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sabato 23 Novembre 2024
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Starbucks inaugura il 2° store a Verona, il 39° in Italia

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L'entrata del nuovo punto vendita Starbucks (immagine concessa)

VERONA – Verona, la città dell’amore, accoglie il suo secondo store Starbucks, il 39° in Italia. Il negozio, aperto in partnership con Percassi, licenziatario esclusivo del marchio in Italia, sarà situato nel centro commerciale Adigeo e creerà 11 opportunità lavorative nella comunità locale.

Il secondo locale Starbucks a Verona

Situato tra il centro di Verona e l’uscita autostradale Verona Sud, a pochi minuti di auto dal centro urbano, il centro commerciale si sviluppa su una pianta che rappresenta la lettera A come Adigeo, lungo una superficie di circa 47.000 mq, distribuita su due piani.

Ospita più di 130 negozi, da oggi anche Starbucks, dove i visitatori possono trovare moda, beauty, benessere, elettronica, un ampio food court, un supermercato e molteplici servizi per tutte le necessità.

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Il bancone del nuovo store (immagine concessa)

Il design del nuovo store trae ispirazione dall’architettura e dai pittoreschi ponti di Verona ed è caratterizzato da un’atmosfera elegante e delicata, dalle tinte calde e dorate che creano un ambiente amichevole e accogliente.

Il negozio racchiude l’essenza dell’ambiente romantico della città, omaggiato con due artwork a tema floreale posti sulla parete antistante il bancone.

L’interno del locale (immagine concessa)

Lo store si sviluppa su una superficie di 150 mq ed è organizzato in modo da accogliere sia i visitatori in cerca di una pausa veloce da gustare in piedi, sia coloro che vogliono dedicarsi del tempo in una giornata di shopping, rilassandosi in uno dei 21 posti a sedere presenti.

L’anima dello store è l’iconico menù Starbucks, con la sua vasta offerta food e le iconiche bevande.

I clienti possono assaporare i classici espresso e cappuccino, l’intramontabile Frappuccino o la campagna stagionale Summer, che include le bevande fredde come Crème Brulée Cold Brew, Crème Brulée Brown Sugar Frappuccino, Crème Brulée Iced Brown Sugar e Oat Shaken Espresso.

L’offerta food&beverage di Starbucks (immagine concessa)

Indirizzo: Centro commerciale Adigeo, Viale delle Nazioni, 1 Verona (VR) Orari: lunedì-domenica dalle 9.00 alle 21.00

La scheda sintetica di Starbucks Coffee Company

Dal 1971, Starbucks Coffee Company è impegnata nell’approvvigionamento etico e nella torrefazione di caffè Arabica di alta qualità. Con oltre 33.000 negozi in tutto il mondo, oggi Starbucks è il primo torrefattore e rivenditore di specialità caffearie al mondo.

Grazie al suo impegno costante per l’eccellenza e i suoi valori, porta l’unicità della Starbucks Experience nella vita di tutti i clienti attraverso ogni singolo caffè. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

La scheda sintetica di Percassi

Percassi è una società le cui attività comprendono lo sviluppo e la gestione di reti commerciali in franchising di importanti marchi (come Gucci, Armani Exchange, Saint Laurent, Nike, Jordan, Victoria’s Secret, Bath&Body Works, LEGO, Garmin in ambito fashion-beauty e consumer, e Starbucks nel food) e in joint venture, come All’Antico Vinaio. Il gruppo Percassi è anche attivo nella gestione di brand propri (Womo e Bullfrog nel settore della cosmetica, Atalanta in ambito sportivo, Da30Polenta nel food) e detiene una rilevante partecipazione in KIKO Milano.

Percassi opera anche in ambito real estate per la realizzazione di importanti progetti immobiliari nel settore commerciale e direzionale. Per ulteriori informazioni basta cliccare qui.

Bialetti apre un pop-up café e presenta il Perfetto Moka alla mandorla a Milano fino al 15 giugno

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Il pop-up café di Bialetti a Milano (foto: Antinori)

COCCAGLIO (Brescia) – Bialetti, azienda italiana icona del caffè nel mondo, presenta il nuovo Perfetto Moka alla mandorla con un inedito e innovativo pop-up café in Corso Magenta a Milano, ricavato all’interno di un’edicola di quartiere. Da giovedì 13 a sabato 15 giugno 2024, dalle ore 8:00 alle ore 17:00, il pubblico può scoprire e gustare il nuovo caffè aromatizzato Bialetti, in un suggestivo angolo della città, tra eleganti architetture d’epoca, antiche botteghe e locali storici.

Il pop-up café Bialetti in Corso Magenta a Milano

Che sia per un boost di energia prima di iniziare la giornata, dopo pranzo oppure per un break pomeridiano, il pop-up café dell’azienda Bialetti rappresenta la tappa ideale per tutti coloro che cercano una pausa caffè diversa dal solito.

Protagonista indiscusso è, infatti, il nuovo Perfetto Moka alla mandorla, una limited edition per la stagione estiva, che è possibile provare sia caldo, che freddo (con ghiaccio) e, volendo, anche con l’aggiunta di latte di mandorla.

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L’interno del pop-up café (immagine concessa)

Il pop-up café Bialetti si propone, quindi, come un luogo di incontro dove poter scambiare un saluto e due chiacchiere e al contempo degustare una pausa golosa e dissetante, capace di unire il piacere di un buon caffè con la freschezza di un drink estivo, nel pieno spirito della convivialità italiana.

Ed è proprio per celebrare uno dei momenti più cari della vita conviviale italiana, il rito del caffè, che Bialetti ha creato Perfetto Moka, il caffè macinato pensato appositamente per la preparazione in Moka. Una tostatura lenta e controllata, combinata ad una macinatura attentamente calibrata, contraddistingue Perfetto Moka che, oltre alla nuova limited edition alla mandorla, è disponibile in 8 varianti continuative: classico, intenso, delicato, deka, cioccolato, nocciola, vaniglia e caramello.

