BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Nuova Simonelli, poi Simonelli Group con i marchi Nuova Simonelli e Victoria Arduino. Per comprendere da dove tutto è iniziato, non c’è niente di meglio che rivolgersi direttamente alla fonte. Ed ecco che a commentare la nascita, l’evoluzione e i 50 anni di un marchio rappresentativo della sapienza e della tradizione made in Italy, è il presidente e amministratore Nando Ottavi che raggiungiamo nel suo ufficio al secondo piano del futuristico Centro direzionale del Simonelli Group. In occasione dei cinquant’anni del brand Nuova Simonelli, le sue parole ripercorrono le diverse tappe che hanno determinato il successo delle macchine per l’espresso italiane artigianali marchigiane in tutto il mondo.
Ottavi e Simonelli, il racconto delle origini
“Il 2022 segna i miei 50 anni da presidente e amministratore di questa società, nata nel 1936 dall’idea di un uomo di Macerata che pensò di costruire una macchina già allora innovativa. Noi siamo entrati attorno al 1970/1971 in azienda, in concomitanza della scomparsa del fondatore Orlando Simonelli. In quell’occasione abbiamo voluto subentrare e diventare, da semplici dipendenti, imprenditori: questa è stata una prima tappa difficile da affrontare. Cambiare mentalità, armarsi di coraggio, tanto, per iniziare un nuovo percorso non è stato semplice.
La nostra forza è stata quella di aver pensato di sviluppare un marchio che desideravamo non sparisse dal mercato e che, contemporaneamente, restasse legato al territorio. Abbiamo intrapreso insieme questa strada, nonostante fosse rischiosa: ma la passione ci ha guidato. Scorgevamo già a quei tempi, le forti potenzialità di questo settore, quando le macchine del caffè in Italia erano già vendute da ditte più grandi della nostra, che invece era artigianale e geograficamente lontana dal distretto che si trovava nel nord Italia. Inoltre i nostri competitors erano molto forti in Italia. Abbiamo quindi strutturato la nostra azienda e definito una strategia che si concentrava maggiormente sui mercati europei e internazionali, pur restando fortemente radicati in Italia.
Ripensando ad allora, abbiamo anticipato il fenomeno della globalizzazione economica: pensare nel ‘75 di poter esportare nel mondo la macchina per espresso a partire da una realtà locale, era qualcosa di estremamente avventuroso. Ci siamo subito organizzati per riuscirci, coraggiosamente.”
Com’è nato il logo, marchio di fabbrica di Nuova Simonelli?
“Nel ’72 abbiamo cercato di capire come sviluppare una rete tecnico-commerciale che ci rendesse in grado di affrontare i nuovi mercati. Abbiamo capito sin da subito che fosse necessario progettare macchine più innovative, sempre puntando però su un tipo di design italiano apprezzato nel mondo. Nella primavera del 1976 abbiamo presentato il primo modello ISX, insieme al quale abbiamo lanciato il marchio, lo stesso che tuttora è della Nuova Simonelli, una N e una S stilizzati. Abbiamo scelto di conservarlo all’insegna del successo di quei primi tempi. Si tratta un marchio da una parte legato alla tradizione e che quindi richiama il nome del fondatore (Simonelli) e dall’altra che guarda al futuro (nuova).”
Prima Nuova Simonelli poi Simonelli Group ha sempre fatto grande tesoro del rapporto con il territorio marchigiano, all’interno del quale è nato: talento, individualità e creatività. Come sono le relazioni oggi?
“Il rapporto è sempre ottimo. Nei primi anni era evidente che fosse necessario trovare dei tecnici e dei commerciali sul territorio, con i quali condividere ambizioni e la voglia di comunicare il marchio nel mondo attraverso i viaggi di lavoro. C’era bisogno di formare una squadra: all’inizio non è stato facile, e con la nostra crescita abbiamo rafforzato il senso di squadra. L’idea di allora, mia e dei miei colleghi, è stata quella di assumere personale con cui si potesse costituire un gruppo coeso e definire degli obiettivi comuni per raggiungere determinati risultati. Coinvolgere tante persone nella stessa missione, significa lavorare con più entusiasmo.
