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venerdì 22 Novembre 2024
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Infermiera vittima della paura post-Covid, cacciata da un bar e umiliata

«Dopo 75 giorni trascorsi chiusa in casa, osservando ogni prescrizione in modo responsabile, il ritorno alla normalità è stato veramente triste». Ha aggiunto denunciando il fatto. E poco importa che i test l'abbiano finalmente confermata guarita. Per molte persone Antonella è una persona infetta, un rischio per la comunità

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ANDORA (Savona) – Ancora è forte nel ricordo delle persone, l’incubo del virus, al punto da provocare reazioni spiacevoli nei luoghi di incontro. La notizia che riguarda l’operatrice socio sanitaria (Oss), Antonella Luciano Marino, è emblematica di questo momento delicato: è stata invitata a uscire da un bar, di fronte a tutti, nonostante i 75 giorni di isolamento trascorsi. Leggiamo la storia da leggo.it.

Come raccontato nella sua testimonanza, è stata rifiutata da un bar

«Sono stata cacciata in malo modo e umiliata davanti a tutti i presenti», ha dichiarato la donna.

«Dopo 75 giorni trascorsi chiusa in casa, osservando ogni prescrizione in modo responsabile, il ritorno alla normalità è stato veramente triste». Ha aggiunto denunciando il fatto. E poco importa che i test l’abbiano finalmente confermata guarita. Per molte persone Antonella è una persona infetta, un rischio per la comunità. Un pensiero d’odio nei suoi confronti che stride con la solidarietà che il nostro Paese dovrebbe riporre per chi ha sofferto, ancora di più per chi come lei si è ritrovata in prima linea, in quelle Rsa che hanno rappresentato il luogo simbolo della fragilità delle vittime da Covid.

«La fobia del Covid-19 non ha limiti», ha scritto l’infermiera su Facebook

«È una vergogna che persone, oltretutto ammalate nel ambito sanitario vengono trattate così in pubblico – ha aggiunto – Si potrà tornare alla solita vita anche dopo essere guariti oppure dobbiamo essere degli untori a vita? Dopo 10 anni che sono cliente di questo posto mi sarei aspettata un “Come stai?” e non vai via dal mio bar che con questa attività ci devo lavorare.

Purtroppo non tutte le persone hanno la sensibilità e l’educazione per capire che dopo una malattia così importante le persone hanno bisogno di accoglienza e non di rifiuto. Perché ci vuole anche il coraggio, ma il coraggio uno non se lo può dare».

Antonella, come tantissimi italiani come lei, deve essere accolta col sorriso per poter dimenticare la sofferenza. Soprattutto grazie all’aiuto di chi è stato più fortunato di lei. Per un caffé, una pizza o in qualunque altro luogo.

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