sabato 06 Dicembre 2025
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Gelato: ecco perché può far parte di una dieta salutare

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Un cono gelato (immagine: Pixabay)

Il professor Michelangelo Giampietro, presidente dell’Istituto del gelato italiano, afferma che l’alimento è completo sotto molto aspetti: idrata grazie all’acqua, fornisce zuccheri semplici e complessi, proteine, grassi, vitamine e sali minerali. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Elisabetta Turra per il portale d’informazione Voce della sanità.

La dieta del gelato

MILANO – Soddisfare la voglia di gelato e mantenere una dieta sana è possibile. Lo assicura il professor Michelangelo Giampietro, presidente dell’Istituto del Gelato Italiano e medico specialista in medicina dello sport e scienze dell’alimentazione. “Il gelato – spiega l’esperto – può trovare spazio in modo intelligente e consapevole anche in un’alimentazione sana”, a patto di rispettare quantità, varietà e occasioni di consumo.

Ricorda che si tratta di “un alimento completo sotto molti aspetti”: idrata grazie all’acqua, fornisce zuccheri semplici e complessi, proteine – specialmente nei gusti alla crema –, grassi, vitamine e sali minerali. Consumandolo in porzioni adeguate, “può rappresentare uno spuntino saziante e nutriente, oppure sostituire un pasto in modo leggero e piacevole”, purché abbinato a frutta o verdura per garantire equilibrio nutrizionale.

Il gelato confezionato, secondo Giampietro, facilita scelte consapevoli, grazie a etichette nutri chiare che permettono di regolare le porzioni e preferire gusti alla frutta per un apporto calorico minore oppure creme se si cerca un alimento più completo.

È “adatto anche agli anziani o a chi ha difficoltà nella masticazione” e, sottolinea il professore, può essere consumato con serenità anche dalle donne in gravidanza “grazie ai rigorosi standard igienici”.

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Allarme danni ambientali: in Italia più del 70% sono causati dalle imprese, ecco il decalogo per tutelare il territorio

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Aziende più attente alla sostenibilità (immagine: Pixabay)

MILANO – “Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare”: purezza e bellezza artistica, così le parole di Andy Warhol riassumono alla perfezione tutto il fascino del pianeta Terra. Purezza e bellezza artistiche che andrebbero tutelate e conservate ogni giorno, per poter permettere agli ecosistemi esistenti di essere anche funzionali.

Tuttavia queste forme d’arte potenzialmente perfette, spesso sono messe in pericolo dall’azione dell’uomo, sempre poco attento a rispettare l’ambiente e conservarlo al meglio in tutta la sua essenza. Questo non si limita solo alle azioni dei singoli, ma soprattutto alle pratiche delle imprese: le principali responsabili di buona parte dei danni all’ambiente accumulati negli anni.

Il tema più grave, però, è che solo una piccolissima percentuale delle aziende del Bel Paese è assicurata per questo genere di incidenti: secondo i dati emersi dall’ultima indagine di settore sono, infatti, solo lo 0,64% delle imprese made in Italy (microimprese, PMI e multinazionali) che si sono dotate di una polizza assicurativa per i danni alle risorse naturali.

È quanto risulta da un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente, consorzio di coriassicurazione e centro d’eccellenza nazionale sui rischi di responsabilità ambientale, sulla base della seconda rilevazione statistica[1] condotta da ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici, a livello nazionale, in merito alla diffusione delle polizze di responsabilità ambientale tra le aziende.

Ogni anno in Italia si verificano circa 1.000-1.500 nuovi casi di contaminazione ambientale, di questi ben 700-1.200 sono causati da imprese. Circa 500-900 sono quindi i casi dovuti a imprese regolari“, escludendo reati ambientali e condotte criminali. Eppure il numero totale dei siti potenzialmente contaminati è molto più alto: 41.000 sono i siti potenzialmente contaminati, 12.000 sono quelli già classificati come contaminati e 42 sono i Siti di Interesse Nazionale (SIN) che richiedono interventi complessi. Visto che meno dell’1% delle imprese è dotato di una copertura per i danni all’ambiente, mediamente nel 99% di questi casi non è presente una polizza a copertura delle spese di bonifica e ripristino dei danni.

Le aziende coinvolte in “incidenti ambientali” si trovano quindi ad affrontare ingenti spese, che possono arrivare anche a diversi milioni di euro e che in genere non sono state previste a budget. Un esborso imprevisto che può mettere in difficoltà la liquidità dell’azienda e minarne la solidità.

È acclarato inoltre che il fallimento dell’impresa ha pesanti ricadute sui posti di lavoro e sul tessuto economico e sociale del territorio, oltre che sulla spesa pubblica, dal momento che in tutti questi casi gli interventi necessari di ripristino e bonifica sono finanziati dallo Stato. Studi di settore indicano che tra il 5% e il 10% delle aziende fallite in settori industriali e ambientali potrebbero aver avuto la bonifica come fattore determinante.