Il legame con il territorio è ancora molto stretto: abbiamo creato sin dagli anni Settanta un network di relazioni all’interno dei confini regionali. In un raggio di cento chilometri abbiamo sviluppato una solida rete con Università, centri di ricerca e istituzioni. Questa rete è sicuramente uno dei nostri punti di forza.
Oggi Simonelli Group collabora con diverse Università e centri di ricerca, è diventata anche punto di riferimento per la Regione, dando lavoro a oltre 200 persone e creando delle attività che permettono di far crescere e sviluppare tutto il territorio, la produzione e la società stessa.
Un altro punto importante è quello, infatti, di cercare partnership anche con i fornitori marchigiani, con cui scambiarsi le idee.”
Quali sono le innovazioni tecniche più importanti introdotte nei primi decenni della Nuova Simonelli?
“Un caposaldo è stato quello di trovare degli architetti in grado di esprimere tutta l’italianità di un prodotto come la macchina per il caffè espresso. Non ci bastava questo però. Così abbiamo investito molto nella ricerca per offrire soluzioni tecnologiche in grado di esaltare gli aromi di ogni tipo di caffè, sia miscela che monorigine.
E volevamo anche produrre attrezzature che ponessero attenzione all’ergonomia: siamo stati i primi a facilitare il lavoro del barista, introducendo tanti piccoli accorgimenti che migliorassero il lavoro e la salute psico-fisica di ogni operatore. Abbiamo lavorato anche sul risparmio energetico, anticipando il problema delle emissioni di CO2. Questo fenomeno, infatti, non derivava tanto dalla fase di costruzione dei modelli, ma dal loro utilizzo.
Di conseguenza abbiamo sviluppato delle tecnologie in grado di ridurre i consumi energetici di oltre il 30% rispetto alle tecnologie precedenti. Questo aspetto ha conferito ulteriore affidabilità al marchio Nuova Simonelli e all’intera azienda, insieme alle tecnologie digitali e alla creazione di strumenti intelligenti che possano comunicare con il sistema circostante e gli operatori.”
L’aspetto umano di Nuova Simonelli: com’è accaduto che ex tecnici siano diventati imprenditori?
“Sono sempre dell’idea che in giro per il mondo ci possano copiare di tutto: la tecnologia oggi può fare cose straordinarie. Ma la creatività di noi italiani è difficile da emulare. Siamo sempre in grado di far nascere qualcosa di nuovo.
Per cui, nel contesto in cui ci siamo trovati allora, ci siamo trovati insieme a credere nella possibilità di crescere in questo settore: questo ci ha spinti a fare questo salto coraggioso nel buio, che ci ha portati anche a seguire corsi serali per comprendere come fare impresa.”
Un aneddoto significativo di questo periodo eroico?
“Ci sono tanti episodi memorabili. Il più importante che mi è rimasto nel cuore è quello di quando abbiamo avuto l’idea di trasformarci in imprenditori. Poi, ricordo di quando abbiamo pensato con Sandro Feliziani, il mio socio, che si dovesse guardare oltre all’Italia per crescere. Così, da quell’intuizione, abbiamo iniziato a girare per il mondo. Già nel 1974 abbiamo effettuato la prima spedizione negli Stati Uniti verso il nostro distributore.”
Nel 1993 Nuova Simonelli sbarca negli Usa: oggi in che modo, con quali numeri siete presenti?
“Siamo presenti in 124 Paesi nel mondo e superiamo i 600 distributori. Non tutti tra questi registrano grandi fatturati, ma questo frazionamento, voluto, trovato, ci dà una grossa stabilità nella crescita. Salvo nei due anni che conosciamo tutti, il 2008 e il 2020, dal ’74 in poi siamo sempre cresciuti come gruppo, superando i 170 milioni.”
Siete partiti da zero
“Sì. Effettivamente Simonelli Orlando, con cui ho lavorato fianco a fianco – per altro siamo originari dello stesso comune, Cessapalombo – era un grandissimo tecnico e innovatore, ma commercialmente non aveva la lucidità per espandersi. Abbiamo iniziato con la produzione di qualche centinaio di macchine all’anno distribuendole nelle Marche, Umbria e bassa Toscana. Per cui abbiamo iniziato proprio da zero, con una fabbrica piccola e da ricostruire.”
