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Beatriz Mesas, INCAPTO: “La sostenibilità diventa fattore critico di successo per le torrefazioni”

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Aziende più attente alla sostenibilità (immagine: Pixabay)

La sostenibilità gioca un ruolo sempre più importante e costante nell’industria del caffè. Gli attori coinvolti sono principalmente tre: le aziende agricole e quelle di trasformazione a monte, i torrefattori e, infine, il consumatore. Si tratta di un mercato che negli ultimi 30 anni ha registrato una crescita continua.

Leggiamo di seguito parte del post di Beatriz Mesas, co-fondatrice di INCAPTO, la startup dello specialty sostenibile, ripreso da Econopoly.

Il ruolo della sostenibilità nel caffè

MILANO – La tutela della sostenibilità è ormai per le imprese un fattore critico di successo, determinante per intercettare e rispondere alle richieste di un consumatore sempre più attento, consapevole ed esigente e per sancire la competitività aziendale. Ciò si riscontra, in Italia e nel mondo, anche nel Food and Beverage.

Una recente indagine, somministrata a oltre 600 professionisti del settore, ha rivelato come il 100% dei rispondenti interni alla funzione marketing abbia evidenziato un cambiamento sostanziale nel comportamento dei consumatori: mossi da un maggiore desiderio di acquisto di prodotti sostenibili, sensibili alle tematiche ambientali, all’equità e alle questioni sociali, questi ricercano beni e servizi che rispecchiano tali valori e per i quali giustificano anche una spesa più ingente.

Inoltre, il 76% degli intervistati crede fortemente nel progetto di sostenibilità della propria azienda e nella capacità di soddisfare gli impegni ambientali entro il 2030

Nella transizione alla sostenibilità, poi, emergono alcune priorità. Per il 67% dei manager in Italia e per il 62% a livello globale, al cuore di un percorso di transizione sostenibile vi è proprio l’attenzione al packaging: questa dimensione è subito seguita dall’urgenza di ridurre gli sprechi alimentari e la quantità di rifiuti generati (57% mondo e 53% in Italia). Infine, ripensare in chiave green i prodotti aziendali venduti è prioritario per il 24% dei rispondenti in Italia e per il 19% a livello globale.

Analizzando l’industria del caffè, gli attori coinvolti sono essenzialmente tre: le aziende agricole e quelle di trasformazione a monte, i torrefattori e, infine, il consumatore. Si tratta di un mercato che negli ultimi 30 anni ha registrato una crescita costante: seppure questo sia un dato positivo, la produzione di caffè svolge un ruolo particolarmente negativo in termini di inquinamento ambientale, essendo responsabile di un’ingente emissione di gas serra a seconda di come lo stesso caffè viene coltivato.

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IEG: al via il cantiere alla Fiera di Rimini per due nuove strutture temporanee

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Da sinistra: Mirco Zamponi (head of operations Rimini IEG), Giulia Vignali (facility management & exhibition operations specialist IEG), Marco Carniello (chief business officer IEG), Maurizio Ermeti (presidente IEG), Corrado Peraboni (amministratore delegato IEG), Valentina Serrecchia (facility management & exhibition operations specialist IEG), Nazario Pedini (real estate development consultant IEG), Carlo Costa (chief corporate officer IEG) (immagine concessa)

RIMINI – Sono partite in questi giorni le opere di cantieramento per la realizzazione delle strutture temporanee del quartiere fieristico riminese di Italian Exhibition Group (IEG).
“Al termine dei lavori – annuncia il presidente di IEG, Maurizio Ermeti – saranno disponibili due nuove aree espositive per assecondare al meglio la crescita commerciale di Ecomondo 2024, la cui prossima edizione è in programma dal 5 all’8 novembre, e di Sigep World 2025, dal 18 al 22 gennaio. Le nuove aree potranno essere poi utilizzate per tutte le manifestazioni previste sul quartiere fieristico riminese”.

Iniziati i lavori per le strutture temporanee alla Fiera di Rimini

“Le due nuove strutture – dice Corrado Peraboni, amministratore delegato di IEG Group – avranno continuità architettonica rispetto ai padiglioni esistenti e, al pari di questi, saranno espositivamente performanti. L’area di intervento è di 8.300 mq e si collocherà davanti all’attuale ingresso Est, ingresso che sarà realizzato ex novo e posizionato al centro dell’opera”.

