GRADISCA D’ISONZO (Gorizia) – La San Marco ha svelato i nomi dei tre esperti del caffè espresso che saranno protagonisti allo stand dell’azienda isontina, leader mondiale nella produzione delle macchine per il caffè, a Copenhagen dal 27 al 29 giugno 2024 al World of Coffee, il più importante evento fieristico europeo del settore e uno dei maggiori a livello globale.
I workshop firmati La San Marco a World of Coffee Copenhagen
I tre professionisti che terranno dei workshop aperti ai visitatori appassionati e cultori dell’espresso sono Fatima Macias, Stefano Cevenini e Paolo Scimone.
Quest’ultimo è torrefattore e fondatore di His Majesty the Coffee, una microtorrefazione di grande pregio situata nel nord Italia con clienti in tutto il mondo.
All’attività di tostatore affianca quella di Coffee Consultant, Qgrader Arabica & Robusta, Authorised Sca Trainer e giudice per la disciplina Roaster. Scimone darà il via all’inteso programma di workshop con l’incontro dal titolo “I miti dell’espresso in Leva sono stati sfatati: Una degustazione esclusiva, Sua Maestà la torrefazione” il 27 giugno alle ore 14.00.
Insieme a Scimone a Copenaghen con La San Marco ci sarà Stefano Cevenini: classe ‘99, ha frequentato la scuola alberghiera e ha lavorato in diverse caffetterie ed hotel di pregio. Nel 2019 ha vinto il World Espresso Champion, e, ad oggi, è l’italiano più giovane ad essere riuscito nell’impresa.
Cevenini ha iniziato la sua carriera di trainer e consulente frequentando diversi corsi. Nel 2020 ha fondato insieme a Simone il Full Service Training Lab, luogo adibito a formazione e ricerca nel settore del caffè. Nel 2023 ha conseguito la lattiera oro del Latte Art Grading System, il massimo livello del circuito nella Latte Art.
Due sono i workshop che saranno condotti da Cevenini, rispettivamente alle 11 e alle 14 del 28 giugno. “Esplorando il brevetto FTL: dare potere al barista del futuro con il controllo di precisione della bacchetta del vapore per una perfetta Latte Art” sarà il primo intervento del professionista bolognese, mentre quello del pomeriggio avrà per titolo “La trasformazione digitale della macchina a leva, per dotare il barista del futuro di innovazione e tradizione”.
A chiudere il ciclo di workshop allo stand EF-001 dell’azienda isontina, sarà Fatima Macias, trainer autorizzata dalla Specialty Coffee Association (SCA) con una passione profonda per il caffè di alta qualità e anni di esperienza nel settore.
La sua missione è diffondere la cultura del caffè di qualità attraverso il suo brand “il5elemento” educando e ispirando sia i professionisti che gli amanti del caffè. L’ultimo giorno di evento fieristico Fatima Macias accoglierà il pubblico allo stand de LaSanMarco per affrontare due tematiche, la prima relativa alla digitalizzazione delle macchine per il caffè e la seconda incentrata sulla Latte Art. Alle 11 Fatima Macias presenterà l’incontro dal titolo “Le macchine a leva diventano digitali: una nuova era per il barista del futuro” e, nel pomeriggio alle 14, “Sbloccare la magia FTL: guida del futuro barista alla perfetta Latte Art”.
La partecipazione dei tre esperti darà ancora maggiore rilievo ai 3 brevetti che LaSanMarco presenterà a World of Coffee, vale a dire il sistema FTL, acronimo che sta per Fine Tuning Lever, un’innovazione tecnica che permette un controllo estremamente preciso del flusso di vapore utilizzato per schiumare il latte; il sistema CLASS!, un dispositivo frenante che agisce durante il ritorno della leva, rendendo il lavoro del barista più facile e sicuro; e, infine, un sistema brevettato di regolazione della macinatura, che include un dispositivo stepless per la regolazione assoluta della granulometria e un dispositivo anti-clumping.
“La partecipazione de La San Marco al World of Coffee – annuncia il direttore generale de La San Marco Roberto Nocera – non sarà solo un’opportunità per mostrare le tecnologie più avanzate dell’azienda, ma anche un’occasione per promuovere la cultura dell’espresso di qualità; i workshop che presenteremo guideranno gli appassionati del nostro brand nel mondo dell’estrazione specialty, utilizzando macchine La San Marco sia con tecnologia a leva che digitale. La San Marco è un’azienda impegnata nello sviluppo e nella diffusione delle proprie tecnologie, con l’obiettivo di trasformare le innovazioni aziendali in valore percepito dai baristi e dagli amanti del caffè in tutto il mondo.”
SANTA MARIA DI SALA (Venezia) – Il World of Coffee 2024 che si svolgerà a Copenhagen dal 27 al 29 giugno, sarà l’evento di lancio per i nuovi prodotti Fiorenzato, azienda italiana produttrice di macinacaffè professionali, che svelerà le innovative funzionalità/ultime innovazioni dei nuovi modelli F64 Evo Sense e F64 Evo Pro Sense, promettendo di elevare l’accuratezza della macinatura a livelli senza precedenti.
Fiorenzato presente al World of Coffee di Copenhagen
Al centro di questa innovazione c’è la tecnologia Sense, una rivoluzione nella precisione della macinatura capace di garantire un’ineguagliabile affidabilità di misura al decigrammo. La cella di carico flottante integrata nella forcella garantisce che ogni dose sia perfetta. La bilancia integrata permette l’uso su superfici non piane e resiste agli urti, grazie al sistema di protezione e antidisturbo brevettato.
