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sabato 26 Aprile 2025
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Mondelez International punta sul cioccolato Hershey: l’operazione può portare a vendite combinate per 50 miliardi di dollari

CHICAGO – Mondelez International Inc. sta valutando l’acquisizione di Hershey Co., il famoso produttore statunitense di cioccolato, in un’operazione che potrebbe creare un colosso alimentare con vendite combinate per quasi 50 miliardi di dollari (48 miliardi di euro), secondo fonti vicine alla questione.

La compagnia con sede a Chicago, come ha riportato il portale d’informazione Bloomberg, ha effettuato un approccio preliminare per una possibile fusione, che hanno richiesto l’anonimato poiché le discussioni sono private.

Mondelez International interessata all’acquisto di Hershey Co.

Bloomberg riporta che: “Le azioni di Hershey Co. sono aumentate fino al 19% questo lunedì, registrando il maggior guadagno intraday in oltre otto anni dopo il report di Bloomberg News”.

Il titolo ha perciò chiuso con un rialzo dell’11% a New York, portando la capitalizzazione di mercato della società a 39 miliardi di dollari. Mondelez, al contrario, è scesa del 2,3%, con una capitalizzazione di mercato di circa 82 miliardi di dollari.

“Non è la prima volta” nota Bloomberg “che Mondelez tenta un accordo con Hershey Co.: nel 2016, aveva abbandonato le trattative per una possibile acquisizione dopo il rifiuto di un’offerta da 23 miliardi di dollari”.

Hershey Co. ha un valore superiore a 44 miliardi di dollari, inclusi i debiti, secondo i dati raccolti da Bloomberg. Questo significa che un’acquisizione della società con sede a Hershey, in Pennsylvania, supererebbe il valore dell’accordo più grande dell’anno: l’acquisto di Kellanova da parte di Mars Inc., avvenuto ad agosto per quasi 36 miliardi di dollari, inclusi i debiti.

Qualsiasi operazione richiederebbe il supporto della Hershey Trust Co., che possiede quasi tutte le azioni di Classe B di Hershey Co., conferendole circa l’80% del potere di voto nella società. Il trust ha gradualmente venduto alcune delle sue azioni Hershey Co. per diversificare i suoi investimenti. Se Hershey Trust fosse favorevole a un’acquisizione, Hershey Co. potrebbe attirare l’interesse di altri potenziali acquirenti, secondo le fonti.

Le trattative sono ancora in una fase iniziale e non c’è certezza che si arrivi a un accordo, hanno detto le fonti. Un rappresentante di Mondelez ha rifiutato di commentare.

Bloomberg Intelligence

Gli analisti Jennifer Bartashus e Jibril Lawal rivelano a Bloomberg:  “L’interesse rinnovato di Mondelez per Hershey, riportato da Bloomberg News, potrebbe portare a un accordo trasformativo che aumenterebbe la quota di mercato globale del cioccolato della società a oltre il 21%. Tuttavia, ci sono ostacoli: il valore aziendale di Hershey è di 45 miliardi di dollari rispetto ai 25 miliardi offerti da Mondelez nel 2016, e la struttura a doppia classe di azioni richiede necessariamente l’approvazione della Hershey Trust. Anche l’approvazione della FTC potrebbe rappresentare una sfida, vista la resistenza dell’agenzia a grandi fusioni”.

Il settore degli alimenti confezionati sta affrontando un calo dei volumi, una crescita rallentata e un indebolimento del consumatore globale. Le aziende stanno puntando su innovazione e nuovi mercati per aumentare le vendite, poiché i consumatori iniziano a opporsi agli aumenti di prezzo e diventano più attenti alla salute, una tendenza che potrebbe portare a ulteriori consolidamenti. Secondo Arun Sundaram, analista di CFRA Research, colossi globali degli snack come Nestlé SA, proprietaria di KitKat e Smarties, potrebbero essere tra i potenziali acquirenti di Hershey Co.

Mondelez produce cracker Ritz, biscotti Oreo e barrette di cioccolato Toblerone. La società è “aperta ad acquisizioni” e ha capacità di indebitamento per operazioni di M&A, puntando a espandere le divisioni di cioccolato, biscotti e snack da forno, hanno scritto gli analisti di Bloomberg Intelligence a settembre. A ottobre, Mondelez ha riportato utili del terzo trimestre superiori alle stime.

Fondata alla fine del XIX secolo, Hershey Co. è nota per i suoi marchi di cioccolato e caramelle, tra cui Hershey’s Kisses, Reese’s Peanut Butter Cups e PayDay. A novembre, ha ampliato il suo portafoglio di dolciumi con l’acquisizione di Sour Strips.

Guidata dall’amministratrice delegata Michele Buck, la società ha subito l’impatto dei prezzi record del cacao, che sono scesi dai loro massimi ma rimangono significativamente elevati rispetto agli anni precedenti. Anche i costi dello zucchero sono alti. Lo scorso mese, Hershey Co. ha rivisto al ribasso le prospettive di crescita delle vendite nette e degli utili, poiché i consumatori, gravati dall’inflazione, prestano più attenzione ai loro budget. Il direttore finanziario Steve Voskuil ha dichiarato che il cacao rappresenterà “la componente principale” dell’inflazione dei costi per l’azienda nel 2025.

I futures sul cacao di New York, che erano diminuiti dopo un picco ad aprile vicino ai 12.000 dollari per tonnellata, sono tornati a salire, aumentando i rischi per i produttori di cioccolato che devono ricostituire coperture e scorte. Il contratto più attivo è aumentato fino al 6,1% lunedì, raggiungendo i 10.454 dollari per tonnellata, il livello intraday più alto dalla fine di aprile.

“L’operazione migliorerebbe il potere d’acquisto di Mondelez sul mercato del cacao, aiutandola a gestire più efficacemente le pressioni sui prezzi in aumento,” ha dichiarato come riportato da Bloomberg Randal Kenworthy, responsabile della divisione prodotti di consumo e industriali presso la società di consulenza West Monroe. “Rafforzerebbe inoltre l’accesso di Mondelez al mercato statunitense, sfruttando la forte presenza del marchio Hershey in Nord America, creando al contempo opportunità di espansione in Europa.”

Domori: Giacomo Biviano è il nuovo amministratore delegato

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Domori ha nominato Giacomo Biviano come amministratore delegato. Biviano, consigliere di Domori da più mandati, ha già ricoperto le cariche di ad di Pintaudi e di presidente di Achillea che, come Domori (e Dammann Fre’res), fanno parte del Polo del Gusto. Leggiamo di seguito parte della notizia de Il Sole 24 Radiocor e riportata sul portale d’informazione Borsa Italiana.

Giacomo Biviano nominato amministratore delegato da Domori

MILANO – Il Consiglio di amministrazione dell’azienda Domori, riunitosi lo scorso 11 dicembre, ha affidato il ruolo di amministratore delegato a Giacomo Biviano, a seguito delle dimissioni per questioni personali di Janluca de Waijer.