Le due strutture temporanee saranno connesse direttamente e tramite due tunnel ai padiglioni ‘gemelli’ B7 e D7. L’obiettivo è quello di utilizzarle fino alla disponibilità del nuovo padiglione circolare, che sarà realizzato all’ingresso Ovest e la cui ultimazione è prevista per la fine del 2027.

Il coordinamento complessivo dei lavori è a cura del Team Operations di IEG e la supervisione progettuale, direzione lavori e sicurezza è di Mijic Architects.
Il programma prevede la conclusione delle opere edili, a cura dell’impresa Pesaresi, entro fine luglio. A seguire si avvierà la predisposizione della struttura temporanea da parte della società tedesca HTS con termine ad inizio settembre. Seguirà la realizzazione degli impianti progettati dal Polistudio di Riccione e realizzati da F.lli Franchini, che terminerà a metà ottobre. Altri consulenti sono lo Studio TI per la sicurezza e lo Studio Sarti per la parte strutturale.

L’intervento comporterà una diminuzione temporanea di circa 250 posti auto ma un’area acquisita da IEG nei pressi dell’ingresso Sud sarà organizzata a parcheggio per ospitare stabilmente circa 1.500 posti auto.

Caffè: ecco il motivo per cui piace nonostante l’amarezza

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

Alcuni studiosi della Schulich School of Medicine and Dentistry e dell’Università della California hanno scoperto il motivo dietro la popolarità del caffè. Nel dettaglio, la questione riguarda i nostri geni: è il dna a determinare se ci piace o meno l’espresso e questo finisce per avere effetti sulla salute. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Eugenio Spagnuolo del quotidiano La Gazzetta.

Il gusto del caffè

MILANO – Amaro, forte e anche un po’ acidulo. Eppure, nonostante queste caratteristiche non sempre gradevoli, il gusto del caffè ci ha conquistati tutti. Solo in Italia, ogni giorno sorseggiamo 95 milioni di tazzine, con una media di 1,6 tazze per abitante. Ma perché ci piace tanto il caffè nonostante il suo sapore… deciso?

Alcuni studiosi della Schulich School of Medicine and Dentistry e dell’Università della California si sono posti la stessa domanda, trovando (forse) la risposta all’annoso problema.

In pratica, la questione riguarda i nostri geni: è il dna a determinare se ci piace o meno il caffè e questo finisce per avere effetti sulla nostra salute. Per capirne di più, i ricercatori hanno cercato le varianti genetiche legate al consumo di caffè.

Poi, hanno esaminato i dati di oltre 130.000 americani e li hanno confrontati con quelli di circa 335.000 persone del Regno Unito. Così hanno scoperto le parti del genoma legate al consumo di caffè, individuando i geni che potrebbero influenzare questa abitudine.

Il risultato? Alcune varianti genetiche ereditate dai genitori influenzano la nostra dose quotidiana di caffeina. Ma c’è di più: lo studio ha trovato collegamenti genetici tra il caffè e problemi di salute, come l’obesità e la dipendenza da sostanze.

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Il cioccolato valido alleato per perdere peso in menopausa: lo studio

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La produzione di cioccolato (Pixabay License)

Alcuni ricercatori hanno affermato che il consumo di cioccolato ad alto contenuto di cacao abbassa il grasso corporeo in menopausa. Gli studiosi hanno sottolineato che i polifenoli all’interno del cacao possono svolgere un ruolo nel miglioramento della composizione corporea. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giovanni Cristiano per il portale d’informazione Ma che davvero.

I benefici del cioccolato

MILANO – Il cacao e il cioccolato sono dei prodotti amatissimi e consumati dalla maggior parte delle persone. Chi segue un regime sano ed equilibrato tende a far a meno di questi prodotti, anche se in alcuni casi possono essere assunti senza alcun tipo di problema. Questa volta emerge una situazione molto interessante, in cui il cacao andrebbe a ridurre il grasso corporeo nelle donne in menopausa.

Tale novità è stata rivelata dallo studio condotto dall’Istituto di Ricerca Biomedica di Salamanca (IBSAL) e dell’Università di Salamanca.

I ricercatori hanno affermato che il consumo di cioccolato ad alto contenuto di cacao abbassa il grasso corporeo in menopausa.

La ricerca realizzata ha indagato l’effetto dell’aggiunta giornaliera di 10 grammi di cioccolato al 99% di cacao, che contiene 59 kcal e 65,4 mg di polifenoli, sulla struttura corporea di 132 donne in menopausa, con un’età media di 57 anni.