Il display touchscreen presenta un’interfaccia grafica intuitiva e con nuove funzionalità, tra cui: sezione dedicata per un facile settaggio dei grammi per la dose singola, doppia e tripla; dashboard per le statistiche plus, per un costante controllo delle prestazioni; la nuova modalità operativa “Master Mode” che permette di salvare il peso e riconoscere il portafiltro.
I modelli F64 Evo Sense e F64 Evo Pro Sense sono dotati di macine piane in acciaio inossidabile M340 da 64 mm, interamente realizzate in Fiorenzato.
Il rivestimento Dark-T, caratteristico della linea Pro, assicura una macinatura precisa e uniforme e una vita utile estendibile fino a 3000 kg, un vero vantaggio per i professionisti che macinano grandi volumi di caffè. Inoltre, con una potenza di 450 watt, diventa possibile gestire agevolmente fino a 3 kg di caffè al giorno, garantendo una performance costante anche durante i carichi di lavoro più intensi.
Il modello Pro presenta ulteriori vantaggi, tra cui una camera di macinatura facilmente estraibile che semplifica ulteriormente la pulizia e la manutenzione del macchinario, senza alcuna variazione granulometrica e con una riduzione della ritenzione fino al 50%. Questo rende F64 Evo Pro Sense una scelta ideale per i professionisti che cercano massima precisione, affidabilità e facilità d’uso.
I nuovi modelli saranno disponibili in una gamma di eleganti colori: Nero opaco, Nero lucido, Grigio Nardò, Grigio classico, Bianco Artico, Bianco perla e Rosso lucido, permettendo una perfetta integrazione estetica in qualsiasi ambiente professionale.
I macinacaffè F64 Evo Sense e F64 Evo Pro Sense sono il futuro della macinatura di precisione. Progettati per soddisfare le esigenze dei professionisti del settore, combinano tecnologia all’avanguardia, facilità d’uso e design raffinato. Venite a scoprirli dal vivo al World of Coffee 2024 di Copenhagen e preparatevi a vivere un’esperienza di macinatura senza pari.
Per ulteriori informazioni, visitate lo stand del brand CE-002 al World of Coffee e cliccate qui.
FIRENZE — Dalle pregiate varietà che si sono guadagnate l’appellativo di “champagne” del caffè, alla miscela che celebra la partenza del Tour de France, fino alle monorigine più esclusive. I caffè di Ditta Artigianale tornano al WoC – World of Coffee, l’evento annuale organizzato dalla Specialty Coffee Associationche quest’anno si svolgerà a Copenaghen dal 27 al 29 giugno.
Ditta Artigianel al World of Coffee di Copenhagen
Tra le novità più attese in degustazione, nell’area Roaster Village (Stand 78), proposte dalla linea di caffetterie dedita allo specialty coffee e micro torrefazione di Firenze, la new entry Cyclist Coffee Blend, miscela in cui si mescolano sentori di mela, lime e spezie per dare la giusta carica agli sportivi e soddisfare le loro esigenze.
Un caffè che celebra l’imminente partenza del Tour de France, nato dalla passione di un vero ciclista: il pluripremiato campione baristi e assaggiatori Francesco Sanapo, amante delle due ruote tanto da aver promosso un tour in bici per l’Italia per sensibilizzare sul consumo consapevole del caffè. La nuova miscela combina le due esclusive varietà Costa Rica El Diamante ed Etiopia Salomon, ed offre un profilo gustativo senza pari, con un’acidità bilanciata ed una freschezza vibrante per regalare la giusta carica di energia ed una sensazione di rinnovata vitalità, perfetta per ogni sfida.
Imperdibili, per gli appassionati, i caffè appartenenti alla Reserve Collection di Ditta Artigianale: varietà dalle qualità eccezionali ed un gusto talmente unico e complesso da essere considerati gli “champagne” del caffè. Si tratta di sei varietà che si collocano al vertice della scala di valutazione di riferimento (SCA – Specialty Coffee Association), con 92 punti su 100.
Tra i caffè selezionati anche una serie di monorigine come El Diamante, proveniente dal Costa Rica, contraddistinto da note avvolgenti di cannella, cioccolato fondente e un leggero tocco di pan di zenzero e Finca El Paseo, specialty coffee proveniente dalla regione Nariño in Colombia, caratterizzato da note aromatiche di panettone, vaniglia e cioccolato al latte, che si sposano armoniosamente per creare un’esperienza gustativa indimenticabile.
“Il World of Coffee è l’occasione perfetta per celebrare la cultura del caffè, condividere conoscenze e scoprire le ultime tendenze e tecnologie che stanno ridefinendo l’industria del settore – spiega Francesco Sanapo, fondatore insieme a Patrick Hoffer di Ditta Artigianale. – Siamo entusiasti di poter far conoscere agli appassionati le nostre varietà più esclusive e i produttori con i quali collaboriamo, che lavorano il caffè con una particolare attenzione alla terra e ai lavoratori”.
La scheda sintetica di Ditta Artigianale
La mission di Ditta Artigianale, fondata nel 2013 da Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore e da Patrick Hoffer, è quella di portare in Italia caffè di estrema qualità e di raccontarli in maniera completamente diversa, mettendo in campo la totale trasparenza e l’impegno alla sostenibilità in tutti e per tutti gli step produttivi. È anche microtorrefazione e i caffè, tostati e serviti freschi, sono disponibili per l’acquisto anche sul sito.
Lo scorso ottobre, infine, ha aperto la nuova torrefazione alle porte di Firenze, nuovo cuore pulsante dell’azienda. Un gioiello di 250 metri quadri, con macchine per la tostatura del caffè di ultima generazione ed una capacità produttiva di oltre 300kg di caffè al giorno, ovvero 6,5 tonnellate al mese.