Biviano, consigliere di Domori da più mandati, ha già ricoperto le cariche di ad di Pintaudi e di presidente di Achillea che, come Domori (e Dammann Fre’res), fanno parte del Polo del Gusto.

Nel corso del Cda è stata comunicata la fine dei lavori nel nuovo stabilimento di Domori, riguardante il terzo e ultimo lotto che interessa l’area di produzione.

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Nespresso con Banco Alimentare: parte degli oltre 100.000 chili di riso dal riuso del caffè esausto come compost per la coltivazione

MILANO Un chicco di caffè che può trasformarsi in un chicco di riso per chi ne ha bisogno. Quest’anno anche in un piatto caldo direttamente per le strade, con un primo aiuto. Tutto grazie all’impegno di chi sceglie di riciclare le capsule di caffè in alluminio di Nespresso, che dal 2011 ha attivato il progetto “Da Chicco a Chicco” per consentire di rigenerare i due materiali di cui sono composte le capsule, alluminio e caffè, e sopperire a una dinamica di riciclo complessa che non consente alle capsule di essere conferite nella raccolta differenziata di plastica e alluminio, nonché di essere rilevate dagli impianti di riciclo in Italia perché piccole e leggere come altri elementi in alluminio.

Quest’anno il brand Nespresso, sempre insieme al Banco Alimentare, partner storico del progetto da 13 anni, porterà parte degli oltre 100.000 chili di riso prodotto grazie al riuso del caffè esausto come compost per la coltivazione di riso, anche a Fondazione Progetto Arca.

Un ampliamento che permette di raggiungere persone, famiglie e associazioni in 5 regioni italiane grazie alle sedi regionali di Banco Alimentare in Lombardia, Lazio, Piemonte, Puglia ed Emilia-Romagna, ma anche le Cucine mobili che con Progetto Arca forniscono un primo aiuto concreto e un piatto di riso caldo a chi ha più bisogno nelle strade di Milano, Roma, Torino e Bari.

Grazie a un incremento, anno dopo anno, delle associazioni coinvolte nel progetto, in questi 13 anni “Da Chicco a Chicco” ha rappresentato un supporto concreto per oltre 500.000 persone in difficoltà, ogni anno, sul territorio italiano, attraverso la donazione di riso a più di 2.500 strutture caritative tra case di accoglienza e mense, oltre a consegne dedicate e pacchi solidali.

Nel 2024, con l’ingresso di Fondazione Progetto Arca, il riso prodotto dalle capsule esauste raggiungerà anche 60.000 persone per le strade italiane, che quotidianamente, grazie al servizio, Cucine mobili potranno non solo avere un piatto caldo e nutriente, ma accedere alla possibilità di creare relazioni di fiducia attraverso un servizio che unisce assistenza immediata e diretta nei luoghi in cui le persone vivono, a un approccio inclusivo e umano capace di porre le basi per un percorso di reintegrazione sociale.

Attraverso “Da Chicco a Chicco” Nespresso dal 2011 promuove e consente la raccolta e il riciclo delle capsule di caffè in alluminio esauste, con l’obiettivo di riportare a nuova vita i due materiali di cui sono composte, e facendo in modo che possano trasformarsi in una risorsa non solo per l’ambiente, ma anche per la comunità, con un impatto concreto sul territorio e le persone.

Grazie a una collaborazione sancita da un protocollo di intesa con CIAL, Utilitalia e CIC (Consorzio italiano Compostatori), “Da Chicco a Chicco” permette infatti ai clienti di riconsegnare le loro capsule esauste in alluminio nelle Boutique Nespresso o in isole ecologiche partner in tutta Italia, per un totale di oltre 200 punti di raccolta in più di 100 città italiane.

Una volta raccolte le capsule esauste vengono trattate affinché i due materiali che le compongono vengano separati e avviati a riciclo: l’alluminio viene fuso e trasformato in nuovi oggetti, come penne, biciclette o coltellini, mentre il caffè può diventare compost per fertilizzare il terreno di una risaia italiana, da cui nasce il riso che Nespresso riacquista e dona al Banco Alimentare e, da quest’anno, a Fondazione Progetto Arca. Un progetto di economia circolare che ha permesso in 13 anni di donare oltre 6.600 quintali di riso, l’equivalente di oltre 7 milioni di piatti (1 piatto = 90gr).

“L’ingresso di Progetto Arca nel programma Da Chicco a Chicco rappresenta un’evoluzione importante del nostro impegno a generare un impatto positivo sul territorio italiano. Grazie al supporto delle Cucine mobili, possiamo raggiungere direttamente le persone con un primo aiuto, portando non solo un piatto di riso, ma anche un momento di attenzione e cura” ha dichiarato Silvia Totaro, responsabile sostenibilità di Nespresso Italiana. “Progetto Arca si affianca al nostro partner storico, Banco Alimentare, con cui da 13 anni supportiamo con questo prodotto milioni di persone grazie all’impegno dei nostri clienti e delle sedi regionali che si occupano concretamente di far arrivare il riso a chi ha più bisogno”.

A partire dalla serata del 18 dicembre, contemporaneamente in 4 città, Milano, Roma, Torino e Bari le Cucine mobili di Progetto Arca distribuiranno i piatti di riso caldo alle persone per strada, con la possibilità di raggiungere nel corso di tutto il 2025 oltre 60.000 piatti distribuiti a favore delle persone che usufruiscono di questo servizio nato durante la pandemia e diventato parte strutturale della presenza in strada con oltre 6.300 pranzi, cene e prime colazioni servite ogni settimana dai volontari.

 “In queste città siamo presenti ogni sera con i nostri volontari per portare in strada con le Cucine mobili un sostegno alimentare completo, accurato nella preparazione e continuo nella distribuzione. Da oggi, grazie alla donazione di Nespresso, le persone che si rivolgono a noi vedranno un nuovo piatto inserito nel menù, gustoso e versatile, che si adatta bene a tutte le esigenze alimentari, sia per cultura che per dieta. Una novità concreta per continuare a essere al fianco delle persone fragili ogni giorno” ha dichiarato Alberto Sinigallia, presidente Fondazione Progetto Arca

Traguardi importanti, quelli ottenuti quest’anno con la distribuzione di oltre 100.000 chili di riso che potranno essere sulle tavole di chi ne ha più bisogno nelle prossime settimane. Nel dettaglio, sulla base dei bacini di copertura regionale e cittadina dei due beneficiari, quest’anno saranno distribuiti: circa 470 quintali in Lombardia (530.000 piatti), 224 quintali nel Lazio (250.000 piatti), oltre 90 quintali in Piemonte (100.000 piatti) e circa 110 quintali in Puglia (120.000 piatti).

A questi si aggiunge quest’anno l’Emilia-Romagna che potrà supportare i propri assistiti con 100 quintali di riso raggiungendo per il primo anno di collaborazione circa 200 organizzazioni benefiche. In Lombardia invece il progetto raggiunge il tredicesimo anno di attività, con oltre 5 milioni di piatti distribuiti dal 2011 solo nella regione e concretizzando ogni anno un impegno per la circolarità che accomuna e unisce profit e no profit in un’azione a favore del bene e delle persone.