Il risultato emerso alla fine dei sei mesi di valutazione ha evidenziato su un gruppo una significativa riduzione della massa grassa di 0,63 kg e della percentuale di grasso corporeo dello 0,79%.

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Granita di caffè: ecco i migliori 10 bar in Sicilia dove gustarla

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La bandiera della Sicilia

Con l’aiuto del messinese Giuseppe Amato, miglior pastry chef del mondo nel 2021, il quotidiano La Repubblica ha selezionato dieci tra i bar e le pasticcerie in Sicilia che offrono un prodotto d’eccellenza in termini di granita al caffè. Si parte con Palermo e i locali la Pasticceria Cappello e Yoghi; a Trapani è possibile visitare il ritrovo Colicchia; il bar Delizia a Enna è particolarmente famoso per le sue granite; a Sciacca si trova il bar Roma; il caffè Sicilia a Noto; c’è poi il turno della pasticceria storica Savia a Catania; a Messina si trova il Bar Torino, il Bar Eden, Letojanni e l’Eric Bar. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Francesco Seminara per La Repubblica.

I migliori 10 locali in Sicilia dove gustare la granita al caffè

PALERMO – Si scrive granita al caffè, si legge colazione perfetta. La più amata dai siciliani, la più ambita dai turisti specie in questo periodo dell’anno che, complici le alte temperature, può servire per rinfrescare il palato e addolcire i pensieri. La storia della granita in Sicilia si perde nella notte dei tempi.

In principio fu “Sharbat”, nome di tradizionale matrice araba, poi “Nivarata”, termine che richiama per l’appunto la neve utilizzata inizialmente per conservare il succo di limone.

Nella metà del ‘500 l’invenzione del pozzetto per la lavorazione del succo, reso ghiacciato grazie alla neve conservata durante i geli invernali nella zona etnea e sui Nebrodi. Da qui, alla mantecatura in macchina e quindi ai giorni nostri. Se il limone fu per l’appunto il primo gusto di granita, ma quasi inconsapevole, il caffè fu creato scientemente e fu subito amore.

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Il Bar Leone di Hong Kong del romano Lorenzo Antinori è il migliore dell’Asia: la classifica

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Hong Kong (immagine: Pixabay)

Il premio della Asia’s 50 best bars è andato al Bar Leone di Hong Kong, fondato dal romano Lorenzo Antinori. Il locale si basa sul concetto di cocktail per il popolo, dove vengono serviti drink classici e semplici. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Lara De Luna per il quotidiano La Repubblica.

Il Bar Leone di Honk Kong in cima alla classifica Asia’s 50 best bars

HONK KONG – Le Guide e Classifiche ai ristoranti di alta cucina ci hanno già da tempo abituato a un’importanza sempre maggiore del mercato asiatico, con delle punte importanti di presenze italiane, basti pensare a Otto e Mezzo Bombana o allo stellato Da Vittorio a Shangai. Nel grande multiverso dei bar di alta fascia invece l’eccellenza italiana è da sempre una realtà, con il Connaught di Londra più volte eletto Miglior Bar per il The World’s 50 Best Bars.

La novità in chiave tricolore di quest’anno, invece, arriva direttamente da Hong Kong: il migliore Bar del continente per gli Asia’s 50 Best Bars è infatti il Bar Leone del romano Lorenzo Antinori.

Il Bar Leone, situato nel famoso quartiere dei bar al centro di Hong Kong, si basa sul concetto di “cocktail popolari” o “cocktail per il popolo”, dove vengono serviti cocktail classici e semplici accompagnati da piatti accattivanti come i panini alla mortadella.

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Allùmettes Caffè, da Parigi alla Sicilia: “Diamo la possibilità di scegliere una tazzina differente”

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Allùmettes Caffè
La colazione da Allùmettes Caffè (foto concessa)

MILANO – La Francia conquistata dalla Sicilia, trova la sua espressione nel mondo dell’ospitalità: questa è la storia di Hanawa Merlin, di Ronan e di sua cugina Prune che si definiscono come una famiglia nomade, che si sposta insieme. E uniti in questa migrazione che li ha portati da Parigi ad Ortigia, hanno avviato a giugno 2022 il boutique hotel Lùme, dove già lo specialty era di casa e che ora, con la recente apertura di un angolo bar dedicato anche ai clienti esterni alla struttura, ha preso ulteriore spazio nell’offerta proposta.