Quali sono le macchine iconiche?
“Il primo modello che abbiamo realizzato nel 1976 è ISX, un progetto innovativo che ci ha dato la forza, la spinta necessaria, anche grazie all’esposizione mediatica della Fiera di Milano, per esser apprezzati e uscire dall’ambito locale.
Altri modelli che hanno fatto la storia sono l’Aurelia e l’Appia: due nomi secolari, come le strade consolari d’Italia. In particolare l’Appia rappresenta la Nuova Simonelli all’estero, grazie alla sua grande diffusione.”
Siete stati e siete protagonisti del Campionato mondiale baristi. qual è l’episodio che ricorda rispetto al primo campionato cui avete partecipato, nel 2008?
“Innanzitutto ricordo la soddisfazione: abbiamo superato la selezione tecnica e quella estetica-ergonomica per la scelta della macchina da utilizzare nelle gare con un punteggio altissimo. Eravamo ancora piccoli, ma le prestazioni, la stabilità termica e la semplicità di utilizzo di Aurelia ha convinto, dati alla mano, il team dei giudici.
Questo ha fatto notizia tra i nostri competitor: il primo campionato, a cui abbiamo partecipato nel 2009 ad Atlanta, è stato osservato con attenzione da tutti gli operatori del settore.
Grazie all’assistenza e alla collaborazione dei nostri tecnici la macchina ha garantito le più alte performance, permettendo ai baristi di poter svolgere al meglio la loro routine. Questo per noi è stato motivo di grande orgoglio.”
Nello stesso anno, l’Aurelia, è stata scelta per il vertice del G8 all’Aquila: che cosa ricorda di questo evento?
“Un momento importantissimo. Il brand stava crescendo in termini di notorietà e le nostre macchine venivano sempre più apprezzate sia in Italia che all’estero.
La richiesta dello staff del Presidente del Consiglio dei ministri, ci ha dato tanta soddisfazione: abbiamo offerto delle macchine personalizzate che hanno preparato caffè e cappuccini ai grandi della terra e ai rispettivi staff. Anche questo evento ci ha conferito una buona immagine internazionale.”
Cosa intende lei per cultura dell’espresso italiano?
“Espresso: una bevanda italiana che rappresenta il nostro saper fare. Quando abbiamo iniziato a esportare le nostre macchine all’estero, abbiamo subito pensato che fosse necessario aggiungere al prodotto anche un servizio.
Per questo nel 1990 abbiamo organizzato un team di tecnici e commerciali che viaggiasse per offrire formazione alle aziende, agli importatori e ai concessionari per un utilizzo e un’assistenza adeguati.
Questo ha portato ai successi che oggi stiamo raccogliendo: fornire professionalità e formazione è stata una chiave per diventare ambasciatori del caffè espresso italiano nel mondo. Ora si inizia a pensare anche ad altri tipi di bevande calde e fredde a base caffè e noi abbiamo già presentato dei modelli che rispondono alle nuove esigenze dei consumatori sempre più attenti alla qualità in tazza.
Per questo motivo continuiamo ancora sulla strada della ricerca e della conoscenza: stiamo conducendo diversi studi con il nostro Research and Innovation Coffee Hub, un centro tecnologico che vogliamo far diventare punto di riferimento per la ricerca e l’innovazione sul caffè; la piattaforma Coffee Knowledge Hub, invece, eroga servizi di educazione e formazione sul caffè.
I clienti sono più esigenti e i baristi devono esser ancor più preparati. La nostra piattaforma eroga servizi sia online, sia qui in sede, ma anche all’estero nelle nostre filiali e negli experience lab. Una su tutte è a Singapore, dove abbiamo creato un’aula per la formazione di baristi, operatori che vogliono rimanere sempre aggiornati.”
Presidente da 50 anni: com’è cambiato dagli anni 70 a oggi il mercato del caffè?
