentale. Da un lato infatti consentono di smaltire più velocemente le centinaia di ordini che ricevono ogni giorno, dall’altro permettono un risparmio sui costi del lavoro: senza l’ausilio delle casse automatiche, dovrebbero infatti assumere molti più dipendenti.

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Twinings: Re Carlo III rinnova il royal warrant al brand inglese

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Il logo Twinings

MILANO – Nel suo processo di revisione dei Royal Warrant dopo la morte della regina Elisabetta, e a un anno dalla sua incoronazione, Re Carlo III ha quindi rinnovato il Royal Warrant a Twinings, l’onorificenza che conferisce al brand inglese con oltre 300 anni di storia il titolo di fornitore della casa reale.

Twinings ha ricevuto il primo mandato reale nel 1837 e ha avuto l’onore di fornire tè a ogni successivo monarca britannico, inclusa la regina Elisabetta II.

Lo stemma raffigura il leone d’Inghilterra, l’unicorno di Scozia e uno scudo diviso in quattro quarti, seguito dalle parole “by appointment to His Majesty the King”.

La scheda sintetica di Twinings

Twinings, con oltre 300 anni di storia, è il marchio inglese sinonimo di tè in tutto il mondo ed è stata una delle prime società ad aver introdotto il tè in Gran Bretagna nel lontano 1706. Da 170 anni è fornitore ufficiale della Casa Reale inglese.

Oggi la R. Twining & Co. è presente con i suoi prodotti in 115 paesi e il marchio Twinings è distribuito in Italia fin dal 1956. Per un totale di oltre 50 miscele di tè offerte in Italia e 250 nel mondo, presenta un’articolata gamma di prodotti: tè nero, tè verde, tè bianco, tè aromatizzati, infusi alla frutta e alle erbe. La R. Twining & Co., la cui sede è ad Andover in Hampshire (UK), appartiene all’Associated British Foods plc, una delle prime 50 aziende quotate alla Borsa di Londra (FTSE).

To’ak: ecco il cioccolato più costoso al mondo in Ecuador da 450 euro a tavoletta

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La produzione di cioccolato (Pixabay License)

MILANO – Per trovare il cioccolato che al mondo ha il prezzo più alto bisogna andare in Ecuador. È lì, infatti, una delle patrie del cacao, che viene prodotto un cioccolato realizzato con un ingrediente estremamente raro. Si tratta del cacao Nacional che ha la particolarità di esser raccolto solo da 14 fattorie nella valle Piedra de Plata.

Il costo di questo prodotto raro, selezionato e prodotto con tecniche accurate è di 490 dollari (circa 450 euro) per una tavoletta da 50 grammi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Romana Cordova per il portale NewSicily

È in Ecuador il cioccolato più costoso al mondo

I coltivatori sono quindi pochi ed estremamente selezionati a cui vengono pagate alte tariffe per la raccolta di questo speciale cacao e la produzione del cioccolato. Si chiama To’ak il marchio che dà il nome a questo tipo di prodotto.

Si porta dietro una tradizione antica e vanta il primato di aver realizzato il processo di invecchiamento del cioccolato applicando tecniche molto simili a quelle che si usano in distilleria per l’invecchiamento del whisky e del cognac.

Queste tecniche di invecchiamento sono state sperimentate e perfezionate e il cioccolato è stato inserito in apposite botti di legno dove è rimasto per vario tempo unito a mix aromatici come il legno ecuadoriano di Palo Santo o con il pepe cambogiano.

Ne deriva una particolare aromatizzazione e poi viene sottoposto al confezionamento all’interno di contenitori fatti a mano. Anche questo elemento è un fattore che va ad incidere sul prezzo finale rendendolo particolarmente elevato.

Mangiare il cioccolato To’ak non è per tutti: acquistarlo non vuol dire sborsare solo pochi euro. Il costo di questo prodotto raro, selezionato e prodotto con tecniche accurate è di 490 dollari per una tavoletta da 50 grammi. Una cifra davvero esorbitante che lo fa rientrare a pieno titolo nel guinness dei primati e che lo fa rimanere un sogno per la maggior parte delle persone.