 “Al fianco di Nespresso abbiamo visto crescere negli anni questa importante e virtuosa iniziativa di economia circolare. Siamo grati per averci donato, ancora una volta, un alimento prezioso come il riso per destinarlo alle tante persone in difficoltà, assistite attraverso le strutture caritative convenzionate con le sedi regionali di Banco Alimentare coinvolte sul territorio” ha dichiarato Giovanni Bruno, Presidente Fondazione Banco Alimentare ETS.

I dati sulle donazioni di riso si sommano a quelli relativi al riciclo delle capsule Nespresso che, nel primo semestre del 2024, hanno segnato un +8% a livello nazionale rispetto allo stesso periodo del 2023, consentendo di rimettere in circolo oltre 600 tonnellate di caffè e più di 55 tonnellate di alluminio, entrambe risorse pronte per essere riutilizzate.

“Da Chicco a Chicco” è parte del programma “Nespresso per l’Italia” che racchiude progetti e iniziative per un impatto positivo e concreto sul territorio italiano, a favore non solo dell’ambiente ma anche delle persone e delle comunità.

Per conoscere tutti i punti di raccolta per riciclare le capsule di caffè in alluminio e partecipare attivamente al progetto “Da Chicco a Chicco” visitare il sito: https://www.nespresso.com/it/it/storeLocator

La scheda sintetica di Nespresso

Nespresso è pioniera e punto di riferimento per il caffè porzionato di altissima qualità. L’azienda lavora con oltre 157.000 coltivatrici e coltivatori in 18 Paesi attraverso il suo Programma AAA Sustainable Quality per integrare le pratiche di sostenibilità nelle aziende agricole e nei territori circostanti.

Lanciato nel 2003 in collaborazione con la ONG Rainforest Alliance, il Programma aiuta a migliorare la resa e la qualità dei raccolti, assicurando una fornitura sostenibile di caffè di alta qualità e migliorando le condizioni di vita delle coltivatrici, dei coltivatori e delle loro comunità.

Nel 2022 Nespresso ha ottenuto la certificazione B Corp, unendosi a un movimento internazionale di oltre 9.000 aziende che soddisfano gli elevati standard di responsabilità sociale e ambientale e di trasparenza B Corp. Con sede a Vevey, Svizzera, Nespresso opera in 93 mercati e conta 14.000 dipendenti. Nel 2023 ha gestito una rete globale di vendita al dettaglio globale di 791 boutique. Per ulteriori informazioni, visitare il sito aziendale di Nespresso.

Starbucks presenta le cannucce biodegradabili nei punti vendita in Giappone

La sostituzione della carta con bioplastica è iniziata in una trentina di caffetterie Starbucks giapponesi, inizialmente per le bevande fredde. Secondo il gruppo giapponese, considerando l’intero ciclo di vita, le cannucce Green Planet emettono meno CO2 rispetto a quelle di carta certificata FSC utilizzate da Starbucks e generano circa la metà dei rifiuti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Polimerica.

Le cannucce biodegradabili Starbucks

MILANO – La catena di caffetterie Starbucks ha introdotto in alcuni punti vendita in Giappone cannucce biobased e biodegradabili a base di poli-idrossi-alcanoato (PHA) Green Planet fornito da Kaneka, in sostituzione di quelle di carta introdotte a partire dal 2018 dopo aver abbandonato la plastica.

Le cannucce Green Planet sono già disponibili in 32 negozi Starbucks nella Prefettura di Okinawa per i clienti che ordinano bevande fredde, come il Frappuccino.
Da marzo dell’anno prossimo saranno distribuite in tutti i negozi Starbucks in Giappone, anche in una versione più spessa per bevande stagionali.

Secondo il gruppo giapponese, considerando l’intero ciclo di vita, le cannucce Green Planet emettono meno CO2 rispetto a quelle di carta certificata FSC utilizzate da Starbucks e generano circa la metà dei rifiuti.

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Mocha Mousse è il colore PANTONE dell’anno per il 2025

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MILANO – Il colore scelto per il 2025 dal Pantone Color Institute è il Pantone 17-1230 Mocha Mousse, una tonalità di marrone chiara che rimanda al cacao e al caffè. Leatrice Eiseman executive director Pantone Color Institute, afferma come riportato dall’Ansa: “Sostenuto dal nostro desiderio di piaceri quotidiani, Pantone 17-1230 Mocha Mousse esprime un livello di ponderata indulgenza. Sofisticato e lussureggiante, ma allo stesso tempo senza pretese, questo colore estende la nostra percezione dei marroni dall’essere umile e radicata ad abbracciare aspirazioni e lusso. Infuso di sottile eleganza e raffinatezza terrosa, presenta un tocco di glamour discreto e delicato”.

Ispirati dalla decadenza di Mocha Mousse, alcune aziende hanno presentato prodotti innovativi. Ad esempio, dsm-firmenich ha presentato il gusto dell’anno per il 2025: Milky Maple.

La dolcezza dello sciroppo d’acero e i suoi toni caldi e terrosi si sposano con la cremosità del latte, creando una miscela armoniosa che esalta il sapore distintivo dell’acero e la capacità senza tempo del latte di evocare comfort e semplicità. Insieme, creano Milky Maple, un sapore nostalgico che offre un’esperienza sensoriale immersiva.

Con un carattere invitante e indulgente, Mocha Mousse e Milky Maple riflettono la crescente preferenza dei consumatori per godersi i piccoli e significativi momenti dell’anno a venire.

“Milky Maple è un invito a fermarsi e assaporare un momento di puro calore e decadenza. Questo gusto è un viaggio – e un dolce promemoria della gioia, del comfort e della connessione che si possono trovare nei piaceri semplici”, ha affermato sul sito ufficiale Maurizio Clementi, vicepresidente esecutivo di Taste, Texture e Health.

Inoltre l’azienda ha creato la fragranza Eau de Parfum che ha sviluppato una gamma di altre sette fragranze ispirate a Mocha Mousse, in diversi formati come Eau de Toilette, candele, gel doccia, ammorbidenti per tessuti e spray per capelli, realizzate da profumieri di tutto il mondo.

Gli esperti riuniti da Anthology by Mavolo presentano la drink list dedicata ai film di Natale

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MILANO – Il Natale è un mosaico di emozioni: il calore degli affetti, la magia delle luci, l’odore di biscotti appena sfornati e, per molti, le serate trascorse sul divano, avvolti da una coperta, a rivedere i grandi classici del cinema natalizio con i loro mondi fatti di neve, risate ed emozioni uniche. Da Mamma, ho perso l’aereo a Una poltrona per due, passando per Il Grinch e A Christmas Carol, lungo la storia cinematografica sono state tante le pellicole a tema Natale che sono entrate nei cuori degli appassionati.

