Il rito della tazzina di caffè in Puglia affonda le radici nella cultura e nei costumi della regione affermandosi come uno stile di vita quotidiano. Il caffè viene preparato e consumato in diverse forme, ognuna con le sue peculiarità, ed è sinonimo di convivialità, amicizia e felicità. Per saperne di più sull’argomento leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul Quotidiano di Puglia.
La cultura del caffè in Puglia
LECCE – Il caffè in Puglia non è solo una bevanda, ma un vero e proprio rito, una parte integrante della cultura e dello stile di vita quotidiano. In questa regione del sud Italia, il caffè rappresenta un momento di pausa, socializzazione e convivialità, un’esperienza che va oltre il semplice gusto.
In Puglia, il caffè è sinonimo di tradizione e ospitalità. Bere un caffè è un’occasione per incontrare amici, discutere di affari o semplicemente rilassarsi. Nelle città pugliesi, dai piccoli borghi alle grandi città, i bar e le caffetterie sono sempre affollati, specialmente nelle ore del mattino e del pomeriggio. Il caffè viene servito in molteplici varianti, a seconda dei gusti e delle occasioni.
Le varietà di caffè
In Puglia, il caffè viene preparato e consumato in diverse forme, ognuna con le sue peculiarità. Ecco alcune delle varianti più comuni:
Espresso: La base di partenza per la maggior parte delle preparazioni. Viene servito in una piccola tazzina ed è caratterizzato da un sapore intenso e deciso.
Caffè macchiato: Un espresso con una piccola aggiunta di latte caldo o schiumato.
Cappuccino: Particolarmente apprezzato a colazione, è composto da una parte di caffè espresso e due parti di latte montato a schiuma.
Caffè leccese: una specialità della città di Lecce, preparata con ghiaccio e latte di mandorla. Viene servito freddo, ed è particolarmente rinfrescante durante le calde giornate estive.
Caffè in ghiaccio: Molto simile al caffè leccese, ma senza l’aggiunta di latte di mandorla. Si tratta di un espresso versato su ghiaccio, ideale per contrastare il caldo estivo.
La preparazione del caffè
La preparazione del caffè in Puglia segue tradizioni ben precise, che si tramandano di generazione in generazione. L’arte di fare il caffè richiede attenzione e cura nei dettagli. Ecco alcuni passaggi fondamentali per ottenere un buon caffè:
La scelta del caffè: Le miscele di caffè utilizzate in Puglia sono spesso ricche e aromatiche, con una predilezione per quelle che combinano varietà di Arabica e Robusta.
La macinatura: Il caffè deve essere macinato al momento, per preservarne l’aroma. La granulometria della polvere deve essere adatta al tipo di macchina utilizzata.
La macchina del caffè: L’uso della macchina per espresso è comune nei bar, mentre a casa si preferisce spesso la moka. In entrambi i casi, la qualità della macchina e la manutenzione sono cruciali per ottenere un buon risultato.
L’acqua: Deve essere di buona qualità, possibilmente senza cloro e impurità che possano alterare il sapore del caffè.
La temperatura: Sia per l’espresso che per il caffè in ghiaccio, la temperatura dell’acqua deve essere controllata per evitare di bruciare la polvere di caffè.
Il caffè come esperienza sociale
In Puglia, il caffè è spesso un pretesto per socializzare. Gli incontri al bar per un caffè sono un momento di condivisione e scambio. Che sia una pausa veloce al banco o una seduta prolungata al tavolino, il caffè è sempre accompagnato da conversazioni vivaci. Questa dimensione sociale è particolarmente evidente durante le feste e le celebrazioni, dove il caffè è spesso servito dopo i pasti come segno di ospitalità.
Il caffè nella gastronomia pugliese
Oltre che come bevanda, il caffè trova spazio anche nella cucina pugliese, utilizzato in diverse ricette dolci. Un esempio classico è il pasticciotto leccese, un dolce di pasta frolla ripieno di crema pasticcera, spesso servito con un caffè espresso. Anche i mustazzoli, scotti tipici della tradizione salentina, vengono talvolta aromatizzati con caffè, arricchendo il loro sapore unico.
Il caffè e la sostenibilità
Negli ultimi anni, anche in Puglia c’è una crescente attenzione verso la sostenibilità nella produzione e nel consumo del caffè. Molte caffetterie e torrefazioni locali stanno adottando pratiche sostenibili, come l’uso di caffè biologico e del commercio equo e solidale. Questo movimento riflette una consapevolezza crescente riguardo all’impatto ambientale e sociale del caffè, e un impegno a sostenere i produttori locali e internazionali in modo etico.
Conclusione
Il caffè della Puglia è molto più di una semplice bevanda; è un elemento essenziale della cultura regionale, un rituale quotidiano che racchiude tradizione, socialità e gusto. Che sia un espresso al volo, un caffè leccese rinfrescante o un cappuccino schiumoso, ogni tazza di caffè in Puglia racconta una storia di passione e attenzione per i dettagli. Questo legame profondo tra il caffè e la vita quotidiana rende ogni sorso un’esperienza unica, un piccolo momento di piacere che arricchisce la giornata.
MILANO – Il settore della distribuzione automatica, per cui il nostro Paese è leader a livello internazionale, include anche i negozi automatici h24: dei veri e propri esercizi commerciali di vicinato, completamente automatici, aperti tutto il giorno. Confida, Associazione italiana distribuzione automatica che aderisce a Confcommercio – Imprese per l’Italia, stima che vi siano oltre 3 mila punti vendita in tutto il Paese, e comunica che sono 102 i primi negozi automatici in tutta Italia ad ottenere la certificazione di qualità “Top Quality Negozi Automatici H24” promossa da Confida, che attesta l’adozione di principi di qualità e sostenibilità.
Puglia e Liguria sono le due regioni con il più alto numero di negozi automatici ad ottenere il marchio “Top Quality”.
La Puglia è la regione più virtuosa con ben 33 punti vendita certificati distribuiti tra le province di Lecce (20), Foggia (9), Bari (3), e Brindisi (1).
Segue la Liguria con 31 attività certificate, tutte localizzate nella città di Genova. Terza classificata tra le regioni è il Friuli-Venezia Giulia con 10 negozi automatici h24 certificati a Trieste.
