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Bar Shaker: a Torino il barista robot Toni Compatto che prepara 60 bevande ogni ora tra caffè e cocktail

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I robot come personale di servizio

L’automazione sta ormai largamente prendendo piede anche nel settore della ristorazione. A Torino, in via Carlo Alberto 11, ha aperto da pochi mesi un bar dove i robot rappresentano la grande maggioranza del personale: il Bar Shaker. Il protagonista del locale è il barista meccanico Toni Compatto: ogni ora riesce a preparare circa 60 bevande, come ad esempio i cocktail, i cappuccini e i caffè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Roberto Naccarella per Pianeta Cellulare.

Bar Shaker, come funziona: pensano a tutto i robot

TORINO – Il progresso tecnologico avanza a grandi falcate e non passa giorno senza avere notizia di qualche straordinaria evoluzione. Basti pensare all’intelligenza artificiale, che si sta ormai diffondendo praticamente in ogni settore: grazie a questa nuova tecnologia molte attività sono decisamente più semplici.

Non è quindi difficile immaginare un futuro dove i robot avranno un ruolo preponderante anche nella ristorazione. In realtà in Italia è già presente un bar dove tutto è completamente automatizzato: il locale è totalmente robotico. Ma dove si trova esattamente?

Si tratta del bar Shaker che ha aperto lo scorso aprile a Torino, precisamente in via Carlo Alberto 11. Anche se dal nome può sembrare un bar come tutti gli altri, la caratteristica di questo posto è proprio il servizio affidato ai robot. Il barista meccanico ha anche un nome, Toni Compatto: ogni ora riesce a preparare circa 60 bevande, come ad esempio i cocktail, i cappuccini e i semplici caffè.

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Il Centro di formazione professionale alberghiera di Varone presenta il nuovo bar didattico

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Il tavolino di un bar (Foto di Julia da Pixabay)

Gli alunni del Centro di formazione professionale alberghiera di Varone hanno potuto apprendere e migliorare le proprie capacità grazie al nuovo bar didattico della scuola ideato per creare un’esperienza più simile all’ambiente lavorativo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giacomo Polli per il Quotidiano Autonomo del Trentino-Alto Adige.

Il nuovo bar del Centro di formazione professionale alberghiera di Varone

VARONE (Riva del Garda) – L’anno scolastico appena concluso è stato caratterizzato da importanti novità per gli studenti del Centro di Formazione Professionale alberghiera di Varone, che grazie ad un progetto realizzato nel corso dell’estate 2023 hanno potuto apprendere ed esprimere le proprie capacità attraverso l’utilizzo del nuovo bar didattico della scuola, andato a sostituire quello già esistente, con l’obiettivo di offrire un’esperienza completamente immersiva all’interno delle dinamiche lavorative.

Un progetto che – come spiegato dalla dirigente scolastica Elisabetta Filippi – “nasce da un’esigenza; venivamo da un’esperienza di bar didattico ormai obsoleta in tutte le sue forme, dagli arredi alle funzionalità. Nella versione precedente potevano accedere al bancone poco meno di dieci ragazzi e questo era molto limitante. Dovevamo quindi ampliare le dimensioni e renderlo più funzionale dal punto di vista delle attrezzature”.

Filippi aggiunge: “Ad oggi, rispetto a quello che si faceva quarant’anni fa, le cose sono cambiate, quindi era necessario fare dei passi in avanti. Mentre studiavamo il progetto con gli architetti, il professore Giorgio Cingolani ha proposto di cambiarne anche la posizione e dopo lo studio di fattibilità è stato definitivamente approvato: ora è posto centralmente rispetto all’entrata, è molto bello e scenografico. Oltre alla bellezza del bar, siamo riusciti a portare a termine anche l’obiettivo più importante, nonché il miglioramento dell’offerta didattica. Siamo molto felici di quanto fatto”.

Filippi continua: “Gli studenti hanno risposto bene, addirittura ci sono stati ragazzi che hanno recentemente terminato il loro percorso nei laboratori che sono rimasti quasi dispiaciuti per non averlo potuto utilizzare. Prima era più complicato svolgere determinate attività, ora abbiamo un potenziale importante. Oltre ad essere funzionale per le lezioni, è utile anche nel momento in cui andiamo ad ospitare determinati eventi, dove diventa il cuore pulsante dell’accoglienza degli ospiti, che restano affascinati da questa realizzazione”.

