domenica 22 Dicembre 2024
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Orologio, campione di MDEJ 2009 e poi docente di Nayma vincitrice 2023: “Competere è difficile, formare i candidati per la gara è emozionante”

Il professore ex campione. "Ho vissuto Maestri dell’espresso junior innanzitutto da studente nel 2009, nel 2010 il mio insegnante mi ha chiesto di affiancare la collega del terzo anno per insegnarle le strategie di gara e quindi in un’altra modalità sono arrivato ancora in finale. Nel 2011, in occasione del ventennale del concorso sono stato contattato da Illycaffè e Gruppo Cimbali per partecipare come giudice e porre le domande. Per tre anni di fila quindi sono stato presente."

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MILANO – Il concorso di Maestri dell’espresso junior è un percorso che va oltre i mesi delle selezioni, perché è un’esperienza che lascia sempre il segno su chi ha partecipato, crescendo insieme a quegli studenti con l’idea di segnare la via per le loro carriere professionali. Un esempio di questa trasformazione, costante e coerente, è Alex Orologio, prima vincitore dell’edizione del 2009 e infine docente della vincitrice 2023.

Orologio, lei è un po’ una rappresentazione vivente di come cambia la vita Maestri dell’espresso junior: raccontiamo come tutto è iniziato e come (per ora) si è concluso

“Il tutto è iniziato l’8 maggio 2009, quando ho vinto l’edizione ormai 14 anni fa. Avevo 17 anni e mi ricordo ancora di quando un delegato della illycaffè, Chiara Mondì, con la quale per altro sono ancora in contatto e con cui ho condiviso l’ultimo successo del 2023, era venuta nella mia scuola per la selezione e ci aveva insegnato come fare il cappuccino.
Io sono passato: da tanti anni la scuola Panzini di Senigallia (Ancona) non era riuscita ad esser tra i selezionati.

Quando sono arrivato addirittura in finale, insieme ad altre 24 scuole, non mi aspettavo di
classificarmi per primo. Il mio professore nel momento della proclamazione mi ha detto, in dialetto: non ti fare la bocca, cioè non pensare di vincere che poi ci rimani male. E invece alla fine è proprio quello che è successo: ho vinto.

Orologio fresco di vittoria (foto concessa)

Da lì ho continuato a fare qualsiasi concorso sempre spinto dalla scuola, l’anno successivo in Croazia per AEHT per la competizione di miscelazione, dove ci si doveva cimentare, a squadre, sulla preparazione di cocktail IBA e di fantasia, l’ultimo anno ho partecipato a due gare, uno a Civitanova Marche un concorso regionale sui cappuccini (che ho vinto) e poi a Brescia al Gran Trofeo d’oro della ristorazione, quindi non esclusivamente sul caffè.

La passione per l’alimentazione e l’interesse nel conoscere a fondo gli ingredienti come il caffè e i superalcolici, mi hanno portato poi a scegliere l’Università di alimentazione e nutrizione umana, prima a Cesena e poi a Milano. Dal 2019, subito dopo aver conseguito la laurea magistrale, ho cominciato a lavorare come docente di nuovo a casa mia, ad Ancona.”

Un cerchio che si chiude, sembra

Orologio: “Sì può dire così: ho vissuto Maestri dell’espresso junior innanzitutto da studente nel 2009, nel 2010 il mio insegnante mi ha chiesto di affiancare la collega del terzo anno per insegnarle le strategie di gara e quindi in un’altra modalità sono arrivato ancora in finale. Nel 2011, in occasione del ventennale del concorso sono stato contattato da Illycaffè e Gruppo Cimbali per partecipare come giudice e porre le domande. Per tre anni di fila quindi sono stato presente.

Poi nel 2022 è stato il momento di preparare la studentessa che poi ha vinto proprio l’edizione 2023. E di questo ultimo traguardo devo soprattutto ringraziare l’impegno dell’alunna.”

Orologio, dal suo punto di vista, il concorso si è evoluto e cosa è stato più difficile per lei? Esser concorrente o formatore?

Il professor Orologio con Nayma Diomedi
Il professor Orologio con Nayma Diomedi

Partecipare come sfidante è stato difficile: ci vuole non soltanto la tecnica ma la capacità di gestire la tensione e poi quella era la primissima volta che partecipavo ad un concorso. Certo, l’adrenalina è necessaria per affrontare al meglio la prova. Poi sicuramente fare il preparatore ha posto altre sfide ancora: preparare i candidati è emozionante, perché anch’io con gli alunni mi sono dovuto cimentare nelle singole prove, ma ancor di più lo è stato assistere alle singole performance di ciascun competitor, perché si viene pienamente coinvolti nella stessa tensione dei ragazzi, sentendola sulla pelle.