Dal 2006 al 2023 sono fallite oltre 200.000 imprese italiane in tutti i settori, tra cui, ad esempio, industria chimica e metallurgica, costruzioni, immobiliare e gestione rifiuti. In base a questo numero potremmo quindi stimare tra 10.000 e 20.000 imprese fallite a causa dei costi di bonifica.

Roberto Ferrari, responsabile sinistri di Pool Ambiente, afferma: “Il nostro decalogo per la gestione dei rischi di responsabilità ambientale nasce dall’esigenza di creare un vademecum dedicato alle aziende con le pratiche più efficaci da portare avanti per limitare i possibili danni agli ecosistemi. La nostra speranza è che nei prossimi anni, oltre a una maggior diffusione del nostro decalogo, ci sia un notevole aumento nella diffusione delle polizze di responsabilità ambientale”.

Ferrari: “Per ottenere ciò dovrebbero essere messe in pratica misure mirate come la valorizzazione della stipula dell’assicurazione nel rating ESG, nel Report di Sostenibilità e nell’applicazione del Regolamento Tassonomia. In generale per raggiungere l’obiettivo di una maggiore diffusione di questo tipo di coperture sarebbe importante sviluppare un’azione coordinata, a livello nazionale ed europeo, per contribuire allo sviluppo di un’attenzione al rischio ambientale e a una maggiore cultura assicurativa”.

Ecco quindi il decalogo individuato dagli esperti di Pool Ambiente per una gestione efficace dei rischi di responsabilità ambientale, che riassume gli interventi prioritari da parte delle imprese per la tutela dell’ambiente e della salute delle persone:

  1. Mappatura proattiva: identificazione delle potenziali sorgenti di rischio e degli scenari di danno all’ambiente.
  2. Affidabilità tecnica: manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e dispositivi effettuata conformemente alle indicazioni fornite dal costruttore e secondo le best practice di riferimento.
  3. Gestione responsabile: introduzione di procedure che garantiscano il rispetto di raccomandazioni e linee guida di settore, anche rispetto alle sostanze non normate usate/prodotte.
  4. Linee Guida: adozione della PdR UNI 107/2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all’ambiente – Criteri tecnici per un’efficace gestione dei rischi ambientali».
  5. Tutela assicurativa: stipula di una Polizza di Responsabilità Ambientale.
  6. Formazione specializzata: effettuare una formazione e addestramento adeguato del personale dell’impresa per un’efficace gestione dei rischi di responsabilità ambientale e gestione delle emergenze.
  7. Interventi mirati: relativamente agli elementi monoparete interrati o direttamente appoggiati al terreno prevedere la conversione/sostituzione a elemento doppia parete con controllo in continuo delle perdite. Laddove non fosse temporaneamente possibile, è importante proteggere l’elemento interrato con una protezione catodica, effettuare regolarmente verifiche strutturali e valutare anche un’eventuale vetrificazione. Rispetto alle tubazioni interrate non metalliche effettuare regolari videoispezioni e test di tenuta.
  8. Protezione strutturata: rispetto agli elementi fuori terra prevedere un bacino di contenimento adeguatamente dimensionato e impermeabilizzato.
  9. Controllo operativo: prevedere misure per evitare o contenere sversamenti durante le operazioni di carico e scarico come ad esempio valvola limitatrice di carico, etichettatura dei punti di carico, raccordi di sicurezza e segregazione delle acque meteoriche.
  10. Intervento immediato: in caso d’incendio, o comunque d’incidente con sversamento di sostanze, chiamare una società di pronto intervento per contenere la contaminazione.

La scheda sintetica del Pool Ambiente

Il Pool Ambiente è il consorzio di coriassicurazione, impegnato, fin dalla sua fondazione nel 1979, per una maggiore protezione delle risorse naturali ed a una loro riparazione in caso di danno. Questo impegno si traduce nell’offerta di coperture assicurative per i danni all’ambiente ma anche in supporto e incentivi alle imprese per una migliore gestione dei rischi e una più efficace prevenzione dei danni all’ambiente. Il Pool conta venti aderenti che rappresentano primarie compagnie del settore assicurativo e riassicurativo che operano in Italia.

I membri del Pool Ambiente sono: Assimoco, AXA MPS Ass.ni Danni, AXA Assicurazioni, Generali Italia, Groupama, Hannover RE, HDI Assicurazioni, Helvetia, Intesa Sanpaolo Protezione, Italiana Assicurazioni, Itas Mutua, Le Assicurazioni di Roma, Munich Re, New Re, Sara Assicurazioni, Scor Se, Società Reale Mutua, Swiss Re Europe, Unipol Assicurazioni, Vittoria Assicurazioni.

Dati

[1] I numeri riportati si riferiscono all’anno solare 2022, per completezza si segnala che la seconda rilevazione statistica di ANIA riporta i dati del 2021 e del 2022, così come l’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente.