Lùme ha sei stanze, tutte diverse di grandi dimensioni. Poi si arriva al pian terra, dove da poco esiste l’Allùmettes Caffè.

Racconta Hanawa: “Il boutique hotel nasce per primo, ma sentivamo il bisogno di un servizio bar-caffè come lo intendiamo noi, con dei prodotti locali e di stagione: ed infatti la Sicilia non manca in termini di offerta.

Abbiamo curato bene anche il caffè: volevamo creare un posto nostro con una cura maggiore degli ingredienti, anche nelle ricette salate.”

Dietro al bancone, Mattia, head baker per 5 anni al Ten Bells di Parigi e chef in un ristorante stellato di Londra, incontrato per caso sull’Etna mentre cucinava: subito reclutato per gestire esiste l’Allùmettes Caffè, dopo un anno di progettazione, ha aperto le sue porte al pubblico.

Al Caffè Allùmettes, l’offerta è targata Etna Coffee Roasters.

Sergio Barbagallo lavora con il boutique hotel sin dall’inizio e ha suggerito anche l’acquisto di una La Marzocco G2.

Hanawa racconta: “In hotel proponiamo anche il filtro: i pochi turisti italiani che vengono da noi sono straniti, ma siamo pronti subito a servir loro l’espresso. Diciamo che ora con il caffè aperto, la scelta è maggiore.

Cerchiamo di usare sempre dei blend con Arabica nonostante questo rappresenti un problema qui dove ci troviamo, perché una proposta di qualità e unica è molto rara da trovare. Invece noi ci preoccupiamo addirittura dell’acqua: sull’isola di Ortigia è molto salata e quindi dobbiamo osmotizzarla.

Facciamo lo stesso con il tè: abbiamo selezionato dei tè giapponesi Lupicia e francesi Row & Ma. Sono entrambi eccellenti aromaticamente ed è molto importante valorizzarli con la giusta acqua. “

E i prezzi?

“L’espresso è a due euro, il cappuccino a 4, il matcha latte a 5. Molti italiani passano per caso e sono molto contenti di trovare questa offerta: non è un problema il prezzo.
Conosciamo anche molti ristoratori della zona e li abbiamo coinvolti a visitare il nostro locale, che è piccolo (sui 30 metri quadrati, con dehors con 8metri quadrati sulla strada). Molto spesso i clienti vogliono curiosare e visitare il boutique hotel nell’occasione. Contiamo appena 4 tavoli dentro e altri 4 fuori. “

Ma il salto da Parigi in Sicilia com’è andato?

Il primo pasto della mattina (foto concessa)

“Ci vuole pazienza, ma la gente del posto, il mare e il paesaggio aiuta a superare le lentezze burocratiche che si devono affrontare. Poi i prodotti che abbiamo, dalla frutta alla verdura e ai formaggi, sono di qualità. Spero soltanto che la gente cambi la sua percezione del caffè e che sarà sufficiente far provare qualcosa di diverso per avviare questo mutamento.

Molti ci dicono che il siracusano è duro a cambiare, ma io voglio dare la possibilità di scegliere una tazzina differente. Il nostro desiderio non solo è di elevare la qualità, ma anche l’esperienza.

Una delle torte offerte (foto concessa)

Siamo nel 2024, mi sembra una follia proporre del caffè in una tazzina di plastica o servir un bicchier d’acqua che non sia di vetro cerchiamo quanto meno di avere un approccio ecosostenibile e una proposta di dolci e salati che tenga conto della stagionalità se possiamo, ancora oggi, parlare di stagioni!

Per fortuna tra i giovani ho notato una maggiore apertura e un maggiore interesse verso le novità e soprattutto verso prodotti che rispettano la natura.”

Gianluigi Goi parla del Lupino giallo di Dorgali e dei semi di Sughera, surrogati del caffè

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Il Lupino Giallo di Dorgali (immagine presa dal sito ufficiale SardegnaForesta)

Gianluigi Goi è un lettore nonché giornalista specialista di agricoltura affezionato a queste pagine che con la sua lunghissima esperienza e il suo punto di vista ha contribuito diverse volte proponendo contenuti sempre interessanti. Questa volta Goi esprime le sue considerazioni sul Lupino giallo di Dorgali in Sardegna e sui semi di Sughera, utilizzati come surrogati del caffè. Leggiamo di seguito la sua opinione.

