mercoledì 26 Novembre 2025
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HostMilano presenta tecnologie, format e nuovi consumi dell’hospitality

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Fiera Milano presenta HostMilano 2025, la manifestazione leader mondiale per l’ospitalità, il fuoricasa e il food retail (immagine concessa)

MILANO – Dall’automazione intelligente ai menù guidati dall’intelligenza artificiale, passando per la sostenibilità che influenza scelte e consumi, l’ospitalità e il fuoricasa stanno vivendo un’evoluzione senza precedenti: per offrire ai clienti esperienze sempre più multisensoriali e immersive, le tecnologie all’avanguardia si fondono con design e funzionalità per dare vita a soluzioni hi-tech ma accoglienti.

Tendenze che guidano la crescita del mercato: secondo dati ExportPlanning, nel 2024 la produzione mondiale dei comparti presenti a Host 2025 è pari a 189,9 miliardi di euro e vede protagonista in termini di crescita la ristorazione professionale che registra un +8,6% rispetto all’anno precedente.

Il place to be per aziende e professionisti da tutto il mondo

È in questo scenario dinamico che Fiera Milano presenta HostMilano 2025la manifestazione leader mondiale per l’ospitalità, il fuoricasa e il food retail: il place to be per scoprire in anteprima le tendenze che guideranno il futuro dell’hospitality globale.

A pochi mesi dal taglio del nastro, il 17 ottobre prossimo, sono già oltre 1.700 gli espositori registrati – dai top player alle PMI d’eccellenza – dei quali il 44% internazionali da 54 Paesi. Tra i più attivi si segnalano, oltre all’Italia, Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Stati Uniti e Regno Unito. Tante le new entry dal Sud America e dal Sud-Est Asiatico.

Aziende che incontreranno oltre 700 hosted buyer provenienti da circa 75 Paesi, altamente profilati anche con il supporto di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Tra i principali settori target: distributori, rivenditori, esportatori/importatori; ristorazione, food service e fuoricasa; retail e GDO; attività ricettive; centri commerciali e location; chef, professionisti e consulenti. Le Americhe (35%), Medio Oriente e Africa (28%), Asia e Oceania (14%), oltre all’Europa e Paesi CIS (24%), sono le principali aree estere di provenienza.

Un layout ancora più fluido ed efficace

Host 2025 presenterà una panoramica completa dell’innovazione nel settore, coniugata con affondi verticali nei singoli comparti, organizzati per affinità di filiera: ristorazione professionale e bakery-pasta-pizza; caffè-tea, bar-macchine caffè-vending, gelato-pastry; tavola-tecnologia-arredo contract.

In questa edizione, il layout si rinnova per favorire un’esperienza di visita ancora più fluida ed efficace: dalla rafforzata continuità tra padiglioni, a partire da Porta Est con l’accesso a metropolitana e ferrovia, fino all’integrazione dei padiglioni biplanari 8-12 e 16-20, che garantiranno un flusso costante di visitatori a tutte le corsie dedicate a caffè-tea, bar-macchine caffè-vending, grazie al collegamento diretto situato al secondo piano.

Il padiglione 18 inoltre, posizionato immediatamente di fronte al 20, sarà condiviso con il Gelato, facilitando il cross-selling tra filiere affini e rendendo più diretto il passaggio all’area dedicata.

Opportunità di business da cogliere subito, approfittando dell’opzione Early Bird entro il 17 settembre prossimo: accesso per un giorno a 54 euro anziché 72, per due giorni a 71 euro invece di 94 e per tre giorni a 95 euro anziché 127. Il pass per tutte le giornate è invece disponibile a 112 euro invece di 149.

Il maestro cioccolatiere Davide Comaschi presenta l’hub sCIOCk in Fiera a ottobre

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Davide Comaschi (immagine concessa)

MILANIO – Si scrive sCIOCk, si legge rivoluzione. È questo il nome del nuovo progetto ideato dal maestro cioccolatiere e creativo del gusto Davide Comaschi, che debutterà dal 17 al 21 ottobre 2025 all’interno di HostMilano, la manifestazione internazionale dedicata all’ospitalità e alla ristorazione professionale, in scena a Fiera Milano Rho.

“sCIOCk – Cioccolato in movimento” sarà uno spazio culturale e sensoriale interamente dedicato al mondo del cioccolato e alle sue molteplici declinazioni: dalla pasticceria alla ristorazione, dall’alta cucina all’hotellerie, fino al design, alla ricerca e alla sostenibilità. Un’arena dinamica e interattiva dove professionisti, appassionati e operatori del settore potranno confrontarsi, apprendere, sperimentare.