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Gli storici caffè di Parigi a rischio chiusura: manca il personale

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La torre Eiffel di Parigi (immagine: Pixabay)

I tipici bar storici di Parigi café parisiens, i locali che fungevano da teatro nella creazione delle correnti artistiche e letterarie tra l’800 e il ‘900, sembrano essere a rischio chiusura. Nessuno vuole più dedicarsi ad una carriera considerata particolarmente faticosa, dove si lavora quasi sempre in piedi, ad alte temperature, di sera e nei weekend.

Anche fuori dall’Italia perciò il lavoro dell’ospitalità non è più attraente: la mancanza di personale sembra essere un problema comune a tutta l’industria. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Valeria Paglionico sul portale Fanpage.

La mancanza di personale nei caffè storici parigini

PARIGI – Quando si pensa a Parigi, vengono subito in mente i tradizionali café parisiens, i locali storici che tra l’800 e il ‘900 venivano frequentati dai più grandi artisti, pittori, poeti e intellettuali dell’epoca. Sebbene oggi siano semplicemente dei bar e non più dei veri e propri “centri culturali”, continuano a mantenere intatto il loro fascino, tanto da essere considerati tra i luoghi iconici da visitare assolutamente durante un viaggio nella ville lumière. La cosa che in pochi sanno, però, è che da qualche tempo a questa parte sembrano essere a rischio chiusura: ecco per quale motivo.

Fare visita a un caffè parigino è un’esperienza tipicamente francese, tanto che non può mancare quando si organizza un viaggio nella capitale. L’unico piccolo inconveniente? Al momento quasi tutti i locali storici sono gestiti da lavoratori immigrati, che il più delle volte prima di arrivare in Francia non conoscevano nulla della cucina o dei vini locali.

Stando ai dati pubblicati dall’Istituto nazionale francese di statistica e studi economici nel 2022, metà degli oltre 86.000 chef della capitale sono immigrati, il più delle volte provenienti da Bangladesh e Sri Lanka, e sono proprio loro la principale fonte di sostentazione del settore alberghiero e gastronomico del paese.

Il motivo per cui i francesi non vogliono lavorare più nei café parisiens? Si tratta di un’occupazione particolarmente faticosa, dove si lavora quasi sempre in piedi, ad alte temperature, di sera e nei weekend.

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World of Coca-Cola: il museo originale di Atlanta viene demolito

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Il logo della Coca-Cola

ATLANTA – Una volta luogo di culto simbolo di una delle bevande gassate più popolari al mondo, l’edificio che ospitava il World of Coca-Cola originale nel centro di Atlanta negli Stati Uniti è stato demolito. Il piano del governo, come riporta il portale AP News, è quello di convertire il sito in un parcheggio.

La struttura è stata la testimonianza dell’enorme potere del marketing del gigante Coca-Cola che ha attratto migliaia di visitatori illustrandone la storia aziendale e facendo assaggiare le proprie bevande.

La distruzione del primo World of Coca-Cola

Il World of Coca-Cola è stato poi sostituito nel 2007 da un museo più grande situato nel Centennial Olympic Park di Atlanta.

Il parco è diventato in poco tempo il cuore dell’industria turistica della città, circondato da hotel e attrazioni tra cui l’acquario della Georgia, la College Football Hall of Fame, il National Center for Civil and Human Rights, lo State Farm Arena e il centro Georgia World Congress Center.

Stati Uniti: i distributori automatici vendono munizioni con l’aiuto dell’intelligenza artificiale

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La bandiera degli Stati Uniti

Negli Stati Uniti i distributori automatici ora vendono munizioni con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. L’azienda dietro la tendenza delle vending machine si chiama American Rounds. L’intelligenza artificiale aiuta a garantire che gli acquirenti abbiano l’età legale per comprare munizioni, che varia a seconda del tipo di arma.