Perfetto Moka alla mandorla (foto: Antinori)

Il nuovo Perfetto Moka alla mandorla, oltre ad essere proposto gratuitamente presso il Bialetti pop-up café, è disponibile nei negozi Bialetti e online.

La scheda sintetica di Bialetti

L’azienda nasce nel 1919 a Crusinallo, in Piemonte, per volontà di Alfonso Bialetti. Nel 1933 viene realizzata la prima Moka Express, geniale intuizione che ha rivoluzionato il modo di preparare il caffè a casa. Considerata icona di design nel mondo, fa parte delle collezioni permanenti del MoMa di New York e del Triennale Design Museum di Milano.

Il 1999 è l’anno in cui si forma il gruppo Bialetti Industrie, nato dalla fusione tra Alfonso Bialetti & C. e Rondine, realtà leader nella produzione di pentole antiaderenti; la sede viene trasferita a Coccaglio in provincia di Brescia.

Nel 2004 Bialetti fa il suo ingresso nel mondo delle macchine espresso e nel 2010 in quello del caffè con le capsule l Caffè d’Italia. Nei tre anni successivi l’azienda internalizza tutte le fasi della lavorazione del caffè inaugurando una propria torrefazione e mettendo a punto un metodo specifico per creare miscele dal perfetto equilibrio, dall’aroma intenso e dal gusto equilibrato. Dalla conoscenza della Moka e dall’esperienza nel mondo del caffè nel 2021 nasce Perfetto Moka, il caffè Bialetti per chi ama la Moka.

Andrea Slitti: “Puntiamo a 50 mln di fatturato entro 8 anni, dopo Dubai apriremo in Cina”

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Il maître chocolatier Andrea Slitti (immagine concessa)

MONSUMMANO TERME (Pistoia) – Slitti, il noto marchio consolidato nel mondo del caffè e del cacao, ha deciso di creare un nuovo format di cioccolateria e ha prefissato l’obiettivo di raggiungere i 50 milioni di fatturato nell’arco di otto grazie all’aiuto di partner internazionali.

La strategia internazionale di Slitti

L’azienda, come dichiarato da Il Sole 24 Ore-Radiocor e riportato dal portale La Borsa Italiana, chiuderà il fatturato 2024 a 4 milioni di euro, e ha aperto dei nuovi punti vendita anche a Dubai e Abu Dhabi.

“Il middle east e il far east sono le aree a maggior potenziale per noi”, racconta a Il Sole 24 Ore-Radiocor il maestro Cioccolatiere Andrea Slitti, che da trentasei anni guida il Laboratorio di Monsummano Terme.

Dopo Dubai e altre realtà mediorientali, sarà la volta della Cina – conclude Andrea Slitti – dove puntiamo ad avviare un’attività test già nella seconda parte di quest’anno”.

Torino: ecco le pasticcerie che affermano le nuove tendenze

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La Mole Antonelliana, simbolo di Torino (immagine: Pixabay)
Dal Piemonte partono o si importano le nuove tendenze della pasticceria moderna. Alle forme tradizionali si affiancano il cubo, cilindro, sfera o piramide. Questo è il caso della versione italiana della brioche a cubo (il Crubik della Farmacia del Cambio), ovvero la forma studiata da un pasticciere svedese, Bedros Kabranian, e rielaborata da Matteo Baronetto e Maicol Vitellozzi.
Secondo La Repubblica ci sono sette pasticcerie da provare a Torino e in provincia che rappresentano l’ultima innovazione in fatto di dolci: la già nominata Farmacia del Cambio, Maicol, Orsucci, Puddu’s Bakery, Stratta, La Zeppola, Il Dolcino e Blanco. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Lorenzo Cresci per La Repubblica.

Le pasticcerie più innovative di Torino

TORINO – Tutta colpa di un cubo. “Un bel business per chi fa gli stampi”, sostiene un maestro della pasticceria come Iginio Massari. Il quale però dall’alto della sua esperienza ne ha tante di teorie – tipo la “cassata è troppo dolce, non si mangia all’estero” – e forse anche per questo non riesce ad arginare le mode. Perché la pasticceria sta cambiando in tutto il mondo, le novità oggi iniziano sui social – come TikTok – e dilagano scatenando la corsa a chi arriva per primo.
Breve riassunto degli ultimi anni: la geometria si impossessa dell’arte pasticciera, alle forme tradizionali (un millefoglie rettangolare, un bignè tondo, due esempi banali) si affianca il famolo strano: cubo, cilindro, sfera o piramide che siano. Le dimensioni prima si riducono nel nome della monoporzione, sgomitando ora con la quantità di brioche esagerate.
Gli stessi cornetti perdono il diritto a essere chiamati tali, perché vengono frustrati in fase di lievitazione – e così nascono i flat – o si trasformano nella vecchia e cara Girella, dando vita ai New York Roll.

La pasticceria torinese, da sempre all’avanguardia e ammirata in tutto il mondo, si adegua, si fa moderna, si fa sedurre dai 10-15 secondi di un reel su Instagram. Con un vantaggio: stimola una sfida tra il classico e il moderno e mai come in questo momento dà concretezza a una delle teorie più abusate del mondo del cibo: “innovazione e tradizione”.

Il Gusto – l’hub dedicato al mondo del food del gruppo Gedi – segue quotidianamente l’evolversi del mondo della pasticceria e settimanalmente con una rubrica – Sulla punta della lingua – che fa tappa nelle città italiane. Torino da questo punto di vista è effervescenza pura. Perché qui è nata la versione italiana del cubo (il Crubik della Farmacia del Cambio), ovvero la forma studiata da un pasticciere svedese, Bedros Kabranian, e scovata e rielaborata da Matteo Baronetto e Maicol Vitellozzi.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Unione italiana food: nel 2023 in crescita le vendite in volume di caramelle, +1,4%, valore del settore pari a 568 mln

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Caramelle ripiene (immagine concessa)

MILANO – È un prodotto intramontabile, celebrato in tutto il mondo. Con sempre più appassionati che lo apprezzano, non solo per il gusto ma anche per la propria versatilità e giocosità. Protagonista anche di serie tv, videogiochi e ricorrenze, come il Candy Month, evento giunto alla 50esima edizione che si celebra in questo mese negli Stati Uniti. Stiamo parlando delle caramelle, un evergreen legato ai ricordi e al senso di coccola che ogni tanto amiamo concederci.