Fipe: presentato al CNEL il rapporto sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi

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Il rapporto sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi (immagine concessa)

ROMA – Un settore più attrattivo, competitivo e fondato sulla qualità del lavoro. Con questo obiettivo Fipe-Confcommercio ha presentato al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) il “Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi”, uno strumento utile per fare chiarezza e contrastare una delle principali distorsioni del mercato del lavoro nel mondo della ristorazione.

L’incontro nel corso del quale sono intervenuti – tra gli altri – il presidente della Fipe Lino Enrico Stoppani e il presidente del CNEL Renato Brunetta, ha analizzato il fenomeno e le sue implicazioni per imprese e lavoratori, e le possibili misure normative e contrattuali per mitigarne gli effetti e limitarne la diffusione.

Ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, sottolineando l’urgenza di un intervento istituzionale forte e coordinato per ripristinare condizioni di equità e rispetto nel mercato del lavoro dei pubblici esercizi: “Il rapporto ha evidenziato la proliferazione dei CCNL nel settore, con le conseguenti gravi differenze contrattuali e retributive che li caratterizzano. Infatti se emerge che il nostro CCNL è quello ampiamente più applicato nel settore, si registra anche il diffuso utilizzo della “teoria della sottrazione” nei contratti concorrenti, esercizio che rende questi contratti solo apparentemente più convenienti, esponendo le imprese che le adottano a pesanti sanzioni e togliendo diritti ai lavoratori, spazio alla leale concorrenza, attrattività al settore e valori al lavoro”.

Stoppani aggiunge: “Proprio i tempi difficili richiederebbero, invece, che si debba rafforzare la “teoria della somma” nei rapporti con i propri collaboratori, con addendi non necessariamente fatti solo di riconoscimenti economici, ma di valori umani e professionali, in grado di affrontare i problemi strutturali del settore, con la diminuita sua attrattività e la persistente debole produttività”.

“Il dumping contrattuale rappresenta una forma di concorrenza sleale che danneggia le imprese virtuose e i lavoratori, minando la credibilità dell’intero settore. Nonostante il CCNL di FIPE sia applicato da oltre il 92% delle aziende, la minaccia dei contratti pirata resta concreta” ha dichiarato Riccardo Orlandi, Presidente AIGRIM-FIPE e Vice Presidente Fipe. “Il nostro impegno si articola su due fronti: un’intensa attività di sensibilizzazione delle imprese sui rischi legali ed economici di queste pratiche e la richiesta di interventi più decisi da parte degli organi di controllo. Solo attraverso un’azione coordinata tra informazione e vigilanza possiamo garantire legalità e tutele adeguate per tutti i lavoratori del settore.”

Il dumping contrattuale – ovvero l’applicazione di contratti collettivi siglati da sigle prive di reale rappresentatività, con trattamenti peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto di riferimento del settore – è ormai una realtà strutturale che danneggia l’intero comparto. A subirne le conseguenze non sono solo i lavoratori, spesso privati di diritti e tutele fondamentali, ma anche le imprese che operano nella legalità e si vedono penalizzate da una concorrenza sleale.

Inoltre, come è emerso nel corso della presentazione, le imprese che scelgono scorciatoie contrattuali rischiano gravi conseguenze sanzionatorie, sia in termini economici che reputazionali, come dimostrano le recenti sentenze della Corte di Cassazione e gli interventi dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

L’Ispettorato, in particolare, ha più volte sottolineato la possibilità di contestare alle imprese una violazione del principio di buona fede nell’applicazione del contratto collettivo, con effetti anche in sede di verifica contributiva, retributiva e previdenziale e il conseguente recupero delle differenze contributive e retributive applicate.

Il Manuale, disponibile sul sito della Federazione, offre un quadro giuridico aggiornato e strumenti operativi per riconoscere e contrastare i contratti non rappresentativi, con l’ambizione di favorire un cambio di passo culturale, oltre che normativo.

La presentazione di oggi è stata anche l’occasione per rilanciare il ruolo centrale della contrattazione collettiva firmata da soggetti legittimati, per la tutela della dignità dei lavoratori e la valorizzazione delle imprese sane. FIPE continuerà a battersi per promuovere trasparenza, legalità e qualità del lavoro, con la consapevolezza che solo così sarà possibile costruire un futuro sostenibile e competitivo per il settore dell’ospitalità italiana.

Pierluigi Tosato, Massimo Zanetti Beverage Group: “Debito ridotto da 421 a 350 mln: chiusura 2025 prevista con 1,2 mld di ricavi “

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Pierluigi Tosato, CEO di Massimo Zanetti Beverage Group (immagine concessa)

MILANO – Massimo Zanetti Beverage Group, sede produttiva a Bologna con un impianto per le capsule a Treviso, possiede in tutto il mondo 40 filiali, 400 negozi in franchising, 20 stabilimenti e 3300 dipendenti: l’amministratore delegato è Pierluigi Tosato. L’azienda ha come socio di riferimento il fondo Quattro R, dall’aprile 2024.