All’interno dell’area – progettata per favorire l’incontro e lo scambio di idee – si alterneranno talk tematici, masterclass tecniche, dimostrazioni dal vivo e tavole rotonde con i protagonisti dell’industria dolciaria, chef, pastry chef, designer del food, aziende e opinion leader del settore. L’obiettivo è quello di dare vita a un vero e proprio movimento culturale attorno al cioccolato, che superi le barriere tradizionali e ne valorizzi la complessità, la tecnica e il costante processo di evoluzione.

Il nome scelto da Comaschi è già una dichiarazione d’intenti: “CIOC” come cuore della parola cioccolato, ingrediente protagonista. “sCIOCk” come gioco fonetico e visivo che richiama lo shock positivo, la scossa creativa, ma anche il movimento continuo del cioccolato fuso, vivo, in trasformazione. Il “cioccolato in movimento” è quindi metafora e realtà: un invito al cambiamento, alla contaminazione, all’innovazione, senza mai dimenticare tecnica e cultura.

“Ho voluto creare uno spazio aperto, contemporaneo, dove il cioccolato non è solo un prodotto, ma un linguaggio – racconta Davide Comaschi –. Con sCIOCk portiamo a Host un luogo dove si parla, si impara, si sperimenta. Dove il sapere incontra il sapore. Per questo riteniamo che Host Milano sia il luogo naturale per avviare un percorso culturale con tutti i principali stakeholders del mondo del fod&beverage e dell’hospitality”.

“Siamo entusiasti di accogliere a Host Milano un progetto come sCIOCk, che unisce innovazione e alta professionalità in modo dinamico e stimolante – dichiara Francesca Cavallo, head of hospitality exhibitions di Fiera Milano -. Avere con noi Davide Comaschi e ospitare un evento così visionario rappresenta un vero valore aggiunto e rafforza ulteriormente il ruolo della manifestazione come piattaforma internazionale di riferimento per il mondo dell’ospitalità. Una sinergia fondata sulla piena condivisione dei valori che animano sia sCIOCk che Host: innovazione continua, creazione di connessioni, contaminazione tra saperi e apertura al futuro”.

sCIOCk nasce così come piattaforma in evoluzione, con l’obiettivo di estendersi oltre la fiera e diventare un riferimento per la formazione, l’aggiornamento professionale e la divulgazione culturale nel mondo del cioccolato.

La prima edizione a Host Milano 2025 sarà il punto di partenza di un percorso itinerante, che coinvolgerà in futuro scuole, eventi e luoghi della creatività gastronomica in Italia e all’estero.

Audi presenta la nuova Q7 Signature Edition con il sistema di espresso mobile per il caffè

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Il sistema espresso mobile per il caffè (immagine presa dall'account Instagram Audi India)

MILANO – Audi ha recentemente presentato il modello Q7 Signature Edition, una versione che include nuovi elementi di design esterni e interni come luci d’ingresso, ruote dinamiche e copri pedali in acciaio inox. Tuttavia, il design e il layout dell’auto originale Q7 non cambieranno.

Per un’esperienza completamente dinamica ed esclusiva, il veicolo includerà un sistema mobile di espresso per il caffè: un’innovazione assoluta per Audi.

La vettura, come riportato da News 24, può essere acquistata al prezzo di 99,81 lakh Rs (circa 99.298 euro).

La Q7 Signature Edition (immagine presa dall’account Instagram Audi India)

Il nuovo veicolo è disponibile in diverse colorazioni come Sakhir Gold, Waitomo Blue, Mythos Black, Glacier White e Samurai Grey.

L’auto può raggiungere una velocità massima di 250 km/h e passa da 0 a 100 km/h in soli 5,6 secondi.

Bialetti: al via l’opa di Nuo Capital per il delisting da Piazza Affari

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gruppo Bialetti industrie illa nuo
Il celebre omino coi baffi del logo Bialetti

È partita il 7 luglio l’opa (offerta pubblica di acquisto) di Octagon BidCo su Bialetti Industrie, sancendo l’uscita del celebre marchio italiano dalla Borsa Italiana. L’operazione, approvata da Consob, si concluderà il 25 luglio 2025. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Rossella Savojardo per il portale d’informazione Milano Finanza.

Bialetti verso l’uscita dalla Borsa Italiana

MILANO – Inizia ufficialmente lunedì 7 luglio l’opa su Bialetti Industrie, lo storico marchio italiano della moka, da parte di Octagon BidCo, veicolo controllato dal fondo lussemburghese Nuo Capital.

L’opa avrà termine il prossimo 25 luglio 2025, estremi inclusi, salvo eventuali proroghe. Un’operazione che sancisce di fatto l’uscita dell’azienda dai listini di Borsa Italiana e segna la fine di un’epoca per uno dei brand più iconici del made in Italy.