Secondo un recente studio BVA DOXA – Unione italiana food, nel nostro Paese 9 italiani su 10 (91%) consumano le caramelle e più della metà (57%) lo fa almeno 1-2 volte a settimana. [1]

Nel 2023 in crescita il consumo di caramelle in Italia: l’innovazione guida il settore

A confermare l’apprezzamento dei nostri connazionali per questo prodotto arrivano gli ultimi dati economici del settore.

A novembre 2023 nel nostro Paese, dati NielsenIQ alla mano, le vendite in volume di caramelle si sono attestate a 57,7 milioni di kg per una crescita del +1,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno, mentre il valore del settore è stato pari a 568 milioni di euro.

A trainare il comparto l’ottimo andamento di alcune tipologie come le gelée (+6,8%), le dure e ripiene (+4%) e le gommose (+1,1%).[2] Un settore, quello delle caramelle e della confetteria, che può contare su circa 7.000 addetti, dalla forte impronta innovativa, che ha permesso di intercettare i gusti dei consumatori moderni, anche giovani, proponendo nuovi prodotti e gusti.

Nel settore dolciario ogni anno vengono lanciate sul mercato in media 10-15 nuove caramelle, a fronte di circa 35-40 ricette realizzate. A guidare questa scia sono i prodotti senza zucchero o con un basso apporto calorico. Grande spazio di manovra anche per le cosiddette caramelle nutraceutiche, ossia tutto quel segmento che possa dare benefici per l’organismo come, per esempio, l’apporto di vitamine o propoli per rafforzare le difese immunitarie.

Qualità, ricerca e tradizione

 Le nostre caramelle hanno caratteristiche uniche che non hanno eguali nel mondo. Oggi sul mercato si possono trovare diverse tipologie con gusti o texture che si adattano a diversi stili di consumo: dalle dure alle gommose, dalle gelée alle ripiene. E poi pastiglie o tavolette, mou o toffee, mentine, lecca-lecca: per ciascuno c’è la caramella giusta.

 “Si può affermare che esiste un ‘gusto italiano’, riconoscibile, delle nostre caramelle”, afferma Luigi Serra, produttore e portavoce del progetto Piacere Caramelle. “Ad esempio, sappiamo che gli americani abituati a sapori forti e in taluni casi aggressivi, a colori sgargianti e spesso eccessivi dei loro dolciumi, si sorprendono di una maggiore delicatezza, o precisione e riconoscibilità dei gusti delle nostre caramelle alla frutta, o della ricca cremosità delle nostre caramelle ripiene.  E apprezzano che dietro c’è una tradizione, una ricerca della qualità e dei migliori ingredienti, insomma – ancora una volta – un’altra espressione della sapienza manifatturiera italiana”.

Un prodotto versatile

 Le caramelle sono un prodotto estremamente versatile e si adattano a tanti gusti diversi. Quelle ripiene, sono pensate per coloro che prediligono i prodotti nostrani, essendo questa una tipica produzione italiana: ve ne sono col miele, alla frutta, creme, caffè e persino liquori. Per gli amanti del latte invece ci sono le mou, inventate da un confettiere a Parigi agli inizi del Novecento, e realizzate con panna o con crema di latte.

Le gommose invece sono caratterizzate dalla loro inconfondibile morbidezza ed elasticità e hanno come ingrediente principale la gomma arabica, ottenuta dalla corteccia di un’acacia che cresce in Africa.  Anche le gelatine alla frutta sono un’opzione molto considerata: qui, a fare da padrone, sono infatti i succhi di frutta, che danno a queste caramelle il classico gusto fruttato, e la pectina che ne caratterizza la particolare consistenza. Infine, non possono mancare le caramelle dure. Come fanno a mantenere la loro durezza? È grazie al saccarosio e al glucosio che la superficie delle caramelle dure non presenta screpolature.

 Secondo un recente studio BVA DOXA – Unione Italiana Food, tra le caramelle preferite, 1 italiano su 2 (49%) indica le “mentine” tallonate dalle “morbide o gommose” (48%) e dalle “dure” (39%). Subito dietro le gelée (31%), le ripiene (27%), le mou/toffee (27%), le pastiglie (23%) e le lecca-lecca (10%). Con o senza zucchero? Gli italiani si dividono, il 44% preferisce con e il 56% senza.

Mentre tra i gusti menta, eucalipto e anice (57%), agrumi (46%) e liquirizia (40%) sono invece i più apprezzati dai nostri connazionali. Seguono in questa speciale classifica frutti di bosco, erbe naturali, caffè, miele, caramello, latte, cola, creme, gusti esotici, amarena.[3] 

[1] Ricerca BVA DOXA – Unione Italiana Food “Gli italiani e le caramelle”, 2022

[2] Ricerca NielsenIQ Totale Italia novembre 2023

[3] Ricerca Doxa – Unione Italiana Food 2022

Nel Bar Zi Rosa lo specialty equilibrato per: “Migliorare il caffè napoletano senza per forza doverlo stravolgere”

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Raffaele, titolare del Bar Zi Rosa (foto concessa)
Raffaele, titolare del Bar Zi Rosa (foto concessa)

MILANO – Siamo a sant’Anastasia, comune di Napoli: qui il Bar Zi Rosa scommette sugli specialty. Il perché lo spiega direttamente il titolare Raffaele, un grande lavoratore concentrato sulla diffusione della cultura del caffè ancor più nel mondo offline che in quello online. Un legame che è nato proprio con un caffè, con Luigi Paternoster (che abbiamo già conosciuto qui).