In tutti questi anni il concorso si è evoluto in meglio: ho partecipato nel 2009 quando la selezione avveniva tramite il rappresentante di illy che girava scuola per scuola. Quando ho concorso, di 150 scuole circa sono passate soltanto 24 in finale. L’anno successivo il livello si era alzato, perché nessuno era andato in over time. In 14 anni il premio è diventato più complesso, perché ci sono più step da superare. Al tempo, tra la selezione teorica e la pratica passava diversi mesi: ora a dicembre si fa la teoria, il video va consegnato entro febbraio e poi la prova pratica a maggio. Inoltre nel percorso è stata inserita la formazione di docenti e studenti.

Per cui, il livello di chi partecipa si è alzato notevolmente sia nella bravura della gestione dei tempi sia nella tecnica e nello stile di presentazione. L’unica cosa che è mancata in questa edizione è la corretta illustrazione dei singoli passaggi durante la fase tecnica.”

E da docente come si è aggiornato da docente e come ha preparato Nayma?

“Dopo il concorso ho frequentato circa 6/7 corsi da privato in varie accademie, tra cui proprio quella di illy.

L’anno scorso poi ho seguito la formazione teorica offerta da Maestri dell’espresso junior dedicato al mondo dell’espresso dalla pianta alla tazzina, ma anche al latte e alle bevande vegetali che poi ho ripreso durante i corsi extra con i miei stessi studenti. Abbiamo studiato insieme le caratteristiche tecniche anche delle macchine per espresso, per comprenderne le differenze e la particolarità necessarie a superare meglio il test a crocette.

Scendendo poi nel dettaglio del training di Nayma, tecnicamente abbiamo approfondito subito la preparazione di espressi e cappuccini: abbiamo pulito man mano le sbavature nella tecnica per essere impeccabili e abbiamo curato tutti quei dettagli che nel lavoro quotidiano in velocità potrebbero essere trascurati.

Le ho insegnato ad esser meticolosa e a far diventare ogni passaggio un automatismo. E poi, in occasione di un concorso interno ideato da me e da un mio collega sull’estrazione degli espressi, abbiamo chiamato un consulente esterno, Donato Pantone, che ci ha dato la possibilità di usare macchinari più all’avanguardia a livello della M200 di Gruppo Cimbali e di utilizzare diversi macinadosatori volumetrici.

L’esperto ha, inoltre, offerto la possibilità a Nayma di formarsi anche sul cupping del caffè.”

Quanto tempo ha dedicato alla gara Orologio?

“All’inizio dell’anno ho quantificato indicativamente il tempo necessario alla preparazione: ci troviamo all’incirca sulle 80-90 ore annuali. Sono quelle appena necessarie, e anzi se avessimo avuto più spazio da poter dedicare alla parte pratica, ce ne sarebbero volute di più. “

E dopo tutto questo impegno neppure stavate arrivando a Binasco per giocarvi la finale

“Il Dirigente scolastico Lucantoni ci teneva molto a far arrivare alla finale Nayma, ma i limiti burocratici ci hanno fatto rischiare di non poter partecipare alla prova. L’unica soluzione è stata quella dei mezzi pubblici: da Ancona il treno non era disponibile, per via della drammatica situazione in Emilia Romagna, non c’erano voli diretti su Milano e quindi stavamo per gettare la spugna a malincuore. Ho proposto di fare Ancona-Roma in treno e Roma-Milano in aereo, anche a costo di arrivare più stressati e con qualche ora in meno di sonno. Il Dirigente ci ha appoggiato e io mi sono voluto fidare delle capacità di Nayma. E ho avuto ragione.”

E ora Orologio sta già pensando di tornare in finale? E perché non cimentarsi in qualche gara come quelle del circuito SCA?

“La prossima edizione potrei ritentare, anche se magari con un’altra scuola se mi trasferiranno. L’intenzione c’è. Per quanto riguarda tornare a gareggiare, in realtà proprio con questa idea ho svolto un corso nel 2017 a Cremona con Andrea Antonelli sulla latte art, perché avevo voglia di mettermi alla prova in questa categoria nazionale. Poi però non sono andato fino in fondo per via degli studi universitari. Ma il desiderio resta ancora lì.

Ho chiesto già indicazioni al direttore dell’Università del caffè su come partecipare ad altri corsi a Trieste. Quando mi muovo, mi piace sempre confrontarmi con diverse persone che vivono un’esperienza diversa e tenere tutte le porte aperte. Il bello sta proprio nel partecipare, poi la vittoria premia gli sforzi fatti.”

Da studente a insegnante di studenti: la disponibilità delle attrezzature negli istituti come la commenta?

“La nostra scuola per quanto riguarda le macchine e le attrezzature è, secondo anche colleghi esterni, tra le più aggiornate.

Alcuni sono rimasti positivamente stupiti dall’offerta che abbiamo a disposizione. In molte scuole, ad esempio, ci sono sì e no 2 shaker, da noi sono 45. Con l’apertura di due nuovi laboratori, la scuola ha investito per l’acquisto di altre attrezzature. Abbiamo ben 6 macchine del caffè e le lampade per fare il flambé, nonché piccoli strumenti. Questo è importante, perché non avere determinati strumenti e ingredienti di qualità, limita anche le esercitazioni pratiche. Fondamentale poi la collaborazione dei tecnici di laboratorio, senza i quali non andremmo avanti. Loro lavorano dietro le quinte portandoci gli ingredienti e gli strumenti, ma se non ci fossero, non potremmo lavorare.”

