MILANO – La perdita del gusto e dell’olfatto è uno dei sintomi che hanno riscontrato molti tra coloro che hanno contratto il Covid: un fastidio che nella maggior parte dei casi è passeggero e che però se persiste e, soprattutto, quando capita a uno che col palato e il naso ci lavora, diventa un problema vero. Leggiamo la testimonianza di chi ha dovuto reinventarsi e trovare soluzioni pratiche come la Sensory Box per recuperare il proprio “strumento professionale”: Michele Crippa, gastronomo, racconta la sua esperienza in un articolo di Ilaria Betti su huffingtonpost.it.
Olfatto da recuperare: ci provano i professionisti
Michele Crippa ha 31 anni, è un gastronomo, e un tempo avrebbe potuto elencare a occhi chiusi tutti gli aromi e i profumi contenuti in un piatto. Poi è arrivato il Covid, che gli ha portato via gusto e olfatto. Non per quindici giorni, non per un mese. Ma per un anno intero. Ammalatosi a marzo e guarito a maggio 2020, non è più riuscito a riacquistare i sensi così preziosi per il suo lavoro: “Ho subito un forte danno economico – ci racconta -. Così come lo stanno subendo i giovani chef a cui insegno.
Hanno 16, 17 anni, hanno perso gusto e olfatto per via del Covid e mi chiedono disperati: ‘Riusciremo mai a diventare cuochi?‘”. Invece di abbattersi, però, Michele si è messo in moto: ha coinvolto il Centro Studi Assaggiatori di Brescia per sviluppare un test olfattivo simile a quello usato per l’allenamento dei sommelier, nel tentativo di riaddestrare, con un training specifico, i nasi “perduti” e dare speranza a chi, in questo momento, soffre in silenzio. “Molti pazienti cosiddetti Long Covid si sono rassegnati. C’è chi pensa: ‘Ho avuto il virus, ma sono vivo. Che importa se ho perso gusto e olfatto?’. Io credo che non ci si debba arrendere. Alla lunga, senza gusto e olfatto, non siamo più noi”.
Michele, che insegna scienze gastronomiche al Collegio Arcivescovile Castelli di Saronno (Varese), ricorda ogni particolare di quel 17 marzo 2020:
“Mi sono alzato, ho bevuto il caffè e non ho sentito nulla. Erano le 9.40 del mattino, è stato l’inizio di tutto”, ci racconta. Un’esperienza simile a quella di tanti malati di Covid che improvvisamente, proprio mangiando cibi familiari, si sono resi conto di aver perso il gusto e l’olfatto.
L’anosmia, ovvero la perdita totale della capacità di sentire gli odori, e l’ageusia, ovvero la perdita del gusto, di norma passano entro qualche settimana dalla guarigione dal Covid. Non nel suo caso però: “Il virus mi ha causato un’infiammazione a livello neurologico centrale. Dall’anosmia e dall’ageusia sono passato poi alla cacosmia e alla parosmia. La cacosmia è la percezione distorta di un odore. In poche parole, il cervello inizia a percepire odori strani che però non esistono. Per mesi ho sentito tutto il giorno un odore costante di sigaretta bruciata e di cavolo cotto”.
Oggi Michele vive la condizione della parosmia, ovvero il suo olfatto è alterato
“Sono diventato ipersensibile a determinati aromi – ci dice – alla scorza d’arancia, ad esempio, e alla vanillina. Li avverto in modo forte, prepotente, in una maniera che mi porta ad avere la nausea. Se aprissi un pacco di biscotti in questo momento, verrei investito da un forte odore di vanillina, così come se avessi nei paraggi una merendina o un dolce della nonna. Coca Cola e Nutella ora mi danno il voltastomaco”. Il gusto, col passare dei mesi, in un certo senso si è ristabilito, ma andando a braccetto con l’olfatto è ovvio che ne esca distorto: “Riesco a percepire sulle terminazioni del mio palato il dolce, il salato, l’acido, ma l’esperienza viene influenzata da quello che sente il mio naso”.
Perdere il gusto e l’olfatto può causare anche problemi a riconoscersi e a riconoscere il mondo intorno. E Michele lo sa bene:
“Non riesco più a percepire l’odore della mia pelle come era un tempo. Lo sento cambiato, come se sapessi sempre di cipolla, anche dopo la doccia. Questo mi sconvolge ogni giorno. Tutti siamo abituati a riconoscerci, ma se annuso una mia maglietta non la sento più mia. La stessa cosa vale per gli odori del mondo circostante: non riconosci più il profumo della persona che ami né quello di casa tua”. Gli esseri umani poi sono programmati per servirsi dell’olfatto come “sentinella” del pericolo: “Anche in questo caso, non sento l’odore di bruciato né quello della candeggina. L’altra mattina ho bevuto un bicchiere di latte e non mi ero accorto che era rancido, sono stato male tutto il giorno”, aggiunge.
Nel tentativo di riacquistare il “naso perduto”, Michele ha chiamato i migliori professionisti del campo, anche all’estero, ma si è accorto che esistono pochi centri medici specializzati
Per questo ha deciso di agire in prima persona e mettere a disposizione la sua esperienza di assaggiatore provetto, forgiata in anni e anni di percorsi professionali gusto-olfattivi. Insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia, a Novella Bagna e a Gian Paolo Braceschi di Good Senses, società specializzata in analisi sensoriale, ha messo a punto un percorso ad hoc. Si tratta di un Sensory Box, contenente 20 boccette con essenze (generate andando a recuperare la molecola specifica) tra le più diffuse in Italia, dalla mela alla liquirizia, dal tartufo al limone.
Bisogna mettersele sotto al naso ogni giorno per un tot di minuti, seguendo alla lettera le istruzioni e le videolezioni comprese nella scatola. Lo strumento, usato all’interno di un training specifico, punta a correggere le dispercezioni sensoriali dei pazienti guariti dal Covid.
“La cosa buona è che il virus non ha intaccato la memoria olfattiva, ma ha bloccato la via per raggiungere quel ricordo. Con questo percorso, che sarà oggetto di studio scientifico, intendiamo sbloccare quella strada”, ci spiega Michele. L’obiettivo è sempre lo stesso: far sì che le persone non si rassegnino a non sentire. “Il gusto e l’olfatto sono le Cenerentole dei sensi, mai fino ad oggi avevamo compreso la loro importanza. Se chiudo gli occhi e penso ad un oggetto, me lo posso anche immaginare. Un sapore e un profumo, invece, no. Per questo dobbiamo salvare questi sensi così preziosi. Per tornare a sentirci noi stessi, non soltanto col naso”.