Al quarto posto l’Emilia-Romagna con un totale di 9 punti vendita che hanno ricevuto il marchio “Top Quality Negozi Automatici H24”: la provincia di Rimini con 7 attività è sul podio regionale, seguita dalla provincia di Ravenna (1 a Faenza) e Forlì (1 in città). Chiudono la top5 delle regioni, a parimerito, la Sicilia (con 4 punti vendita nella città di Catania) e il Piemonte (2 ad Alessandria, 1 in provincia di Vercelli e 1 in provincia di Biella). L’elenco di tutti i punti vendita d’Italia certificati si può consultare qui.
Attraverso questa certificazione, Confida punta a migliorare gli standard qualitativi del servizio fornito e a elevare l’affidabilità e la reputazione dei negozi automatici h24, fornendo così uno strumento qualificante e di tutela soprattutto nei confronti dei consumatori. Le aziende che seguono l’iter, che prevede un corso di formazione con test finale e delle verifiche ispettive, e rispettano agli standard della certificazione, ottengono così il marchio Top Quality Negozi Automatici H24.
Parallelamente, Confida si è anche impegnata nel migliorare la sicurezza dei negozi automatici h24, spesso oggetto di episodi di furto e danneggiamento, stringendo un accordo con l’Associazione Nazionale Istituti di Vigilanza (A.N.I.V.P.) – marchio storico della rappresentanza delle imprese di vigilanza private e sicurezza – per l’implementazione di servizi di sicurezza, videosorveglianza h24 e collegamento di allarme per le attività dei negozi su tutto il territorio nazionale.
Quest’ultimo servizio, in particolare, garantisce un monitoraggio costante attraverso la centrale operativa di uno degli Istituti di Vigilanza, tutto l’anno e a tutte le ore del giorno, con l’intervento di una pattuglia in caso di necessità.
La scheda sintetica di Confida
Costituita il 13 luglio del 1979, Confida è, a livello nazionale, l’unica associazione di categoria che rappresenta i diversi comparti merceologici dell’intera filiera della Distribuzione Automatica di alimenti e bevande. Aderisce a Confcommercio – Imprese per l’Italia e, nell’ambito UE, è partner di EVA (European Vending & Coffee Service Association).
MILANO – Al World of Coffee di Copenaghen si sono giocati non solo i campionati mondiali barista, ma anche la Best new product competition: per l’edizione del 2024, ecco un prodotto in particolare che è stato premiato nella categoria Consumer Coffee Preparation & Serving. Quindi ecco Aiden, macchina targata Fellow – azienda nata nel 2013 con sede a San Francisco – che cambia le carte in tavole quando sul campo del drip coffee: per tutti i coffee nerd sinonimo di tazze di più bassa qualità, ora è arrivata la soluzione che non scende a compromessi tra ottima estrazione e facilità di servizio.
Aiden combina precisione, controllo e velocità soltanto premendo un tasto
Quindi è una macchina del caffè casalinga che può andare bene sia per il consumatore medio che per un addetto ai lavori. Come? Si parte dalle variabili che si possono monitorare e con cui giocare:
Brew temperature
Brew ratio
Bloom ratio
Bloom duration
Bloom temperature
Number of pulses
Time between pulses
Pulse temperature
Non male, ma con Aiden il divertimento per gli esperti che non vogliono niente che sia al di sotto di un’estrazione manuale, non finisce qui.
Perché questa macchina ha dentro di sé una doppia vocazione: Aiden può preparare una tazza singola o un set da 10 cups (utilizzando lo standard Golden Cup della Specialty Coffee Association, ossia un particolare rapporto tra caffè e acqua) e questo garantendo il risultato esatto così come l’ha pensato in origine il roaster, o la buona riuscita della ricetta personalizzata dall’utente a casa propria.
Per rendere possibile questa flessibilità, Aiden è composto da due diversi brew baskets: uno a fondo piatto per l’erogazione in batch e uno più piccolo a forma di cono per il single serve. La doccetta inoltre è regolabile per ottimizzare entrambe le modalità di erogazione.
L’unità del riscaldamento e la pompa d’acqua separate
Una caratteristica che permette di controllare la durata dell’infusione del caffè o di modificare la temperatura dell’acqua durante la stessa erogazione. Ottime notizie anche per la stagione più calda: Aiden infatti rende possibile anche la preparazione di un cold brew, grazie al fatto che la pompa non dipende dall’acqua bollente per funzionare, come invece accade per la maggior parte dei drip brewers attualmente sul mercato.
Aiden tiene in considerazione anche il grado di tostatura (chiara, media, scura): l’azienda Fellow ha voluto infatti coinvolgere gli stessi micro roaster di specialty per realizzare il profilo di estrazione più adatto ad una determinata tostatura.
Così si può allungare o abbreviare il periodo di infusione o regolare la temperatura da una più elevata all’inizio del ciclo a una più bassa, programmando questi parametri e poi salvandoli sul profilo dell’Aiden tramite un’app.
Altra funzione interessante per gli appassionati: il timer per impostare l’avvio delle diverse ore di estrazione anche durante le ore notturne per avere la propria tazza di cold brew o di filtro caldo pronta al mattino.
Alcuni altri dettagli tecnici:
Filtri: Inclusi 15 filtri a cono e 15 a fondo piatto
Adatto ai filtri a cono Melitta #2 e a quelli a cestello Melitta 8-12 tazze
Dimensioni (LxLxA): 8 15/16 x 8 15/16 x 12 pollici | 227 x 227 x 304,8 millimetri
Peso: 9,6 libbre
Capacità massima: 1,5 L
Lunghezza del cavo: 39 pollici | 965,2 mm
Alimentazione: 110-120V | 1500W | 60Hz
App: disponibile per iOS e Android
Materiali: Plastica alimentare di alta qualità (senza BPA), acciaio inossidabile e silicone.
Fellow Aiden è disponibile in prevenditaqui a 365 dollari (337 euro) e verrà spedita a settembre.
FIRENZE – Comunicare in silenzio, guardandosi negli occhi. Scambiarsi qualche cenno di assenso oppure, per essere più espliciti, scrivere qualcosa su un bigliettino ed affidarlo al destinatario del messaggio. Tutto, rigorosamente, senza pronunciare una sola parola, facendosi guidare magari dalle note olfattive di un caffè.
Non si tratta di un nuovo gioco di abilità, ma della particolare serata organizzata giovedì 18 luglio (ore 18) da Ditta Artigianale, insieme all’Associazione Duepunti di Firenze, nella caffetteria di Via Carducci 2/4r. Il titolo dell’appuntamento – aperto a tutti – è Shh Party e prevede che i partecipanti non parlino mai, potendo esprimersi solamente attraverso segni, cenni del volto o la scrittura.