Per le munizioni di armi lunghe come i fucili l’età minima è 18 anni, mentre per l’acquisto di armi corte come le pistole bisogna aver compiuto 21 anni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Futuro Prossimo.

I distributori automatici che vendono munizioni negli Stati Uniti

WASHINGTON – Una volta i distributori automatici erano sinonimo di snack veloci e bibite fresche. Oggi, in alcuni angoli d’America, sono diventati dispensatori di munizioni. Benvenuti nel futuro del commercio al dettaglio, dove l’AI decide se siete pronti per comprare proiettili.

Gli Stati Uniti hanno una relazione unica con le armi da fuoco. Secondo recenti statistiche, quasi la metà degli americani vive in una casa con armi. Gli USA superano ogni altra nazione per densità di armi. È l’unico paese al mondo con più armi che persone.

L’azienda dietro la tendenza dei distributori automatici di pallottole si chiama American Rounds. Il loro approccio, dicono, si basa su tecnologie avanzate.

Si legge dal sito web dell’azienda: “I nostri distributori automatici di munizioni intelligenti hanno tecnologia AI integrata, capacità di scansione dei documenti e software di riconoscimento facciale. Ogni parte del software lavora per verificare che la persona che usa la macchina corrisponda all’identificazione scansionata”.

Questo sistema mira a garantire che gli acquirenti abbiano l’età legale per comprare munizioni, che varia a seconda del tipo di arma. Per le munizioni di armi lunghe come i fucili l’età minima è 18 anni, mentre per le munizioni di armi corte come le pistole, l’età sale a 21 anni.

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EUDR: l’esperta Carla Gulotta, tra luci e ombre del regolamento per le imprese e i consumatori finali

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Carla Gulotta (foto concessa)

MILANO – Carla Gulotta Professoressa associata di diritto internazionale e dell’Unione europea co-direttrice del Master Sostenibilità in diritto, finanza e management – SiLFiM Università degli Studi Milano-Bicocca, è la preziosa guida per districarsi in merito all’imminente questione dell’EUDR.

Diamo un po’ di contesto: il 24 maggio 2024, il Consiglio dell’Unione europea ha definitivamente approvato la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e questo comporterà – dopo la pubblicazione e l’entrata in vigore della direttiva – nuovi obblighi per le imprese: la predisposizione e l’attuazione di una procedura di dovuta diligenza (secondo gli articoli 7-16, l’art. 13 vertendo sulla consultazione dei portatori d’interesse) e l’obbligo di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici (in base all’art. 22).

Sostenibilità e accesso al mercato

A tal proposito si deve considerare il Regolamento 2023/1115 del 31 maggio 2023 contro la deforestazione e il degrado forestale, che prevede l’obbligo di istituire e attuare dei sistemi di dovuta diligenza per gli operatori commerciali che immettano, mettano a disposizione sul mercato o esportino dal mercato interno materie prime o prodotti “a rischio deforestazione”: bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno.

Su questo piano agisce anche la proposta di regolamento COM (2022) 453 del 14 settembre 2022 che vieta i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell’Unione (la posizione in 1° lettura del Parlamento Europeo è stata adottata il 23 aprile 2024), mentre il Regolamento 2023/956 del 10 maggio 2023 che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) impedirà che le merci importate da Paesi non UE godano di un vantaggio competitivo a causa dell’assenza di costi per la riduzione del carbonio nei loro mercati di origine.

Il nuovo ruolo del consumatore

I consumatori sono diventati più attenti alla sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti attuando scelte responsabili e contribuendo così a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030.

L’Unione europea ha reagito valorizzando proprio il ruolo del consumatore – in merito è stata formulata la Direttiva 2024/825 del 28 febbraio 2024, già in vigore; gli Stati membri avranno tempo sino al 27 marzo 2026 per recepirla e al 27 settembre 2026 per applicarla.

O ancora, un ulteriore rafforzamento dei diritti di informazione dei consumatori è dato dalla proposta di direttiva COM (2023) 166 del 22 marzo 2023 sulle asserzioni ambientali – che da oggetto di tutela diviene attore della transizione verso un ecosistema composto da misure che garantiscano la sostenibilità dei prodotti nel mercato interno e la responsabilità sociale delle imprese.