L’offerta, che ha ottenuto il via libera della Consob nei giorni scorsi, prevede un corrispettivo pari a 0,467 euro per azione, cum dividend, e riguarda circa 33 milioni di titoli, pari a poco più del 21% del capitale sociale.

Nuo Capital detiene già il controllo dell’azienda, con una partecipazione del 78,567% acquisita a giugno di quest’anno.

A vendere sono stati Sculptor Holdings con il 19,56% del capitale, Francesco Ranzoni (50%) e Diego Della Valle (6,94%).

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illycaffè: la rotatoria vicino la sede a Trieste intitolata a Ernesto Illy a cento anni dalla nascita

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Ernesto Illy (immagine concessa)

La rotatoria di Trieste situata tra le vie Flavia, Francesco Carletti, Giovanni e Sebastiano Caboto e Strada della Rosandra, verrà intitolata a Ernesto Illy (ne abbiamo parlato qui). La decisione è stata confermata nella deliberazione numero 287 del 30 giugno. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Zeno Saracino per Trieste News.

La rotatoria a Trieste intitolata a Ernesto Illy

TRIESTE  La rotatoria tra le vie Flavia, Francesco Carletti, Giovanni e Sebastiano Caboto e Strada della Rosandra, attualmente senza nome, verrà intitolata allo storico imprenditore del caffè Ernesto Illy.

La decisione è stata confermata nella deliberazione n. 287, dello scorso 30 giugno, poi pubblicata sull’Albo Pretorio; vi partecipava il Segretariato Generale dott. Giampaolo Giunta, era presente quale presidente il sindaco Roberto Dipiazza e la proposta è giunta dietro iniziativa dell’Assessore Sandra Savino.

La zona non è forse familiare a tutti, perché appare collocata nella periferia industriale ed è di recente costruzione: si tratta infatti di una rotatoria volta a connettere ben quattro diverse strade: via Flavia, via Francesco Carletti, la Strada della Rosandra e la via Giovanni e Sebastiano Caboto.

La proposta sembra naturale, considerando come proprio alle spalle incomba l’industria triestina di illycaffè, forte di 96mila metri quadri. Vicinanza pertanto storica, ma anche banalmente materiale al luogo.

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L’Istituto internazionale Chocolier nomina Luigi Bonizzi nuovo presidente

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Il presidente Luigi Bonizzi (immagine concessa)

TORINO – Nel corso del consiglio di amministrazione riunitosi lunedì 23 giugno, l’Istituto internazionale Chocolier ha nominato Luigi Bonizzi nuovo presidente dell’associazione. Bonizzi succede a Rossana Bettini che assume il ruolo di vicepresidente insieme a Luigi Odello.

Luigi Bonizzi è il nuovo presidente dell’Istituto internazionale Chocolier

La nuova nomina, accolta con consenso unanime, mira a rafforzare il carattere scientifico dell’Istituto e a consolidarne il prestigio e i legami con il mondo accademico.

Contestualmente, il Consiglio ha confermato Gian Paolo Braceschi nel ruolo di amministratore delegato, con gli stessi poteri attribuiti dal precedente mandato.

Fondato nel 2015, l’Istituto Internazionale Chocolier si propone di creare un corpo di assaggiatori al servizio del cioccolato, valorizzarne le eccellenze e orientare i consumatori verso scelte consapevoli. L’Istituto è attivamente impegnato nella diffusione della cultura del cioccolato attraverso percorsi formativi, seminari, eventi e attività di ricerca e divulgazione scientifica a livello internazionale.

Guido Gobino per la sostenibilità: nel 2024, il 100% delle fave di cacao utilizzate proviene da filiere tracciabili

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Guido Gobino (immagine concessa)

TORINO – Tracciabilità delle materie prime, riduzione delle emissioni, economia circolare e inclusione lavorativa: sono questi i pilastri che guidano l’impegno quotidiano di Guido Gobino verso un modello di impresa sempre più sostenibile e responsabile. L’azienda condivide gli highlights di sostenibilità relativi al 2024, con l’obiettivo di rendere trasparente il proprio contributo ambientale e sociale e di raccontare i progressi fatti lungo un percorso pluriennale di miglioramento continuo.

I risultati ottenuti mostrano una crescita concreta, rafforzando la visione di un’artigianalità d’eccellenza capace di coniugare innovazione, tradizione e attenzione all’impatto ambientale e sociale.

Nel 2024, il 100% delle fave di cacao utilizzate proviene da filiere tracciabili e certificate, con garanzia di origine, condizioni di lavoro dignitose e tutela delle foreste e della biodiversità. Il 95% delle materie prime impiegate, incluso il packaging, è di origine italiana, con l’85% dei fornitori localizzati nel Nord Italia. Tra i fornitori del territorio, si valorizzano eccellenze piemontesi come la Nocciola Tonda Gentile Trilobata IGP e il latte proveniente dalla filiera alpina. In aumento i partner che integrano policy ESG, oggi al 68% (contro il 53% del 2021).