Il Lupino giallo di Dorgali in Sardegna e i semi di Sughera

“Anche in questa estate 2024 madre, matrigna e figlia del riscaldamento del pianeta con tutti i problemi ambientali che si porta dietro e ci scarica addosso aggravati dalla follia umana che pensa di risolvere le grandi questioni con il ricorso agli arsenali bellici, basta poco, volendolo, per trovare spazi di serenità intrisi di cultura e di rispetto per l’ambiente.

E’ quanto, in questi giorni, è capitato a chi scrive che, partito da un semplice svolazzo captato in un testo di orticoltura, grazie agli algoritmi in questo caso benefici di Google, è approdato nell’incanto naturale dell’imponente falesia di Cala Gonone, frazione di Dorgali, che vigila sulla tavolozza del blu, degli azzurri e dei verdi smeraldini di un mare trasparente come il cristallo con, alle spalle, le asperità, ma anche le nascoste intimità verdi, del Supramonte sardo.

Questo lo spunto, lo ammetto, abbastanza insolito ma rispondente a verità, per fare la conoscenza del Lupino giallo (Lupinus luteus) che a Dorgali ha lasciato una impronta non banale nel tessuto delle tradizioni alimentari locali. Pianta erbacea annuale, radice a fittone, ramosa, fiori molto profumati di un giallo intenso con fioritura tra aprile e maggio, il Lupino giallo produce – secondo quanto apprendiamo dal sito della Regione “SardegnaForeste” – frutti costituiti da un “legume lanoso”. “Utilizzo alimentare (riportiamo la sintetica descrizione presente nella scheda di cui sopra): “Semi e produzione di un <caffè povero> molto usato decenni fa. Il seme torrefatto veniva utilizzato come surrogato del caffè nel territorio di Dorgali”.

Una caratteristica, questa, che sembra essere una peculiarità territoriale. Interessanti le digressioni gastronomiche, e non solo, che riportiamo sempre testualmente: “In Corsica il seme si consuma in minestroni e nei ragù, come quello di fagiolo, e da esso, macinato, si otteneva una farina. Con i semi e la farina si possono fare maschere cosmetiche ad azione emolliente”.

Senza dimenticare una curiosità di nome e di fatto: “Il nome del genere Lupinus deriva dal latino ‘lupus’ ovvero lupo, per l’azione depauperante della pianta sul suolo” così come il lupo “depaupera”,  ovviamente in senso lato, la fauna che incrocia nel suo territorio di caccia”.

“E’ comunque doveroso segnalare che l’uso di alcune varietà di lupino quale sostituto del caffè continua ad incontrare il favore di non pochi consumatori particolarmente attenti alle peculiarità nutraceutiche di questo legume che ha nel riconosciuto “Caffè di Anterivo (“Altreier kaffee” in tedesco, che è ottenuto dal Lupinus pilosus) la sua ben nota punta di diamante ed è parte integrante della memoria collettiva di questa località altoatesina. Per ritornare al fronte per così dire marino dopo la digressione montana, una breve segnalazione – che riportiamo integralmente – spetta di diritto al Lupino selvatico (Lupinus angustifolius – Vasoleddu ‘e marzane nell’idioma locale) i cui semi  – apprendiamo da uno studio dell’Università di Sassari che approfondiremo a breve – “venivano utilizzati come surrogato del caffè. E’ considerato pericoloso per il bestiame che se ne ciba in quantità. E’detto anche Lupinu”.

Un piccolo tassello, anche questa citazione, di una tradizione “lupinesca” che intriga e induce a segnalare immediatamente la fonte, molto autorevole, da cui abbiamo tratto queste righe: Ignazio Camarda (Istituto di Botanica Università di Sassari), Ricerche etnobotaniche nel Comune di Dorgali (Sardegna centro-orientale) – Bollettino Società Sarda di Scienze Naturali 27: 1990, p. 147-204.

Giunti in questo contesto naturale tanto affascinante e ricco di storia e tradizioni spesso ataviche che tendono a confondersi e comunque si innervano reciprocamente fra mare e montagna, crediamo lecito sospettare – per meglio dire augurarsi – qualche altra sorpresa in ordine all’utilizzo di sostituti/succedanei del caffè.