Qui Ditta Artigianale produce 20 varietà di caffè, provenienti prevalentemente da Africa, Asia, America centrale e Sudamerica da filiere controllate, dove i singoli produttori utilizzano processi produttivi trasparenti e rispettosi dell’ambiente per offrire al consumatore finale un caffè di elevata qualità, capace di esaltare ogni sua caratteristica.
CESENA – REPA, il principale distributore europeo di ricambi per attrezzature per la ristorazione, caffè, distributori automatici ed elettrodomestici è ora distributore ufficiale per i ricambi originali Sagi in tutto il mondo. Il rinomato marchio italiano di Angelo Po, parte di Marmon Foodservice Technologies, produce apparecchiature refrigerate per la conservazione degli alimenti.
Grazie alla partnership globale, i clienti Sagi possono ora accedere a 2.697 ricambi originali Sagi con tempi di consegna molto rapidi e un servizio post-vendita di altissimo livello.
REPA è distributore ufficiale di Sagi
I sistemi di refrigerazione sono fondamentali per gli operatori della ristorazione e non solo, in quanto garantiscono la sicurezza dei cibi e la riduzione degli sprechi alimentari. Ogni volta che un impianto si rompe, i gestori di ristoranti, pizzerie, gelaterie o pasticcerie devono trovare il modo più veloce per risolvere il guasto e ridurre al minimo l’impatto negativo sulla loro attività.
La disponibilità dei ricambi originali Sagi nel webshop REPA, dotato di disegni esplosi e numerose funzionalità di ricerca rapida dei ricambi per marchio, attrezzatura o codice originale, consente ora ai tecnici dei centri assistenza di riparare rapidamente le apparecchiature, attingendo al più grande database del settore.
“Abbiamo scelto REPA per garantire la disponibilità e la velocità del servizio a tutti i nostri clienti”, afferma Paolo Mauri, global customer care manager di Sagi. “Assicurarci che i nostri clienti possano trovare i pezzi giusti al momento giusto è fondamentale per sostenere il nostro marchio.”
Alexander Wiegand, ceo di REPA, aggiunge: “Siamo orgogliosi di collaborare con uno dei brand italiani più amati della refrigerazione, aiutando i clienti Sagi di tutto il mondo a rimanere operativi e in attivo, anche nel momento più critico, la rottura di un’attrezzatura. Sagi si unisce a decine di marchi rinomati che si affidano alle soluzioni REPA per i partner OEM e al suo one-stop shop di ricambi originali, disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7.”
La scheda sintetica di REPA
REPA è il principale distributore europeo di ricambi per attrezzature per la ristorazione, caffè, distributori automatici ed elettrodomestici ed è un partner di fiducia per i produttori di apparecchiature. Dal 2022 REPA è una divisione di Parts Town Unlimited, leader mondiale nella distribuzione high-tech di parti di ricambio indispensabili, prodotti e servizi correlati per i settori della ristorazione, degli elettrodomestici e dell’HVAC.
I clienti di REPA beneficiano di una forte competenza in materia di ricambi, con oltre 40 anni di esperienza nel mercato da parte di REPA Italia, REPA Deutschland, REPA France, REPA Iberia, ATEL e Big Warehouse. Con il più grande database del settore accessibile attraverso webshop all’avanguardia, un’elevata disponibilità di magazzino e centri logistici altamente innovativi che assicurano la consegna dei ricambi più rapida del settore, REPA fornisce a ogni cliente il pezzo giusto, al momento giusto, ovunque.
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MILANO – Il Regolamento del’EUDR è un tema caldissimo su cui tutte le aziende coinvolte, in primis nel settore caffeicolo, si stanno muovendo per trovare le soluzioni migliori tra tecnologie, geolocalizzazione e blockchain: quali sono i prossimi passi più efficienti per contrastare il fenomeno della deforestazione legata alla produzione e commercializzazione di determinate materie prime?
La questione appare semplice ma richiede delle risposte complesse e articolate. Anche perché l’introduzione dell’EUDR da parte dell’Unione Europea ancora presenta più punti di domanda che certezze.
Abbiamo trovato su agendadigitale.eu un interessante articolo firmato da Mario Di Giulio, professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, partner Studio Legale Pavia e Ansaldo, che prova a fare il punto su questo Regolamento, i suoi aspetti più critici e il quadro generale (ma anche nel dettaglio, approfondendo il caso dell’Etiopia).
Leggiamo di seguito parte del testo, che è possibile consultare nella sua versione integrale qui.
Il regolamento dell’EUDR: il quadro generale
Un quadro normativo che impone agli operatori che commercializzano nel territorio della UE bovini, cacao, caffè, palma di cocco, soia, legno e i prodotti derivati (quindi ad esempio anche mobili, carne bovina, ma anche i pellami) di verificare, con la dovuta diligenza, che gli stessi non provengano da terreni che sia stati oggetto di deforestazione e che siano stati prodotti senza violazione dei diritti dei proprietari dei terreni stessi, dei lavoratori e delle comunità locali.
La deforestazione rilevante ai fini della normativa è quella occorsa dopo il 31 dicembre 2020. La normativa stessa sarà efficace a partire dal 30 dicembre del presente anno.
Un periodo di più ampio respiro è stato accordato alle micro e piccole imprese per le quali la conformazione alla normativa parte dal 30 giugno 2025, salvo per quanto concerne il legno e i prodotti derivati.