“È cambiato moltissimo: lo specialty coffee ha dato un forte stimolo al settore. All’inizio l’offerta dell’espresso era costituita da miscele, ora con i Campionati del Mondo e il grande impegno di tanti player si è tentato di comunicare e promuovere la ricerca della qualità di tante varietà e origini di caffè e dell’esperienza in tazza.
E’ stata tra la prima sul fronte degli specialty, Nuova Simonelli
“Siamo stati tra i primi perché abbiamo creduto in questa tendenza, che poi è diventata una necessità. Aver sviluppato diverse tecnologie per estrarre tutte le caratteristiche positive di vari tipi di caffè, ha dato una spinta enorme al comparto. I primi studi risalgono al 2000 su come l’acqua attraversava il caffè nel portafiltro: avevano fatto scalpore. Questo ci ha spinto a proseguire nella ricerca, anche a livello universitario, per comprendere come restituire in tazza le migliori caratteristiche di ogni tipo di caffè.”
È difficile mantenere lo spirito artigianale di un produttore di macchine, mentre l’automatizzazione spinge verso nuove soluzioni?
“L’industria italiana è artigianale. Siamo spesso nell’ordine di aziende da piccole e medie dimensioni. Nel 2000 si parlava della necessità di aggregarle in multinazionali, per riuscire a crescere ed affrontare i vari mercati. Questo però non si è avverato: attorno al 2009-2010, con la crisi, quelle stesse imprese italiane di piccole e medie dimensioni, hanno salvato un po’ l’economia del Paese.
Per poter mantenere l’artigianalità si deve contare sul lavoro di squadra, lo spirito di collaborazione, l’investimento nella ricerca: e Nuova Simonelli lo ha sempre fatto. Nel 1992 abbiamo aperto in azienda una cassetta delle idee in cui tutti possono portare il loro contributo tecnico e di idee.
Crediamo nella cooperazione tra i dipendenti: non siamo una multinazionale, e diamo un senso di famiglia, di gruppo, che lascia il segno a livello internazionale. Siamo una multinazionale tascabile: lo dico perché ci credo.”
Avete retto anche di fronte al terremoto delle Marche: come siete andati avanti?
“Quando parlo di collaborazione, parlo di questo: abbiamo affrontato il terremoto disastroso del 2016, il Covid e ora le difficoltà dell’economia mondiale, della guerra e del costo aumentato di materiali ed energia. Come ci siamo riusciti?
Proprio grazie alla forza del gruppo. Appena dopo il terremoto, mi ricordo, che di fronte a varie difficoltà ci siamo rimboccati le maniche e da soli, con i nostri mezzi, abbiamo aperto il nostro Centro direzionale e a seguire il polo logistico senza attendere i contributi statali. Altrimenti ci saremmo fermati. Il nostro obiettivo era invece quello di non fermarsi, ma andare avanti.
Così è accaduto anche durante la pandemia: nel 2020 il lavoro non era abbondante e non riuscivamo neppure a spedire i nostri prodotti. E abbiamo dovuto affrontare tante altre problematiche che abbiamo superato grazie, ancora una volta, alla collaborazione dei dipendenti.
Per questo abbiamo scelto di non usufruire della cassa integrazione; anzi abbiamo messo a disposizione i nostri utili per garantire l’occupazione e gli stipendi completi a tutti i nostri dipendenti. Abbiamo anche fatto donazioni agli ospedali. Tutto ciò è stato apprezzato dal nostro personale, che si è sentito supportato dalla loro azienda in un momento di difficoltà generale.”
Un augurio finale
“Sono stati 50 anni duri, ma costellati da risultati importanti. L’azienda sta ancora crescendo. La seconda generazione ha già iniziato ad operare emi auguro che si possa continuare su questa strada, verso un’ulteriore evoluzione, mantenendo il clima che i soci degli inizi hanno dato a questa azienda.
Così da riuscire a far crescere il brand Nuova Simonelli per altri 50 anni e oltre. La nostra missione, che è la stessa che ci riproponevamo durante le cene di fine anno con le famiglie dei dipendenti, è arrivare sul podio dei produttori. Dopo 50 anni, ci siamo.”