Ditta Artigianale insieme all’Associazione Duepunti di Firenze per l’evento Shh Party
Una bella sfida che nasce da un progetto più ampio: sensibilizzare la percezione delle persone udenti nei confronti delle persone sorde, sviluppando un certo livello di consapevolezza su come interagire. Un approccio che Ditta Artigianale sta introducendo nei suoi store, a partire da alcuni corsi di base sulla lingua italiana dei segni LIS diretti ai dipendenti.
Durante lo Shh Party anche la musica verrà spenta, per aiutare i partecipanti ad immedesimarsi ancora di più nella quotidianità delle persone sorde. Previsti infine una serie di giochi e attività utili a conoscere le basi lingua dei segni, in modo da offrire ai partecipanti l’opportunità di imparare alcuni gesti basilari utilizzati nel vocabolario LIS.
“Questa serata vuole lanciare il messaggio che dietro la sordità c’è un mondo intero e che superato l’ostacolo del pregiudizio, persone udenti e non possono tranquillamente rapportarsi – spiega Francesco Sanapo, fondatore insieme a Patrick Hoffer di Ditta Artigianale. – Per le persone sorde persino ordinare un caffè al bar può diventare un ostacolo insormontabile, anche se basterebbe poco per rendere i locali più accoglienti ed inclusivi. In Ditta Artigianale abbiamo deciso quindi di metterci in gioco in prima persona, partecipando a corsi di formazione per rispondere al meglio alle richieste delle persone sorde che entreranno nei nostri locali”.
“L’associazione duepunti si occupa di sviluppo di comunità, benessere psicosociale e di sostenere il dialogo con la comunità sorda, nell’ottica di una inclusione vera e reciproca, quindi possiamo parlare di vero e proprio dialogo culturale – aggiunge Laura Birtolo, presidente dell’Associazione Duepunti. – Lo shh party è espressione di tutto questo: mettersi nei panni dell’altro per capire fino in fondo il punto di vista di una persona sorda.
La scheda sintetica di Ditta Artigianale
La mission di Ditta Artigianale, fondata nel 2013 da Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore e da Patrick Hoffer, è quella di portare in Italia caffè di estrema qualità e di raccontarli in maniera completamente diversa, mettendo in campo la totale trasparenza e l’impegno alla sostenibilità in tutti e per tutti gli step produttivi. È anche microtorrefazione e i caffè, tostati e serviti freschi, sono disponibili per l’acquisto anche qui.
BRESCIA – Forse non ci facciamo caso. Ma molto spesso, quando andiamo al ristorante, non finiamo l’acqua delle bottiglie. I ristoratori, quando le raccolgono, sono costretti a buttarla via per rispettare le norme igieniche. Ciro di Maio, chef di origini napoletane che ha aperto il suo ristorante San Ciro a Brescia, non riusciva ad accettare questo spreco. Armato di carta e penna, si è messo a segnare ogni giorno quanta acqua sprecava. E ha scoperto che con il suo flusso di clientela in media 35 litri a settimana finivano nel lavandino, ossia quasi 150 al mese.
L’iniziativa di Ciro di Maio per ridurre gli sprechi
Coincidenza, a poche centinaia di metri dal suo ristorante sorge il Canile Rifugio di Brescia, gestito dall’associazione Sos Randagi, da più di vent’anni impegnata nell’accoglienza dei trovatelli, con l’obiettivo di farli vivere serenamente e di trovare loro famiglia fedeli e responsabili.
Ciro conosceva la struttura: vive con Ciruzzo Junior, un bulldog francese che per lui è quasi un figlio. Lo chef ha così bussato alle porte del canile e ha proposto un semplice gesto. Una o due volte a settimana passerà di lì, portando l’acqua lasciata sui tavoli dai suoi clienti, nel frattempo raccolta in tanichette da cinque litri.
“Per me è davvero un sollievo non sprecare più il nostro oro blu, l’acqua che sarà sempre più un bene prezioso per l’umanità”, dice Ciro. “Sto anche educando i miei clienti al suo consumo e spero che questo gesto simbolico venga imitato anche da altri miei colleghi ristoratori. Mi piacerebbe che si creasse una rete di chef che salvano l’acqua, sarebbe bello che qualche guida, penso ad esempio alla guida Michelin, iniziasse a valutare anche chi si impegna in iniziative green di questo genere che vanno a chiudere la filiera alimentare valorizzando davvero ogni ingrediente che portiamo in tavola. L’acqua è uno di questi, forse il più importante dato che compone tutti i cibi”.
L’iniziativa ha quindi preso il via in questo periodo di calura estiva, nel quale gli ospiti dei canili soffrono particolarmente le alte temperature e nel quale il tema della siccità per l’agricoltura sarà sempre più al centro dell’attenzione. Senza dimenticare il drammatico picco di abbandoni di animali che in questo periodo si registra ogni anno.
A sostenere l’iniziativa Ann Christine Terenghi, presidente di Sos Randagi Brescia e autrice del libro “Solo un cane”, che narra le storie di tanti cani che vivono la vita in canile. È stata proprio lei ad accompagnare Ciro verso le ciotole, dove lo chef ha fatto fluire la prima acqua con la supervisione di Idro, un grande e bellissimo cane bianco, purtroppo sordo, che da mesi vive nel canile ed è alla ricerca, come gli altri, di una famiglia che lo adotti. “Un nome che non poteva essere più azzeccato, come testimonial di questa iniziativa”, dice Di Maio.
“I nostri ospiti hanno bisogno prima di tutto di cibo e tanta acqua, soprattutto ora che il caldo aumenta la sete”, spiega Terenghi. “Speriamo che questo bel gesto di Ciro serva a far riflettere chi ne spreca molta e anche chi decide di lasciare il proprio fedele amico a quattro zampe in canile, con le motivazioni più banali, le vacanze in primis. Ricordiamo che abbandonare un cane in strada è un reato penalmente perseguibile, ma rinunciare portandolo direttamente in canile per futili motivi è altrettanto incivile ”.
“Per noi è importante la cura degli animali, molti arrivano qui in stati davvero preoccupanti”, dice Guido Pellarini, veterinario e direttore sanitario del Canile Rifugio di Brescia. “Per questo abbiamo bisogno della solidarietà di tutti”.
Non è la prima iniziativa solidale di chef Ciro, che lo scorso anno si era impegnato per insegnare l’arte bianca della pizza ai detenuti del carcere di Brescia. Di Maio oggi gestisce “San Ciro”, locale noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp.