Il Bar Zi Rosa ha 65 anni di storia, sempre con il focus sui clienti, rispettandoli nell’offerta della materia prima e del servizio

Racconta Raffaele: “Mia mamma Rosa già era attentissima al caffè da noi offerto”. La stessa idea di fare del buono nella ristorazione è stata ereditata da suo figlio, che tornato da un’esperienza in Australia che lo ha fatto crescere anche professionalmente sulla cultura del buon caffè, ha preso le redini del locale di famiglia, cominciando collaborazioni con torrefazioni locali per la selezione dei caffè da proporre ai suoi clienti.

“Ho sempre avuto il desiderio di stare attento al mio corpo e al suo nutrimento. Così ho studiato, ho letto, mi sono accorto di avere ancora molto da imparare dal mondo dei caffè. Mi affascinava molto il concetto delle caffetterie nord-europee e ho scoperto così tutta la filiera dello specialty e ho deciso di investire su esso, nonostante il mio locale si trovi in una provincia e non in una grande metropoli.

Sei anni fa ho iniziato ad acquistare caffè dall’estero, ho conosciuto la community dello specialty italiano. Ho seguito corsi e continuo ancora oggi a formarmi e pretendo che i miei ragazzi seguano il mio stesso percorso.”

Chi beve specialty al Bar Zi Rosa?

“Gli over 40 sono ancora legati al vecchio concetto del caffè, quello espresso preso di corsa al bancone. Lentamente però assistiamo ad un cambio generazionale che comunque sarebbe avvenuto anche senza che noi ci muovessimo verso lo specialty. Anche a me i caffè troppo acidi non piacciono e quindi ho mantenuto un maggiore equilibrio per quello che servo nel bar: voglio migliorare il caffè napoletano senza stravolgerlo, con una materia prima di altissima qualità da raccontare ed esprimere. “

Il prezzo o il corpo sono un problema?

La latte art al Bar Zi Rosa (foto concessa)

“L’espresso parte da un 1.30-1.50, ma a seconda dello specialty arriviamo ai 2.50. Ovviamente faccio molto più espressi rispetto al filtro – più o meno due/tre al giorno, soprattutto di pomeriggio -. Siamo una destinazione, le persone devono scegliere di venire da noi perché per raggiungerci bisogna prendere la macchina e sapere dove siamo.

Attualmente siamo 8 a lavorare per coprire un turno che va dalle 7 alle 22.30, con grande importanza per la colazione con dei french toast con il pane fatto da noi, con marmellate artigianali, latte bio, yogurt proteici. Ci divertiamo ma è tanto dura. Una volta al mese poi vado in esplorazione delle caffetterie specialty in tutta Italia.

Con il tempo abbiamo creato delle connessioni importanti e oggi compro il crudo e lo faccio tostare da Luigi Paternoster e da Project Coffee a Firenze.

È capitato anche che nascessero delle collaborazioni: a Londra una ragazza che ha un locale specialty, quando è venuta a Napoli è arrivata da no perché sapeva di poter bere un buon caffè. Le è piaciuto al punto che l’ha voluto acquistare e farselo spedire addirittura nel suo locale a Londra. Ed è iniziata così una partnership.

Grazie al sostegno di Luigi Paernoster nella sperimentazione delle miscele, cerco sempre di trovare qualcosa di meglio.

La mia è una missione: scegliendo di stare in Italia e di occuparmi di questo bene di famiglia, mi sono posto l’obiettivo di farlo rinascere. Il concetto che portiamo avanti è un bistrot che cura molto i prodotti e non potevo non avere il caffè di qualità. Non ammetto che si beva una tazzina senza saperne l’origine e il contenuto.

E i miei ragazzi sono preparati e hanno voglia di lavorare: ho trasmesso loro la mia passione e la mia etica professionale, li incentivo a fare formazione anche a più livelli.

L’angolo caffè nel Bar Zi Rosa (foto concessa)

Per allargare l’offerta al pubblico e iniziarli ai nuovi caffè mi sono fornito di 5 macinacaffè (tutto Malkohenig, ognuno che lavora con differenti miscele).”

Qual è ancora il grande ostacolo?

Sono i gusti. Le persone non sono abituate ad assaggiare certi sapori: lo specialty è avvertito come troppo forte quando non è così., ha semplicemente più note aromatiche rispetto a d un espresso più commerciale. La differenza la fa la comunicazione, l’approccio e la preparazione.

Quando la gente avverte la professionalità, allora ascolta e ha una percezione diversa della tazzina. Spendo tantissimo tempo con i ragazzi affinché riescano a trasmettere il valore in più del nostro caffè.”

Ma quindi è una scelta premiante?

“So benissimo che devo lavorare molto con il food, a pranzo e a cena per poter portare avanti il caffè. Dovrei trovarmi in una città diversa per poter essere soltanto una caffetteria di specialty. All’estero ci sono piccoli spazi che chiudono alle 14 del pomeriggio. Noi abbiamo scelto prodotti ottimi per i pasti, dalla colazione al pranzo, alla cena, che attraggono clienti e questa diventa la nostra occasione per parlare di caffè. Da noi facciamo più espressi al tavolo e nel futuro cercheremo di spingere ancora di più per il servizio non al bancone preso di fretta. Non siamo un bar, siamo un locale completo. “

E per il futuro del Bar Zi Rosa?

“Siamo grandi 70 metri quadri con 9 tavoli: vogliamo esser più piccoli e concentrati sul caffè di qualità, proporre una colazione di livello che deve essere all’altezza dell’espresso, tutto fresco e fatto sul momento. Cerco la perfezione, sapendo che non esiste, ma la tengo come meta che mi spinge sempre in avanti.

Ed è un atteggiamento che premia: da qualche anno arriva qui la gente che mi chiede “che caffè mi fai provare oggi?”. Con il filtro si fa un po’ più di fatica perché bisogna comunicare diversamente, perché molti associano il filtro al caffè americano, e ne hanno un’idea distorta. Ma io confido nelle nuove generazioni, che si stanno aprendo a soluzioni differenti.

