MILANO – Carla Gulotta Professoressa associata di diritto internazionale e dell’Unione europea co-direttrice del Master Sostenibilità in diritto, finanza e management – SiLFiM Università degli Studi Milano-Bicocca, è la preziosa guida per districarsi in merito all’imminente questione dell’EUDR.
Diamo un po’ di contesto: il 24 maggio 2024, il Consiglio dell’Unione europea ha definitivamente approvato la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e questo comporterà – dopo la pubblicazione e l’entrata in vigore della direttiva – nuovi obblighi per le imprese: la predisposizione e l’attuazione di una procedura di dovuta diligenza (secondo gli articoli 7-16, l’art. 13 vertendo sulla consultazione dei portatori d’interesse) e l’obbligo di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici (in base all’art. 22).
Sostenibilità e accesso al mercato
A tal proposito si deve considerare il Regolamento 2023/1115 del 31 maggio 2023 contro la deforestazione e il degrado forestale, che prevede l’obbligo di istituire e attuare dei sistemi di dovuta diligenza per gli operatori commerciali che immettano, mettano a disposizione sul mercato o esportino dal mercato interno materie prime o prodotti “a rischio deforestazione”: bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno.
Su questo piano agisce anche la proposta di regolamento COM (2022) 453 del 14 settembre 2022 che vieta i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell’Unione (la posizione in 1° lettura del Parlamento Europeo è stata adottata il 23 aprile 2024), mentre il Regolamento 2023/956 del 10 maggio 2023 che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) impedirà che le merci importate da Paesi non UE godano di un vantaggio competitivo a causa dell’assenza di costi per la riduzione del carbonio nei loro mercati di origine.
Il nuovo ruolo del consumatore
I consumatori sono diventati più attenti alla sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti attuando scelte responsabili e contribuendo così a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.
L’Unione europea ha reagito valorizzando proprio il ruolo del consumatore – in merito è stata formulata la Direttiva 2024/825 del 28 febbraio 2024, già in vigore; gli Stati membri avranno tempo sino al 27 marzo 2026 per recepirla e al 27 settembre 2026 per applicarla.
O ancora, un ulteriore rafforzamento dei diritti di informazione dei consumatori è dato dalla proposta di direttiva COM (2023) 166 del 22 marzo 2023 sulle asserzioni ambientali – che da oggetto di tutela diviene attore della transizione verso un ecosistema composto da misure che garantiscano la sostenibilità dei prodotti nel mercato interno e la responsabilità sociale delle imprese.
Per arrivare a questi risultati, gli operatori potrebbero sfruttare l’innovazione tecnologica: i dati e i servizi spaziali dell’Unione europea – ad esempio il programma di osservazione della Terra Copernicus – così da agevolare la geolocalizzazione ai fini del regolamento contro la deforestazione. Inoltre, l’Unione ha messo in campo delle linee di finanziamento notevoli per aiutare la transizione.
Gli operatori economici dovranno soltanto reperire queste modalità: ad esempio l’UE facilita l’adempimento promuovendo il coinvolgimento delle associazioni di impresa.
Tutte le normative che sono attualmente in fase di definizione dovrebbero essere un ulteriore stimolo per gli operatori a pensare nuove formule di cooperazione e per le associazioni di categoria un punto di partenza per avvantaggiare i propri associati ed alleviarli in parte dei costi spesso importanti da sostenere da un singolo operatore.
Gulotta, quali organi saranno chiamati a vigilare sulla corretta applicazione della norma?
“Non c’è una sola risposta. Per quanto riguarda nello specifico il regolamento sulla deforestazione esiste un’autorità già indicata dal nostro Governo, che farà capo al Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare. Si tratta dell’Ispettorato centrale a tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, che già oggi svolge compiti ispettivi. Tutti gli Stati membri europei, avevano tempo sino a dicembre 2023 per comunicare questi enti preposti.”
Come verrà verificata la veridicità delle documentazioni prodotte?
“Sarà compito delle Autorità competenti degli Stati membri, che potranno ricorrere all’esame “sul campo” delle materie prime e dei prodotti interessati, se del caso nell’ambito di controlli a campione e verifiche in loco, anche in Paesi terzi.
La Commissione ha espresso il suo impegno nell’adottare orientamenti che siano d’aiuto agli operatori di settore e che uniformino le attività delle diverse autorità nazionali di vigilanza. Risolverebbe così alcuni dubbi: saranno comunicati entro l’entrata in vigore del regolamento sulla deforestazione, quindi per le medie-grandi imprese entro dicembre 2024, per le piccole e micro con sei mesi in più.
A tal proposito è già a disposizione online un documento pubblicato dall’Unione che può interessare gli operatori, un Q&A nato per rispondere a i dubbi più impellenti rispetto al regolamento.”
Secondo lei Gulotta, è ancora ipotizzabile un rinvio dell’entrata in vigore della norma o una sua deroga temporanea?
“C’è questa possibilità. So, in effetti, che alcuni Paesi come l’Austria hanno fatto pressioni in questo senso. Inoltre, la richiesta di rinviare l’applicazione del regolamento è giunta alla Commissione dall’Amministrazione americana e ha trovato sponda nel PPE, Partito popolare europeo, che si è riconfermato come primo gruppo politico del Parlamento europeo nelle recenti elezioni di giugno.
Come verrà implementato nella pratica il complesso sistema di valutazione del rischio?