Per arrivare a questi risultati, gli operatori potrebbero sfruttare l’innovazione tecnologica: i dati e i servizi spaziali dell’Unione europea – ad esempio il programma di osservazione della Terra Copernicus – così da agevolare la geolocalizzazione ai fini del regolamento contro la deforestazione. Inoltre, l’Unione ha messo in campo delle linee di finanziamento notevoli per aiutare la transizione.

Gli operatori economici dovranno soltanto reperire queste modalità: ad esempio l’UE facilita l’adempimento promuovendo il coinvolgimento delle associazioni di impresa.

Tutte le normative che sono attualmente in fase di definizione dovrebbero essere un ulteriore stimolo per gli operatori a pensare nuove formule di cooperazione e per le associazioni di categoria un punto di partenza per avvantaggiare i propri associati ed alleviarli in parte dei costi spesso importanti da sostenere da un singolo operatore.

Gulotta, quali organi saranno chiamati a vigilare sulla corretta applicazione della norma?

“Non c’è una sola risposta. Per quanto riguarda nello specifico il regolamento sulla deforestazione esiste un’autorità già indicata dal nostro Governo, che farà capo al Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare. Si tratta dell’Ispettorato centrale a tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, che già oggi svolge compiti ispettivi. Tutti gli Stati membri europei, avevano tempo sino a dicembre 2023 per comunicare questi enti preposti.”

Come verrà verificata la veridicità delle documentazioni prodotte?

“Sarà compito delle Autorità competenti degli Stati membri, che potranno ricorrere all’esame “sul campo” delle materie prime e dei prodotti interessati, se del caso nell’ambito di controlli a campione e verifiche in loco, anche in Paesi terzi.

La Commissione ha espresso il suo impegno nell’adottare orientamenti che siano d’aiuto agli operatori di settore e che uniformino le attività delle diverse autorità nazionali di vigilanza. Risolverebbe così alcuni dubbi: saranno comunicati entro l’entrata in vigore del regolamento sulla deforestazione, quindi per le medie-grandi imprese entro dicembre 2024, per le piccole e micro con sei mesi in più.

A tal proposito è già a disposizione online un documento pubblicato dall’Unione che può interessare gli operatori, un Q&A nato per rispondere a i dubbi più impellenti rispetto al regolamento.”

Secondo lei Gulotta, è ancora ipotizzabile un rinvio dell’entrata in vigore della norma o una sua deroga temporanea?

C’è questa possibilità. So, in effetti, che alcuni Paesi come l’Austria hanno fatto pressioni in questo senso. Inoltre, la richiesta di rinviare l’applicazione del regolamento è giunta alla Commissione dall’Amministrazione americana e ha trovato sponda nel PPE, Partito popolare europeo, che si è riconfermato come primo gruppo politico del Parlamento europeo nelle recenti elezioni di giugno.

Come verrà implementato nella pratica il complesso sistema di valutazione del rischio?

Gulotta:“Per quanto concerne il regolamento della deforestazione, gli operatori sono chiamati ad effettuare la valutazione del rischio sulla base degli indicatori elencati nell’art.10, che vanno dalla classificazione del Paese di origine delle materie prime operata dalla Commissione, alla complessità della filiera. Un risvolto pratico sarà quello di utilizzare gli strumenti per la geolocalizzazione.

D’altra parte bisogna considerare che spesso è proprio l’innovazione a creare maggiori difficoltà ai piccoli operatori economici che non hanno le risorse e le capacità organizzative per applicarla.

Questo potrebbe dare corso alla proposta di sistemi e servizi di certificazione da parte delle imprese, di operatori privati ed enti di certificazione: anche su questo bisognerà capire come si muoverà l’UE, che ha già previsto che le certificazioni saranno ammissibili per quanto riguarda l’eco sostenibilità dei prodotti e delle informazioni sulla sostenibilità, solo se approvate o erogate da enti pubblici.

Questo potrebbe porre un freno ai privati che vorranno entrare in questa dinamica.”

Quale sarà la documentazione supplementare richiesta per l’attenuazione dell’eventuale rischio non trascurabile?