Io ad esempio preparo anche l’ibrik, che riesco a proporre durante la giornata.”

Said, 100 anni come fabbrica di cioccolato a Roma: “Siamo riusciti a mantenere invariati i costi, grazie a un sistema di campagne preventive”

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Fabrizio De Mauro ceo Said (foto concessa)
Fabrizio De Mauro ceo Said (foto concessa)

MILANO – Nella capitale esiste una fabbrica di cioccolato che ha 100 anni: il suo nome è Said, un brand che ormai è diventato sinonimo di qualità, un luogo in cui respirare e vivere il cioccolato in maniera immersiva. Ne abbiamo parlato con parlato con il titolare, Fabrizio De Mauro, forte della sua esperienza sul campo iniziata da bambino e tutt’oggi vivida nel suo racconto.

Said in tutto questo tempo, come si è evoluta e cosa invece è rimasto invariato?

“Quando trascorrono 100 anni di attività, attraverso tre generazioni, l’evoluzione si adegua ai tempi, così la sostanza di Said non è cambiata. Non abbiamo mai interrotto la produzione anche perché la nostra famiglia non si è mai staccata dall’azienda, lavorando in armonia.

Mio padre era figlio unico ma, avendo avuto tre figli, ha potuto contare su mia sorella e su di me per una moderna conduzione aziendale

Potrei dunque dire che Said è frutto della gestione negli anni di tre generazioni diverse; mio nonno, mio padre e infine io e mia sorella. Mio nonno era un agguerrito imprenditore che ha creato tutto da zero. Durante e dopo la guerra il business iniziale era basato sulla produzione di caramelle produzione che, nel corso del tempo, ha incontrato delle difficoltà.

Mio padre ha cercato di conservare l’operato di mio nonno, gestendo i debiti funzionali del post guerra. Io, arrivato in azienda circa vent’anni fa, ho cercato di adeguare ai tempi la produzione e iniziare a comunicare il nostro brand con i mezzi del marketing moderno.

bancone angolo Said (Foto concessa)

Cosa invece è rimasta come cifra fondante di Said? Il cioccolato. Non l’abbiamo mai abbandonato ed è stato il nostro core business da sempre. A partire dal 2000, abbiamo creato dei prodotti di più alta qualità e in minore quantità, specializzandoci ulteriormente.

Le ragioni sono state dettate dall’amore per questo mestiere: c’è stato un momento in cui ho pensato di dar via l’azienda negli anni ‘90, perché non riuscivamo a reggere la concorrenza con la grande distribuzione che ha sbilanciato il mercato, ma a fronte di questa crisi ho portato avanti l’orgoglio di famiglia. A quel punto, per restare competitivi ho voluto puntare su un’altra modalità di lavoro, spingendo un discorso che ha fatto entrare le persone nella nostra fabbrica per conoscere il nostro marchio.

Questa scelta è stata particolare: il motivo per cui io e mia sorella abbiamo investito nell’azienda è per l’attaccamento viscerale a questo luogo in cui siamo nati e cresciuti. Mi ricordo che ballavo al ritmo dei macchinari in moto con il profumo del cioccolato: è qualcosa che ti rimane dentro.

Per cui, il percorso dello storytelling del marchio Said è stato quello di far entrare le persone dentro casa nostra e condividere la nostra storia, dai macchinari, alla materia prima. Questo è quello che ci ha dato un grande vantaggio e è stato molto naturale.

L’artigianalità da tre generazioni fa parte dell’esperienza culturale che può affascinare la gente che arriva da noi.

Dentro Said (foto concessa)

La fabbrica, riqualificata per aprirne le porte al pubblico, è rimasta però abbastanza integra con collezioni di stampe per la cioccolata uniche al mondo (ciascun pezzo può valere 200- 300 euro), rappresentando un patrimonio importantissimo da mettere in mostra.”

Il mercato del cioccolato invece in che modo è cambiato e come vi siete adattati?

“Ne abbiamo passate di tutti i colori, a partire dalla guerra con il bombardamento che ha colpito direttamente una parte dello stabilimento e il periodo del post con l’industrializzazione, poi l’avvento della grande distribuzione che è stata gravissima per noi lasciandoci fuori dal mercato.

La fase attuale è certamente terribile ma la supereremo: non è la prima volta che si verifica una cosa del genere e ora non si riesce bene a capire – siccome il cacao è quotato in Borsa – dove inizia la speculazione e dove invece gli effettivi problemi nella coltivazione. Ora si sente molto parlare della crisi ecologica e della produzione a rischio del cacao, ma non so se al momento il problema sia davvero quello.

In ogni caso questa è una notizia che è ben nota e noi cerchiamo di reggere l’urto, così come abbiamo fatto durante il Covid quando lo zucchero si vendeva ad un prezzo 5 volte più alto. Ora c’è anche il problema del trasporto con il blocco del Mar Rosso ma insomma, non è la prima volta che dobbiamo fronteggiare i rincari e quindi siamo un po’ allenati.

Siamo riusciti a mantenere invariati i costi, grazie a un sistema di campagne preventive: ho stoccato e quindi abbiamo potuto mantenere i nostri prezzi dell’anno scorso, pur non essendo economici. In una posizione come questa avremmo dovuto alzare il costo soltanto per reagire alle notizie che si leggono in giro, e invece abbiamo voluto restare in contatto con i nostri clienti fidelizzati.

Abbiamo anche negozi all’estero, dove i nostri soci sono stati selezionati da noi non tra i
grandi gruppi che pure ci hanno corteggiato, ma persone che hanno caratteristiche simili a Said.”

Come si fa a rimanere artigianali con dei numeri da industria?

Antica Fabbrica del Cioccolato Said – Roma (foto concessa)

“Abbiamo un indotto milionario, ma con una forza lavoro d franchisor che è una formula indiretta.

Nei nostri negozi si trovano i nostri cioccolati con una vendita artigianale, controllata. Ciascun punto registra i suoi numeri, ma non sono mai vicini all’industria. Siamo artigiani, perché vogliamo restare ad una decina di negozi con la qualità al primo posto.”