Gli obiettivi di Massimo Zanetti Beverage Group

Tra gli obiettivi prefissati del Gruppo c’è stata una particolare attenzione alla riduzione del debito e la proposta di nuove referenze come il caffè in grani per il macinino. C’è di più: è stato riposizionato il marchio con un maggiore focus sui più giovani e un taglio netto alle sponsorizzazioni (la Virtus, valore dichiarato 13 milioni l’anno) ma anche ai costi con aggregazione di stabilimenti (due negli Usa) e riduzione delle filiali in Grecia.

Il fondo Quattro R, come riporta la sezione Economia del Corriere della Sera, è guidato dal ceo Francesco Conte e presieduto da Flavio Valeri, azionisti con Stefano Cassina, Carlo Michero, Francesco Capurro e Guido Lorenzi, per Massimo Zanetti Beverage Group, holding dove la famiglia fondatrice con il presidente Massimo Zanetti è scesa al 47,28% del capitale.

Il fondo, prosegue sempre il Corriere, ha il 52,72% insieme con la Coffee Holding, derivato di Quattro R con piccola quota; dichiara il 66,67% dei diritti di voto ed esprime tre consiglieri su cinque nel board, ceo compreso.

Pensiamo di chiudere quest’anno con ricavi a 1,2 miliardi contro gli 1,050 del 2024 e gli 1,1 miliardi del 2023” dice Tosato, ceo del Gruppo, come riporta ancora il Corriere della Sera. “Soprattutto, contiamo di arrivare a 80 milioni di margine operativo lordo dai 62 milioni dell’anno prima (l’obiettivo dichiarato per quest’anno era di 75 milioni). In quest’anno e mezzo abbiamo ridotto i debiti: la posizione finanziaria netta al 31 maggio scorso era di 350 milioni contro i 421 milioni del dicembre 2023. Inoltre con il nostro ingresso la società ha avuto un aumento di capitale da 102 milioni, fondamentale. I fondi sono ancora visti da alcune aziende come speculatori, invece possono portare sviluppo”.

Tosato aggiunge, come affermato dal Coirriere della Sera e dalla Green Economy Agency: “I dazi per ora non hanno avuto un impatto sulla nostra attività, abbiamo continuato a vendere caffè. L’unico neo può venire dall’importazione negli Usa di caffè dal Brasile, dove Trump minaccia di portare i dazi al 50% dal primo agosto. In ogni caso, il costo sarà trasferito sul consumatore. Abbiamo deciso di mettere in chiaro sulla fattura la riga tariffe, perché il costo sia esplicito. Ma per noi non è credibile che si arrivi a dazi del 50% in Brasile, o del 30% in Europa”.

Il gruppo desidera consolidarsi negli Stati Uniti con un piano mirato nel food service nonostante i dazi. Si ricorda che il 90% dei ricavi viene proprio dall’estero.

“Avere una produzione locale può essere un elemento di vantaggio sui concorrenti”, dice Tosato sempre al Corriere. Che annuncia anche di avere appena siglato un accordo per una joint venture in Arabia Saudita, al 75%, “con un operatore del food service al 25%”.

IMF verso HostMilano: innovazione sostenibile e intelligenza artificiale al servizio della tostatura

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Il team IMF (immagine concessa)

OCCHIOBELLO (Rovigo) – Nel 2024 IMF ha raggiunto un nuovo traguardo, chiudendo l’anno con un fatturato di circa 20 milioni di euro, corrispondente a una crescita approssimativa del 25 % rispetto al 2023. Un risultato record, frutto di investimenti costanti e della coesione di un team di lavoro altamente motivato.

“Continuando a investire e coinvolgendo tutti i validi collaboratori, che costituiscono una squadra coesa integrata nel progetto di sviluppo d’impresa, non solo è aumentato il fatturato e la struttura aziendale, ma parallelamente è cresciuta anche la marginalità”, spiega Alessandro Garbin, ceo di IMF.

Progetti in produzione e macchine “eco-friendly”

Guardando al futuro, l’attenzione si sposta verso l’industrializzazione di soluzioni già sviluppate in laboratorio. Tra queste c’è un software gestionale per le curve di tostatura “intelligente”, realizzato in collaborazione con un’importante università estera, e una nuova generazione di macchine che riducono ulteriormente il consumo di combustibili fossili.

“Le innovazioni che stiamo mettendo in campo sono concrete – aggiunge l’ingegnere Lorenzo Mosca, chief technical department –: dallo sviluppo del software, progettato su misura e in piena sinergia con le caratteristiche tecniche delle tostatrici IMF, fino a una macchina a bassissimo impatto ambientale, estremamente green, che presenteremo a breve”.

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Da sinistra: Giorgio Maria Mosca, Roberto Pedini, Andrea Giacomo Garbin e Alessandro Garbin (immagine concessa)

Nonostante il forte aumento dei prezzi del caffè verde e le tensioni internazionali, IMF ha mantenuto il proprio trend di crescita.

“Malgrado il notevole aumento del prezzo del caffè crudo, che ha interessato tutti gli operatori a livello mondiale, e tutte le gravi situazioni di tensione internazionale, abbiamo continuato a crescere e puntiamo a replicare lo stesso risultato anche nel 2025”, conferma Garbin.