Il Canile Rifugio di Brescia
Il Canile Rifugio di Brescia sorge in via Girelli 6 e da più di dieci anni accoglie la maggior parte dei randagi del capoluogo e dei comuni della provincia, in collaborazione con Ats Canile Sanitario di via Orzinuovi Bs. Sono centinaia gli ingressi ogni anno, per fortuna altrettante anche le belle adozioni. Il canile conta attualmente circa ottanta ospiti cani e venti gatti, anche loro in cerca di nuova famiglia.
Gestito dall’associazione Sos Randagi, grazie all’aiuto di sostenitori e decine di volontari, il rifugio cerca di alleviare il dolore che consegue all’abbandono di queste creature innocenti e di trovare nuova e definitiva collocazione ai suoi ospiti. Il canile ha sempre necessità di cibo, lenzuola, coperte (in inverno), donazioni di vario genere. L’associazione promuove il benessere animale tramite iniziative quali serate benefiche, passeggiate a sei zampe e banchetti informativi su tutto il territorio bresciano.
Per info basta cliccare qui dove potrete conoscere oltre alle iniziative, i tanti ospiti del canile e gattile. I volontari sono sempre pronti ad accogliervi e farvi visitare la struttura.
Riguardo Ciro Di Maio e San Ciro
Ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico.
È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp.
Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente.
Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio e del Germani Brescia, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche.
Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventar pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.
ROMA – 12oz, il retail format italiano specializzato nel servizio rapido di bevande coffee&milk based, continua a sviluppare la sua rete nazionale e apre un punto vendita nel centro commerciale più grande e frequentato d’Italia: Porta di Roma. “Siamo entusiasti dell’apertura di questo nuovo store 12oz a Roma, città che rappresenta uno degli obiettivi di sviluppo della rete previsti per il 2024. – commenta il fondatore e CEO David Nathaniel – Stiamo continuando a investire molto sulla nostra crescita a livello nazionale per raggiungere un pubblico sempre più ampio, rafforzando la presenza e l’awareness del nostro brand.”
La nuova apertura di 12oz nel centro commerciale Porta di Roma
L’inaugurazione del nuovo locale nella Città Eterna conferma la strategia di sviluppo del brand di essere presente nelle principali città italiane. Situato nella food court al primo piano di Porta di Roma, il nuovo store 12oz può vantare una posizione strategica nel flusso costante di visitatori di tutte le età. Con una superficie di 25 mq (escluso il magazzino), saranno a disposizione posti a sedere sia all’interno dello store che in galleria.
L’assortimento dei prodotti è completo: il menù, infatti, oltre all’inconfondibile selezione di bevande caffeine based calde e fredde servite in pochi secondi, propone tutta la range di prodotti food dolci e salati, iconica della catena.
Con una trentina di locali attivi a oggi, il brand si conferma come solido punto di riferimento del settore in Italia, proseguendo l’espansione sulla scia della crescita positiva registrata nel 2023 (+34% sull’anno 2022).
La crescita di 12oz passa non solo dalle nuove aperture, ma anche dalle innovazioni costanti nei punti vendita già esistenti, al fine di rendere l’esperienza della caffetteria in linea con i valori e la brand identity della catena.
Recentemente, infatti, è iniziato un restyling massivo dei locali già presenti a Parma e in via dell’Indipendenza a Bologna. I due store, unici in tutta la rete di 12oz, disporranno di un creative corner pensato per offrire un momento di relax mentre si sorseggia la propria bevanda preferita. Qui, si potrà dare libero sfogo alla propria fantasia e lasciare un messaggio “before you go” con i pennarelli su uno speciale wall di plexiglas retroilluminato.
Inoltre, nel locale di Parma sarà presente un’intera parete decorata da paper cup firmate 12oz. Le cup, messe a disposizione dei clienti, potranno essere personalizzate e portate a casa come ricordo per essere riutilizzate magari come porta penne o matite; oppure potranno essere re-inserite nuovamente nella parete per lasciare un ricordo, una piccola creazione artistica, a 12oz e alle persone che frequenteranno il locale.
La scheda sintetica di 12oz
Retail format di caffetterie 2.0, nato nel 2015 con un primo locale a Milano, dall’intuizione dell’imprenditore italiano e CEO David Nathaniel, da oltre trent’anni nel settore della prima colazione per l’hotellerie di lusso.
Nel 2018 è nata la joint venture con JDE Peet’s, secondo torrefattore al mondo e parte del colosso internazionale JAB Holding Company, che ha nel suo portafoglio primari brand della ristorazione. JDE Peet’s ha investito nel concept, in cui crede fortemente, diventandone il socio di maggioranza. Il potente piano di sviluppo prevede l’apertura di centinaia di locali diretti e in franchising, in Italia e all’estero.
12oz promuove i nuovi trend di bevande da consumare in movimento, già pienamente nelle abitudini di Millennials e GenZ. Integra il gusto globale e cosmopolita dell’offerta con la rapidità di servizio tipica del bar all’italiana, grazie a un sistema di macchine tecnologicamente avanzate, che consente di erogare la metà delle bevande a menù in meno di 30 secondi, e ingredienti di alta qualità.
Luigi Odello, professore di analisi sensoriale in università italiane e straniere e presidente del Centro Studi Assaggiatori e dell’Istituto internazionale assaggiatori caffè, spiega nel libro Espresso Italiano Specialist lo stile e la storia dell’espresso in Campania (qui è possibile trovare l’analisi di Odello sull’espresso in Lombardia). Leggiamo di seguito l’approfondimento sul tema pubblicato sul sito Coffee Taster.
Lo stile dell’espresso in Campania
di Luigi Odello
MILANO – “La storia del caffè è tanto radicata in Italia che spesso sfocia nel mito e nella leggenda. E forse proprio da queste narrazioni deriva il mito del vero caffè italiano che sta di casa a Napoli perché l’acqua è più buona. Nulla di vero: quella famosa acqua, che giungeva agli acquedotti della città dal fiume Serino, finì ancora prima della seconda guerra mondiale, e non è più la stessa che zampilla ancora oggi dalle caratteristiche fontanelle della stazione.
I motivi dell’eccezionalità del caffè sono da ricercarsi altrove. Innanzitutto i fattori culturali hanno inciso sulla natura del caffè napoletano. I napoletani infatti, che si trovino ai piedi del Vesuvio o a uno dei quattro angoli del mondo in cui sono emigrati, rimangono fedeli a loro stessi. Ciò in due principali e fondamentali caratteristiche: la ricerca del buon vivere, che si manifesta in quei piccoli piaceri di cui sono maestri, e l’ingegno che li rende capaci di ottenere ciò di cui hanno bisogno in tutti i posti e in tutte le condizioni.