Da dove vi rifornite per il cacao Said?

“Le nostre masse le prendiamo da degli importatori. Purtroppo il bean to bar è una nota dolente: il problema è che non è più praticabile per le piccole aziende. Noi ci siamo occupati della trasformazione fino al 2000. Ma ormai c’è difficoltà nell’attingere al prodotto crudo con dei prezzi altissimi. Non riusciamo a competere.

Con le nostre masse di cacao creiamo le nostre miscele e i nostri prodotti. Per tre generazioni abbiamo lavorato a partire dalla fava di cacao e magari un giorno ci torneremo per delle piccole edizioni. Oggi sono un selezionatore, grazie al nostro storico con il cacao.

Questo perché più la nicchia fa attenzione al prodotto, più c’è bisogno di un background per
portare avanti l’eccellenza.”

Qual è il vostro target di riferimento?

“Il consumatore finale appassionato al prodotto che vuole capire il cioccolato e il lavoro che ci sta dietro. Tutti gli artigiani che si occupano del cioccolato per tradizione, sono emersi dopo la crisi creando un bacino di altissima qualità, e loro ci hanno permesso di creare un humus che recepisse questa nostra materia prima.

Abbiamo iniziato a dedicarci a questo con la vendita diretta al pubblico che ha registrato una grande svolta nelle preferenze: nel 2003 il 75% degli acquisti erano per il cioccolato al latte e ora l’80% è per il fondente. Il nostro cliente con gli anni ha imparato ad apprezzare il cioccolato e quindi il target è alto. Ci vengono a cercare, siamo diventati un punto di riferimento nel mondo artigianale.

Paradossalmente abbiamo creato una tendenza anche per le grandi aziende. Siamo diventati un piccolo fenomeno. Stiamo vivendo un momento particolare, perché adesso c’è una crisi importante che ha colpito anche le aziende più grandi che ora devono cercare di ritornare alla percezione del gusto, spostandosi verso il mondo più artigianale.”

Perché avete scelto la formula del franchising? Quali sono i pro e quali i contro?

Non è una formula che io amo moltissimo: ci sono dei Paesi in cui ci siamo sviluppati, che devono rispondere a delle regole di un mercato economicamente e commercialmente diverso.

Qui il modello di business può funzionare ma sto mirando ad uno sviluppo diretto. Certo abbiamo costruito un sistema di franchising con dei partner che sono come una nostra famiglia e di questo sono molto contento, perché abbiamo mantenuto una dimensione intima che ci ha salvato sino a oggi. Ma sul territorio più occidentale con un controllo maggiore, la volontà è quella di creare un modello di business diretto.

Stiamo cercando di svilupparlo già a Roma, dove stiamo selezionando un negozio, per snellire il nostro modello e avere il primo punto vicino alla fabbrica e sperimentare la gestione diretta in maniera perfetta. Quando avremo rodato bene la macchina, saremo pronti a dare una spinta più veloce in più capitali non soltanto in Italia. Saremo molto attenti ad ogni singolo caso in Europa partendo dall’Italia.”

Quanti dipendenti avete a oggi?

“Siamo pochissimi, siamo 12 persone, con degli stagionali in rotazione. In media ogni nostro negozio in franchising ha di media 25 dipendenti e questo ci porta a totalizzare quasi 300 dipendenti di indotto che, anche se non sono dipendenti diretti nostri, ci amano.”

Nel futuro di Said c’è innovazione in termini di prodotto, di tecnica, di digitalizzazione?

“La nostra proiezione è di mettere i piedi un meccanismo di produzione capillare del nostro
prodotto, in modo da avere un network di negozi a vendita diretta per garantirne qualità, servizio e freschezza. Poi così si difende la nostra nicchia di mercato su cui siamo molto forti. Quello che ci aspettiamo è sviluppare questo sistema in Europa nei prossimi 3-5 anni.

E poi ora c’è già pronta la prossima generazione Said. La cosa più bella è aver visto i miei figli, i miei nipoti riuniti nel progetto famigliare insieme con il nonno che ha 98 anni. Per Natale ci chiudiamo in fabbrica per festeggiare tutti insieme. Ci definiamo artigiani indipendenti del cioccolato nell’ospitalità: quando le persone arrivano da noi, noi li ospitiamo. Questo è il nostro mestiere: inseguiamo il piacere più che il profitto e in questo ci ha salvato proprio il restare piccoli.”

Mercati del caffè in ripresa, tra nervosismo e volatilità indotta dal meteo incerto

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MILANO – Nervosismo e volatilità continuano a caratterizzare i mercati del caffè, che tornano in territorio positivo nella seduta di metà settimana recuperando le perdite iniziali. Settembre – ormai scadenza principale in entrambe le borse – ha guadagnato nella giornata di ieri, mercoledì 12 giugno, l’1,5% a New York e lo 0,8% a Londra chiudendo, rispettivamente, a 224,85 centesimi e a 4.086 dollari.

La spinta ribassista , indotta dagli eccezionali risultati dell’export brasiliano – diffusi martedì da Cecafé a mercati chiusi – si è esaurita nel prosieguo della sessione.

E i problemi meteo nei principali paesi produttori sono tornati a imprimere un andamento rialzista portando moderati guadagni, dopo tre sedute con il segno meno.

Sempre forte sempre, dunque, l’incidenza della variabile climatica esacerbata dall’annunciato ritorno della Niña, atteso a cavallo tra l’estate e l’autunno.

Ma in che direzione stanno andando i mercati del caffè?

“I fondi hanno accumulato posizioni lunghe, ma le loro mosse potrebbero creare ora qualche pressione sui prezzi nel breve termine” ha dichiarato Marcelo Moreira di Archer Consulting, in un’intervista a Bloomberg.