Sul fronte ambientale, Guido Gobino registra nel 2024 una riduzione di 1512 tonnellate di CO₂eq a livello di organizzazione. Un risultato ottenuto anche grazie a:

  • 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili
  • Installazione di nuovi pannelli fotovoltaici per l’autoconsumo
  • Nuovo impianto caldaia ad alta efficienza per ridurre il consumo di gas

Il packaging è sempre più sostenibile: la plastica rappresenta oggi solo il 5% del peso totale del packaging impiegato, con una riduzione del 38% rispetto al 2021. Cresce invece la quota di materiali compostabili e di origine vegetale (+23% rispetto al 2021) e della carta Tree-Free (+11% rispetto al 2023, +77% rispetto al 2021), a base di bambù e cotone.

L’impegno verso l’economia circolare si rafforza: più del 96% degli scarti organici è riutilizzato in agricoltura biologica, e oltre 2000 magic box sono state distribuite tramite la partnership con Too Good To Go – l’app che consente di acquistare a prezzo agevolato prodotti invenduti – contro le 1175 del 2023. Anche il progetto con ReMida, associazione del Comune di Torino per il riciclo creativo post-consumo, si amplia: 500 kg di materiali sono stati donati nel 2024 per attività di riciclo creativo.

L’azienda mantiene un alto tasso di stabilità contrattuale: oltre il 95% dei collaboratori ha un contratto a tempo indeterminato. Cresce la presenza femminile (73%, +1% rispetto al 2023 e +4% rispetto al 2021). Continuano le azioni di welfare aziendale: presenza regolare di un osteopata in sedebuoni pasto per tutto il personale e nuove collaborazioni con realtà sociali del territorio.

È stato inoltre redatto e pubblicato il nuovo Codice Etico e di Condotta, disponibile sul sito aziendale, rafforzando l’impegno per la trasparenza, l’integrità e il rispetto dei diritti umani.

Guido Gobino si conferma come esempio virtuoso di sostenibilità artigianale nel panorama agroalimentare italiano, capace di coniugare eccellenza di prodotto, responsabilità sociale e innovazione. Un percorso coerente con i riconoscimenti ottenuti negli ultimi anni, tra cui il Premio Bilancio di Sostenibilità 2023 del Corriere della Sera nella categoria delle piccole aziende e l’inserimento tra i Green Heroes raccontati da Alessandro Gassmann nel libro “Io e i #GreenHeroes. Perché ho deciso di pensare verde”.

Le Botteghe di Torino

  • Via Cagliari 15/b
  • Via Lagrange 1/A
  • Corso Vittorio Emanuele II 72

Le Botteghe di Milano

  • Corso Giuseppe Garibaldi 35
  • Corso Magenta 36

La scheda sintetica della Cioccolateria artigiana Guido Gobino

La Cioccolateria artigiana Guido Gobino si caratterizza dalla costante aspirazione e tendenza alla realizzazione di un cioccolato di eccellenza, prodotto nel rispetto della tradizione torinese con uno sguardo rivolto al futuro. La pregiata qualità del suo cioccolato nasce dal connubio di creatività, gusto e passione.

La sua è una storia lunga sessant’anni e contraddistinta da un’attenta selezione delle materie prime, da una lavorazione all’avanguardia, da una sperimentazione ininterrotta con il fine di raggiungere una qualità assoluta.

Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è distribuito in 52 Paesi, dal Giappone agli Emirati Arabi Uniti, dagli USA alla Francia, dalla Cina all’Australia. Dal 2021 Guido Gobino è affiancato dal figlio Pietro che ha portato un nuovo spirito innovativo e, oltre a rimarcare la sensibilità verso le tematiche ambientali, ha contribuito alla pubblicazione del primo Bilancio di Sostenibilità, quale strumento per testimoniare l’impegno dell’azienda nella divulgazione di una strategia d’impresa responsabile. Nell’autunno del 2020, in occasione del 25° anniversario del Tourinot, viene presentato “5 grammi di felicità”, il libro scritto da Giuseppe Culicchia ed edito da Slow Food Editore che racconta la storia del celebre Tourinot, il Giandujotto di Torino.

Nel gennaio 2019 l’azienda sigla un accordo di licenza pluriennale con Armani/Dolci per la produzione e la distribuzione in tutto il mondo della linea Armani/Dolci by Guido Gobino.

Starbucks apre in Islanda nella capitale Reykjavík dopo mesi di ritardi per le autorizzazioni

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Il logo di Starbucks

Starbucks apre la prima caffetteria in Islanda nel centro della capitale Reykjavík. Il taglio del nastro avviene dopo mesi di ritardi causati da problemi di autorizzazione con la città. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Michael Chapman per il portale d’informazione Iceland Review.