L’impatto dell’EUDR sul caffè etiope: le sfide dei produttori
L’Etiopia è il primo produttore africano di caffè e il quinto al mondo. Famosa è la qualità del caffè Arabica in essa prodotto, tanto che è oggetto di forte richiesta da parte degli Stati Uniti d’America e di molti paesi europei.
La produzione avviene attraverso cooperative di diverse dimensioni. La produzione del presente anno dovrebbe attestarsi su un valore di circa un miliardo di dollari USA, di cui circa un 7/8 per cento dovrebbe essere destinata alla sola Germania.
Il regolamento anti deforestazione sta quindi sollevando perplessità su come i produttori riusciranno a fornire sufficienti informazioni e documentazione affinché gli importatori dei paesi dell’Unione Europea possano verificare la compliance al regolamento stesso.
I produttori etiopi stanno quindi concentrandosi sull’utilizzo delle tecnologie al fine di dimostrare i luoghi di produzione, affinché ne sia dimostrata l’estraneità ai terreni oggetto di deforestazione dopo il 31 dicembre 2020. Il tema è comune ad altri paesi quali il Brasile, il Vietnam, il Perù e l’Uganda tanto per citarne alcuni.
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ROUEN – Segafredo Zanetti France, parte di Massimo Zanetti Beverage Group, è stata insignita della Medaglia d’Oro da EcoVadis. EcoVadis è un sistema di certificazione della responsabilità sociale delle imprese (ESG) attraverso la valutazione delle politiche, delle azioni e dei risultati in tale ambito.
Per Massimo Zanetti Beverage Group agire responsabilmente attraverso il rispetto dei valori di qualità e sostenibilità è parte integrante del business e delle azioni quotidiane delle singole aziende.
Tali principi sono promossi dal Gruppo nei confronti dei propri clienti e consumatori, dei dipendenti e delle comunità locali in cui il Gruppo opera, in una logica di restituzione al territorio che da sempre fa parte del dna dell’azienda.
Il caffè Terra Mia di San Marco
Recentemente, San Marco, brand francese di Segafredo Zanetti che si ispira all’antica tradizione dei mastri torrefattori italiani, ha introdotto Terra Mia, un caffè che contribuisce alla realizzazione di diversi programmi di riforestazione in Centro e Sud America (ne abbiamo parlato qui).
Noto per il suo impegno nella tutela ambientale, nel 2019 San Marco è stato uno dei pionieri nel mercato delle capsule compostabili di origine biologica e senza alluminio; inoltre, nel 2021 ha introdotto una gamma 100% biologica.
NEW YORK – Prosegue il tour di Tuttofood Milano tra i principali poli agroalimentari del pianeta. La grande manifestazione globale del settore food, organizzata da Fiere di Parma a partire dalla prossima edizione (Milano, 5-8 maggio 2025), si è presentata ufficialmente lunedì sera all’Hotel Standard di New York, a margine della seconda giornata del Summer Fancy Food.
Tuttofood a New York per promuovere il food&beverage
Per introdurre temi e contenuti della prossima edizione agli operatori top del mercato americano, lo staff di Fiere di Parma ha scelto “The Italian Aperitivo!”, rodato format itinerante di networking che ha accompagnato nell’ultimo anno la promozione globale dell’evento, sviluppato in collaborazione con Agenzia ICE.
Presenti oltre 220 operatori, tra buyer, rappresentanti delle Trade Promotion Organization estere e delle aziende, oltre a firme di prestigio del giornalismo food a stelle e strisce e a diversi corrispondenti italiani a New York.
Tra gli ospiti istituzionali di questa penultima tappa del roadshow (che si chiuderà a Parigi nel mese di ottobre), presenti anche il presidente della Regione Emilia-Romagna e neo-eletto al Parlamento UE, Stefano Bonaccini e l’assessore regionale all’Agricoltura e Agroalimentare, Caccia e Pesca, Alessio Mammi, proprio a sottolineare due aspetti: in primis, l’importanza che Fiere di Parma riveste nella promozione dell’export emiliano e italiano, in seconda battuta l’affermazione dell’Italia stessa come capofila europea e mondiale nella promozione di nuovi modelli di consumo.
L’evento si è avvalso della collaborazione della Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA e della Regione Emilia-Romagna.
“New York è una tappa cruciale del nostro roadshow” ha ricordato Riccardo Caravita, food & beverage brand manager di Fiere di Parma. “Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano un canale privilegiato per tantissime merceologie del food&beverage in arrivo dall’Italia e dall’intera UE-27; sono, quindi, un laboratorio molto dinamico – e tutto da esplorare – per i prodotti a indicazione geografica, oltre che per tutte quelle aziende capaci di interpretare le tendenze alimentari con un occhio di riguardo ai consumi sostenibili e ai comportamenti socialmente responsabili”.
Caravita aggiunge: “Tuttofood Milano, nella sua rinnovata veste globale, si propone proprio di raccogliere tutti questi spunti e trasformarli in opportunità concrete per gli espositori internazionali, consentendo loro di aprirsi un viatico verso nuovi mercati-obiettivo: a far la differenza è l’expertise che mettiamo in campo in ogni fiera, selezionando migliaia di top buyer estremamente qualificati, provenienti da tutto il mondo. Questi professionisti” – conclude Caravita – “troveranno a Tuttofood2025 decine di migliaia di prodotti capaci di incrociare i trend di consumo e di rendersi alfieri sui mercati globali di un vero e proprio modello alimentare europeo.”
Tra le novità di Tuttofood 2025 presentate a New York, rientra anche il particolare legame che la manifestazione manterrà con Milano: un intreccio che troverà una propria evidenza già nei padiglioni della fiera, per poi espandersi per tutti i luoghi più iconici della città meneghina, grazie a un ricco calendario di attività ed esperienze che si sviluppano in chiave “Fuori Salone”.