La ricerca etnobotanica citata – resa possibile dalla collaborazione molto attenta e qualificata di numerosi anziani di Dorgali che hanno consentito importanti conoscenze dal punto di vista medicinale, magico, alimurgico, agrario, naturalistico e artigianale – pur nella sua stringatezza ed austerità anche lessicale, ci sembra sollevi il velo, ricordandone l’importanza e la validità sia storica che culturale, su abitudini di vita significative quanto peculiari di questo territorio.

E’ il caso della pianta più iconica della zona, la Suerza, la quercia da sughero: la Sughera, al femminile, come viene definita nell’ambiente, che è un po’ la “mamma” per antonomasia delle piante sarde. Resiliente, come usa dire oggi, al massimo grado e tenace nel dare frutti (il sughero) reiterati negli anni, base e sostegno di attività artigianali e industriali antiche ed anche modernissime che spesso profumano perfino di arte.

“Le ghiande della sughera – Quercus suber, in italiano quercia da sughero, in sardo Suerza n.d.r. – venivano utilizzate – leggiamo nel testo dell’Università di Sassari – come surrogato del caffè ed erano ritenute anche più pregiate delle altre querce”. Il sughero, viene inoltre sottolineato, “era molto ricercato per fare recipienti (ispesales), adibiti agli usi più disparati (e) la scorza presente sotto lo strato suberoso, ricca di tannini, veniva raccolta per la concia delle pelli”.

A questo punto è bello immaginare, almeno ci sembra, che “mamma Suerza” abbia con le sue ghiande, infuse nel pentolino magari riscaldato con il carbone tratto dal suo stesso legno, da sempre pregiato ed utilizzato per il peculiare potere calorico, rifocillato ab immemore – è una suggestione di chi scrive – stuoli di pastori e uomini della montagna portatori di una civiltà agro-pastorale antichissima che cerca di resistere come meglio può.

Ma il capitolo delle ghiande utilizzate, a parere nostro, anche e non solo in sostituzione del caffè, non è finito. In quanto deve ancora fare il suo ingresso il Leccio – Quercus ilex, Eliche nell’idioma locale – la pianta più diffusa e conosciuta nel territorio di Dorgali e come tale ben presente nei fitotoponimi registrati nello studio che sostanzia queste note.

Le ghiande del leccio si utilizzavano come surrogato del caffè: si tostavano al forno, si macinavano e quindi si mettevano in infusione”. Il riferimento alla tostatura al forno si deve all’ampio uso della preparazione anche casalinga del pane, sia tradizionale che del ‘carasau’ tipico dei pastori. “Con il legno – precisa il testo universitario – veniva preparato un ottimo carbone, ma soprattutto si utilizzava come legna da ardere. Il legname idoneo era usato per costruire diverse parti del carro a buoi. La corteccia, ricca di tannini, si utilizzava per la concia delle pelli”.

Finiamo con un’ultima piccola curiosità, l’utilizzo dell’Artemisia arborescente (Artemisia arborescens, in sardo Atetu), o Assenzio aromatico, sempreverde perenne dalle foglie aromatiche bianco-argentee: “L’infuso ottenuto dalle varie parti aeree della pianta si beveva per combattere il mal di testa. Per lo stesso motivo si metteva un rametto nel caffè”.

Mercati del caffè: ecco perché i prezzi rimangono così alti nonostante la produzione mondiale ai massimi storici

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Il logo dell'Ice

MILANO – Giornata di ribassi per i mercati del caffè: ieri, giovedì 18 luglio, New York ha perso quasi l’1% chiudendo a 240,90 centesimi; Londra il 2% terminando a 4.479 dollari, minimo degli ultimi 10 giorni. A incidere sul sentiment è stato soprattutto il rivalutarsi del dollaro nei confronti del real brasiliano, ai minimi delle ultime due settimane sul biglietto verde.

Vogliamo approfittare di una settimana più riflessiva, dopo i fuochi di artificio di quella trascorsa, per fare una piccola digressione storica sull’andamento della produzione mondiale, sui prezzi e sul ruolo di alcuni paesi chiave.

Partiamo dai primissimi anni novanta: il sistema delle quote era stato definitivamente abbandonato nel 1989 e l’avvento dell’era del libero mercato rivoluzionò il commercio mondiale del caffè.

Nell’annata caffearia 1990/91, la produzione fu, secondo l’Ico, di 93,23 milioni di sacchi.