È quindi la ricerca del piacere tipica di questa cultura che ha dato al caffè quell’impronta caratteristica, ricercata anche in condizioni storiche avverse. E visto che per loro il buono (come il bello) è universale, ne sono diventati ambasciatori in tutto il mondo.
Durante il breve periodo coloniale italiano, negli anni Trenta, a Napoli giungeva il caffè delle colonie africane (soprattutto dall’Etiopia): vere e proprie ricercatezze che oggi non si trovano più, come l’Harrar Longberry naturale, ma anche caffè di qualità molto varia e non sempre eccellente.
All’epoca però l’estrazione non era molto forte, così anche qualche piccolo difetto poteva passare inosservato: le prime macchine espresso, che infondevano l’acqua calda con la pressione del vapore alla semplice apertura di un rubinetto, o addirittura con la pompa a olio, estraevano meno delle attuali. In questo periodo gli abitanti di questa città entrano in stretto contatto con il caffè verde, diffuso e mercanteggiato. Non era insolito che fossero proprio i bottegai a scegliere il proprio caffè verde e a miscelarlo, portandolo poi nelle torrefazioni solamente per farlo tostare.
Con la seconda guerra mondiale, in tutta Italia il caffè scomparve praticamente dalla circolazione, requisito dal governo armato: sono questi gli anni dei surrogati, ma non in Campania. È così che fino al 1945 nella regione continuano a circolare prodotti di dubbia origine, perlopiù provenienti dai fondi di magazzino del porto di Napoli.
Caffè sempre più vecchi, mano mano che la guerra continua, risalenti a prima del ’39, che miscelati sapientemente, continuano a circolare per i mercati neri delle città: vicoli popolati di banchetti dove le signore, accanto alle sigarette di contrabbando, vendono la preziosa tazzina preparata “fresca fresca” con la caffettiera napoletana.
Già dal 1945 si riattivano però i traffici commerciali, incluso quello del caffè, che arriva però da Trieste.
Cosa fare allora? Semplice, i campani partirono alla ventura sui loro camion e iniziarono a fare spola dal nord-est al Vesuvio carichi di sacchi, buoni e meno buoni. Come si sa, infatti, in quegli anni arrivavano a Trieste anche caffè difettati dal sentore fenolico, che non sempre prendevano la via dei balcani.
I napoletani cercavano il più possibile di smerciare questo caffè in Calabria, ma è possibile immaginare che ne rimanesse parte anche in Campania, dato che proprio in quegli anni si diffuse a Napoli l’usanza di “correggere” il caffè con l’anice. E di vera e propria correzione si trattava: il forte aroma balsamico aveva poco a che fare con il caffè, necessario però per coprire questi difetti olfattivi.
Questa storia e questa cultura hanno creato il gusto campano del caffè: intenso, aromatico, pastoso e persistente, creato con tostature scure di miscele contenenti Robusta. Per essere poi certi della forza del risultato i baristi campani sono soliti utilizzare in macchina dosi più elevate di macinato.
Nonostante la finanza stabilisca che la quantità di caffè utilizzato per ogni tazzina al bar debba essere di 7 grammi, gli stessi torrefattori confessano che questo non sempre avviene: molti baristi, con cucchiaino sempre a portata di mano vicino al macinadosatore, aggiungono la famosa puntina per arrivare alla dose ideale di 8 grammi.
Tutti piccoli segreti che il barista cela dietro la macchina espresso, perché a Napoli l’uomo che sta in quella postazione è considerato un professionista che deve dedicare tutta la sua attenzione esclusivamente alla preparazione di un espresso eccellente. I campani amano il caffè, tanto che in molti bar è possibile trovare macchine a leva, d’altronde “il caffè se non è buono non si può bere”.
REGGIO CALABRIA – Caffè Mauro, la torrefazione che dal 1949 produce caffè di alta qualità nel cuore del Mediterraneo, è tra le eccellenze italiane servite ai leader mondiali al G7 del Commercio, in programma il 16 e 17 luglio a Villa San Giovanni e Reggio Calabria. In occasione del Vertice dei Ministri del Commercio di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, le miscele di Caffè Mauro sono state offerte nel corso degli appuntamenti previsti in agenda.
Caffè Mauro per il G7 del Commercio
Nel pomeriggio del 16 luglio, una rappresentanza dei partecipanti al G7, accompagnata da emissari di Confindustria, ha fatto visita allo stabilimento di Caffè Mauro, polo di eccellenza del comparto produttivo della Calabria. Durante questa visita esclusiva, gli ospiti sono stati accompagnati in una degustazione delle miscele Bio Perù e Special Espresso, per un’affascinante esperienza sensoriale attraverso i profili aromatici di botaniche provenienti da tutto il mondo, dall’India al Brasile, fino al Perù e alla Colombia.
Bio Perù, parte del progetto di sostenibilità di Caffè Mauro, è una miscela Rainforest Alliance, 100 % Arabica, monorigine prodotta dalla Cooperativa Norandino, con note floreali e cioccolatose. Special Espresso, è una miscela dalla tostatura scura con Robusta dell’Africa e dell’Asia orientale che apportano note di frutta matura e spezie, bilanciando la leggera acidità derivante dalle Arabica brasiliane.
Caffè Mauro è anche il fornitore scelto del forum intergovernativo del B7 guidato da Confindustria, che si è tenuto in concomitanza con la riunione del G7, e del Gala Dinner nel corso del quale è stata servita la miscela Caffè Mauro De Luxe, un blend di origini di alta qualità, dal profilo aromatico caratterizzato da un buon corpo e note floreali tipiche delle Arabica brasiliane, dall’acidità dei caffè del Centro America bilanciata dal sentore di cioccolata della Robusta indiana.
Questo evento rappresenta un riconoscimento alla rilevanza di Caffè Mauro come realtà di spicco nel bacino del Mediterraneo ed esempio di imprenditorialità virtuosa, che coniuga tradizione e innovazione, passione per il caffè e attenzione al mercato globale.
L’azienda è annoverata nel registro ministeriale dei marchi storici di interesse nazionale e, da oltre 75 anni, è aperta al commercio internazionale attraverso l’importazione delle migliori origini di caffè da ogni continente e l’esportazione di prodotti finiti in oltre 60 paesi al mondo.