Non solo: la nuova caratterizzazione globale della fiera e l’apertura di ben due padiglioni dedicati al cibo dal mondo rendono Tuttofood la principale candidata a raccogliere l’eredità valoriale e quella dimensione spiccatamente europea che Expo 2015 aveva lasciato in dote alla città di Milano.
Per quattro giorni, quindi, nel capoluogo meneghino convoglieranno tutti i principali protagonisti nazionali e internazionali del settore food. La vera sfida di Tuttofood è proprio quella di caratterizzarsi come tavolo globale e permanente sui temi caldi dell’industria alimentare del futuro: tra questi, le nuove tendenze di consumo, i principi di responsabilità ambientale, sociale ed economica della produzione alimentare e la spinta delle aziende verso comportamenti di consumo più consapevoli e sostenibili.
Nasce nella città sabauda il Museo di cioccolato e gianduja, situato nei locali del laboratorio sotterraneo di Pfatisch, storica pasticceria torinese fondata nel 1915 in via Sacchi. Il Museo sarà aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 17:00 illustrando il viaggio del cacao dai Maya ai giorni nostri. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portal SkyTg24.
Il museo di cioccolato e gianduja
TORINO – Dai Maya alla Gen Z gustando il cioccolato in tutte le sue declinazioni, con una attenzione particolare al giuanduja, quell’impasto di cioccolato a base di cacao e nocciole che di Torino è un simbolo.
Nasce nella città sabauda il Museo del cioccolato e della gianduja, nei locali del laboratorio sotterraneo di Pfatisch, storica pasticceria torinese fondata nel 1915 in via Sacchi.
Il viaggio all’interno del Museo del cioccolato e del gianduja parte, appunto, dalle origini legate ai Maya, quando il cacao era utilizzato per le sue caratteristiche curative e magiche, per spostarsi a Casa Savoia dove, si racconta, alcuni membri di quella casata ebbero il privilegio di gustare per primi un alimento a suo modo esotico.
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ANZOLA D’EMILIA (Bologna) – Ecopod Compopack è la creatura nata nel 2020 dagli sforzi congiunti di Steve Lowe e del suo socio Marco Verri, che hanno realizzato la macchina per una produzione sostenibile di imballaggi per cialde e capsule che abbia il minor impatto ambientale possibile.
Presentata nel 2022 all’Ecomondo, fiera riminese, si è sviluppata in questi anni e ora è una tecnologia esportata per lo più all’estero e interessante per tutte le torrefazioni che vogliono abbattere la quantità usata di materiali impiegati per il confezionamento del monoporzionato.
Ecopod: di che si tratta, qual è la tecnologia dietro
“Per il momento abbiamo depositato ben 7 brevetti sulla tecnologia, due dei quali sono registrati con la conferma del Ministero delle imprese e del made in Italy. Il brevetto è multisettoriale, ovvero prevede diverse applicazioni nel mondo del caffè.
Ecopod innanzitutto deriva da due brevetti meccanici. Uno è quello della movimentazione del contenitore delle capsule e delle cialde, che se normalmente girano su delle cinghie, con Ecopod si spostano una contro l’altra, grazie all’uso del campo elettromagnetico che comporta il minimo utilizzo di motori.
Il vantaggio principale è che facilita moltissimo il passaggio da un formato all’altro e inoltre consuma nettamente di meno a parità di velocità degli altri impianti.
Oltre a questo, c’è il brevetto che interessa lo step della chiusura. Con Ecopod abbiamo deciso di sfruttare i sonotrodi – degli apparecchi elettromeccanici che lavorano in alta frequenza e muovono le molecole in punti contenuti con un generatore alle spalle – più 4 schede elettroniche dietro: parliamo di una tecnologia già esistente, ma per la prima volta da noi applicata all’imballaggio.
Fino a poco tempo per sigillare l’imballaggio venivano utilizzate le barre calde, che scaldavano ed entravano in contatto con il materiale che doveva essere saldato e tramite pressione chiudevano l’imballaggio. Questo procedimento è certamente interessante per via dei costi (è più economico del sonotrodo) ma ha due grossi contro: prima di tutto il consumo energetico è esagerato – la quantità dispersa per induzione è enorme.
In un ambiente freddo va perso l’80% del calore – e poi di fatto il sistema può danneggiare il materiale stesso del packaging, in particolare quando questo è organico come è il caso della carta, che resta bruciata.
Per cui è un sistema che non si presta molto per tutte quelle aziende che stanno provando a spostarsi verso l’uso di materiale compostabile.”
Ma quindi quali sono le capsule realmente eco sostenibili?
“Il materiale che tutt’ora è maggiormente utilizzato è l’alluminio, seguito dalla plastica e dalle cialde di carta filtro che comunque contengono una parte di alluminio: materiali che un domani si spera verranno usati sempre meno.
Di fatto però l’alluminio è più costoso della plastica oltre al fatto che la gran maggioranza degli scarti non vengono riciclati. Non c’è molta gente che separa il materiale dal caffè esausto dal contenitore in alluminio. Ad oggi non esiste in Italia una filiera vera e propria di riciclo e dunque l’alluminio finisce nella maggior parte dei casi nell’indifferenziato e così accade con la plastica.
L’effetto green dell’alluminio quindi non è effettivo, anzi, a seconda di come viene ricomposto ci mette più tempo della plastica. Inoltre, il costo necessario per riciclare questo materiale è piuttosto elevato specialmente dal lato energetico. Le aziende quindi fanno prima a comprarlo vergine perché spendono di meno che nel riciclarlo.”