Sostenibilità a 360 gradi

La dimensione sostenibile è un pilastro imprescindibile. Sul fronte sociale, IMF cura il benessere dei propri collaboratori, mettendoli nelle condizioni di lavorare al meglio. Sul fronte ambientale, l’offerta si arricchisce di macchine elettriche e progetti a idrogeno per eliminare del tutto l’uso di fonti fossili nel processo di tostatura.

“Stiamo sviluppando sistemi alternativi ai combustibili tradizionali – sottolinea l’ingegnere Lorenzo Mosca –: elettrificazione delle macchine a gas e utilizzo di idrogeno, con l’obiettivo di una tostatura completamente priva di fonti fossili”.

Comunicare l’innovazione

Per valorizzare il proprio impegno in ricerca e sviluppo, IMF adotta una strategia di comunicazione integrata che combina media specializzati, canali digitali e una presenza costante alle principali fiere internazionali e locali del settore.

“Promuoviamo tutte le innovazioni, grandi e piccole, attraverso strumenti mirati e coerenti con la nostra identità — afferma il dottor Giorgio Mosca, senior area sales manager —, attraverso collaborazioni con riviste specializzate di settore e una presenza specifica sulle piattaforme social ci permettono di rendere il brand IMF sempre più diffuso e riconoscibile a livello internazionale nel mondo del caffè”.

Un ruolo fondamentale è affidato anche alla comunicazione post-vendita: “La relazione con i clienti è un punto fondamentale — aggiunge il dottor Giorgio Mosca —. Raccogliamo e condividiamo le loro testimonianze per raccontare il valore del marchio attraverso il loro punto di vista”.

Impianto industriale completo presso The Roasting Club in Australia (immagine concessa)

Mercati e prospettive di crescita

IMF opera su scala globale e sa adattarsi rapidamente ai diversi mercati. L’inizio del 2025 ha visto un’intensa attività in Italia e in Europa, mentre grazie alla versatilità delle proprie soluzioni l’azienda sta trovando nuovi sbocchi nel lontano East asiatico — in particolare Indonesia e Malesia — come evidenzia Roberto Pedini, sales coordinator business development.

Verso HostMilano

HostMilano rappresenterà per IMF un momento chiave per mostrare al settore i risultati concreti del lavoro di ricerca e sviluppo svolto negli ultimi anni. “Porteremo in fiera un progetto concluso: un software evoluto per la gestione della tostatura, che rappresenta un passo avanti importante verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel processo produttivo — spiega Alessandro Garbin —. A questo si affiancheranno le nuove macchine eco-friendly, progettate per ridurre drasticamente il consumo di combustibili fossili”.

Come sottolinea l’ingegnere Lorenzo Mosca, il software sarà in grado di apprendere e correggere automaticamente le curve di tostatura in funzione degli obiettivi impostati, ottimizzando tempi, risorse ed efficienza. “Grazie all’intelligenza artificiale sarà possibile semplificare e affinare il lavoro del tostatore, sia in contesti artigianali che industriali, ottenendo risultati professionali in modo più rapido e sostenibile”.

Tra le novità annunciate per HostMilano anche un nuovo modello di macchina a bassissimo impatto ambientale, espressione concreta dell’impegno di IMF verso una tostatura sempre più green, senza compromessi su qualità e prestazioni.

IMF si conferma come una delle principali realtà italiane affermata anche a livello internazionale nella progettazione, costruzione e installazione di macchine torrefattrici e impianti industriali completi, contribuendo in modo attivo e concreto all’evoluzione del settore grazie a innovazione tecnologica, sostenibilità e visione strategica.

Ditta Artigianale alla 2a edizione della Barista Competition: al 1° posto Cesare Spinella e Claudio Guri

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Tutto il team Ditta Artigianale di questa competizione (foto concessa)
Tutto il team in Ditta Artigianale di questa competizione (foto concessa)

FIRENZE – Ditta Artigianale, fucina di nuovi campioni. Una cifra stilistica che contraddistingue questo brand di caffetteria italiana specialty e che riflette la filosofia dell’azienda: spazio alla formazione, ai giovani, alla voglia di imparare un mestiere, mettendosi in gioco. Anche il 2025, il punto di Firenze in via Carducci 2r, ospita le selezioni per chi poi andrà a sfidarsi alle tappe di qualificazione per accedere alla finale di Sigep, come barista e brewers.

I qualificati sono 5 per barista, 2 brewers giudicati idonei alla gara nazionale.

Ditta Artigianale non molla un colpo: come mai è ancora importante investire sui campionati?

Francesco Sanapo condivide la sua opinione a gara appena conclusa:” Giunta al termine la seconda competizione interna a Ditta Artigianale, ci troviamo profondamente emozionati. Abbiamo visto un team di ragazzi che si è impegnato tantissimo. I frutti si sono visti in gara, strabiliando i nostri giudici con delle performance da livello nazionale. Sono cresciuti tantissimo e come azienda siamo estremamente soddisfatti.