L’apertura di Starbucks in Islanda

REYKJAVÍK – Starbucks ha ufficialmente aperto la sua prima caffetteria in Islanda, accogliendo i clienti nella nuova sede in Laugavegur 66, nel centro di Reykjavík.

Il lancio avviene dopo mesi di ritardi causati da problemi di autorizzazione con la città di Reykjavík, come riportato dai media locali.

Originariamente prevista per maggio, l’apertura del negozio è stata posticipata a causa di problemi di licenza. Nonostante gli imprevisti, l’entusiasmo è cresciuto, come si può vedere sui social media e sui forum di Reddit. Il nuovo bar impiega 16 dipendenti, tra baristi, manager e personale di supporto. L’apertura di un secondo punto vendita è prevista nelle prossime settimane.

Daníel Kári Stefánsson, amministratore delegato di Starbucks in Islanda, ha dichiarato ai giornalisti: “È un vero onore e un grande piacere per me portare l’esperienza Starbucks in Islanda e aprire finalmente la prima caffetteria nel cuore di Reykjavík. I nostri baristi non vedono l’ora di condividere la loro conoscenza e la loro passione per il caffè con i clienti islandesi”.

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Algida racconta la storia del marchio nel nuovo volume pubblicato da Treccani Libri

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Il logo Algida

Il brand italiano dedicato ai gelati Algida vuole ripercorre, grazie al nuovo volume, la crescita aziendale dalla fondazione nel 1947 a Roma, da parte di Italo Barbiani e Alfred Wiesner, fino ai giorni nostri. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Ansa.

La storia di Algida

ROMA – Dal jingle che cantava il ‘Cuore di panna’ fino ai ‘morsi contati’ ai cartelli che, nei bar, annunciavano le novità: è quanto raccontato dal libro ‘Algida. Il cuore dell’estate dal 1947’, pubblicato da Treccani Libri. Il volume ripercorre la storia del celebre marchio di gelati italiano dalla sua fondazione nel 1947 a Roma, da parte di Italo Barbiani e Alfred Wiesner, fino ai giorni nostri.

Il volume, arricchito di una cronologia dettagliata, segue l’evoluzione dell’azienda raccontando le tappe principali, i prodotti e le campagne di comunicazione, “compresi gli iconici cartelli esposti in tutti i bar italiani che ne hanno segnato il successo”.

L’obiettivo della pubblicazione, viene sottolineato, è di narrare “un intreccio di imprenditorialità, creatività e tradizione, che ha trasformato il gelato in un rito sociale, un gesto familiare, una forma di identità collettiva”.

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Cacao Motum, il ponte diretto tra il cacao del Nicaragua e l’Europa “Materia prima in movimento”

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Beatrice Rosa, Cacao Motum (foto concessa)
Beatrice Rosa, Cacao Motum (foto concessa)

AQUILA – Il racconto di Beatrice Rosa, la fondatrice di Cacao Motum, realtà nata nel 2017 da un gruppo di amici con una passata esperienza in Centro e Sud America, in paesi produttori di cacao fino aromatico e di caffè. Amici che in Nicaragua si sono riuniti intorno a Fabrica de Chocolate Momotombo, un laboratorio di produzione di cioccolato dalla fava di cacao alla tavoletta che utilizza solo cacao aromatici del paese.

Cacao Motum nasce dall’esperienza di Beatrice Rosa, che si è mossa dal caffè al cacao

“In effetti mi sono occupata prima di caffè e poi sono arrivata al cacao, lavorando nell’ambito della cooperazione internazionale. Con il caffè ho iniziato proprio in Nicaragua, gestendo un fondo di credito che poi veniva erogato a sostegno dei produttori all’inizio del 2000 quando il caffè aveva toccato prezzi molto bassi. Le cooperative riunite destinavano parte del loro prodotto al mercato italiano, dove la COOP portava 100% Arabica Nicaragua negli scaffali dove è tutt’ora in commercio e che io stessa ancora consumo”.

“Da lì siamo partiti.”

“Guardando al passato in Nicaragua una prima differenza tra le filiere di caffè e cacao si trova già nei farmers: chi coltiva il cacao solitamente lo consuma da sempre come bevanda ancestrale, i produttori di caffè invece ne consumano poco, è più una bevanda appannaggio dei Paesi importatori. Anche rispetto alle zone dove si coltivano il cacao è il caffè, questi si incontrano solo a metà altitudine, infatti il cacao ha bisogno di acqua, umidità e calore, il caffè si arricchisce quando cresce ad altitudini più elevate.