Ma da docente ha notato un diverso interesse dei ragazzi? Molti vogliono magari diventare chef trainati dalla moda televisiva o ci sono ancora quelli che prendono gli alberghieri come un piano di serie b?

La cosa varia a seconda delle classi: ce ne sono alcune più interessate con cui si può fare un lavoro più approfondito. Bisogna adattarsi alle diverse esigenze di chi ci si trova davanti. Alcuni arrivano davvero appassionati al mestiere. Per esempio c’è uno studente del primo anno che ha un’energia incredibile, vuole a tutti i costi diventare uno chef. Altri invece scelgono questo percorso come piano B o hanno prima scelto un’altra scuola e poi durante il secondo anno arrivano da noi: questi sono una vera sfida per noi docenti.

Sono riuscito ad entrare in sintonia con un ragazzo del terzo anno che è entrato al secondo anno arrivando da un’altra scuola. Ha scelto l’indirizzo di sala e io l’ho preso dal terzo anno: lui si è veramente entusiasmato per la mia materia. Ho scoperto che il padre era anche campione di flair, quindi questo alunno aveva in realtà una passione nascosta che andava semplicemente coltivata.

Hanno 13 o 14 anni quando devono scegliere un indirizzo e soltanto crescendo magari si riesce a comprendere meglio cosa voler fare davvero da grandi. Abbiamo capito lavorando insieme di quanto realmente fosse capace, anche nelle lingue, tant’è che poi ha svolto un Erasmus a Granada e ha imparato anche lo spagnolo oltre l’inglese e il francese.

Ormai però mi confronto con i ragazzi degli ultimi tre anni che hanno scelto di lavorare in sala e al bar. Ma tanti hanno iniziato con l’indirizzo di cucina e poi, comprendendo che è un mestiere molto faticoso e che richiede tanto tempo, hanno voluto cambiare. La prospettiva professionale a questi ritmi spesso spaventa se non si è realmente appassionati, motivati ed ambiziosi. Stesso discorso per chi pensa di fare il cameriere.

Invece, raggiungere i vertici dirigenziali dà dei momenti di pausa e questo attira molto i ragazzi. Oppure, anche chi lavora nei cocktail bar o in discoteche riesce a divertirsi di più, perché c’è una parte di intrattenimento che il cameriere non vive. “

Ma lei Orologio, quando ha vinto nel 2009 avrà pensato: da grande voglio aprire un mio locale? Oppure ha sempre voluto diventare un insegnante di sala?

Orologio ride: “In realtà io avevo già un bar di famiglia alle spalle ed è lì che ho iniziato quando ero davvero piccolo. Il primo caffè l’avrò preparato quando avevo 7-8 anni. Scegliere di diventare docente è arrivato in

un secondo momento, ma era una mia passione da sempre. Alle superiori ho deciso di iscrivermi all’alberghiero perché pensavo che fosse la strada migliore: alle medie non brillavo negli studi e avevo vissuto in prima persona la vita del bar. Però l’idea di insegnare la portavo nel cuore dalle elementari. Ho seguito le mie passioni dapprima per la caffetteria/bar e poi per l’alimentazione e il flusso mi ha portato a tornare dentro le scuole dall’altra parte dei banchi. La docenza unisce un po’ tutto quello che ho voluto studiare nella vita.”

Ed esser un docente così giovane aiuta o è un ostacolo?

“Ho iniziato a scuola a 25 anni come docente. L’abito certo mi ha aiutato ad esser preso seriamente, così come il giusto portamento. Essere severi all’inizio serve a farti percepire come autoritario, ma fondamentalmente sono buono e riesco ad instaurare delle relazioni basate sul rispetto con gli studenti anche con quelli più complessi.

Devo dire poi che nella mia attuale scuola ci sono tanti colleghi giovani ed il gruppo è molto unito, ci si aiuta a vicenda. Cresciamo insieme. Ad esempio, per la creazione della ricetta di Nayma, ci siamo seduti insieme per studiare confrontandoci sulla soluzione perfetta. Anche questo è stato bello: in altre scuole invece ho avvertito più la competizione tra docenti.”

Agli studenti e ai docenti che vogliono provarci, Orologio cosa direbbe?

“Allo studente direi di buttarsi, perché è un’esperienza unica da vivere in ogni suo attimo. Ai professori, di non demordere, di mettersi in gioco: a volte capita che quando uno ha tanti anni di esperienza perde l’entusiasmo e l’interesse ad aggiornarsi. Tutto risulta faticoso, ma partecipare è permettere agli studenti di appassionarsi e di aprirsi insieme a strade alternative. C’è una condivisione che aiuta sempre a crescere. Bisogna partecipare sempre più numerosi.

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