La drink list dedicata ai film di Natale

Ma cosa accadrebbe se questi racconti senza tempo incontrassero l’arte della mixology? Nascerebbe una drink list perfetta da assaporare davanti allo schermo di casa. Ed è così che un panel di esperti drinksetter riuniti da Anthology by Mavolo, ha creato “Cinepanettology”, una lista di 10 cocktail che celebrano i capolavori del cinema natalizio, ognuno ispirato a un film diverso.

“Quando abbiamo iniziato a creare questa drinklist, il nostro obiettivo era trasformare le emozioni dei film di Natale in un’esperienza sensoriale – afferma Christian Di Giulio, drinksetter di Anthology by Mavolo – Volevamo che ogni cocktail raccontasse una storia: il calore di una famiglia riunita, l’avventura di un viaggio inaspettato o la dolce malinconia di un amore sotto la neve. È stato come girare un film, ma con shaker e ingredienti al posto della cinepresa. Ogni sorso è un invito a vivere o rivivere la magia delle feste”.

Da queste premesse nasce “Pumpkin King”, il cocktail dedicato al protagonista di “Nightmare Before Christmas” Jack Skeletron, chiamato anche “Re delle Zucche”: gin e vermouth bianco miscelati insieme al punch al frutto della passione e al succo d’arancia, che conferiscono un colore arancione al mix, completato con gocce di bitter aromatico e con una fetta d’arancia.

Non poteva mancare lo “Scrooge Cocktail” intitolato all’iconico personaggio di “A Christmas Carol”, composto da rum, liquore al caffè e vermouth rosso e servito in una coppa. Si completa il quadro degli antieroi natalizi con “Il Grinch” e il cocktail “Il Drinch”: tequila, sciroppo di sambuco, succo di lime e limonata compongono questa creazione, guarnita con due fette di cetriolo fresco.

Peperoncino e sale sul bordo del bicchiere sono la garnish di “Bad Santa”, il cocktail dedicato alla dissacrante pellicola “Babbo Bastardo”, che si realizza miscelando sciroppo di zucchero di canna, il liquore al peperone e il Bitter Sommacco e Kiwi con mezcal e acido citrico shakerati.

La complessità di Kevin McCallister si rivede nel cocktail della drink list dedicato al film di cui è protagonista: “Home Alone”, intitolato a “Mamma, ho perso l’aereo”, è composto da tequila, sciroppo speziato alla cannella e chiodi di garofano e succo di mela, guarnito con crusta di zucchero, cannella in stecche, rosmarino e spicchio di mela. L’iconico “Miracolo nella 34esima strada” è celebrato tramite il drink “Santa’s Miracle” che si realizza mixando Amaro Tattico, sciroppo di zucchero di canna e succo di limone, con l’aggiunta di bitter aromatici; il “miracolo” del Natale si rivela utilizzando la tecnica del double strain durante il versamento nella coppa: prima con un colino standard e poi con un colino a maglia fine.

Per i più romantici, invece, il cocktail dedicato a “Love Actually”: “To me, you are perfect” che riprende l’iconica frase del film; si compone introducendo direttamente nel bicchiere tutti gli ingredienti (Eden Mill Love Gin, succo di limone e gocce di bitter) e completandolo con acqua tonica e garnish di lamponi. Al film di Natale per eccellenza, “Una poltrona per due”, è intitolato il drink “One dollar bet” che fa riferimento alla scommessa alla base della storia della pellicola: gin, liquore alla camomilla e lime, sciroppo di zenzero e soluzione citrica mixati insieme e completati direttamente in coppa con il Jeeper Grand Assemblage Brut.

“Ice train” è il nome del cocktail dedicato a “The Polar Express” e alla sua avvincente storia a bordo del treno diretto all’estremo nord; si compone shakerando gin, soluzione salina e acido citrico, con un topping di acqua tonica e una garnish di rametti di origano. La drink list si completa con il cinepanettone per eccellenza: “Vacanze di Natale” è un film del 1983 che ha segnato la storia della cinematografia italiana natalizia; il nome del cocktail riprende l’iconica frase pronunciata da uno dei personaggi principali, il “Cumenda”, “Sole, whisky e sei in pole position”: il mix raccoglie whisky, succo di limone, miele e soluzione salina, corredato da una buccia di arancia per un sapore agrumato tipicamente natalizio.

Ecco infine le 10 ricette per preparare a casa i cocktail della drink list “Cinepanettology” e godersi appieno la magia del Natale:

La drink list:

• Pumpkin King: Nightmare Before Christmas

• Scrooge Cocktail: A Christmas Carol

• The Drinch: Il Grinch

• Bad Santa: Babbo bastardo

• Home Alone: Mamma, ho perso l’aereo

• Santa’s Miracle: Miracolo nella 34esima strada

• To me, you are perfect: Love Actually

• One dollar bet: Una poltrona per due

• Ice train: The Polar Express

• Sole, whisky e se in pole position: Vacanze di Natale (1983)

Le ricette della drink list:

Pumpkin King

  • 50 ml gin Amuerte White;
  • 15 ml vermouth bianco;
  • 15 ml punch Passion Fruit Damoiseau;
  • 10 ml succo d’arancia;
  • 2 gocce di Ms. Better’s Bitter Cardamomo e Pepe Nero;
  • 2 gocce di Ms. Better’s Bitter Cafè Maderas;
  • Garnish: 1 fetta d’arancia.

Per preparare il Pumpkin King, per prima cosa versate tutti gli ingredienti all’interno di uno shaker. Agitate e infine versate in una coppa. Guarnite con una fetta d’arancia.

Scrooge Cocktail

  • 45 ml rum Hell or High Water XO;
  • 15 ml Black Sinner;
  • 30 ml vermouth rosso;
  • 4 gocce Ms. Better’s Bitter Cafè Maderas;

Versate gli ingredienti in un mixing glass precedentemente raffreddato, aggiungete il ghiaccio e mescolate fino a quando il cocktail non risulta freddo e diluito. Infine versate in una coppa.

The Drinch

  • 45 ml tequila Don Ramón Plata;
  • 20 ml sciroppo Fiore di Sambuco Bacanha;
  • 30 ml succo di lime;
  • Le Tribute Lemonade;
  • 2 fette di cetriolo per guarnire.

Versate tutti gli ingredienti nello shaker, tranne Le Tribute Lemonade, e agitate energicamente. Filtrate il tutto in un bicchiere Collins pieno di ghiaccio. Infine, colmate con Le Tribute Lemonade e guarnite con due fette sottili di cetriolo.

Bad Santa

  • 50 ml Mezcal Le Tribute;
  • 20 ml sciroppo di zucchero di canna Bacanha;
  • 25 ml acido citrico;
  • 10 ml liquore al peperone;
  • 4 gocce di Ms. Better’s Bitter Sommacco e Kiwi;
  • Garnish: peperoncino messicano e sale Maldon per bordare il bicchiere.

Per preparare il cocktail “Bad Santa”, per prima cosa bordate il bicchiere con sale Maldon. Miscelate lo sciroppo di zucchero di canna, il liquore al peperone e il bitter al sommacco e kiwi e versate il tutto nel bicchiere.