Mi hanno chiesto: perché lo fai? Perché voglio instillare nei ragazzi che lavorano con noi la continua ricerca di miglioramento, dello studio e infine della vittoria. La nostra azienda deve fare questo e ha bisogno di farlo. Abbiamo visto vincere di nuovo Cesare Spinella tra i baristi, un secondo posto a Salvatore Sanapo e al terzo Cristian Dorado. Il livello era molto elevato e abbiamo deciso che tutti e tre sul podio si presenteranno alle tappe di qualificazione per accedere alla finale al Sigep 2026 per la categoria barista.

Claudio Guri e Giuseppe Morelli rappresenteranno invece Ditta per il brewers. Per me è una grande gioia vedere la loro passione messa in campo. Il fatto di averlo fatto qui in caffetteria poi e vedere i clienti avvicinarsi ad osservare, ci ha permesso di coinvolgere il pubblico nel mondo dei campionati dietro il bancone. Ho portato le gare baristi agli occhi del consumatore.”

Ditta Artigianale torna a investire sui campionati barista

Sanapo: “Per anni abbiamo un po’ lasciato stare le gare. Ci siamo ributtati sopra negli ultimi due anni accompagnando questi ragazzi che avevano voglia di eccellere. Spinti dal loro desiderio ci siamo riportati in pedana, cercando di iniziare un percorso a lungo termine, gettando le fondamenta per un progetto futuro.”

Simone Amenini, manager della Scuola del Caffè: “Una seconda edizione di gare qui che è andata molto bene. L’attenzione è cresciuta anche da parte di consumatori e dei professionisti. Chi ha gareggiato questa volta ha inteso questa esperienza ancora di più come un lavoro di squadra che porta tutti ad un miglioramento comune. Hanno condiviso la gioia della vittoria. Per rafforzare il concetto abbiamo inserito il fatto che tutti gli altri competitor potessero assaggiare i caffè in gara. Così che potessero anche calibrarsi in seguito sulle valutazioni date dai giudici.

Continueremo su questo percorso di competizione: prima quando eravamo una realtà più piccola abbiamo puntato solo su singoli campioni per poi fermarci per qualche tempo. Nel 2021, con l’apertura della Scuola del Caffè ho voluto riportare in auge il nostro spirito competitivo, che è un ottimo metodo di apprendimento per i ragazzi a livello pratico. Una sfida ti porta a superare i limiti e questo non si può imparare dai libri. Abbiamo dato voce alle persone che si stavano appassionando allo specialty e a Ditta Artigianale e che volevano fare qualcosa che andasse oltre al lavoro dietro al bancone.

Così siamo tornati a piccoli passi in un progetto pluriennale, puntando su determinati ragazzi che poi sono aumentati. È stata una naturale evoluzione interna.

Il mondo della competizione ha ancora appeal, ma il livello nazionale sta talmente aumentando che avere un team alle spalle fa abbastanza la differenza. Tra acquisto del caffè, uso di macchinari e disponibilità di allenarsi con tempi prolungati, avere alle spalle un gruppo è fondamentale. Probabilmente arriverà uno spazio di approfondimento di formazione e gara anche a Milano.”

Cesare Spinella, campione barista: “Ho scelto come prima cosa il caffè, con l’aiuto del roaster che mi ha consigliato il Colombia di Fincas Los Nodales, che restituisce complessità e flavours più distinti per il milk beverage e per la bevanda espresso un altro Colombia, di Finca El Mirador. Mi è piaciuto per la sua acidità molto fruttata. Più difficile è stato gestire l’aspetto tecnico e la definizione dei flavour, una capacità che si può migliorare solo con l’esperienza e assaggiando tanti caffè.

Mi sono trovato molto in sintonia durante gli allenamenti con i ragazzi di Ditta Artigianale. E questo mi ha restituito tanto in termini di preparazione. Darò ancora di più di quello che ho dato oggi a Sigep, con una consapevolezza maggiore. Sinceramente mi aspettavo di vincere una seconda volta, perché sono cosciente delle mie capacità.”

Claudio Guri: “La gara è andata bene. Ho scelto di gareggiare per la categoria brewing perché era un mio sogno già da tanti anni, avevo già provato l’anno scorso, senza però arrivare al primo posto. Questa volta ho cercato di sintetizzare il più possibile, concentrandomi maggiormente sull’experience dei giudici. Ho usato un Costa Rica di Finca La Ciumeca, cresciuto a 1800 metri, con una fermentazione anaerobica con note cioccolatose, mandorle, frutta rossa che ricorda l’uva e la mela.

Sicuramente saper bilanciare l’estrazione e della comunicazione, è fondamentale: quest’anno poi ho giocato con calcio, magnesio, potassio e sodio, per ricostruirmi un’acqua da abbinare con il caffè. Un rapporto tra calcio e magnesio di 2 a 1, con valori uguali di sodio e potassio per accentuare la frutta rossa.

Avevo usato già questa formula al Sigep scorso, quindi è probabile che la riproporrò anche questa edizione in gara.”