Ecopod può gestire plastica, alluminio e compostabile home
“E questo significa che senza separare i materiali dal caffè, può essere gettato direttamente nell’organico di casa. Ci sono diverse bioplastiche che ora tante aziende stanno studiando, il leader è Corapack a Como, oppure c’è quella in carta realizzata da Pascucci e da Nestlé.
Ecopod è innanzitutto il sistema per l’imballaggio dei prodotti monodose, ma volendo potrebbe anche disegnare le stesse capsule: per esempio, se si ha a disposizione un materiale compatibile tutte le macchine per l’erogazione home e professional, noi siamo in grado di suggerire delle soluzioni adatte a quel caso specifico.
Ecopod è una filosofia: vogliamo cercare di imballare con meno materiale possibile, riducendone la quantità utilizzata. Siamo partiti dal caffè e ora guardiamo ad altri settori. “
Cosa rende una capsula 100% compostabile
“Una capsula 100% compostabile è quella che chiamiamo capsula nuda. Il problema delle capsule classiche, come abbiamo già detto, è che quando si getta il contenitore esausto, aprendolo, il consumatore trova il caffè ormai compresso.
Bene, attraverso gli ultrasuoni, è possibile applicare la stessa pressione e ricavare la capsula nuda che non sarebbe altro che una forma di caffè che di fatto però è privo di imballo.
Con Ecopod ci si sposta dall’imballaggio primario a quello secondario: anziché quindi imballare ogni singola porzione di una scatola da 50 pezzi che poi sono altrettanti 50 che vanno nell’indifferenziato, con Ecopod se ne confezionano 50 come cialda nuda in un unico contenitore riutilizzabile con la barriera d’aria.
Questo è un grande cambiamento: pensiamo che ogni capsula contiene 5 grammi di materiale e 1 di film e che quindi è composto più dal packaging che dal caffè al suo interno. Non ha nessun senso logico.
Con Ecopod riusciamo a ottenere 7-8 grammi di prodotto per ben 20 pezzi e un flowpack che pesa appena 0,01 grammo. E così è evidente che anche lo scarto sarà minore. Ed ecco un’altra buona notizia: Ecopod costa meno degli imballaggi minori, perché si usa meno materiale e 300% in meno di energia sulla macchina.”
Ma invece parliamo della qualità del caffè in questo nuovo sistema di imballaggio: come riuscite a preservare la materia prima?
“La capsula nuda non è adatta all’Italia. Il torrefattore ha bisogno di avere un imballo a tenuta d’aria che non faccia ossidare il chicco e il macinato, per questo usano l’azoto con chiusura ermetica. Ecco che il caffè con Ecopod non funziona per l’espresso classico italiano: non esiste ancora il materiale che dia una garanzia di qualità sul lungo periodo, quando non c’è la barriera.
Una volta che viene aperto l’imballaggio secondario, il caffè non dura più di 5-6 giorni e l’ultimo comunque si sarà in parte rovinato. Ci sono tanti mercati però adatti a questo prodotto: vendiamo molto all’estero. In Inghilterra, in Francia o in Germania o USA, il caffè è solo una piccola parte: la maggioranza è fatta da ricette lunghe a base latte e con tanto zucchero.
Quindi per realizzare una bevanda di questo genere la cialda nuda è molto adatta, va bene per chi consuma molto spesso caffè non di altissima qualità.
Per ora ci stiamo concentrando nel democratizzare una tecnologia che di solito è soltanto per grandi aziende.
E parallelamente stiamo lavorando per potenziare la tecnologia così da poter applicare Ecopod anche al caffè di qualità. Per il momento i risultati migliori in termini di tenuta li abbiamo riscontrati nella latta, che è a tenuta stagna. Ancora meglio del primary packaging esistente. Ma chiaramente presenta problemi di altro tipo che non si sposano con la filosofia Ecopod.
Penso che tra due/tre anni ci avvicineremo ad un imballaggio che possa rispondere anche alle esigenze in termini qualitativi e di shelf life.
Adesso se l’obiettivo è la vendita attraverso la GDO, si deve garantire una shelf life molto lunga, che supera quella attuale di Nespresso compostabile al 100% . Ma se invece si vende direttamente al pubblico, allora è già fattibile.”
MILANO – Dal 1995 la Compagnia del Cioccolato fondata a Perugia, ha resistito alla prova del tempo continuando a rappresentare i consumatori sia esperti che appassionati del cioccolato, come Associazione che educa, informa sul prodotto di qualità. Abbiamo parlato con l’attuale presidente Gilberto Mora, per fare anche un po’ il punto del mercato e delle abitudini di consumo italiane attorno a questo mondo.
Da 25 anni alla ricerca di buon cioccolato: ma cos’è la qualità oggettiva quando si parla di questo prodotto?
“La qualità oggettiva è sostanzialmente cercare di uscire da una logica per cui il cioccolato è semplicemente buono perché piace indiscutibilmente a tutti. Una delle prime cose che abbiamo fatto come associazione è stata costruire già prima del 2000, una scheda di degustazione del cioccolato costituita da circa 25 parametri che aiutano nell’assaggio a valutare oltre il proprio gusto personale.
Abbiamo voluto trovare una qualità oggettiva e per questo ci siamo dati delle regole.
Abbiamo individuato 13 schede di degustazione per ogni tipologia di cioccolato: una più basica sul fondente, una per il latte, una per il gianduia, una per le praline, una per le spalmabili etc.
Questo perché in questo modo, quando consegniamo il nostro Premio Tavoletta d’Oro, attualmente giunto alla 22esima edizione, siamo in grado di selezionare quali sono i migliori cioccolati italiani a partire dalle nostre griglie.