Successivamente versate il Mezcal e l’acido citrico nello shaker e agitate per ossigenare il distillato e far esaltare il sentore affumicato. Infine versate il composto nel bicchiere.
Guarnite con un peperoncino messicano.

Home Alone

  • 50 ml Tequila Hussong Silver;
  • 20 ml Sciroppo speziato alla cannella e chiodi di garofano homemade;
  • 10 ml Succo di mela;
  • Garnish: crusta di zucchero, cannella in stecche, rosmarino e spicchio di mela.

Iniziate bordando il bordo della mug con una crusta di zucchero. Successivamente, versate gli ingredienti nello shaker e agitate. Versate il risultato nella mug e infine guarnite con rosmarino, una stecca di cannella e qualche spicchio di mela.

Per realizzare lo sciroppo speziato: Dopo aver portato l’acqua a ebollizione, abbassate il fuoco al minimo e mettete in infusione la cannella e i chiodi di garofano per pochi minuti. Filtrate l’acqua e rimettetela sul fuoco ad una potenza media. Aggiungete lo zucchero e mescolate fino a completo scioglimento. Le proporzioni consigliate sono due parti di zucchero per ogni parte di acqua.

Santa’s Miracle

  • 50 ml Amaro Tattico;
  • 30 ml succo di limone;
  • 20 ml sciroppo di zucchero di canna Bacanha;
  • 2 gocce Ms. Better’s Bitter Green Strawberry e Mah Kwan;
  • 4 gocce Ms. Better’s Bitter Sommacco e Kiwi;
  • 8 gocce Ms. Better’s Bitter Miraculous Foamer.

Per preparare il cocktail “Santa’s miracle” iniziate versando tutti gli ingredienti in uno shaker. Agitate bene e filtrate utilizzando la tecnica double strain: prima con un colino standard e poi con un colino a maglia fine. Infine, servite il cocktail in una coppa.

To me, you are perfect

  • 50 ml Eden Mill Love Gin;
  • 10 ml succo di limone;
  • 2 gocce di Ms Better’s Bitter Green Strawberry e Mah Kwan;
  • Top Le Tribute Tonic Water Zero;
  • Garnish: lamponi.

Il cocktail “To me, you are perfect” viene preparato utilizzando la tecnica build, assemblando gli ingredienti direttamente nel bicchiere. Come tocco finale, aggiungete Le Tribute Tonic Water Zero e lamponi per guarnire.

One Dollar Bet

  • 45 ml gin Amuerte Black;
  • 15 ml liquore Selezione Zoppi Camomilla & Lime;
  • 10 ml sciroppo allo zenzero Bacanha;
  • 20 ml soluzione citrica;
  • Champagne Jeeper Brut Grand Assemblage.

In un mixing glass precedentemente raffreddato, unite gli ingredienti e colmate con ghiaccio. Mescolate delicatamente fino a raggiungere la giusta freschezza e diluizione. Filtrate il cocktail in una coppa e completate con Jeeper Grand Assemblage Brut.

Ice Train

  • 50 ml gin Le Tribute Countryside Limited Edition;
  • 15 ml soluzione salina;
  • 10 ml acido citrico;
  • Top Le Tribute Tonic Water;
  • Garnish: rametto di origano.

Versate tutti gli ingredienti all’interno di uno shaker, agitate e versate in un calice riempito di ghiaccio. Infine aggiungete come top la Tonic Water Le Tribute e guarnite con un rametto di origano.

Sole, whisky e sei in pole position

  • 50 ml whisky Eden Mill Guard Bridge;
  • 20 ml succo di limone;
  • 10 ml miele;
  • 10 ml soluzione salina;
  • Garnish: una buccia d’arancia.

Iniziate aggiungendo tutti gli ingredienti in un mixing glass, mescolate e infine versate in un bicchiere tumbler basso riempito di ghiaccio. Guarnite con una buccia d’arancia.

Mercati del caffè: il dollaro alle stelle spinge al ribasso i prezzi a Londra e NY

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MILANO – Il dollaro alle stelle spinge al ribasso i mercati del caffè, dopo il rally di metà settimana a New York. La Federal Reserve ha ridotto, mercoledì sera, i suoi tassi di prestito chiave di 25 punti base (0,25%) al 4,25%-4,50%: tutto come da previsioni. Ma ha fatto anche capire che la politica monetaria statunitense sarà più conservativa in futuro. Il tono hawkish delle dichiarazioni e l’accentuata attenzione della Fed per il livello dell’inflazione ha riacceso la volatilità nei mercati facendo crollare le azioni e spingendo alle stelle il dollaro (indice indice DXY ai massimi degli ultimi due anni).

La forza del biglietto verde ha messo pressione le materie prime, compresi i futures del caffè. Così, dopo avere guadagnato 770 punti nella seduta del 18 dicembre, New York ha perso ieri, giovedì 19 dicembre, 890 punti (-2,7%) chiudendo a 323,75 centesimi.

Terzo ribasso consecutivo per Londra: il contratto per scadenza marzo dell’Ice Robusta è arretrato, sempre ieri, di ulteriori $93 terminando la giornata a 5.046 dollari (-1,8%).

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Paolo Scimone che commenta REPORT: “Generalizzazione, scarsa conoscenza, esterofilia, sono il cocktail letale per tutta l’industria italiana del caffè”

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Paolo Scimone, micro roaster di specialty della torrefazione His Majesty The Coffee con sede a Monza, nel settore non ha bisogno di particolari presentazioni: tostatore esperto, formatore, consulente richiesto in giro per tutto il mondo, non ha mancato l’appello di Report e coglie la palla al balzo per esprimersi su ciò che è andato in onda su Rai 3.

di Paolo Scimone

Scimone in risposta a REPORT: “Vorrei iniziare con un’affermazione: nessuno deve avere la presunzione di educare o cambiare stile di vita alle persone, imponendo il proprio credo od i propri gusti. Questo è l’errore incredibile che fanno molte delle persone che esportano all’estero il modello italiano: bisogna entrare in punta di piedi nel mercato, ispirarsi alla propria idea di business e modellarla sui gusti e sulle abitudini locali.

Faccio un esempio: ricreare un bancone all’italiana predisposto per un consumo veloce della tazzina di caffè e concentrare tutti gli sforzi sulla preparazione e servizio dell’espresso, supportato da un’offerta di qualche croissant…beh funziona a casa nostra, ma non pensate minimamente che la gente, nel paese in cui vi trovate, cambi le proprie abitudini per voi.

Solitamente magari consumano la bevanda seduti, o la preferiscono con il latte o ghiaccio o acqua calda e la accompagnano con qualcosa di salato.

Ho divagato un po’ per far capire che un’approccio arrogante ed estremista, molto spesso è controproducente. Sono il primo a dire che le campane sporche sono terrificanti, che il “purge” è fondamentale, che la formazione è assolutamente necessaria, chi sbandiera 30 anni di esperienza nel settore, dovrebbe domandarsi come lo ha eseguito e se si è mai aggiornato (consiglierei ad alcuni baristi anche un corso d’italiano).