“Non è possibile stabilirlo ora. È auspicabile che sul punto intervenga la Commissione. Per ora è chiaro soltanto che si potrà mettere e immettere sul mercato il prodotto se è a deforestazione 0 o se il rischio sarà considerato trascurabile, un aspetto tuttavia definito nel Regolamento in maniera non particolarmente trasparente.

È un livello di rischio che lascia aperto un margine di discrezionalità, se è vero che l’articolo 2 del Regolamento lo riferisce alle materie prime e ai prodotti “che non destano preoccupazioni quanto alla possibilità di non conformità”.

Quali le indagini ad hoc e gli audit indipendenti di parte terza ammessi?

“Il regolamento non introduce obblighi di certificazione, ma lascia gli operatori liberi di utilizzarli nel contesto della procedura di due diligence. Ce ne sono parecchi, come ad esempio il sistema di certificazione dei marchi dell’UE, l’Ecolabel o, per i prodotti del legno, le certificazioni FSC o PEFC.

Il regolamento è chiaro, tuttavia, nell’affermare che il ricorso alla certificazione non esonera l’operatore dall’effettuare la procedura di dovuta diligenza. Per quanto riguarda gli audit, il Regolamento si limita ad affermare che dovranno essere “indipendenti”, ciò che induce a ritenere che dovranno essere condotti da organismi esterni all’impresa e accreditati. Anche su questo punto, tuttavia, dovranno fare chiarezza gli orientamenti attesi dalla Commissione.

Gulotta, quali saranno i criteri e i parametri per la due diligence rispetto a requisiti complessi quali, ad esempio, le violazioni dei diritti umani e la difesa dei diritti delle popolazioni indigene?

“Ci sono dei documenti che aiuteranno gli operatori, già posti in essere dalle organizzazioni internazionali. In particolare, l’OCSE ha pubblicato già delle linee guida su come svolgere la due diligence e queste vanno di pari passo con le pubblicazioni dell’UE. Ce ne sono di generali e poi di specifiche per settore.

L’OCSE le ha adottate per il campo agricolo e questo è già una prima traccia utile. Rendere misurabile la responsabilità dell’impresa attraverso la procedimentalizzazione della due diligence è un’idea che è compresa già nel documento delle Nazioni Unite del 2011: si tratta dei Principi guida dell’ONU su imprese e diritti umani, che a loro volta sono stati ripresi dall’OCSE nella revisione delle Linee guida per le imprese multinazionali dello stesso anno.

Nel primo caso, la due diligence era pensata per verificare la responsabilità dell’impresa rispetto alla tutela dei diritti umani, mentre l’OCSE ha esteso lo stesso strumento a tutte le attività svolte dalle aziende comprendendo i potenziali impatti negativi, non solo sul piano sociale ma anche su quello ambientale e per escludere pratiche di corruzione.

Ancora l’OCSE, ha elaborato altri strumenti presenti sul suo sito: innanzitutto una Guidance generale che spiega come applicare le linee guida e poi una più specifica per i settori delicati (minerali, abbigliamento, agricoltura, estrattivo, finanziario). Anche l’Unione Europea ha fatto lo stesso pubblicando linee guida su come svolgere la due diligence.”

Ciò che è importante è che la proposta di direttiva sul dovere di diligenza rinvii espressamente ai citati documenti delle Nazioni Unite e dell’OCSE, avvalorandone il ruolo di strumenti di riferimento per le imprese.”

Gulotta lei ha parlato di consumatore consapevole: è quindi un sintomo che il mercato è pronto a prodotti con un costo maggiore?

“Da un lato ci sono dei segnali importanti, ma è vero che il consumatore ancora resta combattuto tra l’attenzione al prezzo e la rilevanza attribuita ad altri valori legati alla sostenibilità.

Tutti questi provvedimenti dell’UE stanno dando gli strumenti per poter far delle scelte più consapevoli e quando ci si potrà fidare delle informazioni rese disponibili sul mercato, verificandole su determinati piattaforme – quali il punto d’accesso unico per le informazioni di sostenibilità – ESAP, allora il consumatore avrà una spinta in più per non essere guidato solo dal rapporto qualità-prezzo.