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Cristina Scocchia si racconta ne “Il coraggio di provarci”: la genesi di un amministratore delegato sino dentro illycaffè

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La copertina del libro di Cristina Scocchia (dal sito Sperling & Kupfer)
La copertina del libro di Cristina Scocchia (dal sito Sperling & Kupfer)

MILANO – Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè: ma questo è soltanto il risultato finale di una lunga carriera costellata di grandi nomi aziendali, di esperienze all’estero, di ruoli di responsabilità, di Ebitda, fatturati, leadership. E non solo: nel suo “Il coraggio di provarci. Una storia controvento” edito da Sperling & Kupfer, Cristina Scocchia, accompagnata dalla giornalista Francesca Gambarini, racconta una storia molto umana.

Al punto che alla fine delle 223 pagine, la sensazione è che il titolo più corretto debba essere “Il coraggio di provarci e di riuscirci”.

E sì, perché Cristina Scocchia, la ragazzina partita da un piccolo paese della Liguria con tutta la voglia di affermarsi, ce l’ha fatta e non senza fatica e sacrifici.

Scocchia: dalle origini sino ad oggi, un’evoluzione ambiziosa

Dall’approdo giovanissima in Procter & Gamble, la strada verso la vetta non è sempre stata lineare o priva di compromessi, ma mai la tre volte ceo ha pensato di tirarsi indietro quando si è trattato di prendere decisioni, spesso importanti e necessarie, mantenendo un equilibrio tra vita personale e vita professionale.

Trasferimenti, traslochi, notti lunghissime sui libri e altrettanto dense giornate a capo di team per differenti aziende: quello che non cambia mai in questo racconto di anni è la volontà di realizzare i propri obiettivi anche contrapponendosi alle pressioni esterne – che siano quelle iniziali della sua famiglia, o poi quelle dettate dalla paura di buttarsi in nuove avventure e tanto meno che si tratti di confrontarsi con la cultura ancora arretrata sulla questione di genere in Italia -.

La scalata di Cristina Scocchia è un esempio di meritocrazia, di competenza e anche sì, perché no, di coraggio per l’appunto di sapersi prendere carico il destino di un gruppo, di un’azienda anche nei momenti di crisi, che poi non è altro che una realtà fatta di persone che insieme aspettano di essere guidate da chi con carisma e intraprendenza vuole indirizzarle.

E Cristina Scocchia l’ha sempre sentita dentro di sé questa capacità di essere, con le sue stesse parole, direttore d’orchestra, con tutti i pro e i contro che questo ruolo potrebbe comportare. I vari passaggi da un’azienda all’altra, che l’ha portata poi da L’Oreal a Percassi, si conclude con il suo ingresso in illycaffè.

Ma qualsiasi fosse il posto in cui si è potuto esprimere il genio di amministratore, Scocchia ha portato il suo carattere deciso, la volontà di non lasciare mai nessuno indietro, il forte interesse per restituire sempre qualcosa indietro – molto interessante e significativa la sua lunga esperienza nella Croce Rossa che poi si è tradotta anche nel suo impegno sociale a livello aziendale – il coinvolgimento delle donne in questo suo percorso di crescita.

Dall’Italia all’estero, dall’estero di nuovo in Italia, dovendosi misurare con sfide sempre nuove tra cui anche quella dell’amore e poi della maternità: Scocchia ci ha provato, ci è riuscita, ma in particolare è stata in grado di non rimproverarsi eccessivamente per non essere perfetta nel momento in cui ha dovuto dare priorità ad una sfera piuttosto che all’altra.

Amministratore delegato, moglie, madre: Cristina Scocchia ha dato tutto al 100% senza lasciarsi sconfiggere dagli stereotipi culturali che vogliono una donna ai vertici in un certo modo, o viceversa un’altra persona dentro le mura di casa.

Lei invece ha saputo restare fedele a sé stessa, a quella ragazzina che faceva un po’ preoccupare i genitori perché particolarmente tenace e testarda. E che alla fine, è riuscita a diventare un modello di ispirazione per qualsiasi prossima ragazza e ragazzo, abbia il coraggio di provare.

Basta volerlo per davvero. E questo libro narra proprio questa crescita personale: la cosa bella, è che è una storia vera, che quindi può accadere a chiunque ne abbia la forza.

Il coraggio di provarci. Una storia controvento” edito da Sperling & Kupfer, a 19,90€.