L’accurata selezione delle materie prime è esaltata dal know-how distintivo che caratterizza i processi di tostatura lenta e di miscelazione, una tradizione di qualità che ha reso Caffè Mauro un modello commerciale capace di affermarsi nei mercati di tutto il globo, contribuendo a diffondere l’eccellenza del caffè italiano e della tradizione calabrese.
“Siamo molto onorati di essere stati scelti come ambasciatori dell’eccellenza italiana e della tradizione mediterranea in un evento di rilevanza internazionale che mira a sviluppare nuove soluzioni per la crescita del commercio globale, in modo sostenibile e inclusivo,” ha dichiarato Davide Padelli, ceo di Caffè Mauro. “Il comparto del caffè è uno dei settori in cui l’Italia è altamente apprezzata nel mondo e che spinge l’export del Paese. Poter offrire le nostre miscele ai delegati del G7 e del B7 è una testimonianza della qualità del nostro caffè e dei processi di sviluppo del marchio in continua evoluzione.”
La scheda sintetica di Caffè Mauro
Caffè Mauro è una storica torrefazione italiana, fondata da Demetrio Mauro nel 1949 a Reggio Calabria, che oggi produce ed esporta il proprio caffè in oltre 60 paesi nel mondo dove è simbolo della grande cultura dei blend all’italiana.
L’azienda, iscritta nel registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, si caratterizza per la produzione di caffè di alta qualità e per il metodo di lavorazione a tostatura lenta delle singole origini, che esalta il profilo sensoriale delle miscele. Un laboratorio dedicato al controllo qualità verifica costantemente che siano rispettati i più rigorosi standard qualitativi nazionali e internazionali.
La passione per il Caffè e la diffusione della sua cultura sono parte integrante della filosofia di Caffè Mauro. Da questi principi nasce l’Accademia del Caffè Beyond the Cup. Un luogo di formazione e condivisione che fornisce ai clienti e agli operatori delle caffetterie un prezioso know-how attraverso corsi dedicati, ricette esclusive e tutti i segreti per ottenere un caffè e un cappuccino perfetti.
Dal 2022 è entrata a far parte del Gruppo Gimoka, dopo un accordo di aggregazione industriale che ha inaugurato una nuova fase per l’azienda, con l’obiettivo di sviluppare nuove sinergie e consolidare i mercati di riferimento.
MILANO – Chi l’ha detto che sulla superstrada non si possa bere del buon caffè, anzi, del caffè specialty? Succede nella Maremma toscana, a Paganico in provincia di Grosseto, Da Antinesco bistrot: è qui che lo zampino del professionista brasiliano Luis Fernando ha trasformato un locale già avanti nell’offerta food&beverage – si vendono solo prodotti locali dal vino ai salumi -, in una caffetteria con estrazioni alternative e le proposte firmate da Paolo Scimone, con il suo His Majesty.
Da Antinesco, la svolta specialty
Sulla superstrada non si trova una proposta specialty e per questo il titolare ha accettato di buttarsi nel nuovo progetto.
Racconta Luis Fernando: “Gli ho fatto comprendere, nel giro di qualche anno di scambi e ragionamenti, che introdurre questo caffè avrebbe fatto la differenza per il ristorante bistrot.
Ora abbiamo un 100% Arabica (che varia, prima proponevamo un Modeatia, e ora la Parabolica, con tre monorigini al suo interno) per espresso.
Mentre per il filtro variamo dall’indonesiano anaerobico e un peruviano, ad un Kenya e un Ethiopia. A disposizione anche altri tipi di estrazione, come il cold brew, mischiato anche alla tonica e qualche ricetta più internazionale come il flat white, l’iced latte, l’iced caramel latte.
E per l’aperitivo un buon Gin Antinesco tonic & coffee. Gin prodotto in collaborazione con Priscila della Nannoni (eletta come migliore distillatrice Italiana)
Questa scelta funziona bene, dato che per l’80% abbiamo contatti con gente di passaggio, turisti, e tanti sono abituati al caffè filtro o già conoscono il mondo della caffetteria di qualità e internazionale. Quando le persone arrivano da noi e leggono sul menù le estrazioni alternative, chiedono direttamente il take away.
Ci sono anche quelli che non sanno di che parliamo e però decidono comunque di fermarsi per sentire la spiegazione. Abbiamo iniziato anche a servire le persone di Grosseto, che ormai passano Da Antinesco per acquistare il macinato fresco perla moka a casa.”
Da Antinesco, un espresso parte da un euro e trenta
“E nessuno si è lamentato, anche perché il nostro scontrino medio è dagli 8 euro in su. Tutto da noi è curato e buono e sulla gestione finanziaria Aldo è precisissimo, per cui con il food e drink cost rientriamo nelle spese. Su TripAdvisorle recensioni sono tutte positive perl’ottimo rapporto qualità-prezzo.
Dopo poco tempo anche i nostri clienti italiani si spingono a ordinare il double shot a 2 euro. Poi abbiamo il filtro a 3 euro e 90 con V60, mentre la mokka master naturalmente ci aiuta a gestire i grandi flussi, sulla quale però abbiamo apportato la descrizione del prodotto servito.
Poi quando invece qualcuno richiede la preparazione al tavolo, arrivo io con il V60 o l’aeropress.”
Quanti volumi fate Da Antinesco?
“Raggiungiamo in media all’anno 950 chili di caffè. Il momento clou resta dalle 11 alle 15.30 del pomeriggio, fondamentalmente perché ci sono i pranzi per cui siamo ben conosciuti grazie al nostro menù. Tanti che ritornano dal campeggio nel fine settimana, si fermano da noi e sono diventati dei fedelissimi clienti.
La mattina serviamo il brunch, proponiamo insieme il filter coffee la nostra rivisitazione Maremmana dell’ Avocado toast. A pranzo serviamo piatti caldi espressi e freddi,dalla pasta fatta in casa, (tra i quali il nostro cavallo di battaglia il Tortello enorme della nostra cuoca Donatella)alla trippa, burrata e acciughe, tagliata, gli hamburger Antinesco ecc.
Nella fascia pomeridiana per chi vuole comunque assaggiare qualcosa, proponiamo il nostro Slunch menù, con le schiacciate, le insalatone con burrata e acciughe o itaglieri di salumi locali a chilometro zero. Questo perché sono pietanze veloci che è possibile servire anche con i fuochi spenti. “
Abbinamenti con il cibo e lo specialty?
