MILANO – La storia che ha visto contrapporsi Betsy Fresse, ex-barista impiegata dal colosso del caffè americano e lo stesso Starbucks, ha fatto notizia nel mondo. Questa dipendente che ha fatto causa alla catena, è stata licenziata per aver rifiutato di indossare una maglietta a sostegno del gay pride nel 2018. Un gesto ritenuto di omofobia da parte del brand, che ha reagito con la richiesta di termine del contratto professionale. Leggiamo i dettagli dall’articolo di Antony Festa sul sito biccy.it.
Omofobia: Starbucks dice no grazie
L’azienda nel 2018 ha licenziato Betsy Fresse, che lavorava in una delle loro caffetterie del New Jersey e che si era rifiutata di indossare una t shirt arcobaleno per il mese del Pride. La ragazza in quel periodo ha dichiarato di non voler supportare la causa LGBT e rivolgendosi ai colleghi ha detto: “Voi avete bisogno di incontrare Gesù. Dio ha creato l’uomo e la donna e il matrimonio è definito nella Bibbia come tra un uomo e una sola donna. Qualsiasi attività intima che ha luogo al di fuori di questo contesto è contraria alla mia comprensione dell’insegnamento biblico“.
I superiori di Betsy hanno deciso di licenziarla, infatti secondo loro non poteva più lavorare presso Starbucks poiché il suo comportamento non era conforme ai loro valori fondamentali. Questo non solo per il rifiuto di indossare una maglietta dedicata al Pride, ma anche per le parole discriminatorie verso le persone LGBT.
Nulla di strano, anche io non vorrei mai come collega o dipendente un razzista, un omofobo o misogino, eppure un giornalista su un noto quotidiano vicino al centro destra ha attaccato il titolo di Gay.it (che per primo ha riportato in Italia la notizia): “Barista omofoba denuncia: ‘Licenziata da Starbucks perché non ho indossato una maglietta arcobaleno’”.
Secondo questo giornalista il noto portale gay avrebbe dato dell’omofoba alla barista solo perché questa si sarebbe rifiutata di indossare una t shirt
Proprio qui è l’errore, la ragazza in questione è un’omofoba perché sostiene che la divinità che venera le impone di credere che l’unico matrimonio possibile è tra un uomo e una donna. Inutile trincerarsi dietro alla liberà di credo, vomitare schifezze basate su libri sacri o fantasy resta discriminatorio, punto.
Un datore di lavoro dovrebbe avere tutto il diritto di licenziare un omofobo, che però da malato quale è va aiutato in un percorso psicologico per essere recuperato.