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REPA diventa distributore ufficiale di ricambi originali per Mahlkönig, Anfim, Ditting e HeyCafé

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Il centro logistico di REPA (immagine concessa)

CESENA – REPA, il principale distributore europeo di ricambi per ristorazione professionale, caffè, distributori automatici ed elettrodomestici, è ora distributore ufficiale di ricambi originali per i marchi Mahlkönig, Anfim, Ditting e HeyCafé in Italia, Spagna, Francia, Arabia Saudita, Corea del Sud, India, Australia e Nuova Zelanda, consolidando il suo ruolo di attore chiave del settore caffè a livello mondiale.

I quattro brand sono parte di Hemro Group, tra i leader di mercato nella produzione di macinacaffè.

Come partner di fiducia dei produttori di attrezzature, con un’offerta sempre crescente di parti 100% originali, REPA garantisce la consegna dei ricambi in tempi rapidissimi, attraverso i suoi centri logistici in tutto il mondo. Affidandosi a REPA, caffetterie, torrefattori, importatori e distributori di attrezzature, riducono al minimo l’impatto negativo, sia a livello economico che operativo, derivante dai guasti alle attrezzature e possono quindi concentrarsi sullo sviluppo della loro attività.

Grazie a questa partnership, 3900 ricambi originali Mahlkönig, Anfim, Ditting e HeyCafé sono da oggi disponibili nel webshop all’avanguardia di REPA, tra i più performanti del settore. Tra le numerose funzionalità, la ricerca rapida consente all’utente di effettuare ricerche per marchio, attrezzatura o numero di ricambio originale. La portata globale di REPA, inoltre, garantisce a tutti i clienti una pronta consegna entro 24 ore in Italia, Francia e Spagna e una consegna “premium” in pochi giorni in Arabia Saudita, India, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Ziya Boro, chief sales officer Hemro Group, afferma: “Hemro Group è orgogliosa di annunciare la sua partnership con REPA, a dimostrazione della nostra costante attenzione al cliente. Questa partnership strategica è il segno del nostro impegno a snellire i processi di riparazione e aumentare la reperibilità dei ricambi per i nostri preziosi clienti. Grazie alla forte competenza di REPA in materia di distribuzione dei ricambi ai professionisti,
potremo garantire consegne rapide e ridurre ulteriormente i tempi di riparazione. Insieme, eleviamo l’esperienza del caffè per gli appassionati di tutto il mondo”.

Gilberto Guidi, Group Director Professional Coffee REPA, aggiunge: “Come partner ufficiale scelto dai produttori leader di attrezzature per il settore caffè, REPA è orgogliosa di collaborare con Hemro Group e i suoi distributori in queste aree, impegnandosi a fornire ricambi 100% originali grazie alle sue tecnologie all’avanguardia e a un costante investimento nell’innovazione. Ci impegniamo a servire tutti i clienti Hemro con il pezzo giusto, al momento giusto”.

La scheda sintetica di REPA

REPA è il principale distributore europeo di ricambi per attrezzature per la ristorazione, caffè, distributori automatici ed elettrodomestici ed è un partner di fiducia per i produttori di apparecchiature.

Dal 2022 REPA è una divisione di Parts Town Unlimited, leader mondiale nella distribuzione high-tech di parti di ricambio indispensabili, prodotti e servizi correlati per i settori della ristorazione, degli elettrodomestici e dell’HVAC. I clienti di REPA beneficiano di una forte competenza in materia di ricambi, con oltre 40 anni di esperienza nel mercato da parte di REPA Italia, REPA Deutschland, REPA France, REPA Iberia, ATEL e Big Warehouse.

Con il più grande database del settore accessibile attraverso webshop all’avanguardia, un’elevata disponibilità di magazzino e centri logistici altamente innovativi che assicurano la consegna dei ricambi più rapida del settore, REPA fornisce a ogni cliente il pezzo giusto, al momento giusto, ovunque.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui e qui

La scheda sintetica di Hemro Group

Hemro Group è un gruppo globale di innovatori che crea la tecnologia più avanzata per la macinatura del caffè con i suoi quattro brand di fama mondiale: Mahlkönig, Ditting, Anfim e HeyCafé.

In qualità di leader nella produzione di macinacaffè, macine e relative soluzioni tecnologiche, l’azienda si impegna a garantire l’eccellenza – dalla cura dello
stabilimento, ai nostri sforzi orientati alla sostenibilità e oltre – per rendere il momento del caffè un’esperienza di qualità.

Uniti in Hemro Group, i brand offrono una gamma completa e affidabile di macinacaffè a caffetterie, torrefazioni, rivenditori e baristi domestici. I macinacaffè di Hemro Group sono progettati nei centri tecnologicamente avanzati della sede centrale a Zurigo e prodotti nei tre stabilimenti in Germania, Italia e Cina.

I distributori partner commercializzano i prodotti Hemro in oltre cento paesi. L’accessibilità di Hemro su scala globale fa dell’azienda un partner sicuro e affidabile: con uffici in tutto il mondo, il suo team di innovatori, ingegneri, professionisti del caffè e creativi collabora a livello globale per garantire un futuro brillante al settore caffè.

Sostenuti dallo spirito di innovazione, i team sono incoraggiati a pensare oltre agli attuali confini dell’attuale tecnologia di produzione dei macinacaffè. Tutto ciò ha reso possibile l’invenzione della tecnologia “Grind-by- Weight” di Mahlkönig e fa progredire il settore verso un futuro sostenibile e duraturo per il caffè.

Volcafe aderisce alla Piattaforma sul lavoro minorile dell’Ilo

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La scuola a Nariño di Carcafe e Costa Foundation (immagine concessa)

WINTERTHUR (Svizzera) – Il grande impegno di Volcafe nelle terre d’origine si declina in qualità e in sostenibilità, che riguarda in maniera interconnessa l’ambito ambientale, sociale ed economico. Per questo, in linea con l’Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che impegna i Paesi a eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025, Volcafe ha aderito alla Piattaforma sul lavoro minorile dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che riunisce le imprese con l’obiettivo di operare insieme verso l’eliminazione del lavoro dei più giovani nelle terre d’origine.