Naturalmente le abbiamo impostate lavorando insieme a dei grandi esperti che già avevano strutturato schede per il vino e per l’olio. Abbiamo deciso quali fossero le macrocategorie su cui puntare: aspetti tattili, olfattivi (retro-olfattivi), gustativi (dolcezza, amarezza, acidità) e al loro interno altri 6 o 7 parametri.
Ad esempio sul cioccolato fondente, l’aspetto retro olfattivo è quello primario, perché si regge sulla forza del cacao e sugli aromi secondari determinati dalla genetica stessa del cacao.
Lo diciamo sempre: non esiste mai un cioccolato, ma solo i cioccolati.
Si usano circa nel grande mondo del cacao, 500 genetiche differenti che come un pittore con la sua tavolozza vengono usate in purezza o in diverse ricette.”
I consumatori italiani sono così consapevoli di cosa ci sia dietro il prodotto finito del cioccolato? Le cose stanno cambiando?
“Le cose stanno cambiando. Ce ne accorgiamo andando in giro durante i panel di degustazione e vedendo il numero di persone che si iscrivono. Il lavoro che dovevamo fare era quello di formare dei chocolate taster che comprendessero realmente quali fossero i cioccolati oggettivamente di qualità elevata.
Perché formando degli esperti, si iniziano a diffondere informazioni ai consumatori su quelli che sono i cioccolati migliori. Da almeno una quindicina di anni se ne parla anche sulla stampa, tra i cioccolatieri che compilano le loro etichette, come un prodotto gourmet e non soltanto come una commodity che piace a tutti.
Questo cambio si nota anche dal fatto che le persone stanno cominciando in Italia, come già accade in Francia e Inghilterra, ad apprezzare cose diverse andando verso cioccolati con aspetti aromatici più raffinati, fondenti e monorigine.
Parliamo chiaramente sempre di consumatori che fanno una scelta gourmet, non di quelli che vanno al supermercato e acquistano a caso le tavolette.”
Che cosa commenta sul mondo bean to bar? Molti artigiani hanno smesso di chiamarsi così perché ormai anche le grandi aziende si fregiano di questo titolo
“E’ un concetto che rischia di confondere il consumatore. Come Compagnia apprezziamo il mondo bean to bar: da oltre 10 anni abbiamo inventato a supporto di questo sistema un progetto in cui selezioniamo il cacao in giro per le piantagioni in Venezuela, Colombia, Ecuador, per trovare materia prima di qualità da fornire ai cioccolatieri italiani (dalle medie industrie ai piccoli produttori) che per tanto tempo non avevano la forza di andare a cercarla ed erano costretti a trattare solo semilavorati.
Ora il mondo bean to bar “originale” è abbastanza limitato per certi versi, in quanto è composto da piccoli produttori e proviene soprattutto da un’idea nata negli USA. Cercare un sacco di cacao, da 50-60 chili, lavorando con mezzi che costano il meno possibile, determina alla fine che su 50 produttori bean to bar ce ne siano soltanto 1 o 2 che riescono a consegnare dei prodotti qualitativi interessanti e di grande impatto.
Il più delle volte si rimane a livello sotto aziendale. Si era invertita una tendenza e chi voleva occuparsi di cioccolato aveva deciso che fosse fondamentale trovare le materie prime, le fave di cacao e recarsi in piantagione per poi lavorarle in laboratorio con tutti i vari passaggi sino al bar.
Ma per avere una propria linea di qualità sufficiente, almeno 100/150mila euro devono essere investiti e molti piccoli artigiani non dispongono di questa cifra.
Faccio sempre un esempio per l’Italia di chi c’è riuscito: uno dei primi produttori bean to bar è stato Marco Colzani, vicino a Monza. Ha iniziato usando delle piccole macchine (addirittura per separare il cacao una volta tostato e franto dalle bucce di cascara, impiegava una diraspatrice di vino) e ora, dopo 15 anni è diventato uno dei cioccolatieri che continua a mantenere uno stile rigoroso e vince numerosi nostri premi.
Adesso il suo laboratorio è molto grande, con mulini a biglie, ma applica ancora una lavorazione molto complessa che rispetta il cacao. Ormai anche le grandi case si sono impossessate del termine bean to bar e mi arrabbio molto per questo: quando si trova una monorigine che costa 2 euro a tavoletta, è evidente che c’è qualcosa che non torna e si capisce che è una maniera di cavalcare le realtà più artigianali e raffinate.
Non ne avrebbero neppure bisogno, perché hanno grossi fatturati e possono contare su macchinari di grande capacità: potrebbero realizzare cioccolato di altissima qualità, ma allo stesso tempo questo comporterebbe una grande ricerca di cacao premium a costi elevati. Per loro diventerebbe controproducente.”
Come racconta e vivete in Associazione questo rincaro incredibile della materia prima?
“Assolutamente è un fenomeno speculativo. Ci chiedevamo da anni quand’è che la speculazione internazionale avrebbe preso di mira il cacao ed ora è successo. Si parte da dicembre quando il cacao basico (quello soprattutto africano che costava il meno possibile, comprato dalle multinazionali) era alla borsa di New York e di Londra sui 3 dollari al chilo per poi arrivare nel giro di un mese e mezzo a 10 dollari al chilo: questo è assolutamente un aspetto che non ha ragione di esistere e che nasce soprattutto da alcuni problemi che effettivamente si sono verificati per via di fattori climatici avversi soprattutto in Africa.
Come Associazione abbiamo sempre dato i nostri cacao del Venezuela e della Colombia a 6-7 euro al chilo, e parliamo di un criollo di grande qualità. Adesso come base si vende il cacao di cattiva qualità che non viene nemmeno fermentato a partire dai 10 dollari.