Sopra i mille metri, le piante di cacao fanno fatica ad attecchire, funzionano come la Robusta, che però in Nicaragua non raggiunge grandi volumi ed è stata introdotta soltanto in poche coltivazioni negli ultimi anni, quando la Roya ha attaccato le piante di caffè.

Entrambi i frutti vengono sottoposte ad un processo di fermentazione, anche se diverso nei tempi, nelle strutture e nelle modalità. In quegli anni in Nicaragua l’estrazione dei chicci di caffè adottava un metodo di fermentazione “lavato”, oggi sono subentrati anche altri metodi adottati nei caffè speciali come il naturale o honey.

Nel cacao la fermentazione è una fase molto importante di processo perché si creano i precursori delle note aromatiche del cacao che si sviluppano con la tostatura e poi si ritrovano nella tavoletta di cioccolato. È un processo molto interessante che coinvolge gli zuccheri della polpa di cacao (una mucillagine bianca e zuccherina che avvolge i semi) acqua, aria e lieviti, e che avviene in ambiente anaerobico in un primo momento dove raggiunge temperature fino ai 50 gradi.

Segue poi la fase aerobica quando la polpa di disintegra e la massa fermentata viene drenata e areata per evitare che possano svilupparsi odori e sapori poco gradevoli. È molto interessante affiancare i responsabili delle fermentazioni soprattutto osservarli nel mix di processi chimici, tecnologici ed empirici, dove l’esperienza è molto importante per seguire la formazione dell’espressione aromatica: il colore del cacao che cambia, l’odore acre dell’aceto che cambia, la temperatura di termometri e mani che affondano nel cacao ancora in fermento. Annusare il cacao in fermentazione ed essicazione è come sentirlo cantare nella sua trasformazione.

È un momento essenziale e molto spesso, come per il vino, non sempre il contadino riesce a controllare le fermentazioni. Il responsabile di questo processo ha un ruolo fondamentale, è una figura dedicata che è stata formata all’interno delle cooperative o che affianca diversi produttori di cacao. Se si possiede un cacao di una genetica eccellente, è importante affidarsi ad un professionista capace.

E poi le capacità maturano pragmaticamente. In molti paesi d’origine del cacao la vicinanza tra chocolate makers e coltivatori permette uno scambio costruttivo per creare protocolli di fermentazione attraverso un apprendimento per tentativi ed errori. Questi movimenti, relazioni, discussioni, prove, hanno portato a creare dei cioccolati fantastici che sono arrivati in Italia con noi di Cacao Motum.

Va da sé quindi che attraverso la fermentazione da un’unica varietà di cacao possono venire fuori tantissimi cioccolati. Genetica, fermentazione, tostatura: sono questi i fondamenti per avere un cacao e cioccolato aromatico, sono processi che concorrono a migliorarne o peggiorarne la qualità se non vengono attentamente eseguiti.

Il produttore di cacao che si trova nel paese di origine conosce il la generica del suo cacao, segue attentamente le operazioni agricole (la raccolta delle cabosse, il controllo del grado di maturazione, la selezione in piantagione) e della fermentazione. La tostatura successivamente è in mano del chocolate maker.”

Parliamo di tostatura allora

“Per ritornare al nostro raffronto tra caffè e cacao, possiamo distinguere temperature diverse del cacao dal caffè (Parliamo di cafè speciale). A seconda del tipo di cacao da cui si parte e del tipo di cioccolato a cui si vuole arrivare abbiamo una temperatura di torrefazione che raggiunge i 120 gradi per un tempo massimo che non va oltre i 20-25 minuti.

Dato questo range, più che la varietà di cacao – che comunque è importante nel definire tempi e gradi – nella tostatura è essenziale la capacità di sviluppare quei precursori
aromatici del cacao di cui abbiamo parlato nella fermentazione e anche la correzione dei possibili difetti della materia prima.

Con dei cacao acidi, ad esempio, se si vuole attenuare questa caratteristica, si dovrà lavorare sulla tostatura e successivamente sul concaggio e la raffinazione per incidere sulla parte volatile degli acidi organici del cacao.

Con la tostatura si dà l’impronta aromatica al cioccolato: il chocolate maker qui diventa l’artista, l’artigiano che lavora la materia prima per farci assaggiare la migliore delle tavolette giocando successivamente con lo zucchero. Quando parliamo di percentuali di cacao, la parte restante della percentuale che troviamo sulle confezioni di cioccolato, che è composta dallo zucchero viene fissata dal chocolate maker in base al cacao che ha davanti a sé (e che cambia!).

Modellare una tavoletta al 70 o 80% non è un processo casuale che rispecchia i gusti del mercato ma una ricetta legata al tipo di cacao che l’artigiano lavora.”