Come è facile immaginare, la geografia dei mercati del caffè era piuttosto diversa rispetto a quella attuale

Naturalmente, il Brasile dominava la scena, con un raccolto che raggiunse quell’anno i 27,286 milioni: poco più del 29% della produzione mondiale.

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EY Future Consumer Index: al 67% preoccupa l’incremento dei prezzi dei beni alimentari

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Stefano Vittucci, consumer products and retail sector leader di EY in Italia (immagine concessa)

MILANO –  La quattordicesima edizione dell’EY Future Consumer Index, che ha sondato le opinioni di 23mila cittadini in tutto il mondo[1], di cui 500 in Italia, evidenzia un cambiamento significativo nei comportamenti dei consumatori italiani, influenzati dall’incertezza geopolitica ed economica globale. Dalle risposte degli italiani emerge un quadro di preoccupazione per la propria condizione economica (44% dei rispondenti) e per l’economia nazionale (52%), percentuali entrambe in calo rispetto al dato registrato nella precedente edizione, a gennaio 2024[2], dimostrando una grande capacità di adattamento e resilienza da parte dei consumatori.

EY Future Consumer Index su trend di consumo e aspettative future: tra ottimismo e sfide economiche

Nonostante la pressione sui costi della vita e le preoccupazioni economiche, le aspettative per il futuro rimangono abbastanza positive, soprattutto per i consumatori con i redditi più elevati, con il 23% degli italiani che prevede un miglioramento nei prossimi tre anni. L’aumento del costo della vita e delle spese sanitarie rimane tuttavia la principale preoccupazione per i consumatori, con il 71% preoccupato per l’aumento dei prezzi di elettricità, gas e acqua e il 67% per l’incremento dei prezzi di beni alimentari. Seguono al terzo posto i temi legati alla salute (61%) e subito sotto il costo dei carburanti (59%).

Commenta Stefano Vittucci, consumer products and retail sector leader di EY in Italia: “L’EY Future Consumer Index ha evidenziato diversi temi significativi che riflettono il cambiamento in corso nei comportamenti dei consumatori italiani. Innanzitutto il sentimento dei consumatori si esprime in un cauto ottimismo, il 23% prevede un miglioramento della propria situazione economica nei prossimi tre anni, anche in presenza di persistenti pressioni economiche. Le spese dei consumatori sono impattate ancora da incertezze economiche, dagli effetti inflattivi e impatti climatici”.

Vittucci: “Molte aziende, quindi, stanno implementando azioni sui prezzi, rivisitazioni del portafoglio prodotti e iniziative di produttività. Inoltre, l’influenza digitale è in aumento: il 33% segue regolarmente influencer sui social media, e il 51% si affida a loro per le scelte di acquisto. La proliferazione dei canali di vendita sta rendendo più frammentata l’esperienza di consumo e diventa fondamentale rivedere le strategie di marketing. Infine, sempre più rilevanza acquista la gestione dei dati che può portare significativi vantaggi nella relazione con i consumatori, i quali mostrano disponibilità a scambiare informazioni personali in cambio di esperienze sempre più personalizzate”.

Le priorità dei consumatori: accessibilità economica, salute e sostenibilità

Dall’indagine emerge quindi che gli italiani prestano grande attenzione in particolare a tematiche legate all’ambiente e alla sostenibilità, posizionando l’Italia come uno dei Paesi con una più alta priorità ambientale, dove il 75% è preoccupato per il cambiamento climatico e il 49% orienta i propri acquisti in ottica di sostenibilità.

Le priorità dei consumatori italiani sono omogenee per tutti i livelli di reddito e per tutte le fasce d’età, con Baby Boomer, Gen X e Millennial che pongono attenzione sull’accessibilità economica (rispettivamente per il 42%, 34% e 33%), seguito dai temi di sostenibilità (rispettivamente 16%, 26%, 29%). Per la Gen Z, invece, al primo posto c’è l’attenzione ai temi legati alla salute (29%), seguito sempre dalle tematiche di sostenibilità (26%), all’ultimo posto troviamo invece l’accessibilità economica (13%).