Luca Ventriglia il capo della giuria conclude questo appuntamento in Ditta Artigianale:

“Rispetto alla scorsa edizione, c’è stata una maggiore preparazione dei ragazzi che abbiamo trovato più consapevoli e hanno affrontato la gara con spirito diverso. Devo dire che questo è un fattore positivo, una conferma rispetto all’impegno dei competitor. La giuria, con Federica Parisi e Marco Pizzinato, è più o meno la stessa che si ritrova nella gara nazionale. Abbiamo usato gli stessi protocolli e quindi è stata una competizione dello stesso valore. Sono stati usati a volte gli stessi caffè anche se ciascuno poi ha personalizzato la propria gara. Qualcuno ha creato dei blend con tipologie di latte diversa, con una tecnica del freeze drying, estraendo la parte acquosa del latte.”

Eudr: anche l’Italia tra i paesi a favore di un ulteriore rinvio nell’applicazione della norma

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Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida (foto di Wikipedia; fonte: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/172)

MILANO – Mancano poco più di 5 mesi all’entrata in applicazione dell’Eudr, il Regolamento Ue 2023/1115 adottato nel 2023 per contrastare la deforestazione e il degrado forestale a livello globale. La normativa è entrata in vigore il 29 giugno 2023 ed era inizialmente prevista per diventare applicabile il 30 dicembre 2024.

Tuttavia, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato in extremis, lo scorso dicembre, la proposta della Commissione di ritardarne l’applicazione di un anno per concedere alle imprese e alle autorità più tempo per prepararsi meglio alla sua attuazione.

Il Regolamento sarà dunque vincolante a decorrere dal 30 dicembre 2025, per i grandi operatori e i commercianti e dal 30 giugno 2026, per microimprese e piccole imprese.

Negli ultimi mesi, le autorità comunitarie hanno meglio definito campo e modalità di attuazione della norma.

Con i nuovi documenti di orientamento, la Commissione ha introdotto, il 15 aprile, una serie di misure di semplificazione dell’Eudr, in particolare:

  • le grandi imprese possono riutilizzare le dichiarazioni di dovuta diligenza esistenti quando le merci, precedentemente sul mercato dell’Ue, sono reimportate;
  • un rappresentante autorizzato può ora presentare una dichiarazione di dovuta diligenza per conto dei membri di gruppi societari;
  • le imprese sono autorizzate a presentare dichiarazioni di dovuta diligenza ogni anno anziché per ogni spedizione o lotto immesso sul mercato dell’Ue;
  • requisiti semplificati per le aziende a valle della filiera.

Il 15 aprile 2025, la Commissione Europea ha pubblicato una bozza di atto delegato per semplificare il Regolamento, aperta alla consultazione pubblica fino al 13 maggio 2025 .

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Gruppo italiano torrefattori e Consorzio Triveneto presentano l’assemblea congressuale dei soci con, tra gli altri, Omar Zidarich e Silvia Goppion a Trieste

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Omar Zidarich, Presidente Gruppo Italiano Torrefattori Caffè
Omar Zidarich, Presidente Gruppo Italiano Torrefattori Caffè

TRIESTE – Si terrà giovedì 24 l’assemblea congressuale dei soci del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie. L’evento, ricco di appuntamenti su temi caldi, si terrà in presenza a Trieste presso la sede dei Gruppi all’Urban Center, Corso Camillo Benso Conte di Cavour 2/2.

Il talk del Gruppo italiano torrefattori caffè e Consorzio torrefattori delle Tre Venezie

Il programma, lungi dall’essere solo una semplice assemblea, costituirà una vera e propria tavola rotonda: tra i vari interventi ci sarà l’apertura dei lavori del presidente GITC Omar Zidarich e della presidentessa CTTV Silvia Goppion che presenteranno la nuova sede e il nuovo organigramma con la situazione attuale delle quote soci e l’ingresso dei nuovi inserzionisti.

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Silvia Goppion (immagine concessa)

Si proseguirà poi con l’intervento del dottor Massiliano Scaramelli, Ditta Pacorini, sul tema EUDR con una panoramica sulla situazione attuale.

A seguire, l’avvocato Valentina Schiavone, SLED Studio legale associato E&D, sempre sul tema EUDR.

Inoltre il presidente Omar Zidarich parlerà della futura partecipazione del Gruppo a fiere ed eventi prossimi, primi tra tutti l’anticipato HostMilano.

Nestlé vende Sanpellegrino e Acqua Panna: ecco perché le multinazionali stanno cedendo i brand

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Nestlé
Il logo Nestlé

Alcune multinazionali hanno ritoccato i portafogli dei brand, togliendo i meno redditizi. Ad esempio, Nestlé ha deciso di separarsi dal ramo acqua che racchiude marchi come le italiane Sanpellegrino e Acqua Panna e le francesi Perrier e Vittel. Stesso discorso per l’americana Kellogg che si è scissa in due parti. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Francesco Bertolino per Il Corriere della Sera.

