MILANO – Un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito che non ci sono prove sufficienti per definire il caffè una sostanza “possibilmente cancerogena per gli esseri umani”, come aveva invece stabilito all’inizio degli anni Novanta sulla base delle ricerche e delle conoscenze scientifiche dell’epoca.
In compenso, la stessa agenzia ha comunicato che il consumo di bevande molto calde di qualsiasi tipo potrebbe aumentare il rischio di contrarre il cancro, e lo ha quindi classificato come “probabilmente cancerogeno”.
La decisione è basata sulla revisione di circa mille ricerche scientifiche ed è stata annunciata su Lancet Oncology: sta facendo molto discutere, perché da tempo erano stati sollevati dubbi circa la presenza del caffè nell’elenco delle sostanze possibilmente cancerogene.
La nuova classificazione del caffè è stata decisa dall’International Agency for Research on Cancer (IARC), l’agenzia intergovernativa dell’OMS che ha sede a Lione, in Francia, e che ha il compito di dare linee guida sulla classificazione del rischio legato ai tumori di sostanze chimiche e agenti fisici. La IARC mantiene e aggiorna quattro categorie in cui sono inserite le varie sostanze a seconda del loro livello di rischio.
Il caffè era stato inserito nel 1991 nel Gruppo 2B, con altri prodotti definiti “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani”; il Gruppo 2A raccoglie invece le sostanze ritenute “probabilmente cancerogene”.
Gli elenchi della IARC non implicano che si contragga sicuramente il cancro entrando in contatto con particolari sostanze, ma segnalano il livello di rischio: la probabilità che si verifichi un evento dannoso. Si parla di rischio assoluto quando viene indicata la possibilità che qualcosa succeda in un certo periodo di tempo, come la probabilità teorica per ogni persona di avere una diagnosi di cancro nel corso della vita, quindi in un intervallo di tempo che di solito è tra gli 0 e gli 84 anni.
C’è poi il rischio relativo, che indica invece l’aumento o la riduzione della probabilità di ammalarsi per chi ha già fattori di rischio, come predisposizioni genetiche. Le misure di questo tipo sono ipotetiche e servono soprattutto per rendere comprensibile la rilevazione di certi tipi di tumore su altri, e il loro rapporto con predisposizioni e abitudini di vita.
Mentre non ci sono prove certe per mantenere il caffè nell’attuale Gruppo 2B, la IARC ha comunque ricordato che il consumo di bevande molto calde aumenta il rischio di ammalarsi di cancro.
I ricercatori se ne sono accorti analizzando l’incidenza di alcuni tipi di tumori, come quello all’esofago, nei paesi dove c’è l’abitudine di bere sostanze molto calde, al di sopra dei 65 – 70 °C.
Tra i paesi citati ci sono la Cina, l’Iran e quelli del Sudamerica, dove si consumano bevande molto calde come il tè e il mate. Nel Nord America e in buona parte dei paesi europei il fenomeno è meno diffuso.
L’ingestione di bevande a 60 °C non deve essere comunque sottovalutata, perché in alcuni soggetti può causare scottature, mentre dai 65 °C circa in poi è ritenuta pericolosa. Lo stress indotto sui tessuti può aumentare – nelle persone predisposte e insieme ad altri fattori – il rischio di sviluppare un tumore.
Owen Yang, un ricercatore dell’Università di Oxford (Regno Unito) e che da tempo studiava il presunto rapporto tra cancro e caffè, ha spiegato ad Associated Press: “Non mi è chiaro come mai il caffè fosse in una categoria di rischio più alta. Le migliori prove ottenute finora suggeriscono che il caffè non aumenti il rischio di avere il cancro”.
È opportuno comunque non sottovalutare tutti gli altri fattori di rischio legati al tumore all’esofago, il nono tipo di cancro più frequente al mondo, e che interessa soprattutto gli uomini dopo i 60 anni di età.
Le persone maggiormente a rischio sono i fumatori, con una probabilità di ammalarsi fino a 10 volte superiore rispetto a chi non fuma. Il consumo di alcol aumenta il rischio e peggiora di molto le cose se si è anche fumatori: portando il rischio di ammalarsi a 100 volte.
Altre cause sono legate allo stile di vita, per esempio al basso consumo di frutta e verdura e una dieta ricca di grassi.