Non sono altresì d’accordo su alcune affermazioni, probabilmente dettate dall’enfasi dell’intervista, dette da alcuni colleghi. In particolare non tollero molto chi sputa nel piatto in cui ha mangiato.

Prendiamo ad esempio la demonizzazione della tostatura scura, dire che si tosta di più per coprire i difetti, talvolta è corretto (nei casi di caffè astringenti, o caffè aspri e fermentati) ma nella maggior parte dei casi non corrisponde al vero, poichè se volete tostare scuro (diciamo per un caffè “stile Napoletano”) siete obbligati ad acquistare caffè con pochi difetti e di crivello grande altrimenti non otterreste mai un prodotto che mantiene una discreta dolcezza e l’amaro raggiungerebbe dei livelli assolutamente inaccettabili.

Scimone: “La mia esperienza sul campo ha confermato nel tempo che, salvo rare eccezioni, i migliori caffè li ho trovati nelle torrefazioni che tostano abbastanza scuro (specialty coffee a parte)”.

Scimone aggiunge: “Non vorrei dedicare troppo tempo al “palato geneticamente modificato”…mi pare un’affermazione un po’ eccessiva e folkloristica, le chiamerei piuttosto abitudini alimentari radicate e profilo sensoriale imposto dal contesto in cui si cresce.

Trovo inappropriato mostrare dei chicchi tostati chiari e dire che è il grado di tostatura corretta, corretta per cosa? Per chi? La storia di Starbucks ha infatti insegnato che tostando scuro non si va da nessuna parte! In 50 anni hanno solamente aperto 36000 store, chissà quanti ne avrebbero aperti se avessero tostato in modo corretto! (risata)

Non fraintendetemi, io sono un sostenitore della tostatura chiara, contestualizzata. Ho trovato la trasmissione utile, tanto quanto quella di qualche anno fa, che tra l’altro mi pare vertesse sui medesimi argomenti.

Non voglio essere il paladino del dark roast, io stesso prediligo caffè floreali e fruttati per il mio consumo personale (ndr non tutta l’arabica sa di gelsomino e fiori d’arancio, anzi direi proprio che solo alcune varietà hanno queste caratteristiche), desidererei solo un po’ di onestà intellettuale da parte dei colleghi, menzionando che anche dei caffè tostati troppo chiari hanno sentori altrettanto sgradevoli, come acidità acetica, astringenza, ecc. Ahimè abbiamo ormai sdoganato difetti come il fermentato e caffè assolutamente sbilanciati.

Un altro appunto desidererei farlo riguardo l’affermazione che l’Arabica è una varietà pregiata e la Robusta di minore qualità, beh diciamo che hanno caratteristiche diverse, io personalmente sono amante dell’Arabica, ma non discrimino assolutamente chi predilige la Robusta, per svariati motivi che non sono riconducibili al prezzo inferiore.

Passiamo al discorso ustioni, concordo con il concetto che la tazzina bollente rovina il prodotto ed ha stufato, le tre C napoletane han fatto il loro corso, però non tollero neppure il caso opposto: la tazzina fredda è assolutamente deleteria per gli aromi del caffè.

Arriviamo al discorso del “macinato al momento”. Un caffè tostato ricco di CO2 sarebbe impossibile da servire, se non rilascia gran parte dell’anidride carbonica accumulata in dase di tostatura.

La perdita maggiore di CO2 avviene quando il caffè viene macinato. Il barista che ha la vaschetta col caffè macinato, probabilmente ha adottato questa soluzione poiché il suo torrefattore gli fornisce un prodotto spesso fresco e non degassato a sufficienza e lui ha trovato questo escamotage per poter servire qualcosa che abbia una crema abbastanza stabile. Sto solo cercando una chiave di lettura differente, a questa strano metodo di lavoro.

Un plauso ai locali basso vendenti che hanno optato per una soluzione monodose come la cialda, anziché imbarcarsi in complicati servizi che richiedono cura e dedizione al prodotto.

Scimone: “Posso esimermi dal commentare il termine Arruscato? Con tutto il rispetto per la parola alquanto folkloristica, posso permettermi di dissentire che il picco degli aromi preceda di poco il bruciato, sarebbe più onesto dire: a me piace così, contento io (ed i miei clienti), contenti tutti!”

Scimone aggiunge: “Per finire vorrei dire che è facile dar contro al torrefattore senza rendersi conto che gli stessi sono “ostaggi” della scarsa conoscenza dei baristi, i quali li tengono sotto scacco mettendoli in competizione tra di loro per qualche euro di differenza, che minacciano di cambiar caffè se avvertono la benché minima acidità o che dicono che il prodotto non è di qualità se tutto il chicco non è uniformemente oleoso, non li biasimo.

I torrefattori napoletani sono schiavi di generazioni di baristi arrangiati, “imparati” (come direbbero loro), a cui un po’ di formazione non guasterebbe affatto. Ci sono tantissime realtà che lavorano bene a Napoli, come a Milano, Firenze o Roma. Il consumatore dovrebbe pretendere di più dal proprio barista di fiducia, il quale a sua volta acquisirebbe consapevolezza formandosi e informandosi…e saremmo tutti più contenti”.

                                                                                                       Paolo Scimone

Gianfranco Carubelli, pulyCAFF: “Per togliere buona parte dei difetti dal nostro espresso basterebbe svolgere la corretta pulizia delle macchine nei bar”

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MILANO – La pulizia delle attrezzature nei bar, dalla macchina per espresso ai macinacaffè, è stato uno dei punti focali della puntata andata in onda su Report che sta facendo molto discutere gli addetti ai lavori in questi giorni. Tra di loro, non poteva mancare a pronunciarsi su questo tema chi della pulizia ha fatto una professione, forse quasi una missione: il titolare di pulyCAFF Gianfranco Carubelli.

REPORT quindi, che cosa possiamo dire rispetto a quello che si è visto dentro i bar italiani?

Carubelli: “Abbiamo tutti notato che il problema fondamentale in Italia, così come stiamo dicendo da quando Asachimici ha concepito pulyCAFF, è che ancora non si è compreso come sia necessario usare un prodotto specifico per pulire le padelle.

Mi spiego meglio: il chicco di caffè altro non è che un prodotto semilavorato dalla torrefazione e, nel momento in cui arriva nelle mani del barista, egli deve usare una macchina per espresso, ovvero la padella adeguata, per estrarne i flavors.

Così come nei ristoranti si usano le padelle con alluminio ma trattate con dei materiali che ne evitano il contatto diretto con il cibo, alla fine della lavorazione le padelle vengono lavate ad ogni uso. La nonna un tempo poteva aver ragione quando diceva di non pulire la moka che era in alluminio, perché all’epoca non esisteva un prodotto che non corrodesse questo materiale lavandolo.

Ma oggi le macchine per espresso e la moka stessa (molti modelli costruiti in acciaio Inox) sono costruite con materiali più nobili compatibili con i detergenti atti alla pulizia e questo è il concetto di base fondamentale che vorrei passasse (vedi certificazione NSF International).