Gulotta:“Per quanto concerne il regolamento della deforestazione, gli operatori sono chiamati ad effettuare la valutazione del rischio sulla base degli indicatori elencati nell’art.10, che vanno dalla classificazione del Paese di origine delle materie prime operata dalla Commissione, alla complessità della filiera. Un risvolto pratico sarà quello di utilizzare gli strumenti per la geolocalizzazione.
D’altra parte bisogna considerare che spesso è proprio l’innovazione a creare maggiori difficoltà ai piccoli operatori economici che non hanno le risorse e le capacità organizzative per applicarla.
Questo potrebbe dare corso alla proposta di sistemi e servizi di certificazione da parte delle imprese, di operatori privati ed enti di certificazione: anche su questo bisognerà capire come si muoverà l’UE, che ha già previsto che le certificazioni saranno ammissibili per quanto riguarda l’eco sostenibilità dei prodotti e delle informazioni sulla sostenibilità, solo se approvate o erogate da enti pubblici.
Questo potrebbe porre un freno ai privati che vorranno entrare in questa dinamica.”
Quale sarà la documentazione supplementare richiesta per l’attenuazione dell’eventuale rischio non trascurabile?
“Non è possibile stabilirlo ora. È auspicabile che sul punto intervenga la Commissione. Per ora è chiaro soltanto che si potrà mettere e immettere sul mercato il prodotto se è a deforestazione 0 o se il rischio sarà considerato trascurabile, un aspetto tuttavia definito nel Regolamento in maniera non particolarmente trasparente.
È un livello di rischio che lascia aperto un margine di discrezionalità, se è vero che l’articolo 2 del Regolamento lo riferisce alle materie prime e ai prodotti “che non destano preoccupazioni quanto alla possibilità di non conformità”.
Quali le indagini ad hoc e gli audit indipendenti di parte terza ammessi?
“Il regolamento non introduce obblighi di certificazione, ma lascia gli operatori liberi di utilizzarli nel contesto della procedura di due diligence. Ce ne sono parecchi, come ad esempio il sistema di certificazione dei marchi dell’UE, l’Ecolabel o, per i prodotti del legno, le certificazioni FSC o PEFC.
Il regolamento è chiaro, tuttavia, nell’affermare che il ricorso alla certificazione non esonera l’operatore dall’effettuare la procedura di dovuta diligenza. Per quanto riguarda gli audit, il Regolamento si limita ad affermare che dovranno essere “indipendenti”, ciò che induce a ritenere che dovranno essere condotti da organismi esterni all’impresa e accreditati. Anche su questo punto, tuttavia, dovranno fare chiarezza gli orientamenti attesi dalla Commissione.
Gulotta, quali saranno i criteri e i parametri per la due diligence rispetto a requisiti complessi quali, ad esempio, le violazioni dei diritti umani e la difesa dei diritti delle popolazioni indigene?
“Ci sono dei documenti che aiuteranno gli operatori, già posti in essere dalle organizzazioni internazionali. In particolare, l’OCSE ha pubblicato già delle linee guida su come svolgere la due diligence e queste vanno di pari passo con le pubblicazioni dell’UE. Ce ne sono di generali e poi di specifiche per settore.
L’OCSE le ha adottate per il campo agricolo e questo è già una prima traccia utile. Rendere misurabile la responsabilità dell’impresa attraverso la procedimentalizzazione della due diligence è un’idea che è compresa già nel documento delle Nazioni Unite del 2011: si tratta dei Principi guida dell’ONU su imprese e diritti umani, che a loro volta sono stati ripresi dall’OCSE nella revisione delle Linee guida per le imprese multinazionali dello stesso anno.
Nel primo caso, la due diligence era pensata per verificare la responsabilità dell’impresa rispetto alla tutela dei diritti umani, mentre l’OCSE ha esteso lo stesso strumento a tutte le attività svolte dalle aziende comprendendo i potenziali impatti negativi, non solo sul piano sociale ma anche su quello ambientale e per escludere pratiche di corruzione.
Ancora l’OCSE, ha elaborato altri strumenti presenti sul suo sito: innanzitutto una Guidance generale che spiega come applicare le linee guida e poi una più specifica per i settori delicati (minerali, abbigliamento, agricoltura, estrattivo, finanziario). Anche l’Unione Europea ha fatto lo stesso pubblicando linee guida su come svolgere la due diligence.”
Ciò che è importante è che la proposta di direttiva sul dovere di diligenza rinvii espressamente ai citati documenti delle Nazioni Unite e dell’OCSE, avvalorandone il ruolo di strumenti di riferimento per le imprese.”
Gulotta lei ha parlato di consumatore consapevole: è quindi un sintomo che il mercato è pronto a prodotti con un costo maggiore?
“Da un lato ci sono dei segnali importanti, ma è vero che il consumatore ancora resta combattuto tra l’attenzione al prezzo e la rilevanza attribuita ad altri valori legati alla sostenibilità.
Tutti questi provvedimenti dell’UE stanno dando gli strumenti per poter far delle scelte più consapevoli e quando ci si potrà fidare delle informazioni rese disponibili sul mercato, verificandole su determinati piattaforme – quali il punto d’accesso unico per le informazioni di sostenibilità – ESAP, allora il consumatore avrà una spinta in più per non essere guidato solo dal rapporto qualità-prezzo.
Inoltre questo è un passaggio obbligato, che il consumatore dovrà comunque affrontare perché ad un certo punto semplicemente non troverà più negli scaffali quei prodotti che derivano dalla deforestazione o dal lavoro forzato ad un prezzo più conveniente e quindi si dovrà comunque adattare alle maggiorazioni.”