(dati concessi)

 

 

 

La sostenibilità rimane un’area di interesse fondamentale per i consumatori, il 95% si sta sforzando di non sprecare il cibo e il 58% ricicla o riutilizza regolarmente i prodotti dopo l’uso. Le aziende dovrebbero considerare la possibilità d’identificare le aree con il maggiore impatto materiale, come i rifiuti di plastica, l’intensità dell’acqua o l’impronta di carbonio durante il processo di produzione, al fine di ridurre le emissioni. Proprio in quest’ottica, il 35% dei consumatori sarà più orientato sull’acquisto di prodotti di seconda mano, e il 74% tenterà di riparare, e non sostituire i prodotti, se è possibile farlo. Le aziende potrebbero prendere in considerazione la possibilità di rivedere e adattare i loro brand e prodotti per allinearsi alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti al budget e all’impatto economico, ambientale e sociale, introducendo nuovi formati più piccoli e differenti packaging.

Per quanto riguarda l’attenzione alla salute e al benessere, il 73% prevede di essere più consapevole e attento alla propria salute fisica nel lungo periodo, prediligendo ad esempio l’acquisto di prodotti sani (42%), ma anche riducendo l’acquisto di bevande alcoliche (51%) o di tabacco nei prossimi mesi (46%). La maggiore consapevolezza sulla propria salute e il cambiamento delle norme sociali tra i consumatori stanno stimolando il passaggio ai prodotti di nuova generazione (NGP), come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato considerati meno dannosi delle sigarette tradizionali.

L’esperienza di acquisto tra marche commerciali, nuovi canali digitali e l’impatto degli influencer

La crescita delle marche commerciali (le cosiddette private label) è evidente, con i consumatori che pianificano di acquistarne di più in futuro (soprattutto sui segmenti del Home Care 50% e del cibo confezionato 33%), rispecchiando le stesse caratteristiche dei prodotti di marca per il 55% dei rispondenti.

(dati concessi)

Le categorie di prodotto private label che i consumatori sono maggiormente inclini ad acquistare sono prodotti per la casa, abbigliamento e accessori, personal care e del cibo confezionato (packaged food). La generazione X è quella più favorevole alle private label, seguita da Baby Boomers e Gen Z. Un terzo degli intervistati non tornerebbe ad acquistare prodotti di marca, una volta provati i prodotti delle marche commerciali. Con la riduzione del divario di prezzo tra i prodotti a marchio privato e quelli di marca, i consumatori acquisteranno generi alimentari sempre più in base al valore e non alla fedeltà alla marca. Infatti, il 52% dei consumatori italiani afferma di comprare prodotti di marca solo quando sono in offerta, promozione o scontati.

L’aumento del numero di canali digitali sta offrendo ai consumatori la flessibilità che desiderano, ma allo stesso tempo sta incrementando i costi per le aziende che devono fare i conti con un mercato in continua trasformazione e soggetto ai social media e a personalità influenti tra le community online, che impattano sulle abitudini di acquisto dei consumatori.

Dall’EY Future Consumer Index emerge che il 33% degli italiani segue regolarmente influencer, blogger o vlogger sui social media, e nelle scelte di acquisto il 51% dei rispondenti si affida a prodotti raccomandati o promossi dagli stessi influencer. Il 43% dei consumatori ha ammesso di aver acquistato un prodotto esclusivamente sulla base di una raccomandazione o di una promozione fatta da un influencer.

(dati concessi)

La preferenza dei consumatori -soprattutto Millennial e Gen Z- per l’utilizzo di app di shopping sta trasformando il panorama del retail, generando nuove opportunità per i brand.

Tra le ragioni principali nell’utilizzo delle app vi è il desiderio di accedere a sconti e offerte esclusivi (50%), una maggiore comodità (45%), l’attrazione per promozioni o offerte riservate agli utenti dell’app (34%). Questi dati evidenziano un cambiamento significativo nel comportamento d’acquisto dei consumatori italiani, che si sentono sempre più a loro agio a condividere dati personali in cambio di esperienze personalizzate e raccomandazioni su possibili alternative. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per le nuove tecnologie, gli italiani rimangono cauti riguardo alla sicurezza delle proprie informazioni personali: il 62% degli intervistati è preoccupato di come vengano gestiti i dati che li riguardano, il 63% teme una violazione dei propri dati e per gli attacchi hacker, il 70% teme un furto di identità o frode.

[1]L’indagine si è svolta tra il 21 marzo e il 16 aprile 2024.

[2]Nella tredicesima edizione del FCI, a gennaio 2024, il 91% dei consumatori italiani era preoccupato per la propria condizione economica, e l’81% era preoccupato in maniera più ampia per l’economia del Paese.