Inoltre questo è un passaggio obbligato, che il consumatore dovrà comunque affrontare perché ad un certo punto semplicemente non troverà più negli scaffali quei prodotti che derivano dalla deforestazione o dal lavoro forzato ad un prezzo più conveniente e quindi si dovrà comunque adattare alle maggiorazioni.”

Daniela Corsini, Intesa San Paolo: “Prezzo del caffè in rialzo tra la crisi del Mar Rosso, la guerra e il clima ma ci aspettiamo una stabilizzazione il prossimo anno”

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Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

In Soldi, il podcast di Affari&Finanza prodotto dal quotidiano La Repubblica, è stato dedicato un episodio alla scoperta delle cause che si celano dietro i rincari del caffè. Ospite del podcast è Daniela Corsini, economista di Intesa San Paolo, che fa il punto della situazione sul mercato del chicco. Non potevamo farvi mancare un estratto. L’audio completo si può ascoltare qui.

L’aumento del prezzo del caffè: le cause

Scendere sotto l’euro per il consumo di una tazzina nelle principali città italiane è praticamente impossibile. Bolzano è la città in cui il prezzo medio è più alto con 1,4 euro mentre Catanzaro è appena al di sotto dell’euro. Per capire meglio il motivo dei rincari è necessario spostarsi al Vietnam e al Brasile. Daniela Corsini, economista di Intesa San Paolo, che segue il settore delle commodity, ha definito i prezzi internazionali della materia prima come “una tempesta perfetta”.

Corsini: “Questa tempesta perfetta ha colpito sia la varietà Arabica che quella Robusta. In sei mesi l’Arabica è cresciuta del 75% fino al record toccato a metà aprile mentre la Robusta è aumentata del 100%. I guadagni sono stati trascinati più dalla Robusta, la qualità meno pregiata, proprio perché questa varietà ha sofferto di più sia di anomalie climatiche che di tensioni geopolitiche.

Facciamo un piccolo passo indietro: tutte le materie agricole hanno subito le tensioni geopolitiche a causa della guerra in Ucraina che ha portato ad una grande scarsità di fertilizzanti e un forte rialzo dei prezzi dei carburanti anche per uso agricolo. A questa situazione di criticità per tutte le materie prime si è aggiunta la crisi del Mar Rosso con gli attacchi degli Houthi allungando i tempi di navigazione e si stima un incremento del 50% solo per costi di trasporto dei Robusta.

Le anomalie climatiche sono state soprattutto critiche in Vietnam. Gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da una forte siccità. L’anno scorso il raccolto di Robusta in Vietnam è stato il più scarso degli ultimi quattro anni.

Quest’anno il raccolto è il più scarso da 13 anni a causa di alcuni danno irreversibili ad alcune piantagioni dopo gli anni di siccità.

Anche in Brasile ci sono state delle anomalie meteo in particolar modo causate da una siccità seguita da gelate notturne che hanno danneggiato le piantagioni. Per questo motivo le quotazioni del caffè Arabica e Robusta potrebbero ancora salire nei prossimi mesi ma ci aspettiamo una stabilizzazione e un conseguente calo l’anno successivo quando il mercato potrebbe nuovamente bilanciarsi.

Per l’Arabica stimiamo un prezzo medio di 220 centesimi/dollari a libbra per il 2025 e per la Robusta un livello di medio di circa 3750 dollari a tonnellata”.

Demus cambia lo statuto e diventa società benefit

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Il presidente e amministratore delegato di Demus, Massimiliano Fabian: oggi è il vice presidente dell'Ecf, l'European coffee federation, l'associazione che riunisce le associazioni nazionali degli operatori del caffè (immagine concessa)

TRIESTE – Nei giorni scorsi Demus S.p.A., ha modificato il suo statuto societario ed è diventata società benefit. Un passaggio quasi naturale per chi conosce questa azienda, che in questi 62 anni di attività si è sempre contraddistinta per la sua continua evoluzione ed espansione.

Demus è ora società benefit

Il presidente e amministratore delegato, il dottor Massimiliano Fabian, afferma: “Diventare società benefit è un tassello importante; in questi ultimi anni Demus ha sempre dimostrato un grande interesse e partecipazione al tema della sostenibilità a 360°”.