Volcafe contrasta il lavoro minorile nelle terre d’origine

L’impegno di Volcafe si unisce infatti a quello di diversi operatori del settore, come trader e torrefattori (tra cui la catena tedesca Tchibo e Nestlé) nel progetto “La fine del lavoro minorile nelle catene globali di fornitura” guidato dall’ILO (International Labour Organization) e promosso dalle Nazioni Unite, l’UNICEF, la FAO e l’Unione Europea. Quest’ultima ha stanziato un fondo di 10milioni di euro per affrontare le cause profonde del lavoro minorile concentrandosi principalmente sul caffè. L’azione avrà una durata di 40 mesi e sarà attuata in Honduras, Uganda e Vietnam: in questi Paesi Volcafe ha una presenza radicata da tempo e potrà dare un importante contributo alla divulgazione del progetto e alla sua migliore attuazione.

La Piattaforma sul lavoro minorile è infatti un forum che mette in contatto le imprese per condividere le proprie esperienze, aiutando a individuare le migliori strategie per affrontare la piaga del lavoro minorile che a livello mondiale interessa 160milioni di bambini e ragazzi tra i 7 e i 15 anni e vede la produzione di caffè al quarto posto per numero di Paesi dopo oro, laterizi e canna da zucchero.

Tim Scharrer, direttore operativo e direttore regionale Europa e Nord America di Volcafe (immagine concessa)

“Volcafe è entusiasta di far parte della Piattaforma sul Lavoro Minorile dell’ILO e della sua iniziativa nel settore del caffè. Vogliamo condividere le nostre esperienze, imparare dagli altri e agire di concerto con tutte le principali parti interessate nel tentativo di prevenire e porre fine alla piaga del lavoro minorile”, afferma Tim Scharrer, direttore operativo e direttore regionale Europa e Nord America di Volcafe.

Il sostegno agli agricoltori, il diritto di essere bambini

Da sempre Volcafe nella sua strategia di solidarietà include la cittadinanza responsabile, con l’obiettivo di contrastare il lavoro minorile. A tal fine ha collaborato con ONG, autorità locali e altri attori del settore per realizzare una serie di progetti che aiutano gli agricoltori a migliorare il loro reddito: la migliore leva per svincolare ragazzi e bambini dall’obbligo di contribuire al sostentamento della famiglia, permettendo loro di accedere all’istruzione.

Insieme ad alcuni partner, Volcafe si è impegnata per fornire gli strumenti per la didattica, costruendo o ristrutturando decine di scuole nei Paesi di origine, tra cui Colombia, Perù, Tanzania, Uganda e Vietnam. In Costa Rica e in Guatemala sono stati messi a punto campi giornalieri in cui i coltivatori e i lavoratori possono lasciare in sicurezza i propri figli durante i periodi del raccolto.

“Nel 2015 abbiamo lanciato il progetto Volcafe Way che mira alla sostenibilità, all’ottimizzazione delle risorse nei Paesi produttori e all’innalzamento della qualità del prodotto – afferma Adriano Bagnasco, general manager Volcafe Italia -. I 250 agronomi che nei diversi Paesi d’origine vivono la realtà locale, ne colgono le necessità e suggeriscono interventi su misura per le diverse situazioni”.

Bagnasco aggiunge: “Conducono regolarmente corsi di formazione con gli agricoltori su temi che vanno dalle buone pratiche agricole alla necessità di prevenire il lavoro minorile. Questa attenzione si trova anche all’interno del nuovo e migliorato programma per i caffè con provenienza responsabile Volcafe RS, un nuovo standard che crea un approccio armonizzato nell’approvvigionamento responsabile del caffè, ottemperando a più di 50 criteri di sostenibilità (Control Points) che coprono temi economici, di tutela dell’ambiente e sociali, tra cui la protezione e l’educazione dei bambini”.

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Adriano Bagnasco, general manager Volcafe Italia (immagine concessa)

Grazie alla sua attenzione all’ambiente, alle pratiche lavorative, ai diritti umani, all’etica e agli acquisti sostenibili, Volcafe nel 2022 ha ottenuto la certificazione EcoVadis, il principale fornitore di valutazioni sulla sostenibilità delle imprese a livello internazionale, meritando la medaglia d’oro, attribuita solo al 5% delle oltre 100mila aziende monitorate in più di 175 Paesi nel mondo.

La Piattaforma sul lavoro minorile dellILO e del Global Compact delle Nazioni Unite è un forum mondiale che mette in contatto le imprese di diversi settori e regioni del mondo per condividere le rispettive esperienze nella lotta contro il lavoro minorile nelle filiere produttive. Co-diretta dall’Organizzazione Internazionale degli Imprenditori e dalla Confederazione Sindacale Internazionale (con affiliati rispettivamente in 150 e 163 Paesi), la Piattaforma opera regolarmente anche con le federazioni sindacali mondiali per migliorare il collegamento delle imprese con le strutture nazionali e con i processi volti a eliminare il lavoro minorile nei paesi interessati. Fornisce informazioni di difficile reperibilità sulle tendenze emergenti in materia di lavoro minorile e lavoro dignitoso, consentendo alle imprese di adattarsi ed anche di anticipare le diverse situazioni in contesti in rapida evoluzione nei paesi di approvvigionamento. La Piattaforma offre inoltre alle aziende l’opportunità di dare un contributo pratico per il raggiungimento dell’Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

La scheda sintetica di ED&F Man

Fondata nel 1783 come società di brokeraggio e commercio di zucchero, ED&F Man negli anni ha allargato il suo raggio d’azione alle melasse e al caffè, acquisendo nel 2004 Volcafe, fondata nel 1851 dai fratelli Solomon e Johann Georg Volkart.

Il Gruppo con sede a Londra, controlla l’intera supply chain delle materie prime, dalla ricerca alla trasformazione, commercializzazione, distribuzione e trasporto ed è leader mondiale nei settori delle melasse e dei mangimi liquidi; tra i leader globali nei mercati di zucchero e caffè. È presente in 60 Paesi con 6000 dipendenti.