Lo scontro con la grande distribuzione

MILANO – Unilever vende i gelati, Nestlé le acque, Kraft Heinz i biscotti. L’offerta non si trova sugli scaffali dei supermercati, ma sul mercato finanziario: alcune fra le maggiori multinazionali produttrici di beni di largo consumo stanno infatti valutando di cedere alcuni marchi importanti ad altri investitori. O in Borsa.

“L’industria del largo consumo ha beneficiato di una robusta crescita durante il periodo della pandemia quando la stragrande maggioranza dei consumi si concentrava in casa”, spiega Alberto Vigada, partner PwC Strategy & Consumer Goods e Retail Leader.

Negli anni dei lockdown e dell’inflazione energetica, le multinazionali hanno alzato i prezzi dei loro prodotti, talvolta anche in misura superiore a quanto necessario per compensare l’incremento dei costi. I ritocchi ai listini hanno causato scontri con la grande distribuzione e ridotto i volumi di vendita complessiva di alcuni colossi dei beni di largo consumo. Che però sono così riusciti ad aumentare i loro profitti.

“Con la fine delle restrizioni alla circolazione, tuttavia, la tendenza si è invertita e le aziende di settore hanno iniziato a risentirne nei bilanci e in Borsa”, dice Vigada.

L’andamento di Borsa delle multinazionali

Nell’ultimo anno titoli dell’anglo-olandese Unilever sono rimasti sostanzialmente piatti a Londra, rimanendo indietro rispetto all’indice. Nestlé è invece scesa del 18% a Zurigo e Kraft Heinz quasi del 20% a Wall Street, al pari di PepsiCo.

La sensazione è che, giusto o sbagliato che sia, strumentalizzata o meno anche a livello mediatico, fra i consumatori si stia diffondendo una sorta di percezione negativa delle multinazionali”, sostiene Giorgio Santambrogio, ceo del gruppo VèGè. “Dopo la pandemia, poi, le catene della grande distribuzione sono spesso riuscite a intercettare e interpretare meglio con le loro marche le esigenze di qualità e prezzo dei consumatori locali”.

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Caffè: ecco perché dopo il consumo si dorme bene la sera, lo studio

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Una tazza di caffè americano (immagine: Pixabay)

La caffeina agisce sull’adenosina, che è coinvolta nell’induzione del sonno, ma con il passare degli anni i recettori per l’adenosina calano e quindi da adulti può ridursi la difficoltà ad addormentarsi causata dal caffè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Cesare Peccarisi per il quotidiano Il Corriere della Sera.

Il consumo di caffè dopo cena

MILANO – Se da giovani un caffè dopo la cena in pizzeria poteva farvi passare notti in bianco, con l’età potete (forse) anche berlo prima di andare a dormire e fare ugualmente sogni d’oro: uno studio pubblicato su Nature Communications Biology da ricercatori dell’Università di Montréal diretti da Philipp Thölke ha spiegato, come riportato sul Corriere, perché studiando l’attività cerebrale nel sonno tramite un elettroencefalogramma gestito dall’intelligenza artificiale (AI).

Adenosina

La caffeina agisce sui recettori cerebrali dell’adenosina neurotrasmettitore coinvolto nell’induzione del sonno a onde lente, le onde theta e alpha, comprese fra 4 e 7,5 hertz, che caratterizzano la fase iniziale di sonno detta non REM per differenziarla dalla fase REM che è quella dei sogni.

Il sonno non REM, importante per il consolidamento della memoria e il benessere cognitivo, ha quattro fasi crescenti di addormentamento: la prima di sonno leggero, la seconda di rilassamento della muscolatura con progressivo calo della coscienza, la terza in cui il sonno va aumentando e la quarta in cui arriva il vero sonno profondo ristoratore.

Il fatto è che, come hanno dimostrato i ricercatori canadesi, con l’età i recettori cerebrali adenosinergici calano per cui a 41-58 anni la caffeina non trova più lo stesso terreno fertile dei 20-27 anni e la sua azione di ostacolo all’induzione del sonno giocata sull’adenosina si fa sempre più blanda.

Architettura

Ma non è finita qui perché l’interpretazione dell’attività cerebrale rilevata dall’elettroencefalogramma con AI ha indicato che non è solo questione di diversa stimolazione recettoriale, ma anche di una diversa azione sull’architettura del sonno.

Dobbiamo partire dal concetto che il sonno ha una precisa sequenza di fasi che si susseguono ciclicamente con le loro tipiche onde di diversa frequenza: ogni notte si susseguono 4-6 cicli di sonno diversi della durata media di circa 90 minuti ciascuno.

Sogni

Alla fase di sonno non REM, prima leggero e poi più profondo, segue quella REM dei sogni. La sigla REM è l’acronimo di rapid eyes movements, cioè movimenti rapidi degli occhi che facciamo nel sonno seguendo le scene di ciò che stiamo sognando. Nella fase non REM mancano perché in quel periodo non sogniamo. Alla fine il ciclo torna a ripetersi fino al risveglio.

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