Fabian aggiunge: “Essere società benefit significa andare oltre al mero scopo di produrre utili, significa operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle persone, della comunità, del territorio e dell’ambiente e lo facciamo”.

In virtù di questa nuova veste, Demus S.p.A., ha attivato, fra le altre cose, diverse collaborazioni con enti di formazione, per farsi promotrice dell’inserimento dei giovani (e non solo) nel mondo del lavoro, continuando il suo impegno nell’ambito dell’economica circolare e dell’innovazione.

Ico Report: prezzi dei robusta a livelli stellari, la media di Londra supera ormai quella dell’anno scorso a New York

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Ico export mondiale prezzi robusta G7
Il logo dell'Ico

MILANO – Sempre più in alto i prezzi del caffè, che a giugno toccano nuovi massimi storici, con i robusta a livelli stellari. Così gli indicatori statici Ico, riportati nel report mensile dell’Organizzazione, diffuso alla fine della settimana scorsa. Dopo la flessione di maggio, la media mensile dell’indicatore composto torna prepotentemente a salire rivalutandosi dell’8,9%. E attestandosi a 226,83 centesimi per libbra, massimo dal maggio del 2011.

Il balzo maggiore (+10,5%) lo registra l’indicatore dei robusta, che supera di slancio la soglia dei 2 dollari per libbra, per registrare una media mensile di 204,30 centesimi.

A titolo di raffronto, l’indicatore dei robusta era un anno fa (giugno 2023) a 127,58 centesimi. Vent’anni fa (giugno 2004) a 39,87 centesimi.

L’indicatore della borsa di Londra vola a 182,82 centesimi (+10,7%), ben al di sopra della media dell’indicatore della borsa di New York nell’anno solare 2023, che è stata di 170,37 centesimi.

Grande vivacità anche sul fronte degli arabica. Gli indicatori dei colombiani dolci e degli altri dolci crescono, nell’ordine, del 7,2% e 7%.

Ma l’impennata più grossa (+9,3%) è quella segnata dai brasiliani naturali, che risalgono ai loro massimi dal febbraio del 2022.

L’indicatore di New York segna un +8,4%, ai massimi da giugno 2022.

Gli scambi commerciali rimangono intensi.

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Bere caffè comporta un minor rischio di mortalità: lo studio

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I benefici del caffè

Il consumo di caffè è associato ad un miglioramento della qualità della vita. In uno studio dello U.S. National Cancer Institute è stato rilevato che il minor rischio di mortalità è un beneficio che riguarda tutti i consumatori di espresso, indipendentemente dalla quantità delle tazzine bevute. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Head Topics Italia.

Gli effetti benefici del caffè sulla salute

MILANO – Quante tazzine di caffè si possono bere al giorno? Quando bevi troppi caffè? La domanda è molto dibattuta, perché in realtà gli effetti della caffeina variano molto da persona a persona. Rinunciarvi, se non si hanno problemi legati all’insonnia o a stomaco e intestino, è un errore. Sono molti infatti i benefici di questa molecola, che oltre che nel caffè, si trova nel tè, nelle bevande a base di cola, in quelle energetiche e nel guaranà.

I ricercatori dello U.S. National Cancer Institute hanno sottoposto le persone a dei questionari sul consumo di caffè e a un test genetico. Del campione, un terzo dei partecipanti beveva da due a tre tazze al giorno, mentre circa 10.000 superavano le otto. Tutti i componenti, tra i 40 e i 69 anni, sono stati seguiti per dieci anni e in questo arco di tempo sono morti circa 15.000 partecipanti.

Dall’analisi dei risultati gli autori hanno rilevato che il minor rischio di mortalità riguardava tutti i consumatori di caffè, indipendentemente dalla quantità. Inoltre, i benefici si ritrovavano anche chi aveva un metabolismo della caffeina più lento. “Non è chiaro come il caffè possa influire sulla longevità – spiegano gli autori – questa bevanda contiene oltre mille composti, inclusi molti antiossidanti che potrebbero proteggere le cellule”.

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