Osservando la puntata di Report, credo che serva maggior attenzione nell’attribuire titoli in merito alla qualità di un marchio o un altro, infatti, come è stato evidenziato a più riprese durante la trasmissione è fin troppo facile evidenziare lacune o incuranza lungo tutta la filiera, di prodotto e/o di trasformazione.

Carubelli: “In Italia, spesso accade di arrivare al punto di non compiere le operazioni che normalmente ciascuno di noi svolge a casa propria: pulire le attrezzature per cucinare, come le padelle ogni volta che si devono usare.”

Carubelli prosegue: “Nel servizio, un bar ha dichiarato di fare 15-18 chili al giorno di caffè. Bene, da anni pulyCAFF, dopo attenti studi e valutazioni (di cui sono piene i nostri pulyDAY), ha risocntrato che dopo cinquecento espressi, l’attrezzatura subisce un calo del 20/25% in termini di estrazione, proprio a causa dell’intasamento dei passaggi acqua. Per evitare questo fenomeno, durante la giornata è necessario compiere almeno 4 cicli di pulizia, come da nostre istruzioni durante i nostri pulyDAY.

Altrimenti, alla fine si sentiranno difetti in tazza, tra cui il copertone, il bruciato…. È colpa delle procedure scorrette. Stiamo cercando di far passare questo semplice messaggio anche attraverso i corsi di formazione pulyDAY.

Eppure, è ancora un concetto che si perde tra il torrefattore e l’operatore: il primo, spesso, è convinto che il proprio prodotto sia il migliore di tutti, e probabilmente lo è fin quando è ben protetto nella confezione originale. Ma una volta che il nostro amato chicco viene messo nella tramoggia del macinino, questa qualità rischia di perdersi se non si svolgono preventivamente le giuste operazioni di manutenzione.

Quindi, anche i torrefattori dovrebbero comprendere che trasmettere insieme a noi questo messaggio è sicuramente un vantaggio anche per il loro chicco, in quanto non verrà contaminato da difetti di estrazione. Stiamo cercando di coinvolgere con le nostre competenze anche i torrefattori proponendoci continuamente in maniera capillare presso le loro sedi e le loro reti di vendita. Sarò certo che tutto l’indotto abbia capito l’importanza della pulizia solo quando tutti i professionisti del settore ci inviteranno loro direttamente a casa propria per poter acquisire le corrette procedure.

Per chiudere, direi che se noi volessimo togliere buona parte dei difetti dal nostro espresso, basterebbe svolgere la corretta pulizia delle macchine. Al barista che si è comportato così per 40 anni dietro al bancone dico: in passato puoi anche aver avuto ragione, ma ora le cose sono cambiate. Abbiamo fatto passi in avanti in termini di formulazioni, rapporti ed offerta al cliente, nonché sul fronte della qualità e del trattamento di ciò che ci cibiamo e che assaporiamo.

Le cose sono cambiate rispetto al passato, attrezzature e metodi di estrazione si sono affinati via via sempre di più, e quindi anche il barista deve evolversi e fare la sua parte all’intero del comparto caffeicolo, per essere parte attiva e non sempre negativa di questo lungo percorso come quello del caffè”.

CoffeeandLucas in risposta a REPORT: “In Italia oggi ci sono molte più caffetterie di qualità, basta sparare su Napoli e sui baristi”

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CoffeeandLucas comunicatore social del caffè di qualità, che spinge da anni attraverso i suoi canali in diverse occasioni e modalità, anche uscendo dalla sua zona di riferimento, sfociando nel food e negli abbinamenti, decide di rispondere a REPORT di Rai 3 analizzando la situazione del caffè in Italia a 360°. Già attivo in questo suo percorso di divulgazione, quando si parlava veramente poco di specialty e di cultura del caffè.

“Ho letto tanti punti di vista. Alcuni anche molto interessanti. Ma ho notato che poche persone, dopo la trasmissione di REPORT, hanno messo in risalto alcuni aspetti che proverò ad analizzare. Credo di poter avere una certa voce in capitolo perché nel 2014 io c’ero“.

Back to 2014

Nel 2014 l’illuminazione. Con la puntata “Espresso nel caffè” REPORT segnò, a livello mainstream, un prima e un dopo.

Benché la trasmissione fosse opinabile sotto molti punti di vista (cosa che non di rado, nelle loro inchieste a tesi, capita durante le puntate di Report) quel reportage illuminò molte persone.

Compreso il sottoscritto, che dedicò i mesi e gli anni successivi alla causa del caffè di qualità.

Uscì un documentario che co-diressi (2017) dove gran parte dei protagonisti furono gli stessi dell’inchiesta di Report. E tante altre cose successero.

La realtà è cambiata. E non di poco.

L’immobilismo di REPORT

Report ha dedicato negli anni 3 puntate al caffè: nel 2014, nel 2019 e quest’ultima del 2024.

Le puntate sono state seguite sempre dallo stesso giornalista, Bernardo Iovene, con a seguito, a parte rare eccezioni, gli stessi esperti. Già questo di per sé rappresenta, per me,
un grosso punto debole. Dal 2014 sono cambiate molte cose e in questo mondo è entrata o si è affermata gente, lavorativamente parlando, di tutto rispetto.

Inserire nuove voci e punti di vista sarebbe stato utile. Sempre rimanendo in tempi ed esigenze televisive che, quando si è in prime time su una rete nazionale, devono essere per forza di cose seguite (o inseguite?).

Vedere questo immobilismo di Report sia nell’approccio che nei protagonisti ricorda davvero molto da vicino l’immobilismo che si vede in certa politica in Italia.

“L’altro giorno pensavo stessero facendo vedere la replica della puntata di dieci anni fa” mi ha detto un mio amico proprio mentre stavo scrivendo questo pezzo.

Classismo e caffè

Veniamo a un capitolo spinoso ma che se nel 2014 era passabile nel 2024 inizia a diventare quantomeno discutibile.

Non trovate sia un po’ classista dall’alto di un (probabilmente) più che discreto 730 andare a giudicare il lavoro di persone che si svegliano all’alba e devono combattere con i clienti?

Voi che lavorate dietro a un banco tutti i giorni sapete benissimo cosa intendo. Sgombriamo il campo dagli equivoci. La pulizia delle attrezzature e una corretta estrazione del caffè non è solo auspicabile ma dovrebbe essere la normalità.

Ma c’è una sottile linea tra questo aspetto e non capire la complessità e la profondità di questioni che non possono essere archiviate solo con un “non sai nulla, vatti a formare
perché per lavorare qua dietro dovresti fare corsi e formazione”.

Corsi e formazione che sono importanti ma che, oltre a costare non poco, spesso non interessano a certi datori di lavoro. Corsi sui quali forse andrebbe aperto un altro capitolo.

Ecco perché fare una fotocopia nel 2024 della trasmissione del 2014 mi è suonato così stonato.