“Il filtro lo accompagniamo e lo consigliamo con le nostre torte e crostate fatte in casa, così come accostiamo i biscotti al vino. Siamo fieri di questo progetto, io per primo, e di esser riusciti a portare il mondo della qualità che non si trova veramente nelle autostrade e superstrada.
Si creano anche delle sinergie inaspettate scommettendo sugli specialty: ad esempio qui vicino c’è una famiglia che si è trasferita da Dublino, che ha acquistato un’azienda agricola nella campagna dietro al locale e per coincidenza sono stati tra i primi ad aprire una caffetteria specialty a Dublino insieme al vino naturale.
Bene, ormai sono nostri clienti fissi, e ancora faticano a credere di aver trovato un posto lungo la strada che vendesse caffè filtro e specialty. Loro ormai sono degli acquirenti regolari.
Un’altra curiosità che ho notato con piacere è che abbiamo moltissimi clienti a Montalcino che vengono dal Brasile e che vogliono trovare il caffè coado (in Italia, sarebbe il filtro). In più, dato che in Brasile non può entrare il caffè verde ma solo quello torrefatto, acquistano da noi ilroasted da portarsi indietro.”
Da Antinesco com’è lo stato del personale?
“In totale, tra i due proprietari, i tre baristi e le due persone in cucina, siamo in 7.
Quando sono entrato mi sono occupato personalmente della formazione, spiegando la corretta estrazione di un espresso a prescindere dal fatto che venisse usato un caffè commerciale o uno specialty.
Ho insegnato tutto, dalla A alla Z e devo dire di essermi trovato benissimo con loro, perché è un team che lavora in questa struttura anche da 20-15 anni e comunque si sono messi con umiltà alla prova. Non pensavo fosse possibile e invece mi hanno reso felice vederli disposti ad apprendere tutto da capo e ora stiamo portando avanti un buonissimo progetto.”
Poi diciamo è una “scuola vecchia” , dove ci aiutiamo a vicenda, dove non arrivo io arrivano loro e viceversa, così che si lavora dal mio punto di vista.
E su questo si inseriscono i titolari Aldo e Sandra : “La forza del nostro locale risiede proprio in tutto lo staff che lavora con noi da tanto tempo. Sono rimasti Da Antinesco e sono cresciuti con esso, al punto che di sabato il locale non solo resta aperto, ma noi titolari possiamo permetterci di andare in ferie perché i dipendenti sono affidabili e fondamentali.
Dal canto nostro garantiamo loro un contratto regolare, con un accesso al fondo Est perle spese mediche e per continuare ad incentivarli. “
Le attrezzature Da Antinesco per l’espresso.
Luis: “Per l’espresso abbiamo una Rancilio Electra, e un macinacaffè on demand. Poi ho voluto portare per questa prima fase i miei grinder perfare il filtro, degli Eureka Atom. Vorremo poi più avanti vorremmo acquistare una macchina più performante, perché quella che abbiamo è a mono caldaia.”
100% specialty da due mesi: la parola al titolare Aldo
“Fin qui l’esperimento specialty sta andando benissimo. Pensavo peggio e invece sta procedendo tutto per il meglio. Con il filtro abbiamo venduti già 8 chili e sono soddisfatto. Il nostro obiettivo però resta quello di ampliarci, in una catena di più punti vendita, portando il format maremmano oltre la nostra zona, abbinandolo alla caffetteria di qualità già a fine stagione con un piano strategico.”
Perché ha deciso di puntare sugli specialty Da Antinesco?
“Fondamentalmente siamo una startup. La nostra azienda nasce nel 2017, a servizio di una struttura ricettiva che però ha cessato l’attività dedicata alle camere durante il Covid. Così siamo riusciti a restare aperti all’interno della struttura occupandoci però soltanto della parte food.
Da qui è nato il bistrot Da Antinesco, nome tipico maremmano usato nell’accezione femminile e che però era anche quello del nonno di mia moglie. Tutto il locale è incentrato sulla tradizione: siamo su un’autostrada ma ci siamo voluti distinguere
dal classico punto di stop peri viaggiatori, perché seppure di passaggio cercano qualità.
La prima cosa che abbiamo fatto è stato puntare sulla qualità, inserendo la pasta fatta in casa ed eliminando il self service, con una tipologia più Smart ma attutale: si ordina al bancone, ci si siede, la prima portata si ritira al bancone con il vassoio e soltanto la seconda la serviamo noi.
Questo perché facciamo tantissimi coperti in pochissimo tempo (un’ora, un’ora e mezza). Invece così riusciamo a mantenere un prezzo accessibile ma in linea con la nostra offerta di alta qualità come i tortelli o le tagliatelle fatte in casa.
Questo ha portato il locale ad essere pieno anche di inverno i sabati e le domeniche, con le persone che prenotano per venire a mangiare da noi.
Abbiamo anche dedicato un’area gioco perle famiglie, con le tovagliette peri bimbi e regaliamo anche i nostri gadget con il nostro marchio.
Nel 2020 abbiamo inserito la bottega con tutti i prodotti a nostro marchio fatti da aziende locali con le nostre ricette e abbiamo ingrandito l’enoteca con circa 400 etichette. Si può comprare anche on line.
L’impatto quando si entra Da Antinesco è quello di un posto caldo, dai toni industriali, ricco di prodotti locali del territorio.
Siamo 100% green per quanto riguarda la corrente: abbiamo scelto un fornitore con un contratto per cui ci viene fornita solo energia proveniente da fonti rinnovabili. Usiamo solo materiale compostabile peri piatti e i bicchieri: abbiamo stimato un risparmio di circa 17mila lavastoviglie in un anno.
Calcolando che in un giorno serviamo circa 150 coperti con una media di un piatto e mezzo ciascuno, il numero è impressionante e noi laviamo solo le stoviglie.
Racconto questo perché così risulta chiaro dal contesto generale come lo specialty sia stata una scelta naturale, seppur in contrapposizione alla nostra posizione e location: si pensa da noi per una sosta veloce, ma in realtà volevamo offrire un prodotto di qualità anche per quanto riguarda il caffè, perché ci teniamo a identificarci in una forma di ospitalità ricercata per gli stranieri.
Poi ovviamente la metamorfosi vera e propria è partita con l’ingresso di Luis, che ci ha insegnato che si tratta di un prodotto che va saputo trattare. Siamo partiti con il100% specialty da poco, ma sta andando già bene e soprattutto gli stranieri lo apprezzano, si siedono, ordinano il caffè filtro o il cold brew.