Siamo di fronte quindi ad un meccanismo per cui qualcuno ha acquistato tanto cacao, l’ha tenuto fermo e decide di non vendere: ci sono tanti cioccolatieri che stanno affrontando problemi perché i loro soliti fornitori dicono che non hanno materia prima a disposizione.
Allo stesso modo è scomparso quasi del tutto il burro di cacao, con costi quasi triplicati.
Per tentare di comprendere meglio cosa stesse accadendo, abbiamo inviato il nostro agronomo alla conferenza dell’ICCO a Bruxelles dove si è potuto discutere di questi aspetti legati anche ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità.
Attualmente non abbiamo la certezza che le stagioni del cacao continuino ad essere le stesse di sempre, con una raccolta principale prevista a ottobre-gennaio e una secondaria tra luglio-agosto. Non sappiamo più quando il cacao sarà pronto perché o piove troppo o c’è eccessiva siccità.
Da quello che è emerso dal confronto con gli agronomi, probabilmente ora questo fenomeno speculativo conoscerà una breve pausa (chi doveva acquistare o riempire i magazzini l’ha già fatto) e per cui si attutirà la salita dei prezzi. È però probabile che entro la fine dell’anno ripartirà in maniera più forte. Bisogna aspettarsi di tutto.
Noi come chi vuole aiutare i consumatori, vogliamo raccontare la situazione, ma è complicato entrare nel merito di cosa significa produrre un cioccolato: se è di alta qualità però, corrisponde a circa 90 euro al chilo per i consumatori.
Bisogna anche iniziare a dire che l’incidenza della materia prima sul costo finale è del 10,
massimo 15%, mentre ora potrà aumentare al 20%. Quello che poi davvero incide sono altri aspetti di produzione, packaging, marketing, e credo che su questi si possa lavorare. I consumatori consapevoli erano disposti a pagare 5 euro per una tavoletta da 50 grammi e ne possono spendere anche 7.”
Come ci si iscrive e quanto costa alla Compagnia del Cioccolato?
“Il nostro lavoro principale è quello di fare informazione e formazione. Il primo punto: ci occupiamo di raccontare da più di 22 anni quali sono i migliori cioccolati italiani in ogni categoria. Anche questo 2024 abbiamo assaggiato sino a febbraio, quasi 1200 differenti cioccolati e abbiamo comunicato in diversi panel di degustazione i migliori.
La formazione: abbiamo il nostro corso per chocolate taster che abbiamo deciso che diventerà un corso su tre livelli. Uno di due giornate per raccontare il mondo del cacao e del cioccolato dove insegniamo naturalmente ad utilizzare le schede di degustazione che ciascun allievo potrà spedire (abbiamo uno staff che le riceve le schede compilate per i vari cioccolati) e ricevere indietro corrette.
Il corso di I livello costa pochissimo (180 euro) +50 euro per la tessera della Compagnia del Cioccolato, che dà quasi 50 euro di cioccolati di qualità per le degustazioni personali.
Con questo primo corso di ottiene un Attestato di partecipazione. Poi un corso più approfondito (tra i 180-200 euro) che prevede una visita da un cioccolatiere per studiare le
macchine, le attività, le tipologie di lavorazione. All’interno anche tutti gli aspetti degli abbinamenti del cioccolato con le varie bevande. Chi vorrà potrà sostenere un esame per ottenere il diploma di Chocolate Taster.
Poi faremo un ulteriore passaggio, organizzando una decina di giorni nelle piantagioni di cacao soprattutto in Venezuela con le città più significative. Visiteremo questi luoghi guidati da degli agronomi nei centri di raccolta in cui avviene la fermentazione, l’essicazione, direttamente alle origini. Tutto questo al costo circa di 2500 euro a persona più i voli internazionali che riusciamo a trovare solitamente a circa 1000 euro.”
Ci parla della Guida che avete formulato per l’analisi specifica dei cioccolati in Italia?
“Abbiamo creato una piccola Guida anni fa, ma in realtà ora la nostra Guida è il risultato del Premio Tavoletta d’oro dove raccontiamo i migliori cioccolati (decretato un vincitore più 7-8 finalisti, su 130 cioccolati oscar italiani). Apriremo a breve sul nostro sito www.cioccolato.it delle pagine specifiche che racconteranno nel dettaglio vincitori e finalisti Gli artigiani o industriali di alta qualità (come Amedei, Colzani, Domori, Gardini, Maglio, Sabadì, Slitti, Gobino, Venchi, Majani ed altri ancora ) ci sono: il termine artigiano è complesso.
Se guardiamo ad esempio un grande produttore come Venchi che lavora con negozi in tutto il mondo, dal punto di vista qualitativo comunque ha almeno la metà dei suoi prodotti realizzati con modalità artigianali.
Per fare un esemplificazione la società Cacao Mar che abbiamo attivato in Venezuela fornisce a proprio a Venchi quasi 80 tonnellate di cacao all’anno selezionato appositamente per creare prodotti di altissima qualità. Non nascondiamoci quindi dietro la definizione di artigiani: tanto esistono molti piccoli produttori che lavorano con semilavorati.
E dall’altra invece ci sono professionisti come Guido Gobino che resta un grande artigiano, con 60 anni di attività alle spalle e i macchinari più industriali. Questo non significa che abbia smesso di fare prodotti di altissima qualità. E lo stesso si può dire di Slitti, Maglio, Majani, Gardini, Amedei. Tutti molto presenti tra i vincitori delle nostre Tavolette d’Oro.”
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