Anche nei confronti delle persone messe un po’ alla gogna durante la trasmissione. Ok, i meme sono molto belli, ma vi sentite davvero così tanto più intelligenti a prendere in giro una persona che da 30/40 anni alza la serranda del locale all’alba e lavora a testa bassa?
S

oprattutto gente che non lo ha mai fatto nella propria vita.

Che poi diciamocela tutta. Vogliamo giustamente difendere i diritti dei farmer dall’altra parte del mondo ma poi ce la prendiamo, nel “nostro” mondo, con l’ultima ruota del carro che, probabilmente nella maggioranza dei casi, ha molte meno colpe di quante vogliamo addosargliene. Facile sparare sul barista.

La battuta scappa ed è scappata a tutti però dai dopo dieci anni evolviamo un pochino nel nostro pensiero per favore.

Che poi tra l’altro credo sia ora di parlare di quello che secondo me è un grandissimo equivoco”.

Tra bar e caffetteria

CoffeeandLucas: “Davvero pretendiamo di avere dei sommelier del caffè dietro il bancone di bar che assomigliano più a una catena di montaggio? Posti dove i clienti vogliono il caffè in due secondi e dove, palesemente, non gliene frega nulla di cosa stanno ingurgitando?

Ci sono caffetterie specialty che quando sono leggermente ingolfate e con la coda non hanno il tempo di farti nessun racconto.

Certo se dovessi chiedere informazioni al/alla barista probabilmente saprà cosa ti sta servendo ma quella persona, super incasinata in quel momento, non ti guarderà con grandissima simpatia.

E noi davvero pensiamo che questo story telling possa avvenire in posti dove il caffè è solo una scusa per venderti altri servizi?

Cerchiamo di essere realisti. Perché io dopo oltre 10 anni alcune idee ho dovuto rivederle.
Sono partito anch’io con delle convinzioni. Poi mi sono scontrato con la vita reale. Ho parlato con i torrefattori. Ho parlato con i baristi. Quei baristi che stanno dietro al banco.

Molti dei quali (e questo è un altro tema che nessuno ha mai voluto affrontare) dopo un grande innamoramento per il caffè hanno scoperto anche il rovescio della medaglia e questo ambiente lo hanno mollato. Quei baristi che se gli vai a chiedere a telecamere spente un semplice “come stai?” uscirebbero fuori cose che altro che la trasmissione di REPORT dell’altra sera. Per carità va dato anche atto a molti altri imprenditori e imprenditrici che nel 2024 (e sarà così anche il prossimo anno) continueranno a investire in maniera sana in un sistema Italia che tutto fa meno che aiutarli.

Il punto è questo. Come nella ristorazione ci sono locali e locali e come nell’abbigliamento c’è alta moda, artigianato popolare e fast fashion anche nel caffè ci sono Bar e Caffetterie specializzate (semplificheremo così).

Potremmo discutere se sia giusto che esista in tutti questi ambiti l’alternativa cheap e poco sostenibile ma questo è un altro discorso ancora.

Far finta di mettere insieme attività che non c’entrano e non c’entreranno mai nulla tra loro vuol dire voler essere miopi. Anche all’estero è così.

Anche in città piene di specialty come Copenaghen, Berlino (e potrei continuare) mediamente è più facile trovare delle caffetterie specializzate ma vi assicuro che si beve (e ho bevuto) un sacco di immondizia uscita da macchine poco pulite utilizzate da operatori che della materia prima e delle giuste pratiche sapevano poco o nulla anche in queste città virtuose. Questa è la realtà.”

Ma quindi è tutto perfetto?

CoffeandLucas continua: “Assolutamente no. Certe pratiche devono migliorare assolutamente. Parliamo in certi casi di HCCP praticamente.

Ma è un argomento che va trattato in modo progressivo. Ci stiamo scontrando con un aspetto che fa parte della cultura del nostro paese. La trasmissione sapete che effetto sortirà?

Per qualche settimana clienti a cui probabilmente non è mai fregato nulla del caffè romperanno le scatole a baristi sommersi dalla solita orda di comande. Mentre nelle caffetterie specialty i clienti abituali verranno a prendersi il caffè e diranno “oh ma allora avete ragione voi ad essere così rompiscatole!” (scena vista con i miei occhi).

Certamente una grande responsabilità ce l’hanno anche alcune torrefazioni che con un occhio danno il caffè e con l’altro fanno finta di non vedere.

Le risposte date da alcuni esponenti durante il programma sono state oggettivamente irricevibili. Non ci sono dubbi.

Ma non ce ne sono neanche sul fatto che se sulla materia caffè c’è un sacco di disinformazione e confusione, spesso proprio questa disinformazione e confusione viene alimentata da personalità interne a questo mondo che prendono strade quantomeno discutibili e molto contraddittorie.

Bisogna capire quando arriva il momento di dire “forse ho un conflitto di interessi”. Un po’ di sana autocritica non farebbe male anche dentro al nostro ambiente”.

Ma quindi fa tutto schifo?

CoffeeandLucas aggiunge: “Qui veniamo al capitolo per me più dolente della trasmissione. Davvero dopo 10 anni non siamo riusciti a far vedere qualche esempio virtuoso in più della caffetteria mostrata (penso a quel punto fossero le 23) quasi a fine segmento della parte dedicata al caffè?

Da questo punto di vista la puntata del 2019 era stata di una qualità indiscutibilmente migliore perché, alle solite (e giuste) critiche, aveva fatto seguire una panoramica di quanto di buono stesse succedendo nel nostro paese.

Probabilmente far vedere questi aspetti più positivi fa meno audience rispetto a del materiale critico col quale poter montare ad hoc anche qualche reel acchiappa like e flame su Instagram.

Sarebbe però stato davvero interessante far vedere facce nuove, imprese nuove e giovani. Mostrare un mondo che esiste e che giornalmente sta contribuendo a un cambiamento non di poco conto.

La puntate del 2014 fu rilevante perché all’epoca, a parte poche mosche bianche, mancava proprio la scelta per il consumatore finale. Oggi quella scelta, almeno nelle grandi città (ma non solo) c’è.

Hanno aperto moltissimi posti. Caffetterie ma anche tante pasticcerie, ristoranti e gelaterie che hanno iniziato a offrire un prodotto di qualità. Bere caffè più consapevole ora non è più un’impresa, anche in Italia.

Se ne stanno accorgendo anche nel tanto amato estero che dipingiamo come un mondo perfetto.

Qualche anno fa invece tutto era relegato a pochissimi posti (o all’acquisto online). Certo sparare su Napoli e sui baristi è più facile vero?

“Inchiodati alle abitudini (Lavori utili)
Col sole o coi fulmini (Legami futili)
Ammaccati come vecchi pugili (Legumi il lunedì)
Perché gli ultimi saranno gli ultimi (Mutui per ruderi)
Mangiamo scatolette, guidiamo scatolette, viviamo in scatolette (A trenta subdoli)
Forza, che oggi è lunedì”

(Marracash)

                                                                                                  CoffeeandLucas