Distinzione a seconda di dove ci si trova: in Africa o in altri Paesi in cui non c’è produzione di cacao differente

“Lasciando a parte il cacao convenzionale usato nella grande industria, e pensando a quello aromatico – ovvero quello ottenuto da varietà aromatiche con fermentazioni controllate – la maggior parte dei nostri partners chocolate makers e i loro fornitori di cacao lavorano su piccoli lotti. I prezzi del mercato del cacao fine aromatico (specialty cacao per intenderci) sono stati sempre più alti della quotazione di borsa.

Questi prezzi remuneravamo il produttore per il cacao e per la qualità oltre che la sostenibilità stessa della coltura.

Circa un anno fa con il rialzo del prezzo di borsa il cacao fine aromatico ne ha risentito in termini di qualità. La presenza di buyer internazionali alla ricerca del cacao come bene scarso senza alcun giudizio sulla qualità ha creato una euforia generale in piantagione a detrimento della qualità.

L’effetto ad aprile dello scorso anno è stato un aumento generale della domanda fuori dai paesi africani per soddisfare le esigenze dell’industria e forse anche in vista di un successivo aumento. Anche i nostri fornitori hanno ricevuto le stesse offerte, da un lato l’aumento dei prezzi ha costretto sicuramente ad un innalzamento del costo del cioccolato ma anche la ricerca di cacao di qualità.

Ci siamo rivolti chiaramente ai nostri fornitori cercando di comprare in diversi momenti per ottenere un prezzo medio finale del cioccolato che fosse ancora accessibile per il consumatore, ma con mille difficoltà. È questo il problema del momento cercare di gestire la volatilità dei prezzi del cacao, un mercato la cui tendenza non sembra si riassesti in pochi mesi, si parla di anni ma si parla anche di ritorno alla qualità.

Cacao Motum insieme ai suoi partner è proprio questo che vuole mantenere il sostegno della filosofia che vige nel bean to bar, che non significa solo cioccolati prodotti dal seme alla tavoletta ma qualità delle materie prime, filiera corta e tracciabile ed etica, pochi ingredienti, piccoli lotti selezionati e salvaguardia del cacao e della sua sostenibilità.

E se seguiamo questo il prezzo del cioccolato che troviamo per i bean to bar è remunerativo e non è alto.”

Cacao Motum distributore, ma anche coltivatore e trasformatore in Nicaragua: di solito si parte dalla fava che viene lavorata nei Paesi importatori, com’è la storia dietro questa vostra scelta?

“Cacao Motum perché partiamo dal cacao che è in perenne movimento, viaggia da un capo all’altro del mondo, muta le sue forme, si converte da frutto a delizioso cioccolato, che mescola di ingredienti pregiati, si esprime attraverso i territori e le culture, diffonde aromi e passioni.

Parliamo di cacao per non scordarci da dove viene il cioccolato, nasciamo con Chocolate Momotombo nel 2004 in Nicaragua e torniamo in Italia nel 2017, quando con la mia socia siciliana fondiamo Cacao Motum per far conoscere questa delizia di un paese che amiamo. Volevamo valorizzare un prodotto dalle sue origini agricole e tropicali.

La storia di Chocolate Momotombo è anche la storia degli altri cioccolati che a mano a mano si sono affiancati nel nostro catalogo di prodotti, storia di paesi che hanno sempre esportato la materia prima e importato il prodotto finito fatto con un cacao in molti casi proveniente da piantagioni lontane. Paesi che ora producono un ottimo cioccolato, con un cacao pregiato a chilometro zero, le skills per le operazioni post raccolto e i macchinari a disposizione per trasformarlo.

È un processo di crescita sperimentato da Chocolate Momotombo e quando ci siamo accorti che la storia è comune ad altri marchi di cioccolato bean to bar abbiamo cominciato incontrare i chocolate maker e a raccoglierli intorno a Cacao Motum.

Tostare il cacao in un piatto di terracotta, sbucciare le fave tostate a mano, passarle in un mulinetto da mais eppoi in una molazza a pietra da kg, aggiungendo lo zucchero. Così tutto è partito, nella cucina di casa in Nicaragua, solo cacao e zucchero, realizzando dei deliziosi tartufi. Volevamo poi arrivare alla tavoletta che facesse snap, che potesse far viaggiare il cacao di Nicaragua fino in Europa con la sua identità.

Piccole apparecchiature da cui siamo poi passati alla tostatrice a tamburo, a delle molazze fino a 40 kg, la temperatrice, un investimento fattibile intorno ai 30.000 dollari all’epoca per un lavoro artigianale senza tunnel di raffreddamento o altri tipi di attrezzature di concaggio. La maggior parte dei macchinari che usano i chocolate maker sono italiane ma anche indiane e russe.