Lo specialty poi ha portato dietro di sé il discorso del brunch e poi anche dello slunch: un termine per indicare un pasto più tardi di un pranzo e più presto di una cena. Alle 3 chiudiamo la cucina calda e fino alle sette e mezza si trovano le insalatone, le zuppe, la burrata-acciughe, le schiacciate gourmet.
Inoltre, all’interno del menù abbiamo la parte dei cocktail che va di pari passo con la caffetteria specialty. Ad esempio stiamo pensando di aggiungere il caffè nel nostro gin creato dalla distilleria Nannoni, agganciandoci all’aperitivo con un drink diverso dal solito.
Prima avevamo il classico bar con l’espresso più commerciale, che pure trattavamo con tutto il rispetto del caso. Il nostro è un percorso che va avanti da un po’: conosco Luis da diversi anni, l’ho voluto seguire nei suoi punti vendita in cui ha lavorato e la collaborazione è nata non appena è stato il momento giusto per sperimentare.”
Quindi lo specialty, che ha un costo maggiore innanzitutto per voi, come riesce a inserirsi nel budget?
“Da Antinesco è un’attività sana, nel 2022 siamo andati molto bene, nel 2023 abbiamo registrato il 37% in più di fatturato, stando aperti la mattina sino alle 7 di sera. Quest’anno i primi 5 mesi siamo già cresciuti del17% pur trattandosi dei mesi più morti.
Questo è frutto anche di anni di studio su tutta la parte gestionale e sul marketing. Adottiamo una politica: tutto ciò che inseriamo di nuovo ha bisogno chiaramente di un tempo di assestamento per presentarlo alle persone e farlo ingranare. Calcoliamo questa parentesi inserendola come voce di spesa “marketing” e tutti gli anni destiniamo a questa parte circa 5% del fatturato.
Un altro nostro punto fermo: abbiamo il coraggio poi di vendere il prodotto al prezzo giusto. È una scelta: abbiamo un target di clienti allineato alla nostra offerta: il nostro cliente tipo apprezza veramente la nostra ricerca di qualità fatta con prodotti del territorio.
Abbiamo giornalmente tanti nuovi visitatori ma anche dei returning visitors a qualsiasi ora del giorno, dalla colazione al pranzo, dalla merenda alla parte della bottega.
Per esempio faccio pagare le schiacciate ripiene fino a 8.40 Euro, naturalmente sono grandi, ma chi le acquista capisce che nel prezzo c’è un reale valore del prodotto. Per questo raccontiamo e offriamo la storia dietro ciò che serviamo così le persone lo percepiscono e lo apprezzano tantissimo. “
Quindi quali sono i progetti per Da Antinesco?
“Il nostro obiettivo è quello di espanderci una volta individuato il contesto giusto e in linea al nostro business plan. Senza fretta, perché siamo già un’attività che funziona tanto nel nostro stato attuale. Allo stesso tempo vorremmo essere più capillari, così da essere percepiti diversamente dal cliente, sia peri costi delle materie prime che con più punti vendita aperti, dovrebbero calare.
Vedremo se farlo con il format completo oppure soltanto con la parte caffetteria e bistrot.
Siamo ancora in fase di ricerca del posto giusto, valutando anche un mercato diverso da quello dell’autostrada. Stiamo pensando perle prime aperture di avviarle in zone più altamente turistiche attorno a noi.”
NAPOLI – Kimbo, il caffè di Napoli, prende il volo questa estate con KIMBO In-Cup, una nuova soluzione da viaggio che unisce un servizio semplice e veloce all’esperienza del caffè di qualità: la nuova bevanda è già disponibile “on board” su tutti i voli della Sundair, la compagnia aerea tedesca che ogni anno trasporta oltre 600.000 passeggeri verso 30 diverse destinazioni tra Mediterraneo, Mar Rosso e Isole Canarie, oltre a numerosi voli interni in Germania e a quelli diretti per Beirut.
La KIMBO In-Cup disponibile sui voli della Sundair
La KIMBO In-Cup, frutto di una lunga e approfondita ricerca dedicata da Kimbo UK proprio agli operatori del canale travel perché consente alle compagnie aeree e ad altri operatori del settore viaggi di offrire facilmente ai passeggeri caffè macinato fresco in filtro anziché istantaneo, offre un caffè filtrato appena macinato 100% Arabica che utilizza l’innovativo coperchio con filtro integrato: grazie all’esperienza dei maestri tostatori napoletani, chicchi di caffè delle migliori origini sono stati selezionati e tostati alla perfezione per fornire un’inconfondibile tazza di caffè Kimbo, la storica azienda fondata nel 1963 a Napoli ed oggi presente con i suoi prodotti in 100 paesi del mondo.
Nella In-Cup la dose di caffè macinato è sigillata con un foglio di alluminio per garantire la freschezza in ogni singola tazza e preservare tutte le proprietà organolettiche: una volta rimossa la pellicola, la tazza può essere facilmente riempita con acqua calda. E, una volta applicato l’esclusivo coperchio con filtro, la tazza di caffè fresco Kimbo è pronta per essere servita, in tutta la sua flagranza e con tutto il suo inconfondibile aroma. È possibile aggiungere latte e zucchero anche attraverso il riempimento intero, in modo che il coperchio non debba essere rimosso.
Questo incredibile risultato è il brillante risultato della laboriosa partnership tra il team londinese di Kimbo UK, il partner di produzione RTM BruPac, lo specialista britannico delle bevande in tazza di molti dei principali marchi globali, tra cui la nuova “on the go” Kimbo, e BB-inflight GmbH Distribution, che fornisce attrezzature e prodotti per il comfort dei passeggeri alle compagnie aeree e agli operatori ferroviari direttamente dal suo grande magazzino a Colonia.
Marcos Rossello, ceo di Sundair, ha affermato che “Sundair ha scelto Kimbo perché è sinonimo di qualità: il flavore aromatico di questa fresca miscela è semplicemente il migliore, con aromi piacevoli e una discreta amarezza, perfetto da gustare in volo”.
“La partership con Sundair è una opportunità molto importante per noi – conferma Luca Piccini, Director of International Business Unit dell’aziendaKimbo – perché ci offre la possibilità di offrire un prodotto unico e di collaborare con una azienda straordinaria sia per la sua visione che in termini di target. Grazie alla sua presenza nei principali aeroporti italiani ed europei e ad una distribuzione in oltre 100 paesi oggi KIMBO è sicuramente il momento caffè perfetto: prima, dopo e adesso anche durante il volo!”
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