Momotombo (foto concessa)

La cosa stimolante è proprio far parte di un mix di persone che collaborano da diverse parti del mondo, chocolate maker che dialogano con i produttori di cacao, coltivatori che arrivano a vedere lavorato in cioccolato il loro cacao o anche farmer che non solo esportano cacao ma trasformano la materia prima in prodotto finito. Senza naturalmente nulla togliere ai chocolate makers del mondo non tropicale fanno la stessa cosa con le fave di cacao selezionate meticolosamente dai sourcer o da loro stessi in viaggi nei luoghi di origine.

Cacao Motum vuole focalizzare il suo progetto in questa ricerca all’origine e senza nulla togliere agli altri chocolate maker in Italia o nel mondo che importano la materia prima. Nel mondo del cacao abbiamo visto che c’è spazio per tutti, ognuno riesce a giocare con le aromaticità di questo fantastico prodotto agricolo. Se pensiamo al vino abbiamo un ottimo modello da seguire per poter crescere”.

Quali sono le maggiori difficoltà di fare arrivare direttamente il cioccolato gourmet in Europa e in Italia

“Le difficoltà chiaramente sono legate ai trasporti e la logistica che non sono economici. I calcoli sono facili: solamente per i trasporti, riuscendo a importare alte quantità – nell’ordine dei 400 chili di cioccolato, considerando che una tavoletta pesa 60-80 grammi, siamo sugli 8 euro al chilo.

In Cacao Motum ci occupiamo direttamente delle importazioni contatti con compagnie aere, dogane dazi, cercando di mantenere la filiera diretta tra chocolate maker e consumatore. Al di là della logistica quest’anno l’aumento del prezzo del cacao incide ampiamente sul costo finale della tavoletta, abbiamo già delle tavolette arrivate a due cifre. Siamo una piccola impresa, non abbiamo agenti e ci occupiamo da sole della rete commerciale e come importatori ci scontriamo con i costi tipici di un’azienda dai grandi volumi.

Il prezzo chiaramente è un deterrente all’acquisto, ma solo perché siamo abituati a considerare il cioccolato è un prodotto a basso costo, acquistato nella grande distribuzione e voracemente consumato. La nostra è un’idea di consumo legata alla qualità.

Consumare venti 15-20 grammi di cioccolato che garantiscono un viaggio tra le note aromatiche, che lasciano una lunga persistenza in bocca, è appagante. Vorremmo
riuscire a portare questo concetto nelle case degli italiani che adorano assaporare un pezzetto di cioccolato la sera dopo cena rilassati davanti a un bel film o un bel libro.”

Dove finisce il cioccolato di Cacao Motum?

“Nelle gastronomie gourmet, torrefazioni e caffetterie specialty, nelle enoteche e anche nelle aziende vinicole, meno in negozi specialistici del cioccolato. Sono tutte attività che hanno un legame di fiducia con il proprio pubblico e che a loro volta hanno un dialogo diretto con noi.

Sono i nostri alleati per diffondere la cultura del cacao, le storie dei cacaoteros e dei chocolate makers: una rete che abbiano creato in anni di viaggi e visite a pionieri e sottili ricercatori di novità da offrire ai propri clienti. In questo non vogliamo comunque dimenticare che è necessario avere una capacità di spesa per l’acquisto della qualità.

Poi partecipiamo anche a fiere ed eventi di diversi tipi e abbiamo una sintonia particolare con gli appassionati di vino che padroneggiano già i concetti di fermentazione, di genetica, affinamento, e si riconoscono in questi processi di trasformazione del cacao in cioccolato. Nelle fiere di vino trovo i miei migliori e più attenti clienti.”

Come vedete il cioccolato del futuro?

“Se riuscissimo, come consumatori, a dare maggiore attenzione alla filiera di una tavoletta otterremmo una maggiore soddisfazione nell’acquisto e nel consumo del cioccolato. Se il cioccolato ripercorresse la via della birra e il vino, di cui conosciamo terroir e tecniche, aromi, brewer e vignaiuoli, potremmo apprezzarne la qualità della materia prima agricola e del prodotto finito dietro cui ci sono mani che lavorano.

Vorrei fosse questo il futuro del cioccolato. Non può essere un prodotto che deriva dallo sfruttamento di persone e ambiente come la deforestazione. Siamo pronti da questo punto di vista ad appoggiare i farmers nella adozione dei requisiti per poter applicazione il regolamento europeo sulla deforestazione EUDR tramite dati georeferenziati delle piantagioni.

I produttori di cacao che forniscono i nostri partners chocolate makers hanno adottato la
protezione della biodiversità e la sostenibilità ambientale come filosofia di vita. I cacaoteros sono i primi a non voler deforestare, le piante di cacao non amano il sole e sono protette dall’ombra di alberi di mango, banana o palme. Anche se qui torniamo al fatto che, come piccole attività artigianali, veniamo trattati al pari delle grandi industrie.”